| Sul rapporto tra politica e Magistratura, l' A. sostiene che fino ad
una certa epoca si sono scontrate, tra i magistrati, 2 logiche: una,
la piu' tradizionale, secondo la quale il giudice obbedisce soltanto
alla legge gia' scritta e codificata e il suo legame con le leggi e'
piu' forte del legame con lo Stato; la seconda logica e' quella che
considera il giudice ormai una figura non professionale e statuale,
ma politica e sociale, non piu' puro difensore dell' esistente o di
un ormai utopico primato di una legge o di uno Stato da molti non
piu' ritenuti rispondenti al bene collettivo. In questa seconda
logica il giudice non risponde piu' allo Stato o alla professione, ma
deve rispondere alla societa' nelle sue diverse forme, poiche' quella
del giudice e' ritenuta una "responsabilita' politica". Secondo l'
A., la contrapposizione di queste 2 logiche e' in fase calante. Si va
affermando tra i magistrati, infatti, una nuova "politica" della
giustizia volta ad esaltare i fini istituzionali dell' ordinamento
giudiziario, senza compromessi politico-partitici, capace di
stabilire corretti e non pasticciati rapporti con altre istituzioni e
responsabilita' pubbliche.
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