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Onorevoli Deputati! - L'inizio dell'anno 1993 ha reso
assolutamente urgente il recepimento, nell'ordinamento, delle
direttive comunitarie destinate ad assicurare la realizzazione
di un mercato unico caratterizzato dalla libera circolazione
delle merci.
Come è noto, presso gli organi della Comunità economica
europea ferve un rilevante impegno volto a delineare sempre
meglio la disciplina che assicurerà la realizzazione del
mercato unico, con sempre nuove puntualizzazioni, che ora è
possibile cogliere nella pienezza dei loro effetti potenziali,
per realizzarne il recepimento nell'ordinamento nazionale.
A questo proposito nel decreto-legge in rassegna (al pari
dei decreti-legge 31 dicembre 1993, n.513, 2 marzo 1993, n.
47, 28 aprile 1993, n. 131, e 30 giugno 1993, n. 213, non
convertiti per scadenza del termine costituzionale) sono state
tenute presenti le seguenti direttive:
1) direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre
1991, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 dicembre 1991, che completa il sistema
comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista
della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva
77/388/CEE;
2) direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 23 marzo 1992, relativa al regime generale,
alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei
prodotti soggetti ad accisa;
3) direttiva 92/77/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 ottobre 1992, che completa (ravvicinamento
delle aliquote IVA) il sistema co-
mune di imposta sul valore aggiunto e modifica la direttiva
77/388/CEE;
4) direttiva 92/78/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 ottobre 1992, che modifica le direttive
72/464/CEE e 79/32/CEE relative alle imposte diverse
dall'imposta sulla cifra d'affari che gravano sul consumo dei
tabacchi lavorati;
5) direttiva 92/79/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento
delle imposte sulle sigarette;
6) direttiva 92/80/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento
delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle
sigarette;
7) direttiva 92/81/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 ottobre 1992, relativa all'armonizzazione
delle strutture delle accise sugli oli minerali;
8) direttiva 92/82/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento
delle aliquote di accisa sugli oli minerali;
9) direttiva 92/83/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità
europee del 31 ottobre 1992, relativa all'armonizzazione
delle strutture delle accise sull'alcole e sulle bevande
alcoliche;
10) direttiva 92/84/CEE del Consiglio, del 19 ottobre
1992, pubblicata nella
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Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 31
ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle aliquote di
accisa sull'alcole e sulle bevande alcoliche;
11) direttive del Consiglio, adottate nel mese di
dicembre 1992, con le quali sono state modificate la direttiva
92/12/CEE relativa al regime generale, alla detenzione, alla
circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa,
e la direttiva 77/388/CEE in punto di misure di
semplificazione.
Si tratta di un complesso di disposizioni che devono essere
recepite con l'inserimento nell'ordinamento di quegli elementi
di armonizzazione che esse richiedono e per il quale - anche
in considerazione della loro recentissima adozione - non è
ipotizzabile altro strumento che quello di un provvedimento di
urgenza.
Le direttive che più sopra si sono menzionate interessano
due importanti aspetti della imposizione indiretta e cioè i
livelli e la struttura delle aliquote delle "accise" e
dell'imposta sul valore aggiunto, nonché il regime di
circolazione dei beni all'interno del nuovo grande mercato
intracomunitario (costituito da 330 milioni di utenti di 12
Paesi; con un prodotto interno lordo non dissimile,
complessivamente, a quello degli Stati Uniti ed addirittura
superiore di circa due terzi a quello del Giappone). La
rilevanza dell'insieme delle disposizioni di armonizzazione
(che interessano un volume notevole delle transazioni
commerciali nel nostro Paese) e le attuali condizioni
dell'economia (che rendono necessario adottare misure di
rigore finanziario senza però attenuare l'impegno verso un
convinto perseguimento degli obiettivi di crescita del
prodotto interno e di riduzione del tasso di aumento dei
prezzi per allinearli a quelli degli altri Stati membri della
Comunità) hanno indotto il Governo a caratterizzare il
provvedimento con due precise connotazioni.
In primo luogo, nel procedere all'armonizzazione delle
aliquote, si è seguito prevalentemente il criterio della
"necessarietà", in modo da evitare che l'intervento potesse
interessare un'area eccessivamente ampia, con implicazioni
indirette agevolmente intuibili: in altri termini ha inteso
assicurare sostanzialmente che le modifiche in aumento delle
aliquote diano comunque luogo ad effetti simmetrici rispetto a
quelli prevedibili nel caso di modifiche in diminuzione.
In secondo luogo, sempre nel realizzare l'armonizzazione
della disciplina nazionale, si è inteso considerare il
provvedimento come parte integrante della manovra di finanza
pubblica (tanto che esso introduce una serie di misure di tipo
complementare a quelle di vera e propria armonizzazione),
rispettoso dell'esigenza che da esso non derivino oneri
aggiuntivi per il bilancio: anzi - sotto questo profilo - esso
va considerato anche alla luce di quanto previsto dalle
disposizioni in tema di "Interventi urgenti in materia di
finanza pubblica".
Il decreto-legge disciplina il regime generale, la
detenzione, la circolazione ed i controlli dei prodotti
soggetti ad accise; l'armonizzazione della struttura delle
accise sugli oli minerali, sull'alcole e sulle bevande
alcoliche, nonché il riallineamento delle aliquote, i livelli
di imposizione e i regimi agevolati. Nel settore degli oli
minerali, dove le aliquote vigenti al 31 dicembre 1992
risultano superiori a quelle minime stabilite dalle direttive,
le modifiche concernono solo una revisione delle disposizioni
agevolative. In particolare, viene introdotta una modifica
delle agevolazioni per i prodotti petroliferi impiegati per
uso agricolo, sia per evitare che vengano a beneficiarne
soggetti che operano in modo marginale nel settore, sia per
semplificarne il complesso e costoso meccanismo amministrativo
di gestione. Vengono poi soppresse talune imposte di
fabbricazione e le corrispondenti sovrimposte di confine (su
zucchero, glucosio, oli di semi, margarina, accendigas, armi
da sparo e munizioni), nonché talune imposte di consumo (su
caffè, cacao e prodotti audiovisivi e fotoottici); in questo
caso l'armonizzazione e gli interventi conseguenziali al
regime di libera circolazione dei beni - diretti anche ad
evitare le complicazioni di ordine amministrativo
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necessarie per la gestione di questi tributi - hanno offerto
l'occasione per una semplificazione della struttura del
sistema. Per quanto, poi, riguarda il settore dei tabacchi
lavorati, viene recepito progressivamente l'innalzamento della
aliquota di base dell'imposta di consumo sulle sigarette,
secondo quanto stabilito dalla direttiva comunitaria in
materia e viene disciplinato il relativo regime di
circolazione di tali prodotti.
Per quanto riguarda invece il settore dell'IVA, oltre alla
modifica di alcune aliquote, per rispettare il nuovo assetto
previsto dalla pertinente direttiva, il provvedimento
definisce la disciplina temporanea delle operazioni
intracomunitarie - che nel mercato unico non costituiscono più
importazioni ed esportazioni - e le conseguenti modifiche da
apportare alla disciplina dell'imposta.
Infine - oltre ad alcune misure di altra natura ritenute
urgenti (quali le soppressioni dell'ILOR sul così detto
"contributo diretto lavorativo" che trova la propria ragione
in una opportuna discriminazione qualitativa dei redditi; la
sua irrilevanza ai fini IVA e la possibilità di dichiarare -
senza incorrere in sanzioni - imponibili più elevati di quelli
risultanti dalle scritture contabili, allo scopo di eliminare
ostacoli all'adeguamento dei risultati al "contributo diretto
lavorativo") - il provvedimento in rassegna contiene altre
disposizioni collegate in qualche misura alla prevista
armonizzazione comunitaria anche per il tendenziale rispetto
dei vincoli macro-economici per la finanza pubblica che il
Paese è tenuto a perseguire: tra queste, peculiare è la
soppressione della tassa annuale di concessione governativa
relativa alle società (con la contemporanea estensione
dell'applicazione della tassa per l'attribuzione del numero di
partita IVA), la conservazione del solo tributo di iscrizione
nel registro delle imprese in misura tale da restituire al
tributo i connotati propri della tassa (rendendone uniforme la
misura per tutti i tipi di società e limitandola al solo
momento della iscrizione), in aderenza ai rilievi sollevati
davanti alla Corte di giustizia della CEE.
Da quanto sopra si è accennato nelle linee generali emerge
che il decreto-legge di cui si richiede ora la conversione in
legge ripropone la disciplina contenuta nei decreti-legge 31
dicembre 1992, n.513, 2 marzo 1993, n. 47, 28 aprile 1993, n.
131, e 30 giugno 1993, n. 213, arricchita dalle indicazioni
tecniche emerse durante il dibattito parlamentare; nella
reiterazione infatti il Governo ha tenuto conto di tali
indicazioni in modo che la normativa risultasse più puntuale e
più sensibile alle esigenze applicative, valutandole sia sotto
il profilo della complessiva compatibilità con gli obbiettivi
finanziari del provvedimento, sia sotto quello delle
difficoltà operative che sarebbero derivate per gli uffici e
quindi per i contribuenti. Peraltro la disciplina recata dal
decreto-legge in rassegna si salda a quella dei predetti
decreti-legge, per effetto della salvezza dei rapporti
giuridici posti in essere e degli effetti prodottisi durante
la vigenza dei decreti-legge medesimi, così come previsto nel
disegno di legge di conversione.
Il decreto-legge si articola nei seguenti titoli:
Titolo I - Armonizzazione della disciplina delle accise
su oli minerali, alcole, bevande alcoliche e tabacchi
lavorati, nonché altre imposizioni indirette sui consumi;
Titolo II - Armonizzazione della disciplina dell'imposta
sul valore aggiunto;
Titolo III - Adeguamento di altre disposizioni
tributarie.
In ciascuno di essi sono collocate le disposizioni di cui
si intende ora dare una breve illustrazione.
Titolo I (articoli da 1 a 35).
Occorre premettere che il principio generale su cui si basa
il progetto di armonizzazione comunitaria della tassazione dei
prodotti soggetti ad accisa è l'assolvimento dell'imposta nel
Paese ove avviene
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il consumo effettivo (mantenimento del principio della
territorialità fiscale).
E' evidente che in assenza di una disciplina che
regolamenti il traffico intracomunitario dei prodotti soggetti
ad accisa, mancando il controllo alle frontiere, non potrebbe
più essere assicurata la riscossione delle imposte nello Stato
di destinazione e di consumo dei beni soggetti a tale
imposizione; e, inoltre, potrebbe accadere che beni tassati in
un Paese membro della Comunità con aliquote inferiori vengano
inviati al consumo in altri Paesi membri nei quali vigono
aliquote superiori o, al contrario, che beni prodotti in un
Paese, dove si applicano aliquote superiori (come in Italia
per l'importante settore degli oli minerali), potrebbero
essere destinati solo "cartolarmente" ad altri Paesi ma, con
un comportamento fraudolento, in realtà immessi in consumo nel
Paese di produzione.
L'armonizzazione delle accise costituisce, pertanto, una
condizione necessaria per la realizzazione del mercato unico;
essa coinvolge le imposte che colpiscono determinati beni
all'atto della produzione o del consumo e che nel nostro
ordinamento giuridico vengono denominate imposte di
fabbricazione o imposte di consumo.
La prima direttiva adottata in materia è la 92/12/CEE del
Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale,
alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei
prodotti soggetti ad accisa. Questa direttiva prevede
l'armonizzazione per gli oli minerali, l'alcole e le bevande
alcoliche ed i tabacchi lavorati, e, quindi, coinvolge le
imposte di fabbricazione sugli oli minerali, sui gas di
petrolio liquefatti, sugli spiriti, sulla birra e l'imposta di
consumo sul gas metano e sui tabacchi lavorati. Essa si
applica anche al vino, che è compreso tra le bevande alcoliche
e che, in Italia, come è noto, non è soggetto ad accisa. Ad
essa hanno fatto seguito le seguenti direttive:
a) direttiva 92/81/CEE, relativa all'armonizzazione
delle strutture delle accise sugli oli minerali;
b) direttiva 92/82/CEE, relativa al ravvicinamento
delle aliquote di accisa sugli oli minerali;
c) direttiva 92/83/CEE, relativa all'armonizzazione
delle strutture delle accise sull'alcole ed altre bevande
alcoliche;
d) direttiva 92/84/CEE, relativa al ravvicinamento
delle aliquote di accisa sull'alcole ed altre bevande
alcoliche.
Per quanto riguarda i tabacchi, le direttive adottate sono
invece le seguenti:
a) direttiva 92/78/CEE, relativa alle imposte
diverse dall'imposta sulla cifra di affari che gravano sul
consumo dei tabacchi lavorati;
b) direttiva 92/79/CEE, relativa al ravvicinamento
delle imposte sulle sigarette;
c) direttiva 92/80/CEE, relativa al ravvicinamento
delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle
sigarette.
Al recepimento di queste direttive relative
all'armonizzazione delle accise si provvede appunto con le
disposizioni contenute nel titolo I. Più precisamente, con le
disposizioni contenute nel capo I di questo titolo si
recepisce la direttiva 92/12/CEE (definita orizzontale) che
stabilisce il regime generale, la detenzione, la circolazione
ed i controlli dei prodotti soggetti ad accisa e che, quindi,
si applica a tutti i prodotti assoggettati a tale
imposizione.
Articolo 1. - Nel comma 1 viene delimitato, in primo
luogo, il campo di applicazione facendo riferimento, per la
definizione dei prodotti assoggettati ad accisa, alle
disposizioni contenute nei successivi capi II e III dove si
recepiscono le direttive sulla struttura delle accise sugli
oli minerali e sull'alcole e altre bevande alcoliche. Nel
comma 2 sono enunciate le definizioni di "accisa", di
"deposito fiscale", di "depositario autorizzato", di "regime
sospensivo", di "operatore registrato" e di "operatore non
registrato".
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Si tratta di definizioni che attengono a soggetti e ad
impianti che hanno rilevanza negli scambi intracomunitari e
che vengono ad assumere connotazioni giuridiche non previste
dalla legislazione nazionale dei singoli tributi.
Da sottolineare la definizione di "deposito fiscale" che
comprende tutti gli impianti di lavorazione (raffinerie,
petrolchimici e distillerie, eccetera) e di deposito dove si
lavorano, si trasformano o si depositano prodotti soggetti ad
imposta, in regime sospensivo; mentre le configurazioni di
"operatore registrato" e di "operatore non registrato"
costituiscono innovazioni importanti in quanto consentono a
tali operatori (che svolgono la loro attività con prodotti ad
imposta assolta) di ricevere i prodotti in regime sospensivo e
di assolvere essi stessi al debito di imposta. Nel comma 3
viene precisato infine l'ambito territoriale nel quale si
applicano le disposizioni relative all'armonizzazione delle
accise.
Articolo 2. - Stabilisce la definizione del
presupposto generatore e della esigibilità dell'accisa. Mentre
il fatto generatore è costituito dalla fabbricazione del
prodotto, l'esigibilità è collegata all'immissione in consumo:
ciò corrisponde all'attuale struttura impositiva delle imposte
di fabbricazione e consente, per gli scambi intracomunitari
dei prodotti soggetti ad accisa, di attuare procedure di
controllo a garanzia di un debito d'imposta che, pur essendo
sorto con la fabbricazione, viene posto in regime sospensivo
fino a quando non si verifica l'immissione al consumo nel
paese di destinazione. Nell'articolo in rassegna viene anche
chiarito che obbligato al pagamento dell'imposta è il titolare
del deposito fiscale per i prodotti che dall'impianto stesso
vengono immessi in consumo, mentre nella fase della
circolazione e dell'impiego l'imposta deve essere pagata dal
soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per la
sua esigibilità o da quello che si è reso garante di tale
pagamento.
Articolo 3. - Contiene disposizioni per
l'accertamento, la liquidazione ed il pagamento dell'imposta.
Quanto all'accertamento, viene stabilito il principio che le
modalità esecutive ed operative dell'azione accertatrice
devono essere determinate dall'Amministrazione finanziaria;
trattandosi di adempimenti che attengono alla fase
dell'applicazione, si è ritenuto di affidare
all'Amministrazione la potestà di stabilire le modalità più
efficaci sia in relazione alle esigenze fiscali da tutelare,
sia in relazione a quelle operative degli impianti, tenendo
conto, naturalmente, dell'evoluzione tecnologica che richiede
continui adeguamenti delle procedure.
Per la liquidazione si precisa che l'aliquota d'imposta è
quella vigente al momento dell'immissione al consumo; per il
pagamento si stabilisce la data del giorno 15 del mese
successivo a quello della immissione in consumo come termine
normale di pagamento delle accise, eliminando così il
beneficio del pagamento differito. In caso di ritardato
pagamento dell'accisa, oltre l'applicazione dell'indennità e
degli interessi di mora, non è consentita l'immissione in
consumo suddetta fino all'estinzione del debito d'imposta da
parte del soggetto obbligato. Con il nuovo termine in concreto
si conferma il periodo medio di trenta giorni per il pagamento
delle accise attualmente praticato, in linea con quello
vigente negli altri Paesi europei. In particolare, per quanto
riguarda l'imposta di consumo sul gas metano è stata stabilita
l'imposizione a 30 giorni dalla fine di ogni bimestre solare
del termine per la presentazione della dichiarazione e per il
pagamento.
Articolo 4. - Definisce il regime del deposito
fiscale sul quale si impernia tutto il traffico
intracomunitario dei prodotti, in regime sospensivo di accisa.
Di particolare rilievo è la disposizione contenuta nel comma 4
che consente di esercitare la vigilanza finanziaria secondo
modalità adeguate alle esigenze di tutela fiscale, ma anche
rispettose della specificità dell'impianto che naturalmente
mal sopporterebbe intralci allo svolgimento della
ordinaria
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attività produttiva. Sulla base di tale disposizione,
il settore delle imposte di fabbricazione risulta influenzato
dagli aggiornamenti necessari per superare le difficoltà che
derivano, sia per gli operatori sia per gli stessi uffici
finanziari, dalla vetustà di disposizioni regolamentari che
prevedono procedure e formalità non più adeguate allo sviluppo
tecnologico degli impianti ed all'utilizzo di moderne
apparecchiature informatiche. In tal modo si contribuisce ad
assicurare alle imprese nazionali, anche sotto l'aspetto
operativo, condizioni di competitività analoghe a quelle da
tempo in atto negli altri Paesi europei.
Sono escluse dal regime del deposito fiscale le fabbriche
di prodotti tassati su base forfettaria mentre, per i depositi
di oli minerali e di gas di petrolio liquefatti, la gestione
in regime di deposito fiscale può essere autorizzata solo per
gli impianti attualmente soggetti a concessione ministeriale,
in ragione della loro capacità di deposito, nonché per gli
impianti di capacità inferiore, quando detta gestione risponde
ad effettive necessità operative e di approvvigionamento. Per
aumentare il grado di sicurezza fiscale, viene anche stabilito
che nei recinti dei depositi fiscali non possono essere
detenuti prodotti petroliferi ad imposta assolta.
Articolo 5. - Disciplina l'abbuono dell'imposta per i
casi di perdite e per i cali dovuti alla natura dei prodotti
soggetti ad accisa. Si tratta di norme che sono già previste
dal nostro ordinamento e che vengono ora estese anche ai
prodotti provenienti dai Paesi comunitari, in regime
sospensivo.
Articolo 6. - Disciplina la circolazione
intracomunitaria dei prodotti soggetti ad accisa in regime
sospensivo; essa deve avvenire solo tra depositi fiscali e con
scorta di un documento di accompagnamento secondo quanto
previsto dal regolamento CEE della Commissione 2719/92 dell'11
settembre 1992. E' stata a questo proposito prevista
l'estensione di tale disciplina anche alla circolazione entro
il territorio dello Stato dei prodotti nazionali soggetti ad
accisa con l'osservanza di modalità che saranno stabilite con
decreto del Ministro delle finanze, in modo da evitare
diversità di trattamento tra i prodotti di provenienza
comunitaria e prodotti nazionali.
Articolo 7. - Contiene disposizioni per le ipotesi di
irregolarità o di infrazioni commesse durante la circolazione
dei prodotti soggetti ad accisa, in conformità a quanto
previsto dalla direttiva sopra ricordata.
Articolo 8. - Introduce nel nostro ordinamento le
figure degli operatori professionali registrati e non
registrati, che vengono abilitati a ricevere merce in regime
sospensivo e che assumono l'obbligo di pagare l'imposta. Si
tratta di operatori che custodiscono prodotti ad imposta
assolta o che vengono abilitati a ricevere i prodotti di
provenienza comunitaria o nazionale, in regime sospensivo, con
obbligo di pagamento dell'imposta entro il giorno lavorativo
successivo a quello dell'arrivo. Questa disciplina non si
applica al tabacco al fine di salvaguardare l'attuale
peculiare regime commerciale.
