| L' A. ripercorre criticamente la vicenda della contrattazione
collettiva, per coglierne il significato e l' importanza storica,
economica, sociale, e per valutarne le prospettive. Ritiene che
questa forma di relazioni industriali appartenga, cosi' come e'
ancora concepita, al passato e si possa collegare ad un tipo di
"sottocultura" fondata sulla "garanzia e la sicurezza", sulla ricerca
del lavoro subordinato, sul desiderio di una societa' "giusta" con
forti sottolineature egualitarie, che crede nei partiti tradizionali
e, quindi, nei sindacati tradizionali. A questa "sottocultura" si
contrappone quella della "propensione al rischio", la quale tende a
risolvere direttamente i problemi, rifiuta la "classe" e il
"collettivo", riconduce la solidarieta' ad un vincolo che non va
oltre la famiglia. C' e' il rischio, afferma l' A., che i contratti
collettivi finiscano per diventare uno strumento della prima
"sottocultura". I contratti collettivi, invece, potranno avere un
futuro se ad essi verranno tolti sottintesi politici e sociali, per
attribuirgli una reale "utilita'" economica. Se il loro costo, cioe',
sara' proporzionato ai risultati.
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