| l' a. premette che la tesi della continuita' tra lo stato liberale,
quello fascista e quello repubblicano si e' venuta rinnovando, negli
ultimi anni, con diverse articolazioni. ne analizza criticamente
alcuni momenti essenziali sul piano storiografico, sul piano degli
studi del sistema politico e delle teorie dello stato. l' a. afferma
che tali posizioni culturali sono il segnale di trasformazioni reali
del paese ed una comprensione piena di quelle posizioni e' possibile
attraverso l' individuazione di queste trasformazioni. l' a.
riconosce nella "crisi di egemonia", emersa in italia negli anni '60,
la ragione prima del diffondersi di tali correnti culturali ed in
particolare si sofferma sulla "questione degli intellettuali". l' a.
sostiene che, entrati in crisi gli apparati di egemonia e date le
dimensioni attuali della standardizzazione del lavoro intellettuale e
la crescente influenza dello stato sulla societa' civile, e' entrato
in crisi il rapporto governanti-governati che presumeva l'
appartenenza di massa degli intellettuali al blocco dominante. in
mancanza di una risposta complessiva alla crisi dello stato e per l'
inadeguatezza della elaborazione teorica da parte del movimento
operaio di un nuovo tipo di stato dai fondamenti democratici
originali, hanno avuto un certo successo, afferma l' a., le forze
culturali che puntano su soluzioni corporative. secondo l' a., la
tesi della continuita' dello stato ha una presa di massa e rispecchia
un atteggiamento polemico nei confronti del movimento operaio e del
"compromesso storico", inteso come possibile avvio della
partitocrazia, ma in realta', secondo l' a., premessa di un mutamento
generale nei rapporti fra le masse e le istituzioni, i governanti e i
governati.
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