Articolo 9. - Prevede la possibilità di designare un
rappresentante fiscale che potrà provvedere (in nome e per
conto del destinatario che non sia esercente di deposito
fiscale) agli adempimenti previsti dal regime di circolazione
intracomunitaria. Il rappresentante fiscale, per la rilevanza
degli obblighi che assume, deve essere preventivamente
autorizzato dalle Direzioni compartimentali delle dogane e
delle imposte indirette. Per gli spedizionieri doganali non
occorre l'autorizzazione, essendo stati abilitati a svolgere
tali compiti con l'articolo 7, comma 1- sexies, del
decretolegge 30 dicembre 1991, n.417, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n.66.
Articoli 10 e 11. - Contengono disposizioni per i
prodotti assoggettati ad accisa, già immessi in consumo in
altro Stato membro e che vengono introdotti in Italia. Poiché
l'imposta deve essere pagata nel
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Paese ove avviene il consumo, vengono precisate le procedure
da osservare per poter controllare tali operazioni. A questo
proposito è previsto un documento di accompagnamento analogo a
quello dei prodotti trasferiti in regime sospensivo; vengono
poi stabilite le quantità dei prodotti che possono essere
trasportati dai privati per uso proprio. Gli acquisti
effettuati per quantità superiori a tali limiti si considerano
presuntivamente per fini commerciali: in questo caso
ovviamente sussiste l'obbligo di pagare l'imposta prevista nel
Paese ove avviene il consumo.
Articolo 12. - Prevede, per il deposito e la
circolazione dei prodotti assoggettati ad accisa, un identico
trattamento sia per i beni di provenienza dai Paesi membri
della Comunità, sia per quelli di produzione nazionale; questa
previsione comporta la revisione dei vincoli di deposito e di
circolazione previsti dal decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 1957,
n.474, che in quanto prevedono adempimenti cartolari, sono del
tutto superati dalle moderne tecnologie. Con l'occasione si
prevede un aumento della capacità dei depositi per uso
privato, per uso agricolo e per uso industriale, da 10 a 25
metri cubi, ai fini degli obblighi della denuncia, della
licenza fiscale, della tenuta del registro di carico e
scarico: sono pertanto esclusi da tali adempimenti i predetti
depositi quando siano di capacità inferiore.
Si dispone, inoltre, che la depenalizzazione delle
violazioni (previste dall'articolo 13 del predetto
decreto-legge n. 271 del 1957 relative all'esercizio dei
depositi di oli minerali non denunciati), stabilita
dall'articolo 5, comma 6- bis, del decretolegge 23
gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 marzo 1993, n. 75, si applica anche alle violazioni
commesse antecedentemente alla data di entrata in vigore della
medesima legge di conversione.
Il presente articolo, infine, prevede l'esonero
dall'obbligo delle scorte di riserva di cui al terzo comma
dell'articolo 2 della legge 10 marzo 1986, n. 61, per i
depositi commerciali e industriali, al fine di evitare la
doppia imposizione dell'onere di scorta a carico
dell'operatore registrato, che viene così assoggettato
soltanto all'obbligo di scorta pari a 90 giorni di immissione
al consumo nell'anno precedente di taluni prodotti, indicati
nell'articolo 19, comma 1, della legge 9 gennaio 1991, n.
9.
Articolo 13. - Viene previsto il mantenimento dei
contrassegni fiscali, che, com'è noto, attualmente vengono
applicati nel settore degli alcoli per facilitare i controlli.
Naturalmente, i contrassegni fiscali vengono posti a
disposizione dei depositari autorizzati degli altri Stati
membri, con le stesse modalità previste per gli operatori
nazionali, tramite un rappresentante fiscale.
Articolo 14. - Prevede disposizioni per il rimborso
dell'accisa che compete quando i prodotti sono destinati al
consumo in un altro Stato membro o all'esportazione e prevede
il rimborso anche mediante accredito da utilizzare per il
pagamento dell'imposta. Dispone, inoltre, in caso di infedele
dichiarazione, volta ad ottenere un rimborso d'imposta non
dovuto, l'applicazione delle sanzioni previste per la
sottrazione dei prodotti all'accertamento ed al pagamento
dell'imposta.
Articolo 15. - Stabilisce le esenzioni dall'accisa
per i prodotti destinati a forniture effettuate nel quadro di
relazioni diplomatiche o di accordi con Paesi terzi o con
organizzazioni internazionali.
Articolo 16. - Prevede il mantenimento di alcuni
regimi particolari (attualmente vigenti) per i territori
extra-doganali di Livigno e di Campione d'Italia, per le
operazioni relative a prodotti provenienti o destinati alla
Repubblica di San Marino e per i prodotti venduti in negozi
sotto controllo doganale. Viene previsto anche un regime
particolare per i piccoli produttori di vino che sono
dispensati dagli obblighi derivanti dagli articoli 2, 3, 4 e 5
sopra illustrati; resta fermo per le operazioni
intracomunitarie effettuate dai
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piccoli produttori di vino, l'obbligo di osservare quanto
prescritto dal regolamento CEE 986/89, circa la tenuta del
registro di scarico e l'emissione del documento di
accompagnamento.
Il capo II contiene, invece, le disposizioni relative
all'armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli
minerali ed al riordino delle relative aliquote.
Va premesso che il settore degli oli minerali è
indubbiamente quello di maggiore rilevanza sia per la funzione
che assolve nel quadro della politica energetica e della
politica dei trasporti e, recentemente, anche in quello della
politica ambientale, sia per l'entità del gettito che procura
(nel 1992, oltre 42.000 miliardi di lire): lo strumento
fiscale in questo settore consente rapide ed efficaci manovre
per realizzare maggiori entrate e, nello stesso tempo,
incidendo sui costi delle attività produttive e commerciali,
può influire sullo sviluppo di tali attività con effetti
indiretti anche ai fini ambientali, nella misura in cui
incentiva l'impiego di combustibili meno inquinanti. Anche
l'armonizzazione delle strutture riveste particolare
importanza per gli oli minerali (soggetti in Italia ad
un'imposta di fabbricazione istituita con il regio
decreto-legge 28 febbraio 1939, n.334, convertito dalla legge
2 giugno 1939, n.739), in quanto offre la possibilità di
introdurre nella vigente disciplina fiscale le innovazioni
necessarie per adeguarla alle attuali esigenze sia degli
operatori, che devono confrontarsi sul piano concorrenziale
con quelli degli altri Paesi membri, sia degli stessi uffici
finanziari tenuti all'osservanza di vetusti regolamenti e di
procedure cartolari non più idonee per uno svolgimento
funzionale ed efficiente dei servizi.
Articolo 17. - Definisce il campo di applicazione
del tributo. La direttiva comunitaria fa riferimento, a questo
proposito, alla imposizione sui carburanti per motori e sui
combustibili per riscaldamento e quindi stabilisce un
determinato ammontare di accisa solo per i prodotti che hanno
normalmente questa destina-
zione, e cioè: benzina, petrolio lampante o cherosene, oli da
gas o gasolio, oli combustibili, gas di petrolio liquefatti e
gas metano.
Per tutti gli altri prodotti considerati oli minerali dalla
direttiva (prodotti di cui ai codici della nomenclatura
combinata (NC) 27.06, 27.07, 27.09, 27.10, 27.11, 27.12,
27.15, 29.01, 29.02, 34.03, 38.11 e 38.17), è prevista la
tassazione solo se vengono destinati ad essere usati come
carburanti o combustibili ed in tal caso assolvono l'aliquota
prevista per il carburante o combustibile equivalente. La
stessa tassazione è prevista per qualsiasi altro prodotto che
viene utilizzato come carburante o come combustibile, fatta
eccezione per il carbone, la lignite, la torba e qualsiasi
altro idrocarburo solido simile e per il gas naturale. E'
prevista, inoltre, la possibilità di esonerare dall'accisa il
prodotto di origine agricola, denominato biodiesel, usato come
carburante o combustibile fino al contingente di 125.000
tonnellate annue, pari ad un minor gettito di circa 100
miliardi di lire per mancato introito dell'accisa sui prodotti
petroliferi sostituiti. Tale contingente è suddiviso (con
decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e per il
coordinamento delle politiche agricole, alimentari e
forestali) tra gli operatori in possesso dei requisiti e delle
autorizzazioni necessarie, sulla base di programmi annuali di
produzione preventivamente autorizzati dagli organi competenti
ed approvati dall'amministrazione finanziaria.
Il campo di applicazione dell'accisa, quale è stabilito
dalla direttiva, comporta una radicale modifica di quello
definito ai fini della vigente imposta di fabbricazione che
prevede aliquote per tutti i prodotti petroliferi
indipendentemente dall'uso cui essi sono destinati. Da ciò è
derivato che per tutti quei prodotti che normalmente non
vengono usati per la carburazione o combustione (oli leggeri
distillanti in 5^C, miscele di isomeri degli idrocarburi
aciclici saturi, miscele di idrocarburi non saturi,
monoalchilati e polialchilati in miscela, polimeri
poliolefinici, eccetera) e
Pag. 10
che sono stati assoggettati ad imposta per tutelare la
tassazione dei prodotti petroliferi, era stato necessario
ricorrere al regime della esenzione fiscale per gli impieghi
in usi diversi dalla carburazione e dalla combustione, con
conseguenti onerosi adempimenti amministrativi e di controllo;
con la nuova impostazione normativa conseguente alle direttive
comunitarie è stato previsto, invece, un regime di vigilanza
analogo a quello per il benzolo, toluolo, xilolo e per
l'alcole metilico.
Per quanto concerne le aliquote, sono richiamate, per la
benzina - con e senza piombo -, per gli oli da gas e per i gas
di petrolio liquefatti, quelle stabilite dall'articolo 18 del
decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243. Per tutti
gli altri prodotti petroliferi assoggettati ad accisa, sono
state confermate le aliquote vigenti che sono tutte superiori
ai livelli minimi stabiliti dalla direttiva; per il gas metano
usato come combustibile per gli usi civili si applicano, dal
1^ gennaio 1994, le aliquote stabilite dall'articolo 18 del
decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243.
Nell'articolo 17 viene anche stabilita, nella nota(1), la
graduale riduzione dell'agevolazione prevista per i gas di
petrolio liquefatti usati nelle reti di distribuzione
cittadina, per esigenze di perequazione fiscale con altri
combustibili utilizzati nei medesimi impieghi (gas metano e
gasolio); è stata mantenuta l'agevolazione per il GPL
impiegato negli impianti centralizzati per usi industriali.
Per quanto concerne poi la tassazione del gas metano, viene
effettuato, alla nota (3), il rinvio alle norme che
stabiliscono le aliquote previste per gli impieghi come
combustibile per usi civili, fino al 31 dicembre 1993.
Per risolvere i problemi di applicazione che derivano
dall'attuale formulazione del campo di applicazione del
tributo, nelle note relative al predetto articolo 17 sono
precisati quali impieghi si intendono per usi civili e quali
per usi industriali, in modo da eliminare il perpetuarsi del
contenzioso in materia (e l'insorgere di altro) e dare, così,
certezza all'imposizione tributaria in questo settore.
Articolo 18. - Richiama quanto già stabilito, in via
generale, nell'articolo 2 del decreto-legge in rassegna in
ordine al momento in cui sorge l'obbligo del pagamento
dell'imposta, integrando tale previsione con alcune specifiche
che riguardano il settore degli oli minerali. Viene anche
precisato, in conformità con quanto previsto dalla direttiva
92/81/CEE, che i consumi effettuati per fini della produzione
all'interno degli stabilimenti di produzione di oli minerali
non sono soggetti a tassazione in quanto non costituiscono
fatto generatore dell'accisa, e che sono considerati connessi
con la produzione anche i consumi effettuati per operazioni di
riscaldamento, necessarie per conservare la fluidità dei
prodotti petroliferi all'interno dei depositi fiscali. Si
precisa, inoltre, che, in caso di variazione di aliquota, i
prodotti già immessi in consumo possono essere assoggettati
all'aumento o alla riduzione dell'imposta.
Articolo 19. - Definisce la nozione di stabilimento
di produzione; tale nozione assume importanza anche ai fini
del trattamento previsto per i consumi interni. Di particolare
rilievo è la disposizione che consente di considerare come un
solo stabilimento (e, quindi, con redazione di un bilancio
fiscale unico) più stabilimenti che svolgono processi di
lavorazione tra di loro integrati e che appartengono alla
stessa impresa ovvero più impianti appartenenti a ditte
diverse che operano però nell'ambito di un unico
stabilimento.
Articolo 20. - L'armonizzazione delle accise
coinvolge anche quella delle agevolazioni. Con l'articolo 20
si è proceduto infatti ad una revisione degli impieghi
agevolati in atto vigenti alla data di entrata in vigore del
decreto-legge in rassegna, sulla base di quanto previsto dalla
direttiva comunitaria e tenendo conto anche
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della generale esigenza di riordino delle agevolazioni
fiscali (vedasi articolo 17 della legge 29 dicembre 1990,
n.408). A tale proposito è stata elaborata una nuova
tabella A (allegata al decreto-legge) nella quale sono
elencati gli impieghi ammessi o all'esenzione o ad aliquota
ridotta: tale tabella sostituisce la tabella A allegata
al decreto-legge 23 ottobre 1964, n.989, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1964, n.1350, e la
tabella B allegata alla legge 19 marzo 1973, n.32; essa,
a differenza di questa, non prevede, fra gli impieghi
agevolati, le lavorazioni e i trattamenti ai quali vengono
sottoposti gli oli minerali nelle raffinerie in quanto la
nuova struttura dell'imposizione prevede per queste operazioni
il regime sospensivo; né elenca, fra le destinazioni esenti,
gli usi diversi dalla carburazione e dalla combustione
(previsti per tutti quei prodotti che trovano normalmente
impiego in altri usi e che sono tassati solo per esigenze di
tutela fiscale); per questi usi, come si è già detto, è
possibile ricorrere al regime di vigilanza fiscale.
La nuova tabella, in particolare, prevede:
al numero 1 l'esenzione per tutti gli oli minerali
assoggettati ad accisa quando vengono usati diversamente da
carburanti per motori o combustibili per il riscaldamento:
trattasi di esenzione obbligatoriamente prevista dalla
direttiva e si collega al criterio di tassazione stabilito in
sede comunitaria;
ai numeri 2 e 3 le esenzioni (previste anch'esse dalla
direttiva) per i buncheraggi aerei e marittimi. Sono esclusi i
buncheraggi all'aviazione privata da diporto ed alle
imbarcazioni private da diporto, che vengono definite secondo
la direttiva comunitaria;
al numero 4 l'agevolazione per i carburanti destinati
agli aerei militari dell'Amministrazione della difesa.
Attualmente è prevista l'aliquota ridotta del 10 per cento per
i quantitativi eccedenti il contingente annuo di tonnellate
17.000 per il petrolio (e di tonnellate 18.000 per il prodotto
JP4 che, peraltro, non viene più utilizzato) sulle quali si
riscuote l'imposta nella misura normale. Poiché la gestione di
tale contingente comporta adempimenti che finiscono con
l'appesantire l'attività amministrativa, si è prevista
l'eliminazione dei contingenti annuali a tassa intera, per i
quali non si è individuata alcuna valida motivazione che ne
giustifichi il mantenimento, e, nello stesso tempo, viene
fissata l'aliquota ridotta nella misura dell'11 per cento che
corrisponde, sotto l'aspetto finanziario, alla stessa entità
del beneficio previsto fino al 31 dicembre 1992;
al numero 5 l'aliquota ridotta per i trasporti ferroviari
di passeggeri e di merci, pari al 30 per cento di quella
normale; la riduzione prende luogo dalla esenzione attualmente
prevista;
al numero 6, per i prodotti petroliferi impiegati per
l'agricoltura, l'aliquota agevolata nella misura del 20 per
cento; si è altresì eliminato l'attuale regime consistente
nella esenzione completa ma con la contemporanea riduzione del
20 per cento delle assegnazioni, la cui applicazione comporta
problemi e difficoltà non solo per gli uffici ma anche per le
stesse aziende agricole: si realizza in tal modo una
sostanziale invarianza dei benefìci accompagnata da una
contemporanea migliore gestibilità del meccanismo.
L'agevolazione per i carburanti agricoli viene concessa, anche
mediante crediti o buoni d'imposta, in alternativa all'attuale
uso di prodotti petroliferi agevolati, sulla base di parametri
da stabilire con decreto del Ministro delle finanze, di
concerto con i Ministri del tesoro e per il coordinamento
delle politiche agricole, alimentari e forestali;
al numero 7 l'agevolazione per il prosciugamento e la
sistemazione dei terreni allagati nelle zone colpite da
alluvione è stata mantenuta;
ai numeri 8, 9, 10 e 11 vengono mantenuti alcuni impieghi
agevolati (sollevamento acque, collaudo motori e produzione
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forza motrice con motori fissi, usi di cantiere);
al numero 12 sono previste le agevolazioni relative alla
produzione di energia elettrica con il mantenimento delle
aliquote in atto vigenti per i vari combustibili utilizzati in
tale impiego;
ai numeri 13 e 14 vengono mantenute le agevolazioni
previste per la benzina consumata per l'azionamento dei taxi e
delle autoambulanze e viene stabilito che dal 1^ gennaio 1994
le agevolazioni stesse devono essere sostituite con buoni o
crediti d'imposta da commisurare a parametri che saranno
determinati con decreto del Ministro delle finanze.
La nuova tabella non prevede l'agevolazione per i prodotti
petroliferi destinati alle scuole civili di pilotaggio che,
appunto, viene soppressa.
Il capo III contiene le disposizioni relative
all'armonizzazione delle strutture delle accise sull'alcole e
sulle bevande alcooliche e al riordino delle aliquote. La
legislazione nazionale vigente, come è noto, prevede l'imposta
di fabbricazione sull'alcole etilico destinato al consumo
umano, mentre i prodotti finiti vengono tassati in base al
titolo alcolometrico effettivo; la birra, invece, è gravata da
una specifica imposta di fabbricazione la cui aliquota è
attualmente commisurata al contenuto, in gradi saccarometrici,
di saccarosio presente nel mosto.
Le innovazioni in tale settore riguardano:
a) la suddivisione dei prodotti in quattro
categorie fiscali comprendenti: l'alcole, i prodotti
intermedi, il vino e la birra;
b) l'introduzione di una accisa sul vino e sulle
altre bevande fermentate, sia pure ad aliquota zero;
c) la tassazione dei prodotti intermedi a volume di
prodotto finito e non più in base alla quantità di alcole
aggiunto;
d) la tassazione, per la birra, in ragione del
contenuto di saccarosio misurato in gradi-Plato di prodotto
finito;
e) l'applicazione dell'imposta soltanto alle
bevande con un tenore alcoolico superiore allo 0,5 per cento
in volume.
La tassazione delle bevande alcooliche merita particolare
attenzione per i riflessi che può avere su specifici settori
economici: in modo particolare sull'agricoltura, da cui si
traggono le materie prime dell'alcole da distillazione.
Per quanto riguarda l'accisa sul vino, si è accolto il
principio dell'effettuazione di controlli sulla circolazione
intracomunitaria per tutelare i Paesi che tradizionalmente
hanno sempre adottato una accisa positiva su tale prodotto.
Tuttavia, l'eccezione formulata specificamente per i piccoli
produttori di vino e la possibilità di mantenere una accisa ad
aliquota nulla non comporteranno eccessivi oneri per i
produttori nazionali che prevalentemente rientrano in questa
categoria.
Articolo 21. - Definisce la disciplina del campo di
applicazione dell'imposta sulla birra; tale imposta colpisce
non solo la birra tal quale, ma anche le miscele di birra con
altre bevande non alcooliche. L'aliquota viene stabilita per
ettolitro e per grado-Plato, che consiste nella percentuale di
saccarosio totale (zucchero più alcole) calcolata sul prodotto
finito secondo il metodo Plato, in misura corrispondente a
quella vigente che si applica sul tenore di saccarosio
presente nel mosto di cottura.
Articolo 22. - Introduce, con aliquota zero, l'accisa
sul vino, con la distinzione tra vino tranquillo e vino
spumante, secondo le definizioni stabilite dalla direttiva.
Viene escluso dall'ambito impositivo il vino prodotto per
autoconsumo e che non forma oggetto di attività di vendita.
Articolo 23. - Stabilisce l'equiparazione al vino
delle altre bevande fermentate, diverse dal vino e dalla
birra. Trattasi
Pag. 13
dei sidri e di altri "vini da frutta", la cui produzione
nazionale è scarsa, ma la cui definizione e disciplina è
rilevante per evitare distorsioni di concorrenza in questo
settore.
