| L' A. giudica utopistico coinvolgere nella lotta alla mafia,
attraverso un' azione complessiva, il Governo centrale, le
amministrazioni e tutte le istanze sociali; infatti caratteristica
della mafia e' proprio quella di occupare spazi politici e sociali.
L' A. ritiene quindi che la lotta alla mafia in Sicilia e in Calabria
debba essere "importata dall' Italia", prendendo atto del fatto che
le sole forze locali non sono in grado di affrontarla. La lotta dello
Stato alla mafia dev' essere essenzialmente bellica. La mafia puo'
essere battuta solo sul piano della forza, non con i dibattimenti nei
Tribunali. L' A. puntualizza che per prospettiva bellica intende "l'
imposizione della legge in determinati campi attraverso un impiego
unilaterale e incontrollato della forza". L' A. suggerisce, a titolo
di esempio, di affidare poteri speciali ai Prefetti: comminare
sanzioni a chi viaggia in autobus senza biglietto, licenziare i
dipendenti pubblici assenteisti, sciogliere qualsiasi consiglio di
gestione di USL o azienda pubblica che non faccia il suo dovere, ecc.
Questi interventi comporterebbero la proclamazione di una sorta di
stato di guerra, comunque preferibile alla "strisciante quanto
inefficace violazione quotidiana delle norme costituzionali".
Probabilmente, conclude l' A., la guerra alla mafia non si fara';
siciliani e calabresi potranno continuare a vivere tranquilli e alla
merce' del potere criminale. (Titolo: 5 col / Testo: 1.7 col).
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