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| IDG951504951 | |
| 95.15.04951 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
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| Catarinella Piermauro
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| Ancora sui poteri istruttori del giudice del dibattimento, dopo le
sentenze delle Sezioni Unite penali, 6 novembre 1992, Martin, e di
Corte cost. n. 111 del 1993
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| Nota a Pret. Varese sez. distaccata Gavirate 1 febbraio 1994
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| Giur. merito, an. 27 (1995), fasc. 3, pt. 2, pag. 578-580
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| (Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
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| D612; D62
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| Esaminati gli aspetti applicativi rivenienti dalla norma di rito in
commento e ritenuto pacifico che al giudice del dibattimento e' data
facolta' di inserire nella fase istruttoria di sua competenza nuovi
mezzi di prova -in precedenza non addotti dalle parti, vuoi per
inerzia, vuoi anche per disattenzione- in ogni caso gia' esistenti
negli atti del giudizio e che siano ritenuti assolutamente necessari
ai fini del decidere, l' A. si chiede quale debba essere il
comportamento del giudice ove invece manchi un quadro di riferimento
probatorio. Alla acclarata inerzia delle parti far seguire anche la
propria stasi, pronunciare un non liquet? Anche se avverte che alla
ricerca della verita' e' possibile giungere con mezzi di prova mai
prima richiesti? E facendo leva proprio sul sostegno interpretativo
offerto dall' esegesi delle note sentenze sezioni unite penali 6
novembre 1992 -Martin- e Corte Costituzionale n. 111/1993, viene
confermata la funzione -insita nell' articolo in commento- del
giudice dibattimentale in senso correttivo e riequilibratore di
giustizia non solo processuale, quale titolare della res iudicanda e
quindi con facolta' e potesta' di assumere le prove ritenute decisive
e necessarie alla ricerca della verita'. Purche' -tale aspetto
costituendone un limite insuperabile- esse rispondano a criteri di
pertinenza al caso sottoposto al suo esame e di assoluta necessita'
per la decisione da emettere. Una ricerca di verita' -conclude l' A.-
fondata sempre su mezzi di prova mirati e per i quali possa
fondatamente nutrirsi la quasi certezza della loro esistenza e non
invece inseguiti nella vana speranza che essi, chi sa quando, possano
emergere: ne verrebbe minato il principio del favor rei e
pregiudicato il rispetto del processo.
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| art. 507 c.p.p.
Cass. sez. un. pen. 6 novembre 1992
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