| Il criterio ispiratore del disegno di legge di riforma della
dirigenza pubblica e' da accogliere. Esso, infatti, si propone di
separare l' azione di indirizzo da quella gestoria, attribuendo la
prima ai ministri, e riservando la seconda ai dirigenti. Insorgono,
pero', dubbi circa la possibilita' che questo criterio sia
coerentemente applicato. Secondo l' A., ai Ministeri e alle altre
amministrazioni dirette dovrebbero essere lasciati soltanto poteri d'
indirizzo, mentre quelli organizzativi, attivi e gestori dovrebbero
essere riservati alla "burocrazia dirigenziale", messa ai vertici di
strutture piu' autonome ed efficienti, di tipo imprenditoriale.
Perplessita' suscita la norma che prevede di dimettere i dirigenti
responsabili di cattivo rendimento gestionale, potendo, cosi', aver
luogo l' allontanamento di persone scomode. Altro motivo di
perplessita' e' dato dalla decisione di fissare un "contingente"
nell' assunzione di dirigenti a rapporto privato. (Titolo: 2 col /
Testo: 1.3 col).
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