| Viene svolta una serie di riflessioni sui codici penale e di
procedura penale del 1930, per sostenere che a distanza di tanto
tempo, il diritto, dovendosi piegare alle esigenze della vita, si
allontana sempre piu' dalle sue matrici filosofiche e morali, e
questo prendendo addirittura a confronto i due codici bollati con l'
anatema di "fascisti". L' art. 272 c.p.p. non prevedeva alcun limite
massimo della carcerazione preventiva, ma soltanto l' obbligo di dare
giustificazione al presidente del Tribunale qualora essa fosse
protratta, nell' istruzione formale, oltre i quattro mesi. Tutta la
normativa successiva che a seconda delle circostanze ha allungato o
accorciato i termini della carcerazione preventiva, in sostanza si e'
richiamata alla cultura del "ti schiaffo dentro e poi si vedra'",
dando per scontato che un cittadino innocente possa essere
incarcerato, anche se non oltre un tempo stabilito. La crisi del
diritto penale e' nelle stesse norme scritte, se e' vero come e'
stato rilevato che esiste un contrasto tra la previsione
costituzionale di innocenza e tutte le misure cautelari, tra le quali
il primo posto spetta alla carcerazione preventiva.
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