| Ripercorso criticamente l' iter parlamentare della riforma del codice
di procedura penale, dalla legge delega del 1974 ad oggi, l' A.
ritiene che comunisti e democristiani non vogliano, sostanzialmente,
l' attuazione di questa riforma. Queste forze politiche si
richiamano, in materia, ad una cultura del processo che l' A.
definisce "cattolica", cioe' confessoria e penitenziale e, quindi,
necessariamente inquisitoria e segreta. Nel frattempo proliferano
proposte di "novelle", cioe' di riforme disarticolate e settoriali,
come quelle sulla carcerazione preventiva, sui poteri del Pubblico
Ministero, sulla comunicazione giudiziaria, sulla riparazione degli
errori giudiziari, sulla modifica delle competenze che, presentate
come anticipazioni del nuovo codice, in effetti rischiano di eludere
o di rinviare "sine die" la riforma vera e propria, cioe' la
trasformazione del rito da inquisitorio in accusatorio.
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