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37766
IDG851301461
85.13.01461 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Scarpelli Uberto
Cronache del diritto. Carl Schmitt, politologo del silenzio
Mondo economico, an. 38 (1985), fasc. 18 (6 maggio), pag. 9
F61; F416; F3214
L' A., rifacendosi al volume di Carl Schmitt "Principi politici del nazionalsocialismo" pubblicato nel 1935, rileva come la posizione reazionaria di quel giurista individui una concezione politica che puo' riassumersi in un rapporto amico-nemico in una situazione di guerra, ancorche' non guerreggiata con le armi, in cui il sostenitore della linea perdente e', poi, costretto al silenzio. La visione liberale contempla la politica come dialogo, mentre la visione di Schmitt condanna al silenzio, come peraltro successivamente lo stesso Schmitt dovette subire dal nazismo vincente. In teoria giuridica Schmitt individua 3 tipi principali di pensiero che prendono a base il concetto del diritto come norma - primato che svela uno spirito liberale di aspirazione alla legge sovrana che limiti i poteri dell' uomo sull' uomo-, come decisione o come ordinamento. L' A. sottolinea che il giurista tedesco propende per il decisionismo per cui ogni decisione, purche' capace di imporsi, riesce giustificata, nella linea filosofica di Thomas Hobbes, per il quale le decisioni anche tiranniche del sovrano sono giustificate se salvano dal disordine dello stato di natura. Su tale terreno culturale, sostiene l' A., puo' nascere di tutto come infatti vi nacquero fascismo e nazismo. L' inquietudine dinanzi a tale filosofia si acuisce verificando la recente ambigua fortuna, come si esprime l' A., che riscuote nella cultura di sinistra, ponendoci di fronte alla domanda se il pensatore reazionario puo' essere realistico interprete di una condizione storica, ma anche se non abbia torto quando si arrende a quella condizione invece di domandarsi quali spazi, dopo l' analisi realistica, si possono ancora cercare per il dialogo e la norma.
Rassegna stampa a cura di: G. Ipsevich, S. Stoppoloni, E. Zampetti



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