Articolo 24. - Prevede la definizione dei prodotti
intermedi ed il loro trattamento fiscale. Con l'espressione
"prodotti intermedi" vengono indicate le bevande alcooliche
ottenute da un vino-base (o altra bevanda fermentata) con
aggiunta di zucchero, alcole e sostanze aromatiche. Tale
categoria comprende, quindi, i vini liquorosi ed aromatizzati,
quali ad esempio il marsala ed i vermouth, che attualmente
sono tassati in ragione dell'alcole aggiunto. In base alle
disposizioni comunitarie, invece, la tassazione dovrà essere
effettuata in ragione del volume di prodotto finito, e ciò in
quanto sarebbe molto difficile, in regime di libero scambio,
conservare il criterio di tassazione sulla quantità di alcole
aggiunto (quantità che è di non agevole determinazione e che
in ogni caso dovrebbe essere accertata volta per volta). Per
questi prodotti l'aliquota viene fissata nella misura di lire
77.835 per ettolitro di prodotto finito; essa corrisponde al
tasso minimo di 45 ECU stabilito dalla direttiva e si pone su
un livello di tassazione superiore a quello mediamente
applicato sino al 31 dicembre 1992.
Articolo 25. - Prevede che l'alcole etilico non
denaturato è assoggettato ad imposta, sia tal quale, sia se
contenuto in altri prodotti. In particolare, è prevista una
soglia minima di gradazione pari a 1,2 per cento in volume;
conseguemente, i prodotti contenenti alcole in misura
inferiore a tale limite sono esclusi dal campo impositivo. Al
contrario sono soggette all'imposta sull'alcole tutte le
bevande con gradazione alcoolica superiore al 22 per cento in
volume anche se rientrano in altra categoria (vino, birra,
prodotti intermedi). Viene, inoltre, mantenuta, fino al 30
giugno 1996, l'aliquota ridotta per l'alcole ottenuto da
alcune materie prime agricole, quali in particolare le materie
vinose (che comportano maggiori costi produttivi): l'aliquota
ridotta è fissata in lire 195.000 per ettanidro per rispettare
la condizione, stabilita dalla direttiva, di applicare
comunque una aliquota superiore a quella minima di 550 ECU per
ettolitro anidro. Dispone, altresì, che i crediti vantati dai
soggetti passivi dell'accisa e della sovrimposta di confine
sull'alcole e sulle bevande alcoliche verso i cessionari dei
prodotti, per i quali i soggetti stessi hanno assolto tali
tributi, possono essere addebitati a titolo di rivalsa ed
hanno privilegio generale sui beni mobili del debitore,
limitatamente all'importo corrispondente all'ammontare dei
tributi.
Articolo 26. - Prevede che l'alcole etilico, o gli
altri prodotti che lo contengono, vengano esentati
dall'imposta quando sono destinati ad essere impiegati in usi
industriali o in altri usi particolari, come per finalità
scientifiche o sanitarie. Rispetto al sistema delle esenzioni
vigente fino alla data di entrata in vigore del presente
decreto, resta confermato l'obbligo della denaturazione - con
il denaturante generale dello Stato - e, per l'alcole
destinato ad essere venduto tal quale per usi diversi dal
consumo umano, la possibilità di impiego in usi industriali
con denaturanti speciali di volta in volta autorizzati
dall'Amministrazione finanziaria. Costituisce invece una
innovazione, introdotta con il decreto-legge in esame, la
possibilità di impiego di alcole puro, in esenzione d'imposta,
qualora venga impiegato in procedimenti industriali a
condizione che l'alcole non sia presente nel prodotto finito.
Vengono, inoltre, esentati prodotti alimentari, normalmente
tassati, qualora contengano alcole in misura non superiore,
rispettivamente, a litri 8,5 per 100 chilogrammi di prodotto
finito, per il cioccolato, e di 5 litri per 100 chilogrammi
per tutti gli altri prodotti. Si evitano così gravosi oneri di
accertamento e di controllo sulla circolazione
intracomunitaria di tali prodotti, non giustificati neppure
dalla modestia del gettito conseguibile. L'alcole impiegato
per la produzione di aceto, infine, viene assoggettato, fino
al 31 luglio 1996, ad un'accisa con
Pag. 14
aliquota di lire 500.000 per ettolitro anidro alla
temperatura di 20^ Celsius.
Nel capo IV sono contenute le disposizioni (articoli 27 e
28) relative all'armonizzazione dell'imposta di consumo sui
tabacchi lavorati. Con l'articolo 27 si provvede, in primo
luogo, al puntuale recepimento della direttiva 92/78/CEE del
Consiglio, del 19 ottobre 1992, in materia di definizioni
comuni dei gruppi dei tabacchi lavorati in relazione al
sistema impositivo dei medesimi. Vengono apportate conseguenti
modifiche alla legge 7 marzo 1985, n.76, disciplinante la
materia. Viene altresì modificata la legge 13 luglio 1965,
n.825, concernente il regime di imposizione fiscale sui
prodotti oggetto di monopolio di Stato in modo da precisare
che l'inserimento nella tariffa di vendita al pubblico dei
tabacchi lavorati viene effettuato con decreto del Ministro
delle finanze, previo parere tecnico su detto inserimento
espresso dal consiglio di amministrazione dei Monopoli di
Stato. Nel contempo si chiarisce espressamente che i prezzi di
vendita al pubblico dei prodotti in parola sono fissati in
conformità a quelli richiesti dai fabbricanti comunitari
nonché dagli importatori di Paesi terzi, in linea con quanto
stabilito dall'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva
72/464/CEE del Consiglio, del 9 dicembre 1972, come
recentemente sostituito dall'articolo 1, punto 4, della
direttiva 92/78/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992.
La disposizione si rende necessaria per dare attuazione
alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee
del 28 aprile 1993 che ha ritenuto equivoca la formulazione
della normativa italiana di cui all'articolo 2. comma primo,
della legge 13 luglio 1965, n. 825, laddove non prevede
espressamente e chiaramente l'obbligo dell'autorità
amministrativa competente di rispettare, alle condizioni e nei
limiti stabiliti dall'articolo 5 della citata direttiva
72/464/CEE, il principio della libera determinazione, da parte
dei fabbricanti e degli importatori, dei prezzi massimi di
vendita dei tabacchi lavorati.
Viene inoltre istituita, nell'ambito del Dipartimento delle
dogane e imposte indirette, la direzione centrale per
l'analisi merceologica e il laboratorio chimico, alla quale è
preposto un dirigente generale di livello C e viene stabilito
che la rivendita al pubblico dei valori bollati e postali deve
essere svolta all'interno dell'esercizio o ufficio
autorizzato, con divieto di consegna a domicilio.
Con lo stesso articolo, infine, allo scopo di consentire
una maggiore flessibilità nella applicazione della disciplina
recata dall'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre
1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
febbraio 1992, n. 66, relativa al sequestro delle marche di
sigarette, di produzione nazionale o estera, introdotte di
contrabbando nel territorio dello Stato, si è provveduto a
modificare la predetta disposizione, prevedendo la facoltà, in
luogo dell'obbligo, del Ministro delle finanze di disporre,
con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'interno,
la sospensione per trenta giorni dalla importazione,
distribuzione e vendita della marca di sigaretta
sequestrata.
Con il successivo articolo 28 viene data attuazione alla
direttiva 92/79/CEE del Consiglio, e alla direttiva 92/80/CEE
del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relative al ravvicinamento
delle aliquote delle accise, rispettivamente, sulle sigarette
e sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette.
L'articolo in rassegna prevede, poi, in riferimento a
quanto previsto dall'articolo 1, paragrafo 6, della citata
direttiva 92/78/CEE, le esenzioni e i rimborsi dell'accisa sui
tabacchi lavorati in relazione a particolari destinazioni di
impiego dei medesimi e secondo modalità da stabilirsi con
decreto ministeriale.
Nel capo V sono contenute le disposizioni che riguardano le
imposizioni relative ad altri prodotti diversi da quelli più
sopra menzionati, soggetti ad imposizione indiretta.
La direttiva 92/12/CEE sul regime generale prevede,
all'articolo 3, comma 3, che gli Stati membri conservano la
facoltà di introdurre o mantenere imposizioni che colpiscono
prodotti diversi da quelli soggetti
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ad accisa e per i quali si applica la direttiva stessa,
"a condizione che dette imposizioni non diano luogo, negli
scambi tra Stati membri, a formalità connesse al passaggio di
una frontiera". Lo stesso articolo 3, al comma 2, stabilisce
il principio che i prodotti soggetti ad accisa ed alla
direttiva di armonizzazione "possono formare oggetto di altre
imposizioni indirette aventi finalità specifiche, nella misura
in cui esse rispettino le regole di imposizione applicabili ai
fini delle accise o dell'IVA per la determinazione della base
imponibile, il calcolo, l'esigibilità e il controllo
dell'imposta". Sulla base di questi princìpi con il decreto in
rassegna vengono mantenute l'imposta di fabbricazione sui
sacchetti di plastica, che risponde ad esigenze di politica
ambientale, e l'imposta di fabbricazione sui fiammiferi.
A tanto si provvede con le disposizioni contenute
nell'articolo 29, dove viene precisato che, per i prodotti di
provenienza comunitaria, obbligato al pagamento dell'imposta è
il soggetto che effettua la prima immissione al consumo:
questa, per altro, si verifica all'atto in cui la ditta
acquirente effettua l'introduzione dei prodotti nei propri
magazzini. In tal modo, la merce comunitaria viene
assoggettata ad imposizione secondo gli stessi criteri di
quella nazionale, per la quale l'immissione in consumo si
verifica all'atto della cessione.
Nel settore degli oli minerali, la direttiva non stabilisce
un livello di accisa per gli oli lubrificanti ed i bitumi, in
linea con l'impostazione seguita di tassare solo i carburanti
e gli oli combustibili.
In Italia sono soggetti ad imposta di fabbricazione sia gli
oli lubrificanti sia i bitumi di petrolio; nell'articolo 30
sono state introdotte alcune modifiche all'attuale regime
fiscale per poter applicare i criteri impositivi previsti nel
precedente articolo 29. Poiché la tassazione degli oli
lubrificanti investe anche il settore della rigenerazione
degli oli usati viene mantenuta l'imposta sugli oli rigenerati
nella misura del 50 per cento dell'aliquota normale in modo da
assicurare la competitività dell'attività di rigenerazione,
che va favorita sia per ragioni di tutela ambientale sia ai
fini del recupero energetico.
Dalla disposta tassazione degli oli lubrificanti deriva
anche la necessità di assoggettare a tributo i prodotti (oli
greggi, estratti aromatici, miscele di alchibenzoli sintetici
e polimeri poliololefinici) che possono essere impiegati nella
lubrificazione meccanica, in sostituzione dei predetti oli
lubrificanti.
Il capo VI contiene infine le disposizioni finali e
transitorie necessarie per la disciplina sopra ricordata.
Con l'articolo 31 viene modificato il primo comma
dell'articolo 346- quater del testo unico delle
disposizioni legislative in materia doganale, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.43,
e successive modificazioni, per estendere le procedure della
mutua assistenza per il recupero crediti anche ai diritti di
accisa.
Con l'articolo 32 viene attribuita agli uffici tecnici di
finanza e alla Guardia di finanza la potestà di effettuare
interventi per accertamenti tecnici, anche di carattere
extra-fiscale, relativi all'osservanza di disposizioni
nazionali o comunitarie, presso le ditte che operano nel
settore della produzione e distribuzione di beni e servizi. A
questo proposito occorre far rilevare che in passato sono
state istituite imposte di fabbricazione su determinati
settori (ad esempio, per gli oli di semi e per le armi) non
tanto per conseguire un modesto gettito fiscale ma piuttosto
perché l'imposizione costituiva la premessa della potestà di
svolgere accertamenti finalizzati indirettamente ad esigenze
extrafiscali. In un contesto operativo ispirato alla
semplificazione ed alla funzionalità è preferibile prevedere
(senza dover ricorrere all'istituzione di tributi che, in ogni
caso, determinano oneri procedimentali e per gli operatori e
per la stessa Amministrazione finanziaria) una più ampia
potestà di accertamento della osservanza di disposizioni
nazionali o comunitarie.
In questa prospettiva, mentre la disposizione contenuta nel
comma 2 del medesimo
Pag. 16
articolo 32 riguarda il regime di vigilanza fiscale
previsto per gli alcoli superiori (metilico, propilico ed
isopropilico) ed assimila, a tal fine, i prodotti di
provenienza comunitaria a quelli nazionali, la disposizione
del comma 3 prevede la sanzione della pena pecuniaria per
tutte le irregolarità ed infrazioni di carattere
amministrativo relative ad adempimenti previsti dalla legge e
dalle norme di attuazione (indipendentemente dall'esercizio
dell'azione penale per le violazioni costituenti reato
previste dalle norme che disciplinano i singoli tributi).
L'articolo in esame reca, infine, una disposizione (già
contenuta nei decretilegge 1^ febbraio 1993, n. 24, e 5 aprile
1993, n. 94, decaduti per mancata conversione nei prescritti
termini costituzionali) volta ad escludere dalla presidenza
dei consigli compartimentali e del consiglio nazionale degli
spedizionieri doganali, rispettivamente, i capi delle
direzioni compartimentali e il direttore generale del
dipartimento delle dogane. La disposizione appare necessaria
al fine di evitare eventuali conflitti tra opposte
attribuzioni (anche in relazione ai nuovi compiti conferiti
agli appartenenti alla categoria dal decreto ministeriale 31
marzo 1992 ed alla potestà di vigilanza ed ispettiva
esercitata sui centri di assistenza doganale, di cui
all'articolo 7, comma 1- septies, del decreto-legge 30
dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 febbraio 1992, n. 66, ed al decreto ministeriale 11
dicembre 1992, n. 549, recante la costituzione dei predetti
centri) sia per il direttore generale del dipartimento sia per
i direttori delle direzioni compartimentali delle dogane e
imposte indirette, i quali, in base ai citati articoli della
legge indicata in oggetto, assumono attualmente una duplice
funzione di presidenti di organizzazioni professionali e di
dirigenti l'attività delle dogane.
L'articolo 33 detta, poi, le necessarie disposizioni
transitorie ed in particolare prevede:
a) l'assoggettamento al regime del deposito fiscale
di tutti gli impianti che attualmente lavorano o custodiscono
prodotti soggetti ad imposta, in regime sospensivo;
b) l'applicazione delle norme e delle modalità
vigenti fino a quando non entreranno in vigore le disposizioni
attuative adottate con i decreti ministeriali previsti dal
decreto-legge di cui si chiede la conversione;
c) l'applicazione delle disposizioni vigenti,
relative alla colorazione e denaturazione dei prodotti ammessi
ad usi agevolati, fino a quando non interverranno in materia
specifiche norme comunitarie;
d) l'applicazione del regime di vigilanza
attualmente stabilito per il benzolo, toluolo, xiloli e per
gli idrocarburi paraffinici, olefinici e naftenici (con
l'assimilazione dei prodotti di provenienza comunitaria a
quelli nazionali) fino a quando non saranno stabilite nuove
modalità per l'esercizio della vigilanza per tutti i prodotti
per i quali l'obbligo del pagamento insorge solo nel caso in
cui essi vengano destinati ad usi di carburazione e di
combustione;
e) l'assunzione in carico degli oli lubrificanti e
degli altri prodotti di cui all'articolo 30, di provenienza
comunitaria, da parte dell'esercente che ne effettua
l'immissione in consumo e che, conseguentemente, è obbligato
al pagamento dell'imposta con riferimento all'eventuale
documentazione commerciale posta in essere per il trasporto
dei prodotti; resta ferma invece l'applicabilità a tali
prodotti delle norme vigenti in materia di deposito e di
circolazione previste per i prodotti nazionali;
f) che non si fa luogo a recuperi di imposta per il
biodiesel immesso in consumo fino alla data di entrata in
vigore del presente decreto.
Gli operatori che, nell'ambito del contingente, cui si è
accennato, di 125 mila tonnellate, che intendono produrre ed
immettere in consumo biodiesel esente da accisa, sono tenuti a
presentare istanza al
Pag. 17
Ministero delle finanze (entro 30 giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto in rassegna), dichiarando le
quantità di prodotto già immesse in consumo e quelle da
immettere fino al 31 dicembre 1993. All'istanza dovrà essere
allegata una documentazione dalla quale risulti che la
produzione è stata preventivamente autorizzata e la
fidejussione bancaria o assicurativa per un importo pari al 20
per cento dell'imposta gravante sul prodotto petrolifero
sostituito.
L'articolo 34, comma 1, infine, stabilisce che le eventuali
modifiche apportate alle direttive comunitarie che ora vengono
recepite con il decreto-legge in esame e l'adeguamento delle
aliquote alle successive decisioni comunitarie, possono essere
attuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
(come già previsto dal nostro ordinamento interno per
l'adeguamento delle aliquote di importo fisso al tasso di
inflazione e per le variazioni delle aliquote di alcuni
prodotti petroliferi in relazione all'andamento dei prezzi
internazionali che possano comportare modifiche dei prezzi di
vendita). Si tratta di adeguamenti correlati automaticamente
alle variazioni in aumento.
Infine vengono soppresse (articolo 35) le seguenti
imposte:
a) imposta di fabbricazione e corrispondente
sovrimposta di confine sullo zucchero, sul glucosio, sul
maltosio ed analoghe materie zuccherine in quanto trattasi di
prodotti che vengono utilizzati anche nella fabbricazione di
altri prodotti, così che l'imposizione non potrebbe trovare un
adeguato momento di controllo una volta stabilita la libera
circolazione delle merci;
b) imposta di consumo sul caffè, sul cacao, sul
burro di cacao, sulle pellicole e bucce di cacao per le
medesime ragioni esposte per lo zucchero e il glucosio;
c) imposte di fabbricazione e corrispondenti
sovrimposte di confine sugli oli di semi e sulla margarina, in
quanto, a fronte di un gettito modesto, sono da considerare i
costi dei servizi e gli oneri che si addossano agli operatori
certamente superiori al gettito stesso;
d) imposta di fabbricazione e corrispondente
sovrimposta di confine sulle armi da sparo e sulle munizioni,
istituita non già per realizzare un gettito ma per consentire
controlli di carattere fiscale su un delicato settore;
controlli che attualmente sono assicurati da numerose altre
disposizioni normative e da controlli diversi da quelli
esperibili ai fini fiscali;
e) imposte di fabbricazione sugli apparecchi di
accensione e sugli accendigas;
f) imposta di consumo sui prodotti audiovisivi e
cine-foto-ottici.
Con le disposizioni contenute nello stesso articolo 35 si
dispone il rimborso dell'imposta assolta sulle giacenze di
zucchero, in quantità superiore a 10 tonnellate, esistenti
alle ore zero del 1^ gennaio 1993 e la concessione di un
credito di imposta (da valere ai fini del pagamento
dell'IRPEF, IRPEG, ILOR e IVA) nella misura dell'imposta di
consumo assolta sui prodotti audiovisivi e cine-foto-ottici
detenuti alla predetta data per uso commerciale risultante,
per le merci importate, dalla bolletta di importazione; per
gli altri prodotti, da talune misure percentuali del prezzo di
acquisto corrisposto dai rivenditori. E' altresì previsto il
rimborso dell'imposta assolta sugli apparecchi di accensione e
sugli accendigas detenuti, alla data del 1^ gennaio 1993, per
uso commerciale, presso i magazzini dei distributori
all'ingrosso e dell'imposta assolta sulle giacenze di oli da
semi, detenute alla data del 1^ gennaio 1993 in quantità
superiore alle 10 tonnellate negli stabilimenti di
disoleazione. Il rimborso è corrisposto sulla base di istanza
presentata entro il 31 luglio 1993 all'ufficio tecnico di
finanza competente. Si prevede, infine, che la messa in libera
pratica di residui d'importazione di cacao, effettuata fino al
31 dicembre 1992, in sospensione temporanea della relativa
imposta di consumo, è effettuata in esenzione dal pagamento
dell'imposta erariale medesima a partire dal 1^ gennaio
1993.
Pag. 18
Titolo II (articoli da 36 a 60).
La direttiva comunitaria approvata dal Consiglio dei
Ministri della CEE il 19 ottobre 1992, direttiva 92/78/CEE,
che riguarda, tra l'altro, il completamento del sistema comune
di imposta sul valore aggiunto, prevede, in primo luogo, un
nuovo assetto delle aliquote IVA da applicare negli Stati
membri a partire dal 1^ gennaio 1993.
In punto di aliquote tale direttiva prevede in
particolare:
1) l'obbligo di applicare una aliquota IVA normale non
inferiore al 15 per cento;
2) l'obbligo di sopprimere aliquote IVA maggiorate
rispetto a quella normale;
3) l'obbligo di applicare non più di due aliquote IVA
ridotte, la cui misura non può essere inferiore al 5 per
cento, riferibili soltanto alle cessioni di beni ed alle
prestazioni di servizi indicate nell'allegato H della
direttiva ed il divieto di riportare ad una aliquota inferiore
al 5 per cento beni e servizi assoggettati ad aliquota del 5
per cento o superiore;
4) la facoltà di applicare, limitatamente al periodo
transitorio, fissato al 31 dicembre 1996, una aliquota IVA
super ridotta inferiore al 5 per cento alle operazioni
indicate nell'allegato H, alla ulteriore condizione che
alla data del 1^ gennaio 1991 fosse prevista per le stesse una
aliquota inferiore alla detta aliquota del 5 per cento;
5) la facoltà di applicare una aliquota IVA ridotta alle
operazioni non comprese nell'allegato H, alla condizione
che al 1^ gennaio 1991 fosse applicata alle stesse una
aliquota IVA super ridotta;
6) l'obbligo di applicare, limitatamente al periodo
transitorio, una aliquota IVA ridotta, comunque non inferiore
al 12 per cento, alle operazioni diverse da quelle indicate
nell'allegato H, per le quali era prevista un'aliquota
ridotta alla data del 1^ gennaio 1991.
