| L' Amministrazione Finanziaria e parte della dottrina sostengono che,
sia da concordato fallimentare che dalla liquidazione dei beni
acquisiti alla procedura fallimentare, possono scaturire delle
sopravvenienze e delle plusvalenze in capo al fallimento. Secondo
questa tesi, il fallimento diverrebbe soggetto avente capacita'
contributiva. Questa impostazione, pero', non e' stata condivisa
dalla prevalente dottrina che ha ribadito il principio secondo il
quale ogni creditore, per partecipare al "concorso", deve essere
ammesso al passivo del fallimento ai sensi dell' art. 92 e ss. l.
fall., e che a detto principio, secondo il costante insegnamento
della Corte di Cassazione, non si sottraggono neppure i creditori
c.d. prededucibili. Con questo articolo l' A. esamina alla luce della
normativa in vigore e richiamando la giurisprudenza in materia, se il
fallimento sia o meno soggetto avente capacita' contributiva, in
particolare con riferimento a plusvalenze e sopravvenienze attive
realizzate nel corso della procedura. L' analisi sviluppata consente
all' A. di concludere che alla luce della legge fallimentare e della
normativa tributaria vigente e' da ritenersi che il fallimento e'
escluso dall' ambito delle imposte dirette ed il suo curatore e'
sottoposto solo alle sanzioni previste per omessa, incompleta ed
infedele dichiarazione. E' da individuarsi, quindi, nel fallimento un
soggetto senza alcuna capacita' contributiva.
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