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| IDG851300459 | |
| 85.13.00459 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
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| Salvi Cesare
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| I calcoli di maggioranza hanno reso impossibile un esito positivo
della Commissione Bozzi. Chia ha barato nella partita della "grande
riforma"
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| Rinascita, an. 42 (1985), fasc. 5 (9 febbraio), pag. 7
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| (Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
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| D021
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| L' A. sostiene che i lavori della Commissione bicamerale per le
riforme istituzionali si sono conclusi con un sostanziale fallimento.
Analizza le cause di questo fallimento e sostiene che esso era
implicito nelle premesse politiche a cui si volevano subordinare le
riforme istituzionali. Le riforme istituzionali, secondo queste
premesse, dovevano rafforzare il potere del "superpartito" che si
esprime nella coalizione a cinque. Non si sono, quindi, cercate le
condizioni per sbloccare la democrazia bloccata e per avviare la
"seconda fase" della storia repubblicana, in cui si dispieghi la
logica dell' alternativa di governo tra forze portatrici di
differenti programmi; ma al contrario, si e' tentato di congelare la
prima repubblica mediante un "cultura della coalizione"
pentapartitica che realizzi una rete istituzionale di protezione
interna agli equilibri faticosamente patteggiati tra i partiti che si
autodefiniscono di governo. La causa di fondo della crisi della
democrazia italiana, e che ha sostenuto l' ipotesi di riforme
istituzionali, e' nella "conventio ad excludendum" nei confronti del
PCI, convenzione che impone a tutti gli altri partiti dell' arco
costituzionale di coabitare nel governo.
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| Rassegna stampa a cura di: G. Ipsevich, S. Stoppoloni, E. Zampetti
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