| L' A. sottolinea che i valori del buon andamento e dell'
imparzialita' della p.a., richiamati nell' art. 97 Cost., hanno un
rilievo assolutamente primario, sicche' solo la legge puo'
determinare le vie maestre del funzionamento amministrativo, mentre
la discrezionalita' dei pubblici ufficiali non puo' spingersi fino
all' adozione di regole nuove. Percio' i pubblici amministratori che
gestiscono "privatisticamente" gli uffici ad essi affidati non
possono andare esenti da quei risvolti penali, il cui frequente
ricorrere fa parlare di "questione morale". E' inoltre da tener
presente che il trasferimento agli Enti locali di importanti
competenze, gia' proprie dell' apparato statale, ha caricato sugli
amministratori elettivi nuove responsabilita' molto gravose, dando
luogo al crescente dilagare di incriminazioni nei loro riguardi. Il
problema e' serio, e non si puo' risolvere solo "depenalizzando",
cioe' riducendo le pene, o cancellando alcune ipotesi di reato. L' A.
conclude che, prima di por mano a ritocchi del codice, occorre
intervenire sul mancato riconoscimento alle amministrazioni sociali
della necessaria autonomia.
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