| L' A. interviene nel dibattito sull' intesa per l' insegnamento della
religione cattolica nelle scuole dello Stato, osservando in via
preliminare che, se c' era l' impegno di sottoporre l' intesa al
Parlamento prima di darle attuazione, quell' impegno avrebbe dovuto
essere mantenuto. Sottolinea quindi la novita' rappresentata dal
passaggio dalla obbligatorieta' per tutti (con possibilita' di
esonero) al diritto di scelta, e ricorda che la questione si pone per
le scuole di uno Stato laico, nel senso che si tratta di uno Stato
non confessionale, cosa ben diversa da "Stato laicista". Percio', la
scuola di Stato non puo' essere che scuola laica, e in questa
prospettiva la liberta' di scelta dell' insegnamento della religione
appare conseguente alla premessa. L' A. ritiene che non solo i
cattolici, ma quanti hanno della cultura una larga visione possano
accettare la sentenza di Tertulliano: "ne ignorata damneturé". I
problemi piu' gravi riguardano la dignita' dell' insegnamento che
verra' offerto, la giusta importanza che deve essere riconosciuta al
nuovo corso dai cattolici, e il mantenimento del ritmo dell'
iscrizione annuale al corso.
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