| Viene discussa la disciplina legale del rapporto di lavoro
dirigenziale. Punto di partenza e' l' art. 2095 c.c., che affida la
determinazione dei requisiti di appartenenza alle categorie indicate
di operai, impiegati, dirigenti amministrativi e tecnici alle leggi
speciali e alle "norme corporative". L' A. sostiene che il
riferimento alle norme corporative debba interpretarsi nel senso che
e' esteso ai contratti collettivi attuali. Emerge, cosi', l' estrema
relativita' della nozione di dirigente, demandata ai contratti
collettivi, che possono definire requisiti diversi. Quindi, per
stabilire quando ad un lavoratore subordinato competa la qualifica di
dirigente, occorre indagare se vi sia una legge speciale che
definisca i requisiti di appartenenza e, in sua assenza, rifarsi ai
contratti collettivi. In mancanza anche di una norma collettiva che
indichi i requisiti di appartenenza alla categoria dei dirigenti puo'
farsi riferimento alla giurisprudenza della Cassazione che, nella
lacuna della legge, ha elaborato una nozione sufficientemente
consolidata con la sentenza 8 agosto 1983, n. 5295. Conclusivamente
l' A. affronta la questione dell' impiegato con mansioni direttive
per cercare le linee di confine tra questa figura e quella del
dirigente.
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