| L' A., rifacendosi al volume di Carl Schmitt "Principi politici del
nazionalsocialismo" pubblicato nel 1935, rileva come la posizione
reazionaria di quel giurista individui una concezione politica che
puo' riassumersi in un rapporto amico-nemico in una situazione di
guerra, ancorche' non guerreggiata con le armi, in cui il sostenitore
della linea perdente e', poi, costretto al silenzio. La visione
liberale contempla la politica come dialogo, mentre la visione di
Schmitt condanna al silenzio, come peraltro successivamente lo stesso
Schmitt dovette subire dal nazismo vincente. In teoria giuridica
Schmitt individua 3 tipi principali di pensiero che prendono a base
il concetto del diritto come norma - primato che svela uno spirito
liberale di aspirazione alla legge sovrana che limiti i poteri dell'
uomo sull' uomo-, come decisione o come ordinamento. L' A. sottolinea
che il giurista tedesco propende per il decisionismo per cui ogni
decisione, purche' capace di imporsi, riesce giustificata, nella
linea filosofica di Thomas Hobbes, per il quale le decisioni anche
tiranniche del sovrano sono giustificate se salvano dal disordine
dello stato di natura. Su tale terreno culturale, sostiene l' A.,
puo' nascere di tutto come infatti vi nacquero fascismo e nazismo. L'
inquietudine dinanzi a tale filosofia si acuisce verificando la
recente ambigua fortuna, come si esprime l' A., che riscuote nella
cultura di sinistra, ponendoci di fronte alla domanda se il pensatore
reazionario puo' essere realistico interprete di una condizione
storica, ma anche se non abbia torto quando si arrende a quella
condizione invece di domandarsi quali spazi, dopo l' analisi
realistica, si possono ancora cercare per il dialogo e la norma.
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