In considerazione dell'attuale situazione economica, al
fine di evitare variazioni di aliquote che abbiano ad influire
sull'indice del costo della vita, le variazioni delle aliquote
IVA, disposte con il capo I del titolo II (articolo 36) del
decreto-legge in esame, sono prevalentemente dirette al solo
ed esclusivo obiettivo di realizzare quanto necessariamente
richiesto dalla direttiva comunitaria. Tali modifiche
riguardano:
a) la soppressione dell'aliquota del 38 per cento;
conseguentemente transitano dal 38 al 19 per cento:
1) lavori in platino, esclusi quelli per uso
industriale, sanitario e di laboratorio; prodotti con parti di
platino, costituenti elemento prevalente del prezzo;
2) pelli da pellicceria, conciate o preparate, anche
confezionate in tavole, sacchi, mappette, croci o altri simili
manufatti, di zibellino, ermellino, cincillà, ocelot,
leopardo, giaguaro, ghepardo, tigre, pantera, zebra, lince,
visone, pekan, breitschwanz, martora, lontra sealskin, lontra
di fiume, volpe argentata, volpe bianca, ghiottone, scimmia,
scoiattolo, orso bianco, donnola e relative confezioni;
3) vini spumanti a denominazione di origine la cui
regolamentazione obbliga alla preparazione mediante
fermentazione in bottiglia;
4) autovetture e autoveicoli di cui all'articolo 26,
lettere a) e c), del testo unico delle norme sulla
circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 15 giugno 1959, n.393, con motore di
cilindrata superiore a 2.000 centimetri cubici, esclusi quelli
adibiti ad uso pubblico, e quelli a motore diesel superiore a
2.500 centimetri cubici diversi da quelli indicati al numero
successivo;
5) autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e
di cose carrozzati a pianale o a cassone con cabina profonda o
a furgone anche fenestrato con motore di cilindrata superiore
a 2.000 centimetri cubici o con motore diesel superiore a
2.500 centimetri cubici;
Pag. 19
6) motocicli per uso privato con motore di cilindrata
superiore a 350 centimetri cubici;
7) navi e imbarcazioni da diporto di stazza lorda
superiore a 18 tonnellate;
8) tappeti e guide fabbricati a mano originari
dall'oriente, dall'estremo oriente e dal nord Africa;
b) l'elevazione dal 4 al 9 per cento dell'aliquota
sui seguenti beni e servizi:
1) somministrazioni di gas metano usato come
combustibile per usi domestici di cottura dei cibi e per
produzione di acqua calda di cui alla tariffa T 1, prevista
dal provvedimento del Comitato interministeriale prezzi (CIP)
n. 37 del 26 giugno 1986; somministrazione, tramite reti di
distribuzione, di gas di petrolio liquefatto per usi domestici
di cottura cibi e per la produzione di acqua calda; gas di
petrolio liquefatti contenuti in bombole da 10 a 20 Kg;
2) locazioni di immobili di civile abitazione
effettuate dalle imprese che li hanno costruiti per la vendita
o acquistati per la rivendita;
3) prestazioni di allacciamento alle reti di
teleriscaldamento realizzate in conformità alla vigente
normativa in materia di risparmio energetico;
4) opere di urbanizzazione primaria e secondaria
elencate nell'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n.
847, integrato dall'articolo 44 della legge 22 ottobre 1971,
n. 865; linee di trasporto metropolitane, tramviarie ed altre
linee di trasporto ad impianto fisso; impianti di produzione e
reti di distribuzione calore-energia ceduti da imprese
costruttrici; impianti di depurazione destinati ad essere
collegati a reti fognarie anche intercomunali e ai relativi
collettori di adduzione; edifici di cui all'articolo 1 della
legge 19 luglio 1961, n. 659, assimilati ai fabbricati di
civile abitazione di cui all'articolo 13 della legge 2 luglio
1949, n. 408;
5) beni, escluse le materie prime e semilavorate,
forniti per la costruzione delle opere, degli impianti e degli
edifici di cui al numero 4);
6) prestazioni di servizi relativi alla costruzione
delle suddette opere, impianti ed edifici;
7) francobolli da collezione e collezioni di
francobolli; è fissata, poi, la stessa aliquota del 9 per
cento per gli spettacoli cinematografici e gli spettacoli
sportivi con prezzo di ingresso fino a lire 25 mila nette (n.
123) della Tabella A, parte terza, allegata al decreto del
Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
c) l'elevazione delle aliquote del 4 per cento
(prevista per l'autoconsumo di bevande vinose) e del 9 al 12
per cento per i seguenti beni e servizi:
1) morchie e fecce di olio di oliva (v.d. ex
15.17);
2) mosti di uva parzialmente fermentati anche mutizzati
con metodi diversi dalla aggiunta di alcole; mosti di uve
freschi anche mutizzati con alcole (v.d. ex 20.07 -
22.04 - ex 22.05);
3) vini di uve fresche, esclusi i vini spumanti e
quelli contenenti più del 22 per cento il volume di alcole;
vini liquorosi ed alcolizzati; vermouth ed altri vini di uve
fresche aromatizzate con parti di piante o con sostanze
aromatiche con esclusione di quelli contenenti più del 22 per
cento il volume di alcole (v.d. ex 22.05 - ex
22.06);
4) sidro, sidro di pere ed idromele (v.d. ex
22.07);
5) panelli, sansa di olive ed altri residui
dell'estrazione dell'olio di oliva, escluse le morchie;
panelli ed altri residui della disoleazione dei semi di frutti
oleosi (v.d. 23.05);
6) polveri per acque da tavola (v.d. ex
30.03);
7) olio essenziale non deterpenato di mentha piperita
(v.d. ex 33.01);
8) saponi comuni (v.d. ex 34.01);
Pag. 20
9) pelli gregge, ancorché salate, degli animali delle
specie bovina, ovina, suina, ed equina (v.d. ex
41.01);
10) carboni fossili, comprese le mattonelle, gli ovoidi
e simili (v.d. 27.01); ligniti e relativi agglomerati (v.d.
27.02); coke e semi-coke di carbon fossile e di lignite,
agglomerati o non (v.d. 27.04 - A e B); coke di petrolio (v.d.
27.14 - B);
11) materiali audiovisivi e strumenti musicali per uso
didattico;
12) materiali e prodotti dell'industria lapidea in
qualsiasi forma e grado di lavorazione;
13) apparecchiature scientifiche la cui esclusiva
destinazione alla ricerca sia stata accertata dal Consiglio
nazionale delle ricerche;
14) beni mobili e immobili vincolati ai sensi della
legge 1^ giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni;
15) materie prime e semilavorate per l'edilizia:
materiali inerti, quale polistirolo liquido o in granuli;
leganti e loro composti, quali cementi normali e clinker;
laterizi quali tegole, mattoni, anche refrattari pure per
stufe; manufatti e prefabbricati in gesso, cemento e
laterocemento, ferrocemento, fibrocemento, eventualmente con
altri composti, quali pali in calcestruzzo compresi quelli per
recinzione; materiali per pavimentazione interna o esterna,
quali moquette, pavimenti in gomma, pavimenti in PVC, prodotto
ceramico cotto denominato biscotto, e per rivestimenti quali
carta da paratrati e carta-stoffa da parati, quali quarzo
plastico, piastrelle da rivestimento murale in sughero;
materiali di coibentazione, impermeabilizzanti, quali isolanti
flessibili in gomma per tubi; bituminosi e bitumati, quali
conglomerati bituminosi;
16) bevande a base di vino, indicate nel decreto del
Ministro dell'agricoltura e delle foreste 29 febbraio 1988, n.
124, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19
aprile 1988; bevande vinose destinate al consumo familiare dei
produttori e ad essere somministrate ai collaboratori delle
aziende agricole;
17) noleggi di film posti in essere nei confronti degli
esercenti cinematografici e dei circoli di cultura
cinematografica di cui all'articolo 44 della legge 4 novembre
1965, n. 1213, e successive modificazioni;
18) cessioni di contratti di prestazione sportiva, a
titolo oneroso, svolta in forma professionistica, di cui
all'articolo 5 della legge 23 marzo 1981, n. 91;
19) cessioni di diritti alle prestazioni sportive degli
atleti da parte delle associazioni sportive
dilettantistiche;
d) l'esenzione dall'IVA delle prestazioni di
assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità, in favore
degli anziani ed inabili adulti, degli handicappati
psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di
disadattamento e di devianza. Si passa in tal modo ad una
esenzione che tenga conto della natura della prestazione: una
esenzione, pertanto, di tipo oggettivo, che prescinde dalla
qualità o natura del soggetto erogatore della prestazione
medesima.
Tenuto, poi, conto della esigenza di compensare almeno in
parte gli effetti, in termini di gettito, della soppressione
dell'imposta di consumo sul caffè e sullo zucchero, le
aliquote dell'IVA sulle cessioni di tali beni sono state
elevate dal 9 al 19 per cento. Tale variazione di aliquota
riguarda i seguenti beni:
1) zuccheri di barbabietola e di canna, allo stato
solido, esclusi quelli aromatizzati o colorati (v.d. ex
17.01);
2) caffè, anche torrefatto o decaffeinato; succedanei del
caffè contenenti caffè in qualsiasi proporzione (v.d. ex
09.1).
E' stata altresì elevata dal 9 al 19 per cento l'aliquota
sulle cessioni degli acciai impiegati per l'edilizia, dei
prodotti omeopatici e sul GPL contenuto in bombole superiori a
20 Kg ed in piccoli serbatoi.
Pag. 21
E' inoltre prevista l'esclusione dall'applicazione della
aliquota agevolata del 4 per cento delle cessioni dei beni
destinati alla realizzazione degli interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e
b) dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457,
nonché delle cessioni di fabbricati o porzioni di essi sui
quali sono stati eseguiti interventi di manutenzione (n. 24 e
n. 25 della tabella A, parte seconda, allegata al decreto del
Presidente della Repubblica n. 633 del 1972). Tali cessioni
vengono, pertanto, assoggettate alla aliquota del 19 per
cento. La stessa aliquota del 19 per cento è, ora, prevista
(n. 127- terdecies e n. 127- quaterdecies della
tabella A, parte terza, allegata al decreto del Presidente
della Repubblica n. 633 del 1972) per gli acquisti di beni
finiti e le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di
appalto relativi agli interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria, di cui al predetto articolo 31 della legge n.
457 del 1978, eseguiti sulle opere di urbanizzazione primaria
e secondaria, sugli impianti e sugli edifici indicati nel n.
127- quinquies della suindicata tabella A, parte
terza.
Il provvedimento prevede, poi, la riduzione dal 19 al 12
per cento dell'aliquota IVA dovuta sui corrispettivi dei
trasporti aerei di persone, nella considerazione che tali
servizi sono contenuti nell'elenco, allegato H, della
direttiva sulla armonizzazione, riguardante i beni e servizi
che possono beneficiare dell'aliquota ridotta.
E' stabilita, altresì, la non imponibilità all'IVA delle
cessioni e degli acquisti, effettuati mediante l'utilizzo
dello schema contrattuale dell'appalto, di armamenti
terrestri, automezzi ed attrezzature militari, fatturati e
registrati entro il 31 dicembre 1994.
L'articolo 36 prevede, poi, a favore dei soggetti
danneggiati dagli eventi sismici verificatisi nel novembre
1980 nelle regioni Campania, Puglia e Basilicata, al fine del
completamento della ricostruzione e della ristrutturazione
degli edifici distrutti o danneggiati, un contributo nella
misura massima del 19 per cento commisurato ai corrispettivi
imponibili IVA relativi all'acquisto dei beni utilizzati e
alla prestazione di servizi per le opere suddette. Il
contributo, concesso fino al 31 dicembre 1995, non può essere
superiore all'importo dell'IVA corrisposta e non compete sui
corrispettivi che hanno beneficiato dell'esenzione
dell'IVA.
La successiva disposizione prevede il differimento al 29
agosto 1993 delle agevolazioni in materia di IVA previste, per
le zone settentrionali colpite dalle avversità atmosferiche
nei mesi di luglio e agosto del 1987, dall'articolo 11 del
decretolegge 19 settembre 1987, n. 384, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 novembre 1987, n. 470, già
prorogata fino al 31 dicembre 1992 dall'articolo 2 del
decreto-legge 29 maggio 1989, n. 202, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 luglio 1989, n. 263. A partire
dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, in
luogo di dette agevolazioni è concesso agli aventi diritto,
fino al 31 dicembre 1996, un contributo nella misura massima
del 19 per cento, commisurato ai corrispettivi al netto
dell'IVA.
Inoltre il provvedimento offre una sistematica più aderente
alla normativa comunitaria per talune operazioni esenti e
dispone che le variazioni di aliquota previste nell'articolo
in rassegna non si applicano alle operazioni dipendenti da
contratti conclusi entro il 31 dicembre 1992, nei confronti
dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri
enti ed istituti indicati nell'articolo 6, ultimo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, purché siano fatturate e registrate entro il 31 dicembre
1993.
Sempre per quanto concerne l'imposta sul valore aggiunto,
si recepisce la direttiva 91/680/CEE del 16 dicembre 1991 e la
direttiva 92/111/CEE del 14 dicembre 1992 che, ai fini di una
compiuta realizzazione dell'obiettivo del mercato unico
europeo e della libera circolazione delle merci in tale
mercato, senza gli intralci ed i costi connessi al superamento
delle frontiere, hanno previsto l'adozione di una nuova
disciplina per gli scambi intracomunitari. Tale disciplina,
senza modificare il principio,
Pag. 22
ancora operante (sia pure transitoriamente), della
tassazione nello Stato membro di destinazione dei beni, non
risulta più fondata sulle nozioni di importazione e di
esportazione e, quindi, sui controlli doganali.
Nella disciplina degli scambi internazionali, in pratica,
venendo meno i suddetti controlli nella circolazione dei beni
tra i vari Stati membri, l'area comunitaria si presenta come
un "unicum" nei rapporti con i Paesi terzi,
configurandosi quindi come importazione solo l'introduzione,
in un qualsiasi Stato membro, di beni provenienti da Paesi
terzi. Parallelamente, non è più definita come esportazione la
cessione di beni inviati a cessionari domicilati o residenti
in altri Stati membri della CEE, riferendosi la nozione di
cessione all'esportazione alle cessioni di beni effettuate con
trasporto o spedizione degli stessi al di fuori della
Comunità.
Per consentire che gli scambi intracomunitari continuino
temporaneamente ad essere disciplinati dalla regola, almeno
relativamente alle operazioni poste in essere tra soggetti
d'imposta, della tassazione nello Stato membro di
destinazione, con conseguente esonero dal tributo nello Stato
membro di provenienza dei beni, la direttiva individua un
nuovo presupposto di imposta nell'ambito IVA, l'acquisto
intracomunitario, intendendosi per tale l'acquisizione del
potere di disporre come proprietario di un bene mobile
materiale spedito o trasportato a destinazione dell'acquirente
nel territorio dello Stato da altro Stato membro della
Comunità.
Ne deriva che per le transazioni intracomunitarie l'imposta
è applicata con riferimento all'acquisto nello Stato membro di
destinazione, prevedendosi che debitore della medesima sia lo
stesso acquirente. Questi, nella sua veste di soggetto
d'imposta, potrà peraltro portare in detrazione, nei limiti
consentiti dall'ordinamento nazionale, l'imposta relativa agli
acquisti intracomunitari effettuati.
Tale disciplina è temporanea in quanto trova applicazione
alle operazioni intracomunitarie fino a quando, come precisa
l'articolo 37, non entrerà in vigore il regime definitivo
degli scambi tra gli Stati membri, fondato sul principio della
tassazione nel Paese di origine.
L'articolato che si propone (articoli da 37 a 60) è
distinto in due capi: il secondo e il terzo del presente
titolo. Il secondo capo riguarda la nuova disciplina degli
scambi intracomunitari; il terzo concerne l'adeguamento di
specifiche disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, istitutivo dell'imposta sul
valore aggiunto, al nuovo contenuto che le nozioni di
importazione ed esportazione assumono nella struttura
dell'imposta.
Passando all'esame delle singole disposizioni, l'articolo
38 introduce il nuovo presupposto di imposizione, quello di
acquisto intracomunitario di beni. In particolare, dai commi 1
e 2 risulta la nozione di acquisto intracomunitario, intesa
come acquisizione a titolo oneroso, effettuata nell'esercizio
di impresa, arti e professioni, o da enti non commerciali,
comunque dotati di soggettività IVA, della proprietà di beni o
di altro diritto reale di godimento sugli stessi, spediti o
trasportati nel territorio dello Stato da altro Stato membro
della CEE dal cedente, ivi soggetto passivo di imposta,
dall'acquirente o da terzi per loro conto.
Il successivo comma 3 stabilisce poi che, oltre alla
fattispecie sopra descritta, costituiscono comunque acquisti
intracomunitari:
la consegna nel territorio dello Stato, in dipendenza di
contratti d'opera, d'appalto e simili, di beni prodotti,
montati o assiemati in altro Stato membro utilizzando materie
prime o beni spediti dal territorio dello Stato dal
committente, ivi soggetto passivo di imposta, o per suo
conto;
l'introduzione nel territorio dello Stato da parte o per
conto di un soggetto passivo di imposta, anche a titolo
diverso dall'acquisizione, di beni provenienti da altro Stato
membro. Tale disposizione non opera peraltro, come stabilisce
il successivo comma 5, per l'introduzione nel territorio dello
Stato di beni oggetto di operazioni
Pag. 23
di perfezionamento o di manipolazioni usuali - se i
beni sono successivamente trasportati o spediti al
committente, soggetto passivo di imposta nello Stato membro di
provenienza o per suo conto in altro Stato membro ovvero fuori
del territorio della Comunità - nonché per l'introduzione nel
territorio dello Stato di beni temporaneamente utilizzati per
l'esecuzione di prestazioni o di beni che, se importati,
beneficierebbero della temporanea importazione in esenzione
dai dazi doganali;
gli acquisti a titolo oneroso dei mezzi di trasporto
nuovi, come definiti dal comma 4, trasportati o spediti da
altro Stato membro: l'imponibilità opera in senso oggettivo e,
quindi, indipendentemente dalla ricorrenza o meno dei
presupposti di cui ai commi 1 e 2 (e cioè che siano soggetti
passivi di imposta sia il cedente che l'acquirente);
gli acquisti intracomunitari da parte di enti,
associazioni e altre organizzazioni, non aventi per oggetto
esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali,
non soggetti passivi di imposta, nonché l'introduzione nel
territorio dello Stato da parte dei suddetti enti di beni
dagli stessi in precedenza importati in altro Stato membro. Al
fine di non gravare di adempimenti soggetti di regola non
rilevanti agli effetti del gettito, il comma 5 stabilisce
peraltro che gli acquisti intracomunitari effettuati da tali
enti - fatta eccezione per quelli di mezzi di trasporto nuovi
e di prodotti soggetti ad accisa, che sono sempre soggetti ad
imposta nel territorio dello Stato - non sono soggetti ad
imposta se il loro ammontare complessivo nell'anno solare
precedente e in quello in corso non supera una determinata
soglia. In tale limite l'esonero vale anche per gli acquisti
effettuati dai soggetti passivi per i quali l'imposta è
totalmente indetraibile a norma del terzo comma dell'articolo
19 del decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972
(ad esempio, banche, assicurazioni, istituti finanziari) e dai
produttori agricoli di cui all'articolo 34 dello stesso
decreto che non abbiano optato per l'applicazione dell'imposta
nei modi ordinari. Il comma 6 fa comunque salva la possibilità
di optare per la tassazione nello Stato degli acquisti
intracomunitari effettuati, pur se inferiori di ammontare al
predetto limite.
Oltre alle delimitazioni di cui si è fatto cenno, il comma
5 precisa che non costituiscono acquisti intracomunitari né le
introduzioni nel territorio dello Stato, in esecuzione di una
cessione, di beni destinati ad essere ivi installati, montati
o assiemati dal fornitore o per suo conto - atteso che tale
fattispecie realizza una cessione di beni nel territorio dello
Stato, ai sensi della nuova formulazione del secondo comma
dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica
n.633 del 1972 introdotta dall'articolo 57 del presente
provvedimento - né gli acquisti intracomunitari di beni quando
il cedente, nel proprio Stato membro, beneficia del regime di
esonero previsto per le piccole imprese.
Il comma 7 dell'articolo 38 disciplina la particolare
ipotesi di acquisto, nel territorio dello Stato, da parte di
soggetto passivo di un altro Stato membro (ad esempio
Germania), di un bene a questi ceduto in un diverso Stato
membro (ad esempio Francia), con successiva spedizione nel
territorio dello Stato ad un cessionario ivi assoggettato
all'imposta per gli acquisti intracomunitari effettuati.
