| Filo conduttore del dibattito sono state due posizioni: quella che
vorrebbe che l' apparato politico-amministrativo rispondesse dei suoi
comportamenti soltanto davanti all' elettorato e non ai giudici, e l'
altra che, invece, vuole che i giudici, di fronte all' illecito non
debbano incontrare limiti. Posizione, questa, che viene accusata di
fondarsi sulla politicizzazione dei giudici. Secondo Giuseppe
Tamburrino, procuratore generale della Cassazione, "indipendenza dei
giudici significa autonomia e liberta' di fronte ad ogni potere
politico". Secondo Dino Felisetti, deputato socialista e membro della
Commissione Giustizia della Camera, "c' e' il sospetto non solo di
politicizzazione della magistratura, ma qualche volta di
partitizzazione". Secondo Alessandro Criscuolo, presidente dell'
Associazione nazionale magistrati, "il ruolo fondamentale di oggi e'
la trasformazione del ruolo del giudice come mediatore di conflitti
sociali. Se c' e' politicizzazione del giudice essa e' a livello
personale e va perseguita disciplinarmente. Utilizzare questa per
progettare riforme punitive e riportare la Magistratura alle
dipendenze del potere politico non e' degno della democrazia
italiana". Secondo Luciano Violante, magistrato e deputato comunista,
occorre intervenire con modifiche dell' ordinamento, con lo sviluppo
delle funzioni di autogoverno del Cons. Sup. Mag., con la
temporaneita' degli incarichi direttivi, con la riforma del segreto
istruttorio, con la riforma di alcuni delitti dei pubblici ufficiali
verso l' amministrazione, e della responsabilita' disciplinare dei
giudici.
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