| L' A. rileva come non si sia creato in Italia un "sistema di
convenienze" capace di attirare verso il recupero edilizio
investimenti pubblici e capitali privati. Infatti, molti fattori, tra
cui leggi pensate quasi esclusivamente a privilegiare la nuova
edilizia (da ultimo la l. n. 457 del 1978), la fiscalita' immobiliare
(legge Formica) che ha favorito l' estremo spezzettamento della
proprieta' immobiliare difficoltizzando il recupero su vasta scala e
le stesse normative urbanistiche con la loro frequente
farraginosita', hanno reso difficile anche il piu' banale intervento
di ammodernamento sul patrimonio esistente. L' A. comunque, segnala
che finalmente pare iniziata una tendenza inversa di cui sono
protagonisti Comuni, imprese, Parlamento, istituti di credito. A
Torino, per esempio, si e' costituita la "Centro storico s.p.a.", una
societa' mista che raggruppa imprese private e la regione (con la
Finpiemonte), che acquista gli alloggi degradati, li ristruttura e ne
destina una parte all' affitto, una alla vendita in regime di
edilizia convenzionata e una parte alle imprese che collocano le
abitazioni sul libero mercato. Analoga esperienza e' in via di
sperimentazione a Roma. L' A., infine, segnala la presenza in
Parlamento di proposte di legge atte a snellire le procedure della l.
n. 457 del 1978 e la proposta della sezione credito fondiario della
Banca nazionale del lavoro che mira a mettere sul mercato mutui di
favore destinati al recupero i cui interessi, a seguito di
convenzione con i Comuni, sono in parte coperti a fondo perduto da
quest' ultimi.
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