Il comma 8 dell'articolo 38, infine, in aderenza alla
disciplina del contratto di commissione recata dal decreto del
Presidente della Repubblica n.633 del 1972, chiarisce che si
considerano effettuati in proprio gli acquisti intracomunitari
da parte dei commissionari senza rappresentanza.
L'articolo 39 disciplina il momento di effettuazione
dell'acquisto intracomunitario. Per tale è da intendersi
quello della consegna dei beni nel territorio dello Stato al
cessionario o, nel caso di trasporto con mezzo del
cessionario, il momento di arrivo nel luogo di destinazione
nel territorio dello Stato. Ove anteriormente al verificarsi
dei suddetti eventi sia stata ricevuta fattura o pagato, in
tutto o in parte, il corrispettivo, l'operazione si
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considera effettuata, limitatamente all'importo fatturato o
pagato, all'atto del pagamento o della ricezione della
fattura.
L'articolo 40, nel disciplinare la territorialità delle
operazioni intracomunitarie, stabilisce al comma 1 che in via
generale gli acquisti intracomunitari sono effettuati nel
territorio dello Stato se hanno per oggetto beni, originari di
altro Stato membro o ivi immessi in libera pratica, spediti o
trasportati dal territorio di altro Stato membro nel
territorio dello Stato. Nel successivo comma 2, si dispone, in
via presuntiva, che si ritiene comunque effettuato nel
territorio dello Stato l'acquisto di beni, da cedenti soggetti
passivi in altri Stati membri, da parte di soggetti passivi
d'imposta nello Stato, a meno che non sia comprovato che
l'acquisto è stato assoggettato ad imposta in altro Stato
membro (ovvero lo Stato di effettiva destinazione). Tuttavia,
ricorrendo determinate condizioni, è prevista la non
imponibilità degli acquisti di beni effettuati da soggetti
passivi nel territorio dello Stato quando i beni stessi sono
direttamente spediti dallo Stato di origine ai cessionari di
questi in altro Stato membro.
Il comma 3 dell'articolo 40 disciplina le cosiddette
"vendite a distanza": si considerano effettuate nel territorio
dello Stato le cessioni in base a cataloghi, per
corrispondenza e simili, di beni spediti o trasportati dal
cedente nel territorio dello Stato da altro Stato membro, nei
confronti dei soggetti che non applicano l'imposta sugli
acquisti intracomunitari effettuati. La disciplina delle
vendite a distanza non opera per le cessioni di mezzi di
trasporto nuovi e per quelle di beni da installare, montare,
assiemare nel territorio dello Stato a cura del fornitore.
Sono esclusi inoltre dal regime delle vendite a distanza gli
operatori che non abbiano superato nell'anno precedente e non
superino nell'anno in corso un determinato ammontare di
vendite nel territorio dello Stato, a meno che, pur non
raggiungendo tali limiti, non optino per l'applicazione
dell'imposta.
I commi 5, 6, 7 e 8 dell'articolo 40 recano la disciplina
della territorialità delle prestazioni di trasporto
intracomunitario di beni - per tale intendendosi il trasporto,
con qualsiasi mezzo, di beni con luogo di partenza e di arrivo
nel territorio di due diversi Stati membri, anche se vengono
eseguite singole tratte nazionali nel territorio dello Stato
in esecuzione di contratti derivati - e delle relative
prestazioni di intermediazione, delle prestazioni accessorie
ai servizi di trasporto intracomunitario e delle relative
prestazioni di intermediazione, nonché, più in generale, di
tutte le prestazioni di intermediazione diverse dalle
precedenti e da quelle relative alle prestazioni di cui
all'articolo 7, quarto comma, lettera d), del decreto
del Presidente della Repubblica n.633 del 1972 (tali ultime
sono le prestazioni di servizi per le quali la territorialità
è determinata, di regola, in base al domicilio del
destinatario delle prestazioni stesse). In via generale si
stabilisce che le operazioni suddette si considerano
effettuate nel territorio dello Stato se il committente delle
stesse è soggetto passivo di imposta nel territorio dello
Stato, mentre se sono rese ad un soggetto passivo di altro
Stato membro non si considerano effettuate nel territorio
dello Stato. Qualora il committente del servizio non sia un
soggetto passivo d'imposta nello Stato o in altro Stato
membro, per le prestazioni in parola è previsto il seguente
regime:
le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e le
relative prestazioni di intermediazione si considerano
effettuate nel territorio dello Stato se ivi ha inizio
l'esecuzione del trasporto;
le prestazioni accessorie ai servizi di trasporto
intracomunitario e le relative prestazioni di intermediazione
si considerano effettuate nel territorio dello Stato se ivi le
prestazioni accessorie sono eseguite;
le altre prestazioni di intermediazione di cui sopra si
considerano effettuate nel territorio dello Stato se relative
a operazioni ivi effettuate.
L'articolo 41 definisce il regime applicabile alle cessioni
effettuate, con relativo
Pag. 25
invio dei beni ceduti, nei confronti di cessionari residenti
in altri Stati membri della CEE. Tali operazioni, pur non
potendosi più configurare, nel nuovo sistema introdotto dal
presente decreto, come esportazioni, restano pur sempre
disciplinate come operazioni non imponibili. In particolare,
nel comma 1, alla lettera a), si dispone che
costituiscono cessioni intracomunitarie non imponibili le
cessioni a titolo oneroso di beni trasportati o spediti in
altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi soggetti
all'imposta sugli acquisti intracomunitari effettuati. La
lettera b) stabilisce che costituiscono cessioni
intracomunitarie non imponibili le cosiddette "vendite a
distanza", ovvero le cessioni in base a cataloghi, per
corrispondenza e simili, di beni diversi dai prodotti soggetti
ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto
nel territorio di altro Stato membro, nei confronti di
cessionari non tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti
intracomunitari; la non imponibilità per tali cessioni è
prevista in quanto il cedente nazionale, o perché il relativo
ammontare nello Stato membro di destinazione supera un
determinato limite ovvero perché opta in tal senso, è debitore
dell'imposta dello Stato membro di destinazione. Costituiscono
del pari cessioni intracomunitarie non imponibili, ai sensi
della lettera c) del comma 1 dell'articolo 41, le
cessioni di beni inviati all'estero per essere ivi installati,
montati o assiemati dal fornitore; anche tali cessioni infatti
sono soggette ad imposta nello Stato dove i beni sono
installati, montati o assiemati. Assimilate a cessioni
intracomunitarie, e attratte quindi nel regime di non
imponibilità, sono pure: la consegna, in dipendenza di
contratti d'opera, d'appalto e simili, nel territorio di altro
Stato membro, di beni ivi prodotti, montati o assiemati
utilizzando, in tutto o in parte, materie o beni spediti nel
territorio in cui viene effettuata la consegna dei beni
prodotti, ovvero forniti dai committenti stessi o da terzi per
loro conto; le cessioni di mezzi di trasporto nuovi (anche in
tal caso indipendentemente dalla soggettività passiva del
cedente nazionale e del cessionario estero); le consegne al
committente estero di prodotti ottenuti mediante lavorazione
di materiali forniti dal committente stesso; l'invio nel
territorio di altro Stato membro di beni diversi da quelli
oggetto delle operazioni di perfezionamento o di manipolazione
usuali o inviati per essere ivi temporaneamente utilizzati per
l'esecuzione di prestazioni o di beni che se fossero importati
nello Stato membro suddetto beneficierebbero della temporanea
importazione in esenzione dei diritti doganali. Di tali
fattispecie, trattandosi di operazioni non imponibili, il
comma 4 dell'articolo 41 precisa la rilevanza sia ai fini
della determinazione dello status di soggetto abilitato
ad effettuare acquisti senza applicazione di imposta sia ai
fini della determinazione del plafond spendibile dai
soggetti per cui ricorra tale condizione subiettiva.
Gli articoli 42 e 43 precisano che agli acquisti
intracomunitari di beni risulta applicabile lo stesso regime e
la stessa aliquota che risulta applicabile alle cessioni dei
corrispondenti beni nel territorio dello Stato. Sono
considerati non imponibili (con una formulazione che il
dibattito parlamentare ha più chiaramente definito) i
trattamenti di lavorazioni, trasformazione, riparazione e
utilizzazione, eseguiti su beni comunitari destinati ad essere
trasportati o spediti in altro Stato membro della Comunità
economica europea. Per quanto riguarda la base imponibile
degli acquisti intracomunitari, nel rinviare fondamentalmente
alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica
n.633 del 1972, nell'articolo 43 si precisa che:
le accise assolte o esigibili concorrono a formare la
base imponibile dei beni sui quali gravano;
i corrispettivi, le spese e gli oneri in valuta estera
sono computati secondo il cambio del giorno di effettuazione
dell'operazione (individuato ai sensi del precedente articolo
39) se indicato nella fattura o, in mancanza di tale
indicazione, secondo il cambio del giorno della fattura.
Pag. 26
L'articolo 44 dispone che l'imposta sulle operazioni
imponibili effettuate nel territorio dello Stato è dovuta, in
via di principio, dai soggetti che effettuano le cessioni di
beni, gli acquisti intracomunitari e le prestazioni di
servizi. Particolari regole sono fissate per le ipotesi in cui
il soggetto tenuto al suddetto obbligo è un soggetto non
residente e senza stabile organizzazione nel territorio dello
Stato (il comma 3 dell'articolo 44 precisa che in tale ipotesi
può procedersi alla nomina di un rappresentante fiscale), per
le "vendite a distanza" effettuate in Italia da cedenti di
altri Stati membri (che devono procedere alla nomina di un
rappresentante fiscale), nonché per determinate prestazioni di
servizi. Trattasi segnatamente delle prestazioni di cui
all'articolo 7, quarto comma, lettera d), del decreto
del Presidente della Repubblica n.633 del 1972, delle
prestazioni di trasporto intracomunitario, delle prestazioni
accessorie a quelle di trasporto intracomunitario e delle
prestazioni di intermediazione relative alle prestazioni
suddette: per tutte queste prestazioni, rese da soggetti non
residenti nel territorio dello Stato, il comma 2 dell'articolo
44 dispone che l'imposta è comunque dovuta dal committente se
questo è soggetto passivo nel territorio dello Stato. Nel
comma 3 del medesimo articolo si dispone inoltre che qualora
siano effettuate solo operazioni non imponibili, esenti o non
soggette, la rappresentanza può essere limitata ai soli
obblighi di fatturazione di cui all'articolo 46, nonché alla
compilazione degli elenchi di cui all'articolo 50, comma 6.
L'articolo 45 precisa la spettanza del diritto alla
detrazione a norma dell'articolo 19 del decreto del Presidente
della Repubblica n.633 del 1972, così come avviene per gli
acquisti e le importazioni, anche per l'imposta relativa agli
acquisti intracomunitari.
Il successivo articolo 46 disciplina la fatturazione delle
operazioni intracomunitarie. In particolare, per gli acquisti
intracomunitari, anche per finalità di controllo, si dà
rilievo alla fattura ricevuta dal cedente estero, che dovrà
pertanto essere numerata e integrata con l'indicazione del
corrispettivo in lire e dell'imposta. La stessa procedura si
applica per le prestazioni di trasporto intracomunitario, le
prestazioni a queste accessorie e le prestazioni di
intermediazione prese in considerazione dall'articolo 40,
commi 5, 6 e 8 del presente decreto-legge.
Per quanto riguarda invece le cessioni intracomunitarie -
nonché per le prestazioni non imponibili di cui all'articolo
40, commi 5, 6 e 8, rese a soggetti passivi di altri Stati
membri - la fattura emessa a norma dell'articolo 21 del
decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972 deve
indicare, in luogo dell'ammontare dell'imposta, la
specificazione della norma che dispone la non imponibilità o
la non applicazione dell'imposta, nonché - ciò che condiziona
l'esonero da imposta - i dati di identificazione (ivi compreso
il numero di identificazione attribuitogli dalla
amministrazione fiscale del relativo Stato membro) del
cessionario o committente.
Particolari disposizioni sono recate, poi, per le cessioni
di mezzi di trasporto nuovi nonché per il caso in cui il
cessionario o committente di un acquisto intracomunitario
effettuato nel territorio dello Stato non riceva la fattura
emessa dal cedente o prestatore; in quest'ultima ipotesi il
comma 5 dell'articolo 46 prevede l'adozione di una procedura
di autofatturazione.
L'articolo 46, infine, prevede che il cessionario o
committente di un acquisto intracomunitario, di cui
all'articolo 38, commi 2 e 3, lettere a), b) e c),
o committente delle prestazioni di cui all'articolo 40,
commi 5, 6 e 8, del decreto in rassegna, qualora non abbia
ricevuto la relativa fattura entro trenta giorni
dall'effettuazione dell'operazione, deve emettere la fattura
entro il quindicesimo giorno successivo.
In merito alla registrazione, l'articolo 47 prevede che le
fatture relative agli acquisti intracomunitari, integrate come
si è detto (cioè con l'indicazione dell'IVA relativa), devono
essere registrate, distintamente, sia nel registro delle
fatture emesse (articolo 23 del decreto del Presidente della
Repubblica n.633 del 1972),
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che in quello degli acquisti (articolo 25 del suddetto
decreto), stabilendo, peraltro, che tale ultima registrazione
non può essere anteriore al mese di annotazione nel registro
dell'IVA a debito, di cui all'articolo 23 del decreto del
Presidente della Repubblica n.633 del 1972. L'annotazione
della fattura relativa all'acquisto intracomunitario nel
registro di cui al citato articolo 23 (registro dell'IVA a
debito) assicura, nell'attuazione della normativa comunitaria
(articolo 28 novies, paragrafo 4, lettera c),
secondo trattino, della direttiva 91/680/CEE, che inserisce
tali operazioni nelle liquidazioni e versamenti periodici) e
soprattutto di quella nazionale (articolo 27, primo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972)
l'essenziale adempimento per l'acquisizione all'erario
dell'IVA relativa all'acquisto intracomunitario, riconducendo
la stessa, alla stregua dell'IVA relativa alle operazioni
effettuate nel territorio dello Stato, tra quelle per le quali
è stabilito il computo a debito in sede di liquidazione
dell'IVA periodicamente dovuta e, quindi, da versare a norma
dell'articolo 27, primo comma, del decreto del Presidente
della Repubblica n.633 del 1972. Gli enti non soggetti passivi
d'imposta assoggettati ad imposta sugli acquisti
intracomunitari effettuati devono annotare le fatture
ricevute, integrate nei modi suddetti, in apposito
registro.
Per quanto riguarda le fatture relative alle cessioni
intracomunitarie, nonché alle prestazioni intracomunitarie di
trasporto, alle prestazioni accessorie alle prestazioni di
trasporto e alle prestazioni di intermediazione relative a
tali prestazioni, è prevista una distinta annotazione - che ne
consenta quindi una loro autonoma rilevazione (per esempio ai
fini degli elenchi riepilogativi) - nel registro delle fatture
emesse. Anche nella dichiarazione annuale, poi, dovranno
essere distintamente evidenziate, come stabilisce l'articolo
48, comma 2, le operazioni intracomunitarie effettuate.
L'articolo 48, comma 1, prevede che l'imposta relativa agli
acquisti intracomunitari è computabile in detrazione nelle
liquidazioni periodiche nel secondo mese successivo (per i
contribuenti a liquidazione mensile) o nel secondo trimestre
successivo (per i contribuenti a liquidazione trimestrale) a
quello in cui sono stati registrati gli acquisti.
L'articolo 49 stabilisce le modalità di dichiarazione e di
versamento dell'imposta per gli enti non commerciali, per i
quali è previsto che entro ciascun mese sia presentata una
dichiarazione relativa agli acquisti effettuati nel mese
precedente e sia versata l'imposta complessivamente dovuta su
tali acquisti, nonché le modalità con le quali devono
assolvere il pagamento dell'imposta - per i prodotti soggetti
ad accisa - i soggetti non tenuti al pagamento dell'imposta
sugli acquisti intracomunitari.
Il successivo articolo 50 precisa taluni degli obblighi
connessi alla normativa degli scambi intracomunitari. Oltre al
già ricordato obbligo, per le operazioni intracomunitarie non
imponibili o non assoggettate, di indicazione in fattura del
numero di identificazione del contraente estero, la
disposizione prevede la possibilità di richiedere al Ministero
delle finanze conferma della validità del numero di
identificazione comunicato dal contraente estero.
Parallelamente all'obbligo di indicare nelle fatture
relative alle cessioni intracomunitarie il numero di
identificazione del contraente estero, il comma 3
dell'articolo 50 fissa l'obbligo per il soggetto italiano che
effettua acquisti intracomunitari di comunicare al contraente
estero il proprio numero di partita IVA, integrato dal
prefisso "IT".
Particolari disposizioni poi sono dettate dai commi 4 e 5
dell'articolo 50 relativamente alle comunicazioni a carico
degli enti, non soggetti d'imposta, che effettuano acquisti
intracomunitari e alla documentazione dei movimenti di beni da
o verso altri Stati membri non concretanti acquisti o cessioni
intracomunitarie (beni inviati nel territorio dello Stato o
all'estero in lavorazione); per tali movimenti è prevista
l'annotazione in apposito registro tenuto ai sensi
dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica
n.633 del 1972.
Pag. 28
I commi 6 e 7 dell'articolo 50 riguardano la presentazione
e la compilazione degli elenchi riepilogativi previsti
dall'articolo 6 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n.16,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n.
75. Si definiscono le modalità dell'adempimento per i beni
inviati in lavorazione nonché per le operazioni per cui
anteriormente alla consegna o alla spedizione sia stata emessa
fattura o pagato in tutto o in parte il corrispettivo.
Il comma 8 prevede che con l'osservanza delle prescrizioni
stabilite con decreto del Ministro delle finanze può essere
stabilito che le cessioni e gli acquisti intracomunitari di
beni destinati ad essere introdotti in depositi non doganali
autorizzati per la custodia dei beni stessi sono effettuati
senza pagamento di imposta; la disposizione si applica anche
ai beni nazionali o comunitari destinati ad essere introdotti
o che si trovano giacenti in depositi doganali, depositi
franchi o punti franchi.
Gli articoli 51, 52 e 53 recano specifiche disposizioni con
riferimento, rispettivamente, alle cessioni di prodotti
agricoli, alle cessioni di beni a viaggiatori diretti in altro
Stato membro e alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi.
Per le cessioni intracomunitarie di prodotti agricoli
effettuate da produttori agricoli che non hanno optato per la
detrazione dell'imposta in forma analitica, si prevede per gli
acquirenti comunitari la possibilità di ottenere il rimborso
della relativa imposta nelle forme di cui all'articolo
38- ter del decreto del Presidente della Repubblica n.633
del 1972. Infine, per i produttori agricoli esonerati
dall'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale che
sono tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti
intracomunitari effettuati, si prevede che l'imposta trova
applicazione con le modalità stabilite per gli enti non
soggetti passivi d'imposta.
L'articolo 52 dispone la non imponibilità fino al 30 giugno
1999, entro determinati limiti, delle cessioni di beni a
viaggiatori diretti in un altro Stato membro effettuati negli
speciali negozi siti in ambito portuale o aeroportuale ovvero
in spacci a bordo di navi o aeromobili.
Per quanto riguarda i mezzi di trasporto nuovi, l'articolo
53 reca la specifica disciplina delle formalità applicabili
alle cessioni intracomunitarie e agli acquisti intracomunitari
effettuati da soggetti non operanti nell'esercizio di imprese,
arti e professioni.
L'articolo 54 fissa le sanzioni per le violazioni delle
disposizioni di cui al presente decreto. In particolare il
comma 1 sanziona l'omessa effettuazione, o l'effettuazione con
indicazioni inesatte tali da comportare l'evidenziazione di
un'imposta inferiore, delle annotazioni prescritte per gli
acquisti intracomunitari che devono essere eseguite dai
soggetti passivi nel registro di cui agli articoli 23 e 24 del
decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972 e, per
gli enti non soggetti d'imposta assoggettati al tributo per
gli acquisti intracomunitari effettuati, nel registro di cui
al comma 2 dell'articolo 47 del presente provvedimento; la
sanzione applicabile è la pena pecuniaria in misura da due a
quattro volte l'imposta o la maggiore imposta dovuta, e trova
applicazione, come precisa il comma 2 dell'articolo 54,
ancorché, in mancanza della comunicazione del numero di
partita IVA da parte dell'acquirente italiano, la cessione sia
stata assoggettata ad imposta nello Stato di provenienza dei
beni.
I commi 3, 4 e 5 dell'articolo 54 recano le sanzioni per le
violazioni commesse dagli enti, non soggetti passivi
d'imposta, tenuti ad applicare il tributo sugli acquisti
intracomunitari effettuati. In particolare il comma 3
sanziona, con la pena pecuniaria da due a quattro volte
l'imposta o la maggiore imposta dovuta, l'omissione o
l'infedeltà della dichiarazione; il comma 4 sanziona con la
soprattassa del 50 per cento le omissioni nei versamenti e il
comma 5 sanziona con la pena pecuniaria da lire duecentomila a
lire due milioni l'omessa dichiarazione all'ufficio IVA del
superamento del limite di acquisti intracomunitari oltre il
quale l'ente è tenuto ad applicare l'imposta.
