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| IDG950806060 | |
| 95.08.06060 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
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| Esposito Mario
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| L' art. 20 della l. 7 gennaio 1929 n. 4. Un vincolo, tuttora
costituzionalmente valido, alla "vis abrogans" della legge ordinaria?
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| Giur. cost., an. 40 (1995), fasc. 2, pag. 1180-1207
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| (Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
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| D5001
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| Prendendo spunto dall' art. 20 l. 4/1929, che dispone la c.d.
ultrattivita' delle norme penali finanziarie e dalla sentenza n. 80
del 1995 della Corte Costituzionale che ha respinto una questione di
costituzionalita' relativa a tale norma, l' A. affronta il problema,
sovrastante all' incidente di costituzionalita' come prospettato alla
Corte, se una legge ordinaria possa contenere una disposizione che
vincoli e conformi l' efficacia dei successivi atti di esercizio
della funzione legislativa. Il primo profilo sul quale l' articolo si
sofferma, assente nella sentenza della Corte Costituzionale perche'
non rilevato nelle ordinanze di rinvio, concerne la legittimita'
costituzionale della legge ordinaria che in un sistema a costituzione
rigida e garantita disponga in merito alla successione delle leggi
nel tempo e quindi all' efficacia abrogatoria degli atti legislativi,
addirittura escludendo che essa possa retroagire. L' A. segnala
anzitutto che il criterio d' ordine fondamentale nella disciplina di
organizzazione del sistema delle fonti e' gia' nel "fatto" che esiste
una costituzione come fonte sovraordinata a tutti gli altri atti
normativi. Di qui, riesaminando la teoria costituzionale dell'
abrogazione con l' ausilio della dottrina della "Derogationsnorm",
procede col dimostrare come una legge ordinaria che si volesse
imporre, "ratione temporis" o "ratione materiae", all' osservanza del
legislatore come da esso intangibile se non a predeterminate
condizioni da essa medesima dettate, sarebbe una legge costituzionale
"extra ordinem", come tale certamente illegittima. In secondo luogo
nell' articolo si affronta la questione della legittimita'
costituzionale dell' art. 20 l. 4/1929 in rapporto all' art. 25 comma
2 Cost. La tesi sostenuta e' che da tale disposizione costituzionale
si puo' evincere anche il divieto di ultrattivita' delle norme
penali, qualora si tengano in dovuto conto la locuzione "punito", che
si riferisce specificamente al momento dell' applicazione
giurisdizionale della norma e il nesso che lega l' art. 25 comma 2
Cost. ai principi fondamentali contenuti negli artt. 1, 2 e 3 Cost.
L' A. mette in luce come la ratio sottesa all' art. 25 comma 2 sia il
"favor libertatis", di tal che l' irretroattivita' delle norme penali
incriminatrici deve trovare completamento nel divieto di
ultrattivita', perche' la disposizione costituzionale possa
effettivamente dispiegare per intero la propria capacita' normativa.
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| art. 25 comma 2 Cost.
art. 20 l. 7 gennaio 1929, n. 4
d.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43
art. 13 d.l. 10 luglio 1982, n. 429
l. 7 agosto 1982, n. 516
C. Cost. 6 marzo 1995, n. 80
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