| l' a., premesso che la proroga risponde all' esigenza di un mutamento
dei rapporti di produzione, donde gli attacchi che l' istituto
subisce da parte dei proprietari anche sul piano giudiziario, rileva
che, a livello di giurisdizione ordinaria, il piu' consistente di
tali attacchi e' quello che fa leva sulla rinunciabilita' della
proroga che costituisce, al di la' delle sue formali giustificazioni,
uno strumento per imporre al concessionario l' abbandono del fondo
attraverso sollecitazioni e ricatti. analizza poi il concetto di
proroga per giungere alla conclusione della nullita' di una rinuncia
unilaterale, la proroga, infatti, secondo l' a., non e' un diritto,
ma presenta forti analogie con le clausole imposte dalla legge di cui
all' art. 1339 codice civile, per le quali non avrebbe senso parlare
di rinuncia, e attiene alla durata del contratto, alla quale non si
addice la categoria della rinuncia, ma semmai dell' interruzione,
parimenti nulle sono, secondo l' a., le convenzioni dirette a fissare
un diverso termine di scadenza o a rinunziare alla proroga, tranne
nel caso di rinunzia convenzionale nell' affitto a coltivatore
diretto con i requisiti di cui all' art. 23 legge 1971, n.11, al di
fuori di tale ipotesi o dei casi di esclusione o dellarisoluzione, se
configurabile, lo scioglimento del vincolo contrattuale puo' avvenire
solo mediante l' esercizio da parte del concessionario del potere di
recesso, alla luce di tali considerazioni l' a. infine esamina
criticamente le sentenze n. 1852/1973 della cassazione, 29 gennaio
1973 e 13 novembre 1973 del tribunale di roma.
| |