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Il comma 6 prevede l'applicazione della sanzione residuale
di cui all'articolo 47, primo comma, n.3), del decreto del
Presidente della Repubblica n.633 del 1972 nel caso in cui
siano immatricolati mezzi di trasporto nuovi oggetto di
acquisto intracomunitario senza verificare che tale acquisto
sia stato assoggettato ad imposta.
Il comma 7 dell'articolo 54 richiama, per le violazioni di
omessa presentazione degli elenchi riepilogativi periodici
degli scambi intracomunitari effettuati o per la presentazione
degli stessi con dati incompleti o inesatti, le sanzioni
previste nel comma 4 dell'articolo 6 del decreto-legge 23
gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 marzo 1993, n. 75.
Il comma 8 dispone l'applicabilità delle sanzioni penali di
cui al comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge 10 luglio
1982, n.429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 1982, n. 526, in caso di emissione o utilizzazione di
fatture (o documenti equipollenti) relative ad operazioni
intracomunitarie recanti numeri di identificazione diversi da
quelli reali, in modo da impedire l'individuazione dei
soggetti tra i quali le operazioni sono poste in essere.
L'articolo 54, infine, prevede una sanatoria per talune
irregolarità formali commesse fino al 30 giugno 1993 e per
l'omissione o l'irregolare esecuzione entro il 31 marzo 1993
di adempimenti, relativamente alla compilazione degli elenchi
riepilogativi delle operazioni intracomunitarie.
Concludendo l'esame del capo II, l'articolo 55 disciplina
la collaborazione con le amministrazioni degli altri Stati
membri e l'articolo 56 rinvia, per quanto non diversamente
disposto dal presente decreto, alle disposizioni contenute nel
decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972.
Il capo III reca quelle modifiche alla disciplina dell'IVA
resesi necessarie per l'attuazione della citata direttiva
91/680/CEE.
L'articolo 57, in particolare, modifica il primo comma
dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica
n.633 del 1972 per ridefinire i concetti di territorio dello
Stato e di territorio della Comunità, mentre il secondo comma
dell'articolo 7 suddetto risulta modificato in aderenza alla
soppressione delle frontiere fiscali e all'adozione del regime
transitorio di cui al presente decreto. In particolare, oltre
alla ricordata ipotesi di cessione di beni spediti da altro
Stato membro e installati, assiemati o montati in Italia, si
disciplinano le cessioni di beni effettuate durante trasporti
intracomunitari di persone.
In seguito all'adozione della nuova disciplina si è reso
altresì necessario modificare l'articolo 8 del decreto del
Presidente della Repubblica n.633 del 1972, nel senso di
chiarire che il concetto di esportazione resta circoscritto
alle ipotesi di invio fuori del territorio doganale della CEE,
l'articolo 38- quater, ora limitato ai soli viaggiatori
non comunitari, e l'articolo 67 del medesimo decreto del
Presidente della Repubblica n.633 del 1972, atteso che il
concetto di importazione resta riferibile ai soli beni di
provenienza extra comunitaria.
Per motivi tecnici, si è inoltre reso necessario
modificare, nel decreto del Presidente della Repubblica n.633
del 1972, l'articolo 68 (è stata soppressa la lettera
e), non più conforme alla disciplina che si introduce),
l'articolo 70 (integrato di un comma per disciplinare il
rimborso dell'imposta assolta all'atto dell'importazione da
enti non commerciali su beni che sono spediti o trasportati in
altro Stato membro), l'articolo 73- bis (integrato per
disciplinare l'adempimento dell'obbligo dell'apposizione dei
contrassegni per i prodotti oggetto di acquisto
intracomunitario) e l'articolo 74, ottavo comma, in cui si
precisa che le agenzie di vendita all'asta non possono
detrarre, così come avviene per l'imposta assolta per le
importazioni, neppure l'imposta afferente agli acquisti
intracomunitari di beni destinati alla vendita. Modificando
l'articolo 29 del suddetto decreto, si è precisato che non
devono essere indicate nell'elenco clienti le
Pag. 30
fatture relative a cessioni intracomunitarie, per le quali il
controllo incrociato, evidentemente, avviene a livello
comunitario, sulla base degli elenchi riepilogativi. Di tali
elenchi, di cui l'articolo 6 del decreto-legge 23 gennaio
1993, n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 1993, n. 75, dispone la presentazione agli uffici
doganali, può essere comunque disposta anche la presentazione
all'ufficio che gestisce l'imposta sul valore aggiunto con lo
stesso decreto con il quale il Ministro delle finanze
individua i soggetti tenuti alla presentazione degli elenchi
dei clienti e dei fornitori. Con lo stesso articolo, poi, si
stabilisce la non imponibilità ai fini IVA dei servizi di
intermediazione resi da terzi, che agiscono in nome e per
conto di agenzie di viaggio relativamente a prestazioni
eseguite fuori dal territorio degli Stati membri della
Comunità economica europea.
L'articolo 58 dispone la non imponibilità delle operazioni
(usualmente definite come triangolari) di cessione di beni ad
un operatore che a sua volta li cede ad un soggetto passivo
residente in altro Stato membro. Anche tali operazioni
rilevano ai fini della determinazione dello status di
operatore abilitato ad effettuare acquisti, anche
intracomunitari, ed importazioni senza applicazione d'imposta
e dell'ammontare del plafond spendibile per
l'effettuazione di tali acquisti ed importazioni.
Con lo stesso articolo si attribuiscono alle operazioni
intracomunitarie poste in essere effetti per la verifica della
esistenza delle condizioni per richiedere il rimborso indicate
all'articolo 30, terzo comma, lettere b) e d), del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n.633.
L'articolo 59 dispone la spettanza del diritto al rimborso
- nelle forme di cui all'articolo 38- ter del decreto del
Presidente della Repubblica n.633 del 1972 - ai soggetti
residenti in altro Stato membro che effettuano prestazioni di
trasporto intracomunitario e prestazioni a queste accessorie
per le quali l'imposta è dovuta dal committente, residente nel
territorio dello Stato.
L'articolo 60 detta le disposizioni transitorie connesse
alla soppressione delle nozioni di esportazione ed
importazione negli scambi intracomunitari in connessione con
l'adozione del nuovo regime, in linea generale disponendo che
per le operazioni di esportazione ed importazione verso o da
altri Stati membri della CEE non ancora perfezionatesi al 1^
gennaio 1993, resta applicabile la previgente disciplina, con
semplificazioni per i mezzi di trasporto immatricolati o
iscritti in pubblici registri anteriormente al 1^ gennaio
1985. I commi 5 e 6 regolano gli scambi intracomunitari con
consegna nel territorio dello Stato o spedizione in altro
Stato membro successivamente al 31 dicembre 1992 ma con
pagamento o fatturazione anteriori al 1^ gennaio 1993. Si
disciplinano, infine, il trattamento cui sono soggette le
restituzioni di beni che erano stati spediti in altro Stato
membro anteriormente al 1^ gennaio 1993.
Titolo III (articoli da 61 a 69).
Le disposizioni del titolo III intendono rimuovere
dall'ordinamento talune norme che si sono palesate in netto
contrasto con indirizzi e decisioni comunitarie ovvero che -
ancorché non presentino sul piano formale elementi di
contrasto - tuttavia sostanzialmente prevedono oneri,
adempimenti o procedure sui quali appare opportuno intervenire
nel momento in cui vengono apportate all'ordinamento stesso
innovazioni così rilevanti quali quelle previste dai
precedenti titoli del decreto in rassegna: questo secondo
ordine di disposizioni, per altro, costituisce un logico
momento di raccordo, in termini di equità, anche con le
modificazioni che sono state di recente approvate in tema di
determinazione dei redditi di talune categorie di contribuenti
e di correlate procedure di accertamento. Altre misure sono,
poi, dirette ad assicurare già dall'inizio dell'anno 1993 il
tendenziale rispetto dei vincoli del fabbisogno pubblico.
Così, nonostante che un intervento organico per il riordino
del
Pag. 31
sistema delle agevolazioni fiscali non possa essere attuato
al di fuori dell'esercizio della delega (che è oggetto di
un'apposita proposta di proroga), il Governo ha, intanto,
ritenuto necessario procedere alla revisione di alcune
disposizioni agevolative.
L'articolo 61 dispone la sostituzione degli articoli 4, 75,
80 e 88 della tariffa delle tasse sulle concessioni
governative, annessa al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n.641, nel testo introdotto dal
decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.196
del 21 agosto 1992, concernenti la tassa per l'iscrizione
delle società nel registro delle imprese (articolo 4), la
tassa per l'iscrizione nel registro dei concessionari del
servizio della riscossione e per l'iscrizione nell'albo
nazionale dei collettori (articolo 75), la tassa per la
licenza o documento sostitutivo per l'impiego di
apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico
terrestre di comunicazione (articolo 80) e la tassa per
l'attribuzione del numero di partita IVA (articolo 88).
Con la modifica dell'articolo 4 si prevede, a carico di
taluni tipi di società (società per azioni, società in
accomandita per azioni, società a responsabilità limitata e
società di altro tipo), una tassa unica di lire 500.000 per
l'iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese
e una di lire 250.000 per tutti gli altri atti sociali
soggetti ad iscrizione in base alle disposizioni del codice
civile. Resta invece invariato (lire 250.000) l'ammontare
della tassa di iscrizione nel registro delle imprese per le
società estere con sede secondaria nel territorio dello Stato,
per gli imprenditori individuali, per i consorzi ed altri enti
pubblici e privati con o senza personalità giuridica diversi
dalle società.
Il rimborso delle maggiori somme versate per l'anno 1992,
in base all'articolo 10, comma 4, del decreto-legge 11 luglio
1992, n.333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8
agosto 1992, n.359 - che prevedeva una tassa di lire 4 milioni
per le società per azioni e in accomandita per azioni, di lire
2 milioni e 500 mila per le società a responsabilità limitata
e di lire 500 mila per tutti gli altri tipi di società - può
essere richiesto all'ufficio del registro tasse sulle
concessioni governative di Roma entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto.
I maggiori versamenti effettuati quali tasse di concessione
governativa a norma dello stesso decreto-legge n. 333 del
1992, rispetto al disposto del decreto ministeriale 20 agosto
1992, possono essere recuperati mediante compensazione
all'atto del versamento della tassa dovuta per l'anno 1994.
Per quanto attiene all'articolo 75 della tariffa, la tassa
per l'iscrizione nel registro dei concessionari del servizio
della riscossione, nonché la tassa annuale, vengono stabilite
nella misura di lire 120.000 per quota fissa, più una somma
correlata alla popolazione residente in ogni ambito
territoriale; la tassa d'iscrizione nell'albo nazionale dei
collettori e la tassa annuale sono fissate in lire 120.000.
Con l'articolo 80 la tassa per la licenza per l'impiego di
apparecchiature terminali è stabilita, per ogni mese di
utenza, in lire 10.000 per utenze residenziali e in lire
25.000 per utenze affari.
Per quanto riguarda l'articolo 88 della predetta tariffa,
viene fissato in lire 250.000 l'importo della tassa per
l'attribuzione del numero di partita IVA, e di quello annuale,
alle società di ogni tipo (comprese quelle tenute al pagamento
della tassa per l'iscrizione nel registro delle imprese) e
agli enti pubblici e privati con o senza personalità giuridica
che svolgono, esclusivamente o principalmente, attività
commerciali o agricole, nonché alle associazioni di persone
fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e
professioni; per tutti gli altri soggetti l'importo della
tassa, sia per l'attribuzione della partita IVA che per quello
annuale, è stabilito in lire 100.000. La tassa non è dovuta
dai soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel
territorio dello Stato.
Con l'articolo 62 si apportano talune modificazioni alla
disciplina dei centri di
Pag. 32
assistenza fiscale e del conto fiscale di cui all'articolo 78
della legge 30 dicembre 1991, n.413, nonché al decreto del
Presidente della Repubblica 4 settembre 1992, n.395,
istitutivo del regolamento dei CAAF per i lavoratori
dipendenti e pensionati.
In primo luogo le modifiche sono dirette a risolvere talune
questioni circa la costituzione dei predetti centri di
assistenza per le imprese, per i dipendenti ed i pensionati, i
quali possono cominciare ad operare. I centri di assistenza
fiscale costituiscono un ausilio ed al tempo stesso uno
strumento di partecipazione che il legislatore ha voluto nel
quadro della garanzia costituita, sul piano soggettivo, dal
novero dei soggetti che possono costituire il centro e sul
piano oggettivo dall'irrinunciabile formalità del "visto di
conformità". Per queste ragioni si è mantenuta e rafforzata la
disciplina vigente e, per quanto riguarda i centri di
assistenza fiscale alle imprese, si è, in particolare, tenuto
conto della ristrettezza dei tempi a disposizione delle
organizzazioni nazionali di categoria per ottenere
l'autorizzazione all'esercizio dell'attività da parte dei
centri stessi, soprattutto nel caso in cui dette
organizzazioni intendano delegare la costituzione dei centri a
proprie organizzazioni territoriali o di categoria, le quali
devono ottenere una preventiva specifica autorizzazione. A tal
fine viene prevista la irrilevanza dell'attività svolta dalle
organizzazioni di categoria delle imprese ai fini delle
imposte dirette e dell'IVA anche per il 1993. Tale irrilevanza
era stata già stabilita dall'articolo 78, comma 8, della legge
n.413 del 1991 fino al 1992, nel presupposto che i centri di
assistenza (che, essendo costituiti sotto forma di società di
capitali, esercitano attività commerciali rilevanti ai fini
delle predette imposte) potessero entrare in vigore fin dal 1^
gennaio 1993.
Viene, quindi, prevista la possibilità dell'apposizione del
visto di conformità formale (visto cui non può rinunciarsi
senza sminuire l'importanza dello strumento) dei dati esposti
nelle dichiarazioni da presentare nel 1993 anche da parte dei
centri di assistenza per i quali la costituzione e la
conseguente autorizzazione all'esercizio dell'attività siano
intervenute nel corso dello stesso anno, a condizione che le
richieste di autorizzazione ministeriale siano presentate con
congruo anticipo rispetto al termine previsto dalla legge per
la presentazione delle dichiarazioni.
Si chiarisce, inoltre, che, per l'anno 1993, le scritture
contabili si considerano tenute dai centri o dai
professionisti anche se materialmente elaborate dai
contribuenti, dalle associazioni sindacali che hanno
costituito i centri o da imprese di elaborazione dei dati
contabili prescelte dalle stesse associazioni, a condizione
che da una apposita attestazione risulti che i centri o i
professionisti abbiano eseguito i controlli sulla
contabilità.
Viene, poi, riformulato il comma 13- bis del citato
articolo 78 della legge n. 413 del 1991, allo scopo di
chiarire che i sostituti d'imposta non sono tenuti a prestare
assistenza fiscale ai propri dipendenti e pensionati allorché
siano soci di un CAAF ovvero abbiano stipulato convenzioni con
un centro di assistenza alle imprese ovvero ai lavoratori
dipendenti e pensionati e che, in entrambi i casi, sono
applicabili le disposizioni che disciplinano l'attività dei
CAAF (quali ad esempio, quelle relative ai compiti da
svolgere, al diritto al compenso di lire 20 mila per ciascuna
dichiarazione e alla responsabilità per le irregolarità emerse
circa le attività esercitate).
Viene soppressa l'elevazione a lire 40.000 del compenso per
l'attività di assistenza fiscale svolta dal sostituto
d'imposta con meno di venti lavoratori dipendenti.
Per quanto riguarda il conto fiscale (istituito a decorrere
dal 1^ gennaio 1993 per i contribuenti titolari di reddito
d'impresa o di lavoro autonomo), le relative disposizioni
contenute nei commi da 27 a 30 del predetto articolo 78 della
legge n.413 del 1991 prevedono che esso sia tenuto presso il
concessionario dei servizi della riscossione competente per
territorio, e che sullo stesso siano registrati, relativamente
a ciascun contribuente, i versamenti e i rimborsi concernenti
sia le imposte sui redditi che l'IVA. Per consentire
all'Amministrazione finanziaria di predisporre
Pag. 33
la disciplina regolamentare per l'utilizzazione del
conto fiscale, nonché di provvedere alla necessaria
integrazione dei sistemi informativi in modo da permettere
agli uffici di conoscere lo stato della riscossione dei
tributi, si è reso necessario disporre il differimento al 1^
gennaio 1994 del termine per l'attivazione del conto fiscale,
differimento peraltro già previsto dal disegno di legge
concernente "Proroga del termine per l'emanazione dei testi
unici previsti dall'articolo 17 della legge 9 ottobre 1971,
n.825, e altre disposizioni tributarie", presentato al
Parlamento il 9 settembre 1992 (atto Camera n. 1545) e non
ancora esaminato.
In conseguenza dello slittamento del termine per
l'attivazione del conto fiscale, nel quale si intendono far
confluire anche i compensi che i sostituti d'imposta devono
erogare ai centri autorizzati di assistenza fiscale (ai sensi
dell'articolo 78, comma 22, della citata legge n.413 del 1991)
per l'assistenza da questi fornita ai dipendenti dei sostituti
stessi, si è ritenuto, poi, opportuno, al fine di garantire ai
centri la percezione dei compensi medesimi, che questi, fino
all'entrata in vigore del conto fiscale, vengano erogati
direttamente dall'Amministrazione finanziaria (un apposito
capitolo di spesa è già previsto nel bilancio di previsione
per il 1993 con uno stanziamento di 400 miliardi di lire).
Si chiarisce, inoltre, che i compensi per l'assistenza
fiscale fornita ai lavoratori dipendenti e pensionati
competono ai centri solo quando l'assistenza viene fornita
direttamente attraverso la raccolta delle dichiarazioni degli
utenti ed il compimento delle operazioni menzionate nel comma
21 dell'articolo 78 della legge n. 413 del 1991. I compensi
spettano, altresì, nell'ipotesi in cui i CAAF effettuano la
loro attività tramite i propri soci, sostituti d'imposta che
hanno stipulato apposite convenzioni o imprese all'uopo
incaricate.
Con lo stesso articolo 62 si è, inoltre, affrontata la
questione della responsabilità solidale dei centri di
assistenza fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati con
gli utenti, per le irregolarità emerse in sede di controllo da
parte dell'Amministrazione finanziaria, che deve escutere in
via prioritaria il centro al quale è concesso il diritto di
rivalsa sull'utente. In proposito l'articolo 13, comma 1, del
regolamento dei suddetti centri di assistenza, al fine di
garantire all'Amministrazione finanziaria la riscossione dei
tributi ed oneri accessori conseguenti le predette
irregolarità, ha previsto per i centri l'obbligo della stipula
di una apposita polizza di assicurazione. Il combinato
disposto delle norme citate, in considerazione che
nell'obbligazione solidale ciascun coobbligato è titolare
della stessa obbligazione e che, quindi, tra centro di
assistenza ed utente non è configurabile un rapporto di
"terzietà" (danneggiato-danneggiante), non consente al centro
la possibilità di poter stipulare una idonea polizza
assicurativa. Far gravare, inoltre, sui centri di assistenza
la preventiva escussione, da parte dell'Amministrazione
finanziaria, anche degli eventuali maggiori tributi e relativi
interessi, appare non equo anche in considerazione che i
tributi e gli interessi restano comunque dovuti dall'utente.
Al fine di risolvere tali problematiche, con l'articolo 62 in
rassegna vengono modificate le norme di cui sopra, prevedendo
il diritto di rivalsa dell'utente, al quale viene garantito il
risarcimento dell'eventuale danno subìto, mediante la stipula
di un'apposita polizza assicurativa stipulata dal centro
medesimo.
Con l'articolo in esame viene, altresì, differito il
termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti
d'imposta che attualmente è fissato dal 1^ al 30 aprile,
stabilendo tale termine tra il 1^ ed il 30 settembre. Viene,
altresì, previsto che, per l'anno 1993, i sostituti d'imposta
e i centri autorizzati di assistenza fiscale per lavoratori
dipendenti e pensionati possono ricevere le dichiarazioni dei
redditi anche oltre il termine del 15 marzo (titolari di
reddito da pensione) e quello del 31 marzo (titolari di
reddito da lavoro dipendente), fermo restando l'obbligo, per i
centri, di trasmettere ai sostituti d'imposta il risultato
contabile della liquidazione delle predette dichiarazioni
entro il 31 marzo per le dichiarazioni dei titolari di reddito
da pensione ed entro il 30 aprile per le dichiarazioni dei
titolari di reddito da
Pag. 34
lavoro dipendente. Qualora le predette dichiarazioni siano
state presentate tra il 15 ed il 30 aprile 1993 ed il
risultato contabile della liquidazione delle stesse sia stato
comunicato al sostituto d'imposta entro il 31 maggio 1993, lo
stesso deve tener conto del risultato medesimo ai fini del
conguaglio fiscale da effettuare, a carico delle ritenute di
acconto, entro il primo mese utile.
Per quanto riguarda il rimborso dei crediti relativi alle
imposte sui redditi, l'articolo 62 provvede a rendere più
sollecite le procedure automatizzate previste dalla vigente
normativa (articolo 42- bis del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n.602) introducendo, a
tale scopo, opportune modifiche relativamente alla formazione
delle liste di rimborso e all'emissione dei vaglia cambiari.
Allo scopo di snellire ulteriormente l'effettuazione dei
rimborsi e di armonizzare le modalità di riscossione con
quelle generalmente previste dalla legge sull'assegno (regio
decreto 21 dicembre 1933, n.1736), viene ora previsto - con
una formulazione più adeguata - l'invio tramite il sistema
postale di tutti i vaglia cambiari al domicilio fiscale degli
aventi diritto, prescrivendo la formula dell'assicurata per i
vaglia di importo superiore a 10 milioni di lire.
Al fine di provvedere alla regolare esecuzione dei rimborsi
automatizzati ed al reintegro delle somme dovute per i
compensi ai concessionari della riscossione per l'anno 1993,
lo stesso articolo prevede l'incremento di lire 305 miliardi e
di lire 95 miliardi degli stanziamenti, rispettivamente, dei
capitoli 3521 (restituzioni e rimborsi IRPEF, IRPEG e ILOR) e
3458 (spese per compensi ai concessionari) dello stato di
previsione del Ministero delle finanze per l'anno finanziario
medesimo. A tale onere si provvede con corrispondente
riduzione della dotazione del capitolo 3530 (restituzioni e
rimborsi effettuati tramite i centri di assistenza fiscale e i
concessionari della riscossione) del medesimo stato di
previsione del Ministero delle finanze.
L'articolo in rassegna, inoltre, estende la procedura dei
rimborsi automatizzati con le stesse modalità previste
nell'articolo 42- bis del citato decreto n. 602 del 1973,
come modificato dall'articolo in esame, anche ai rimborsi
relativi a periodi di imposta antecedenti a quello in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Viene, poi, abrogato il comma 3- bis dell'articolo 1
del decreto-legge 30 settembre 1992, n.394, introdotto dalla
legge di conversione 26 novembre 1992, n.461. Il comma citato
prevede, ai fini dell'imposta sul patrimonio netto delle
imprese, che i fondi in sospensione d'imposta vengano
computati nella misura del 50 per cento. Tale riduzione appare
ingiustificata in quanto i fondi in sospensione d'imposta
sono, per il loro intero ammontare, componenti del patrimonio
netto dell'impresa. Viene, altresì, disposto che l'imposta
dovuta sul patrimonio netto delle imprese può essere imputata
a riduzione del patrimonio medesimo nel bilancio del periodo
cui l'imposta si riferisce o in quello in cui avviene il
pagamento.
Nello stesso articolo in esame sono previste talune
disposizioni riguardanti la disciplina del contributo diretto
lavorativo determinato ai sensi dell'articolo 11, comma
1- bis, del decreto-legge 2 marzo 1989, n.69, convertito,
con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n.154, come
sostituito dall'articolo 6 della legge 30 dicembre 1991,
n.413.
A tale riguardo si chiarisce che gli imprenditori e gli
esercenti arti e professioni che non aderiscono ad alcuna
associazione di categoria presente nel Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro (CNEL) o per i quali non esistono
associazioni di categoria né ordini professionali, e che,
pertanto, non possono allegare il prescritto parere alla
domanda di esonero dalla cosiddetta " minimum tax " da
presentare alla commissione provinciale, possono, in
sostituzione del parere, allegare una autocertificazione
concernente la descrizione dell'attività svolta.
Viene, inoltre, chiarito che i redditi di impresa
dichiarati dagli imprenditori e
Pag. 35
dagli esercenti arti e professioni di cui all'articolo
11- bis del decreto-legge 19 settembre 1992, n.384,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992,
n.438, sono esclusi dall'ILOR fino ad un ammontare
corrispondente al menzionato contributo diretto lavorativo.
Tale esclusione discende dalla considerazione che il
contributo è determinato tenendo conto dell'entità
dell'apporto lavorativo dell'imprenditore individuale e dei
soci di società di persone, mentre, come è noto, l'ILOR è
applicabile soltanto sui redditi derivanti dall'impiego di una
apprezzabile componente patrimoniale.
Si è poi introdotta una norma interpretativa con la quale
si precisa che, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, il
contributo diretto lavorativo di cui all'articolo 11, comma
1- bis, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69,
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n.
154, e successive modificazioni, non ha diretta ed immediata
efficacia, ma di esso si tiene conto esclusivamente ai fini
dell'accertamento induttivo di cui all'articolo 12 dello
stesso decreto-legge. Inoltre si prevede che, per l'anno 1993,
i contribuenti che, ai fini della dichiarazione dei redditi,
intendono adeguare il volume d'affari ai coefficienti
presuntivi di cui all'articolo 11 del citato decreto-legge n.
69 del 1989, possono integrare la dichiarazione annuale ai
fini dell'imposta sul valore aggiunto ed effettuare il
relativo versamento entro il termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi; in tal caso sono dovuti gli
interessi nella misura del 3 per cento e non si applicano
sanzioni né pene pecuniarie. L'ammontare dei corrispettivi non
registrati, dichiarato al fine dell'adeguamento ai suddetti
coefficienti presuntivi, va ripartito in proporzione agli
ammontari dichiarati di operazioni imponibili, con riferimento
alle rispettive aliquote, nonché di operazioni non imponibili,
esenti o non soggette ad imposta.
L'articolo in rassegna prevede, infine, la proroga al 31
dicembre 1993 del termine (30 giugno 1992) previsto per la
revisione delle circoscrizioni territoriali degli uffici
finanziari dall'articolo 8, comma 10, del decreto-legge 27
aprile 1990, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge
26 giugno 1990, n.165.
Lo stesso articolo 62 fissa dal 31 marzo 1993 al 20 giugno
1993 alcuni termini relativi al "condono", al fine di
uniformarli con gli altri termini già stabiliti dal
decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75.
Viene inoltre previsto che i versamenti dovuti dalle
persone fisiche e società di persone ed associazioni, con
riferimento alla dichiarazione dei redditi, che ai sensi delle
disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto devono essere eseguiti entro il termine per
la presentazione della dichiarazione stessa, devono essere
effettuati almeno dieci giorni prima del termine stabilito per
la presentazione della dichiarazione.
L'articolo in rassegna prevede che il Ministero del tesoro,
nella compilazione del certificato dei sostituti d'imposta di
cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 600, deve tener conto dell'ammontare di
tutti i contributi versati dai membri italiani del Parlamento
europeo ai fini della costituzione di pensioni o vitalizi
secondo la regolamentazione propria di tale istituzione.
Prevede, infine, a favore degli enti pubblici e privati
diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o
principale l'esercizio di attività commerciali, la possibilità
di opzione per l'esclusione dei beni immobili strumentali dal
patrimonio dell'impresa (mediante il pagamento di una imposta
sostitutiva pari al 5 per cento del valore degli immobili
estromessi), così come avviene per l'estromissione dei beni
immobili strumentali dal patrimonio dell'imprenditore
individuale ai sensi dell'articolo 58, comma 2, della legge 30
dicembre 1991, n. 413. La dichiarazione di opzione deve essere
presentata entro il 18 dicembre 1993.
L'articolo 63 differisce dal 1^ gennaio 1993 al 1^ gennaio
1994 l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 23,
Pag. 36
comma 3, lettera c), della legge 30 dicembre 1991,
n.413, relativa all'autoliquidazione dell'imposta sulle
successioni (disciplinata dal testo unico delle disposizioni
concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, approvato
con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n.346) da parte di
eredi e legatari, nonché il versamento della stessa agli
uffici unitamente all'imposta sull'incremento di valore degli
immobili e alle imposte ipotecaria e catastale.
Il rinvio si rende necessario al fine di predisporre (anche
in relazione alle esigenze rappresentate da diversi ordini
professionali) un modello di autoliquidazione di agevole
compilazione, tenendo conto, inoltre, delle modifiche
attualmente previste relativamente alla disciplina
dell'INVIM.
Lo stesso articolo dispone l'aumento di un punto
percentuale dell'attuale aliquota dell'8 per cento
dell'imposta gravante sugli spettacoli cinematografici e
sportivi e di quella del 15 per cento sugli spettacoli ed
intrattenimenti vari, mentre resta invariata l'aliquota del 4
per cento gravante sugli spettacoli teatrali. A questo aumento
- in una globale revisione della disciplina e in
considerazione della grave crisi in cui versa il settore
cinematografico - l'articolo 63 fa seguire anche un abbuono
del 25 per cento dell'imposta sugli spettacoli, dovuta per
ogni giornata di attività, a favore delle imprese esercenti
sale cinematografiche. Tale abbuono è cumulabile nei limiti
del debito di imposta con quelli previsti dalla legge 4
novembre 1965, n.1213.
Con l'articolo in rassegna, viene abrogato il decreto
legislativo 28 febbraio 1992, n.263, concernente "Istituzione
dell'imposta del 5 per cento sulle concessioni e locazioni dei
beni pubblici in attuazione alla delega di cui all'articolo 3
della legge 12 luglio 1991, n.202".
L'articolo 63, inoltre, dispone che il dipartimento del
territorio del Ministero delle finanze, sempre che ne derivi
un vantaggio anche funzionale per lo Stato, può permutare,
senza limiti di valore ed in deroga alla normativa vigente,
beni demaniali e patrimoniali dello Stato non più necessari
agli usi istituzionali diretti delle Amministrazioni statali
assegnatarie.
Lo stesso articolo dispone che per le operazioni relative
all'esercizio dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici
riservati allo Stato ed altri enti, l'imposta sul valore
aggiunto, compresa quella sulle operazioni riguardanti la
raccolta delle giocate, è compresa nella imposta unica di cui
alla legge 22 dicembre 1951, n. 1379, e successive
modificazioni. Di conseguenza le cessioni di beni e le
prestazioni di servizi che formano oggetto delle dette
operazioni sono esonerate dagli obblighi di fatturazione,
registrazione e dichiarazione.
L'articolo 64, integrando la disciplina relativa al codice
fiscale dei contribuenti, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n.605, e successive
modificazioni, al fine di stabilire che i soggetti tenuti ad
indicare negli atti il numero di codice fiscale di altri
soggetti, possono (qualora questi ultimi non lo comunichino
per iscritto almeno dieci giorni prima del termine in cui deve
essere adempiuto l'obbligo di indicazione del codice fiscale)
richiederlo direttamente all'Amministrazione finanziaria anche
mediante sistemi telematici. Relativamente ai soggetti non
residenti, cui non risulti attribuito il codice fiscale, detto
obbligo si intende soddisfatto con la sola indicazione dei
dati identificativi di cui all'articolo 4 del citato decreto
n.605 del 1973 (cognome, nome, luogo e data di nascita per le
persone fisiche; denominazione, ragione sociale o ditta per
gli altri soggetti, con eccezione del domicilio fiscale, in
luogo del quale deve essere indicato il domicilio o sede
legale all'estero). Inoltre, qualora non sia stato possibile
acquisire tutti questi dati, i soggetti interessati devono
richiedere all'Amministrazione finanziaria l'attribuzione di
un codice numerico idoneo alla identificazione del soggetto;
la norma prende le mosse dalle disposizioni, già vigenti,
contenute nella legge n.413 del 1991 e detta le conseguenti
modalità operative.
Infine, viene eliminata ogni incertezza (che sta emergendo
in sede giurisprudenziale) circa la portata dell'ultimo
periodo
Pag. 37
del comma 5 dell'articolo 34 della legge n.413 del 1991, nel
senso che l'ordinanza di estinzione, nel caso in cui gli
uffici comunichino alle commissioni tributarie la riscontrata
invalidità delle dichiarazioni integrative, è revocata anche
in deroga a quanto previsto dall'articolo 19 del decreto del
Presidente della Repubblica n.636 del 1972.
L'articolo 65 prevede, per l'anno 1993, un'imposta
straordinaria erariale sulle autovetture e sugli autoveicoli
con alimentazione a benzina di potenza superiore a 20 cavalli
fiscali o con alimentazione a gasolio di potenza superiore a
23 cavalli fiscali, e sui motocicli di potenza pari o
superiore a 10 cavalli fiscali. L'imposta non è dovuta qualora
sui predetti veicoli sia stata corrisposta l'imposta sul
valore aggiunto nella misura del 38 per cento.
L'imposta, il cui importo aumenta con l'ammontare della
potenza dei cavalli fiscali, è dovuta all'atto della prima
immatricolazione ovvero della reimmatricolazione per le
autovetture, gli autoveicoli e i motocicli usati provenienti
da altro Stato, e deve essere corrisposta all'ufficio del
registro territoriale competente, in base al domicilio fiscale
del richiedente, anteriormente alla presentazione della
richiesta di immatricolazione o di reimmatricolazione.
Conseguentemente è fatto divieto agli uffici della direzione
generale della Motorizzazione civile e dei trasporti in
concessione di provvedere sulle richieste di rilasciare la
relativa carta di circolazione senza che sia stata prodotta
l'attestazione dell'avvenuto pagamento dell'imposta.
Allo scopo di sollecitare gli automobilisti a sostituire le
autovetture con motori tradizionali con analoghi veicoli
muniti di motore diesel meno inquinanti, l'articolo 65 prevede
l'esonero temporaneo dal pagamento della sovrattassa diesel
per le autovetture nuove di fabbrica immatricolate dalla data
di entrata in vigore del presente decreto alla data del 31
dicembre 1994, sempre che le stesse abbiano le caratteristiche
antinquinamento stabilite dalla direttiva 91/441/CEE del
Consiglio, del 26 giugno 1991 (la decorrenza della
disposizione in rassegna è fissata alla data di entrata in
vigore del presente decreto in considerazione della natura di
decretolegge del presente provvedimento anche se il Senato
della Repubblica, in sede di conversione del decreto-legge 2
marzo 1993, n. 47, abbia approvato un emendamento con il quale
la decorrenza della disposizione agevolativa veniva fissata
alla data di entrata in vigore del decreto-legge 1^ febbraio
1992, n. 47, decaduto per decorrenza dei termini
costituzionali). I predetti veicoli dunque per tre periodi
annuali vengono assimilati ai corrispondenti tipi di veicoli a
benzina ed assoggettati alla sola tassa automobilistica con
esonero dal pagamento del cosiddetto superbollo. Per essi
pertanto quest'ultima dovrà essere corrisposta secondo le
modalità e per i periodi stabiliti dal decreto del Ministro
delle finanze 25 novembre 1985, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n.284 del 3 dicembre 1985, per i veicoli a
benzina. Analogamente è previsto l'esonero temporaneo dalla
tassa speciale di cui alla legge 21 luglio 1984, n. 362, e
fino al 31 dicembre 1994, per le autovetture munite di
impianto che consente la circolazione mediante l'alimentazione
del motore con gas di petrolio liquefatto nonché di
gas-metano; per il detto periodo di esonero è dovuta la tassa
automobilistica stabilita per i corrispondenti veicoli a
benzina.
L'articolo in esame prevede la riduzione della tassa di
stazionamento per le unità da diporto, nella misura del 15,
del 30 e del 45 per cento, rispettivamente, dopo cinque, dieci
e quindici anni dalla prima immatricolazione. Stabilisce,
inoltre, che tale tassa annuale di stazionamento deve essere
pagata entro il 31 maggio di ciascun anno ovvero entro il
giorno precedente l'effettiva messa in acqua, se successivo a
tale data, e che detto termine è modificabile con decreto
interministeriale.
L'articolo dispone che la tassa sulle concessioni
governative, relativa alla licenza per l'esercizio
dell'attività di pilota, di navigatore o di tecnico di volo, è
dovuta una sola volta dal titolare di più licenze.
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L'articolo 65 dispone anche che la tassa sulla licenza per
l'esercizio di sale pubbliche per biliardi o per altri giochi
è dovuta anche quando i biliardi, o altri giochi, sono siti in
locali di altri pubblici esercizi. Tale tassa è stabilita in
lire 50.000 quando i biliardi e gli altri apparecchi non
superano il numero di cinque ed in lire 100.000 quando
superano il numero di cinque ma non il numero di dieci.
Con lo stesso articolo, infine:
si chiarisce, con una norma di interpretazione autentica,
che l'aumento del 50 per cento dell'importo in misura fissa,
delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, disposto
dall'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 22 maggio 1993,
n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 243, deve intendersi riferito anche all'imposta
erariale di trascrizione di cui alla legge 23 dicembre 1977,
n. 952;
si dispone l'estinzione dei crediti di importo non
superiore a lire 20 mila per tasse automobilistiche, sia
erariali che regionali, esistenti alla data di entrata in
vigore del decreto-legge in rassegna.
Passando ad illustrare brevemente l'articolo 66, va
ricordato che l'articolo 5 della legge 29 gennaio 1992, n.58
(recante disposizioni per la riforma del settore delle
telecomunicazioni), prevede l'obbligo per le società operanti
nel settore (STET, SIP, Italcable e Telespazio) di costituire,
nel "Fondo per le pensioni al personale addetto ai pubblici
servizi di telefonia", un'unica posizione assicurativa
dell'intera situazione previdenziale individualmente maturata;
data la rilevanza del predetto onere, l'articolo 66 in
rassegna ne dispone l'imputazione a bilancio nello stesso
numero di annualità previsto per l'assolvimento del debito,
deducendo fiscalmente le relative quote nei singoli esercizi.
Questa disposizione consente di ripartire l'incidenza
dell'onere tanto rilevante in un congruo numero di anni. Lo
stesso articolo 66 stabilisce, poi, che con decreto del
Ministro delle finanze venga consentito alla società
costituita ai sensi dell'articolo 1 della legge 29 gennaio
1992, n.58, di recepire - per quanto concerne le modalità e i
termini di registrazione e di tenuta delle scritture contabili
- i supporti e le procedure in atto presso l'Azienda di Stato
per i servizi telefonici e presso l'Amministrazione delle
poste e delle telecomunicazioni, per la durata della
concessione affidata alla citata società. Nello stesso spirito
è previsto, altresì, che l'imposta di registro, nella misura
fissa di un milione, di cui all'articolo 6, comma 5, della
legge 29 gennaio 1992, n.58, si applica, oltre che agli atti
di fusione e alle operazioni di conferimento di complessi
aziendali effettuati da società direttamente o indirettamente
controllate dall'IRI, anche agli atti di scissione e alle
cessioni d'azienda o di rami aziendali. L'imposta così
applicata alle predette operazioni ha natura e carattere
sostitutivo delle imposte ipotecarie e catastali
proporzionali, nonché dell'INVIM di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633.
In considerazione della particolare gravità in cui versa il
settore minerario è stato previsto, per alleggerire il carico
fiscale delle costituende società finalizzate alla chiusura
programmata dell'attività mineraria nei bacini minerari in
crisi, di assoggettare gli atti costitutivi ed i trasferimenti
disposti nei confronti di tali società, alle imposte di
registro, ipotecaria e catastale, nella misura fissa di lire
150.000 per ciascun tributo e di esentare gli stessi atti
dall'INVIM.
Con il comma 6 si dispone che tra gli atti per i quali non
vi è obbligo di registrazione vanno annoverati quelli delle
società ed enti previsti dall'articolo 4, parte prima, della
tariffa, compresi gli atti di nomina e accettazione degli
organi di amministrazione, controllo e liquidazione, nonché
gli atti che danno luogo a variazione di capitale sociale
delle società cooperative. La misura introdotta intende
eliminare l'obbligo di registrazione per atti ripetitivi e
frequenti quali quelli relativi a variazioni di capitale
sociale, in considerazione delle finalità perseguite dalle
società cooperative.
Pag. 39
Con il comma 9, al fine di evitare deroghe all'imposta
comunale sugli immobili recentemente introdotta, e di tenere
conto delle esigenze di gettito degli Istituti autonomi case
popolari, viene disposto l'obbligo per il CER di determinare -
per il 1994 - la quota destinata alla copertura degli oneri
fiscali, e viene altresì sancito l'obbligo per le regioni di
adeguare i canoni di locazione dei medesimi alloggi.
La revisione delle disposizioni agevolative in materia
fiscale prevista dall'articolo 66 tiene anche conto - nei
limiti consentiti dalle finalità del provvedimento - delle
indicazioni emerse in Parlamento in sede di esame dei
precedenti decretilegge decaduti, lasciando invece permanere
le altre disposte modificazioni riduttive di trattamenti
agevolati. Uniformandosi alle medesime indicazioni viene
stabilito che:
a) per alcuni enti pubblici l'imposta sul reddito
delle persone giuridiche è ridotta del 50 per cento, a
condizione che abbiano personalità giuridica. Tale
disposizione si applica a decorrere dal periodo di imposta in
corso alla data di entrata in vigore del decreto in
rassegna;
b) a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto sono considerate cessioni di beni, con le
necessarie conseguenze anche sul piano del reddito, i passaggi
dei prodotti agricoli e ittici alle cooperative o ai diversi
organismi associativi, per la loro vendita anche dopo
manipolazione, da parte di questi ultimi. L'obbligo di
emissione della fattura può essere adempiuto, per conto dei
produttori agricoli conferenti e degli esercenti la pesca
marittima, dalla cooperativa o dagli altri organismi
associativi. E' stata contestualmente eliminata la
sottoposizione al regime normale dell'IVA delle società di
capitale e delle imprese individuali operanti in
agricoltura;
c) viene applicata l'imposta di registro e di bollo
nelle misure ordinarie per gli atti di società cooperative,
banche popolari, loro consorzi, casse rurali e società di
mutuo soccorso;
d) è da detrarre ovvero rimborsare (a seconda che
si tratti rispettivamente di un soggetto IVA a regime
ordinario o forfettario) l'IVA relativa alle cessioni
all'esportazione e a quelle intracomunitarie.
Si stabilisce, poi, che anche per i soggetti con volume di
affari inferiore ai limiti previsti (360 milioni di lire per
quelli che esercitano imprese aventi per oggetto prestazioni
di servizi, ovvero arti e professioni; un miliardo di lire per
quelli che esercitano imprese che hanno per oggetto altre
attività) vige l'obbligo di effettuare versamenti di imposta
con cadenza mensile. Contestualmente però è prevista la
possibilità di esecuzione dei versamenti con cadenza
trimestrale: in questo caso l'imposta da versare dovrà essere
maggiorata, a titolo di interessi non deducibili ai fini della
determinazione del reddito, dell'1,50 per cento.
L'articolo in rassegna dispone, poi, modificazioni alla
disciplina della esenzione dall'obbligo della emissione dello
scontrino o ricevuta fiscale per i produttori agricoli; da una
parte viene ampliato l'ambito di applicazione, eliminando il
presupposto - prima richiesto - che la cessione avvenga sul
fondo dell'agricoltore, e dall'altra, viceversa, si escludono
dal beneficio della esenzione le società per azioni, in
accomandita per azioni, a responsabilità limitata e di mutua
assistenza.
Aderendo ad una indicazione emersa in sede parlamentare,
con lo stesso articolo 66 si stabilisce che l'imposta sul
patrimonio netto delle imprese non è dovuta dall'Istituto
autonomo case popolari.
L'articolo 66, poi, prevede a favore dell'IRITEL S.p.A. il
differimento del termine previsto per il pagamento
dell'imposta comunale sugli immobili in quanto la predetta
società, pur essendo già titolare del diritto di proprietà dei
beni immobili sedi di impianti, di magazzini, e di officine,
ivi compresi quelli in corso di realizzazione, non è in grado
di assolvere l'obbligazione tributaria in quanto ad oggi la
commissione ministeriale incaricata di individuare e valutare
i beni immobili trasferiti non ha ancora terminato la
procedura. La
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stessa disposizione prevede, sempre a favore dell'IRITEL
S.p.A., la non applicabilità delle disposizioni di cui
all'articolo 67, comma 2, del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, in base alle quali le quote di
ammortamento sono ridotte alla metà nell'esercizio nel corso
del quale i beni vengono acquistati.
Con il comma 21, al fine di evitare il protrarsi del
contenzioso in atto, viene estesa la disciplina agevolata
contenuta nell'articolo 72, terzo comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche
alle somministrazioni di acqua e di energia, alle cessioni di
beni e servizi relative agli alloggi, necessarie
all'espletamento delle funzioni istituzionali degli enti quali
la NATO, anche se effettuate nei confronti del personale
dipendente da tali enti, limitatamente, peraltro, agli oneri
riconosciuti dagli stessi enti a loro carico.
Con l'articolo 67 vengono apportate talune modifiche al
decreto-legge 17 settembre 1992, n.378, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n.437, allo scopo
di far rientrare nella norma, oltre che i tipici contratti di
vendita a termine di titoli e valute, anche tutti quei
contratti atipici che perseguono le stesse finalità, e che,
pertanto, sotto il profilo economico, risultano equivalenti,
appunto, alle cessioni a termine di valute estere.
Tra tali contratti rientrano quelli che consentono una
copertura a termine, in quanto assicurano il contraente dal
rischio di cambio senza fissare esplicitamente il cambio a
termine, ma determinano sostanzialmente in anticipo la
quantità di lire che dovrà essere acquisita a una data futura,
sulla base del differenziale esistente fra i tassi di
interesse sulle lire e sulla valuta per la stessa scadenza. E
ciò anche quando attraverso tali contratti si realizzino
proventi o plusvalenze definiti nella misura fin
dall'origine.
La norma precisa altresì, relativamente ai citati contratti
atipici, le modalità di determinazione della base imponibile
sulla quale calcolare le ritenute. Essa non è costituita dal
provento che può derivare dal contratto atipico medesimo, ma
si determina con modalità analoghe a quelle utilizzate in
relazione alle cessioni a termine di valute, considerando, in
luogo del prezzo di vendita a termine, il valore a termine
della valuta assunto, anche in modo implicito, come
riferimento per la determinazione del corrispettivo del
contratto atipico.
Per espressa previsione normativa non sono assoggettati ad
imposizione i redditi della specie derivanti da contratti
uniformi a termine negoziati nei mercati regolamentati di cui
all'articolo 23 della legge 2 gennaio 1991, n.1, concernente
la disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare.
Inoltre, in analogia a quanto stabilito dalla legge 5
novembre 1992, n.429, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 9 settembre 1992, n.372, l'obbligo di effettuare
la ritenuta sui proventi delle cessioni imponibili di titoli e
valute viene esteso a tutti i soggetti che intervengono, in
qualità di acquirenti ovvero come intermediari, nelle cessioni
medesime. Tale norma, unicamente all'espressa previsione che
il prelievo sulle plusvalenze da cessioni a termine di valuta,
o da altri contratti equivalenti va operata anche nei
confronti di tutti gli organismi di investimento collettivo in
valori mobiliari (per esempio: "fondi comuni" italiani ed
esteri, SICAV), fa rientrare nella sfera di imponibilità tutte
le operazioni della specie effettuate da questi ultimi
soggetti.
In relazione alle cennate modificazioni e integrazioni,
viene estesa la disciplina del "monitoraggio fiscale" anche ai
contratti che assumono, anche in modo implicito, valori a
termine delle valute come riferimento per la determinazione
del corrispettivo.
Al fine poi di fissare la decorrenza di applicazione delle
nuove norme modificative ed integrative, senza incidere sul
regime delle operazioni già disciplinate dal citato
decreto-legge n.378 del 1992, è stato precisato che le
modificazioni apportate alla norma contenuta nell'articolo 81,
comma 1, lettera c-ter), del citato testo
Pag. 41
unico delle imposte sui redditi e le disposizioni contenute
nei commi 2, 3 e 4 dell'articolo in questione trovano
applicazione con riferimento ai contratti stipulati a far
tempo dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
specificando altresì le modalità ed i termini di effettuazione
delle pertinenti ritenute. Aderendo alla indicazione fornita
dal Parlamento viene stabilito che, ai fini dell'IVA, gli
oneri condominiali addebitati dal locatore al conduttore sono
corrispettivi di prestazioni accessorie.
L'articolo 7 della legge 29 ottobre 1991, n. 358,
nell'indicare le linee fondamentali dell'organizzazione
interna delle direzioni regionali delle entrate (comma 6),
nulla stabilisce per le direzioni compartimentali del
territorio, limitandosi soltanto a menzionarle al comma 1
quali articolazioni periferiche del Ministero delle
finanze.
In sede di attuazione regolamentare si è pertanto fatto
riferimento all'unico elemento di carattere organizzativo
relativo alle stesse rilevato peraltro dalle funzioni
dirigenziali previste nella tabella allegata alla citata legge
n. 358 del 1991 (comma 2 dell'articolo 10).
Difatti nell'elencazione delle funzioni delle qualifiche di
dirigente superiore e di primo dirigente dei due ruoli
(tecnico e amministrativo) si evince che il reparto
costituisce l'articolazione interna delle direzioni
compartimentali.
Conseguentemente, nel comma 5 dell'articolo 38 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287, con il
quale è stato emanato il regolamento di attuazione della legge
n. 358 del 1991, è stata sancita la ripartizione in reparti
delle direzioni compartimentali senza alcuna indicazione del
loro livello dirigenziale, atteso che le funzioni indicate
nella tabella prevedono che agli stessi possano essere
preposti indifferentemente dirigenti superiori e primi
dirigenti.
Ai fini dell'organizzazione funzionale ed uniforme sul
territorio delle direzioni compartimentali è utile prevedere
una funzione intermedia di coordinamento e di propulsione tra
il direttore compartimentale e i reparti, analoga a quella
svolta dai servizi nelle direzioni regionali delle entrate
(comma 6 dell'articolo 6).
La previsione si appalesa opportuna oltre che per ragioni
di uniformità, anche alla luce della circostanza che nel
dipartimento confluiscono competenze tecniche (catasto,
servizi tecnici erariali e servizi geocartotopografici) ed
amministrative (demanio, personale, conservatorie), di modo
che risulterebbe fisiologica la previsione di servizi
distinti, ciascuno per il proprio responsabile.
A tal fine l'articolo 68 del presente decreto reitera le
modifiche alla tabella allegata alla legge sulla
ristrutturazione del Ministero delle finanze già approvate dal
Senato e integra l'articolo 7, comma 6, della predetta legge
n. 358 del 1991, prevedendo che le direzioni compartimentali
del territorio sono divise in un servizio amministrativo e in
un servizio tecnico, i quali sono ripartiti in reparti
corrispondenti alle direzioni centrali del dipartimento del
territorio.
L'articolo 69 è preordinato al fine di differire di un anno
la data unica di insediamento delle commissioni tributarie
provinciali e regionali, che viene fissata al 1^ ottobre 1994,
differendo di un anno la previsione dell'articolo 42, comma 1,
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545. Tale
differimento è necessario considerati i tempi necessari al
fine dell'organizzazione logistica e dell'assegnazione del
personale di segreteria (concorsi per 6.000 posti) e di
magistratura (23.000 domande presentate).
In relazione al predetto differimento, con lo stesso
articolo, vengono apportate talune modificazioni alla
disciplina del nuovo contenzioso contenuta nei decreti
legislativi n. 545 e n. 546 del 31 dicembre 1992 concernenti,
rispettivamente, l'ordinamento delle commissioni tributarie e
il processo tributario.
Per quanto riguarda il decreto legislativo n. 545 del 1992,
le modificazioni, non aventi natura meramente
tecnico-processuale, riguardano:
l'articolo 1 (come modificato dall'articolo
3- sexies del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n.
75), nella
Pag. 42
parte relativa alle sezioni decentrate delle commissioni
tributarie provinciali e regionali. Al fine di evitare le
complicazioni che l'istituzione delle "sezioni distaccate"
hanno fatto sorgere nel processo civile e amministrativo, per
non compromettere le linee fondamentali della riforma che
individuano i gradi della giurisdizione tributaria nei livelli
provinciali e regionali, nonché per consentire un rapido avvio
del nuovo contenzioso utilizzando, inizialmente, le strutture
esistenti, si è ritenuto opportuno prevedere che, nella fase
di prima applicazione della nuova disciplina (fino al 31
dicembre 1996), possano essere ubicate in tutte le sedi delle
attuali commissioni di primo e secondo grado, sezioni delle
commissioni provinciali e regionali. Si è chiarito, tuttavia,
che tali sezioni (da individuare, entro il 31 dicembre 1993,
con decreto del Ministro delle finanze di concerto con i
Ministri del tesoro e di grazia e giustizia) rappresentano
mere articolazioni interne delle commissioni, inidonee ad
incidere sul rapporto processuale e che i criteri e le
modalità di funzionamento delle stesse saranno determinati con
decreti dei presidenti di ciascuna commissione;
l'articolo 42, comma 3, che fissa il termine ultimo di
cessazione del funzionamento della commissione tributaria
centrale per il 31 dicembre 1995. Al riguardo, considerata
l'ingente mole di controversie pendenti davanti alla
commissione, i ritardi oggettivamente creatisi in attesa della
scadenza dei termini per la presentazione delle istanze per
usufruire del recente condono nonché il presumibile ulteriore
carico di lavoro che la commissione centrale subirà in
conseguenza del rinvio di un anno dell'entrata in funzione del
nuovo contenzioso, è sembrato opportuno prevedere il rinvio
anche della data ultima di cessazione del funzionamento della
commissione centrale sino al momento dell'esaurimento dei
ricorsi pendenti e comunque entro il 31 dicembre 1998. In tal
modo, sarà evitato, almeno in parte, l'esodo dal predetto
organo degli attuali componenti che ne pregiudicherebbe
gravemente il funzionamento;
l'articolo 50, che fissa la data entro la quale devono
essere emanati i regolamenti previsti dal decreto legislativo
in esame. In considerazione dello slittamento dell'entrata in
funzione del nuovo contenzioso detta data è spostata dal 30
aprile 1993 al 28 febbraio 1994.
Le modificazioni, più significative, concernenti il decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, riguardano:
l'articolo 12, comma 2, che indica i soggetti abilitati
all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie.
Tali soggetti possono distinguersi in tre categorie: 1) i
professionisti, iscritti nei relativi albi, per i quali è
prevista un'abilitazione all'assistenza tecnica in qualsiasi
controversia tributaria (avvocati, procuratori legali, dottori
commercialisti, ragionieri e periti commerciali); 2) i
professionisti, iscritti nei relativi albi, abilitati
all'assistenza tecnica solo nelle controversie attinenti le
materie riconducibili alle rispettive competenze (consulenti
del lavoro, ingegneri, architetti, geometri, periti edili,
dottori in agraria, agronomi, periti agrari); 3) gli altri
soggetti che, pur non iscritti in albi o collegi
professionali, possono essere abilitati all'assistenza tecnica
previa iscrizione in elenchi individuati con decreto del
Ministro delle finanze.
Data l'estrema discrezionalità lasciata al Ministro delle
finanze nel prevedere l'abilitazione alla assistenza tecnica
per i soggetti appartenenti all'ultima categoria, si è
ritenuto opportuno modificare la disposizione, delimitando
legislativamente l'ambito dei soggetti abilitati
all'assistenza tecnica. A tal fine, la norma proposta fa
espresso riferimento ai soggetti di cui all'articolo 63, comma
terzo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del
1973 (impiegati dell'Amministrazione finanziaria e ufficiali
della Guardia di finanza, collocati a riposo dopo almeno venti
anni di effettivo servizio) e ai dipendenti delle principali
associazioni di categoria e delle imprese o delle loro
controllanti. Naturalmente per questi ultimi si è prevista
un'abilitazione limitata alle controversie tributarie nelle
quali sono parti gli associati della categoria o le
Pag. 43
imprese dalle quali dipendono e si è richiesto, comunque, il
possesso di un idoneo titolo di studio e della relativa
abilitazione professionale;
l'articolo 12, comma 5; viene elevato da 1.000.000 a
3.000.000 di lire il limite massimo del valore delle
controversie nelle quali il ricorrente può stare in giudizio
anche senza assistenza tecnica;
l'articolo 21, comma 2; in particolare si prevede che in
caso di istanza di restituzione di tributi, sanzioni
pecuniarie, interessi o altri accessori, non dovuti, il
ricorso avverso il rifiuto tacito può essere proposto dopo il
novantesimo giorno dalla presentazione dell'istanza, nei
termini prescritti, e fino alla prescrizione del diritto. Tale
modifica mira a risolvere ogni possibile dubbio interpretativo
circa la vigenza anche nella disciplina del nuovo contenzioso
del principio contenuto nell'articolo 16 del decreto del
presidente della Repubblica n. 636 del 1972, così come
sostituito dall'articolo 7 del decreto del Presidente della
Repubblica 3 novembre 1981, n. 739, in base al quale, in caso
di rifiuto tacito della restituzione di somme corrisposte
all'erario ancorché non dovute, la proponibilità del ricorso
non è sottoposta a termini decadenziali;
l'articolo 72, comma 2, relativo alle controversie
pendenti davanti alle commissioni tributarie di primo e di
secondo grado.
Al riguardo va rilevato che la volontà del legislatore
delegato, nel dettare la predetta disposizione, è stata quella
di ribadire la inapplicabilità dell'articolo 327, comma 1, del
codice di procedura civile (che prevede il passaggio in
giudicato della sentenza trascorso un anno dalla sua
pubblicazione indipendentemente dalla notificazione della
stessa) nelle controversie pendenti dinanzi alle vecchie
commissioni alla data d'insediamento dei nuovi organi
giudicanti. Ed infatti l'articolo 38 del decreto legislativo
in esame, che richiama espressamente, per il processo
tributario, l'articolo 327 citato, avendo efficacia solo alla
data di insediamento delle nuove commissioni (articolo 80),
riguarda esclusivamente le controversie future. Sulla
questione, tuttavia, sono sorti contrasti interpretativi; da
qui l'esigenza di dirimere ogni dubbio legislativamente. Nel
sistema processuale di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 636 del 1972 (che ha caratteristiche peculiari
non riconducibili integralmente al processo civile) non può
trovare applicazione l'articolo 327 del codice di procedura
civile. Detto articolo, invece, è applicabile nel nuovo
processo tributario nel quale è stato recepito il principio
del processo civile dell'impulso di parte in base al quale la
mancata impugnazione della sentenza entro un anno dalla sua
pubblicazione comporta il passaggio in giudicato della stessa
ancorché non notificata;
la soppressione dell'articolo 73, che prevede l'onere di
presentare una istanza di trattazione davanti alle nuove
commissioni tributarie delle controversie pendenti davanti
alle commissioni di primo e secondo grado, per evitare
l'estinzione del giudizio. Lo slittamento della entrata in
funzione del nuovo contenzioso e l'esigenza di non gravare i
ricorrenti di ulteriori adempimenti consigliano la
soppressione di tale istanza per la cui presentazione i
termini non sono ancora iniziati a decorrere;
gli articoli 74, 75 e 76, concernenti la disciplina
transitoria delle controversie pendenti davanti alla corte
d'appello, alla commissione tributaria centrale nonché delle
controversie in sede di rinvio. Le modificazioni proposte sono
collegate, essenzialmente, alla soppressione dell'istanza di
trattazione della causa, davanti alle commissioni di primo e
secondo grado, ad esigenze di coordinamento tecnico e alle
variazioni proposte per l'articolo 80. Quest'ultimo articolo
prevede che le disposizioni del decreto legislativo abbiano
efficacia alla data di insediamento delle nuove commissioni ad
eccezione di quanto disposto dagli articoli 74 e 75
(concernenti rispettivamente le controversie pendenti davanti
alla corte di appello e alla commissione tributaria centrale).
La modifica che si propone differisce, invece,
Pag. 44
l'efficacia di tutte le disposizioni, nessuna esclusa, alla
predetta data, con ciò implicitamente disponendo che nelle
more continua ad applicarsi il decreto del Presidente della
Repubblica n. 636 del 1972. L'attuale disciplina del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, prevede che le
controversie per le quali la corte di appello o la commissione
tributaria centrale abbiano disposto rinvio debbono essere
riassunte davanti alle nuove commissioni tributarie.
Le modifiche proposte agli articoli 74, 75 e 80, invece,
stabiliscono che, nei suddetti casi di rinvio, la riassunzione
va fatta davanti alle commissioni tributarie di primo e
secondo grado ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica n. 636 del 1972. E' sorta, quindi, l'esigenza di
prevedere una disciplina transitoria per i giudizi nei quali è
stato disposto rinvio successivamente al 15 gennaio 1993 (data
di entrata in vigore del decreto legislativo n. 546 del 1992)
e fino alla approvazione della nuova disciplina (data di
entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge
in rassegna). E a tal fine si è stabilito che, nei casi
suddetti, continua ad applicarsi la disciplina recata dal
decreto del presidente della Repubblica n. 636 del 1972, e
qui.ndi, la riassunzione va fatta dinanzi alle commissioni di
primo e secondo grado.
L'articolo in esame dispone, poi, in materia di contenzioso
dei tributi locali, al fine, da un lato, di colmare talune
lacune della disciplina sul processo tributario, recata del
decreto legislativo n. 546 del 1992 e, dall'altro, di
garantire la certezza nei rapporti tributari pregressi,
assicurando, allo stesso tempo, la continuità, per i comuni,
del flusso di entrate.
In primo luogo, va premesso che la Corte costituzionale,
con le sentenze n. 281 del 16 maggio 1989 e n. 451 del 19
luglio 1989, ha dichiarato l'illegittimità (per contrasto con
il principio dell'indipendenza degli organi giurisdizionali)
delle norme sulla composizione della commissione comunale per
i tributi locali (articolo 47, ultimo comma, della legge 2
luglio 1952, n. 703) e della giunta provinciale
amministrativa, sezione speciale per i tributi locali
(articolo 283 del testo unico per la finanza locale, approvato
con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, come modificato
dall'articolo 14 del decreto legislativo 26 marzo 1948, n.
261). Conseguentemente tali organi (rispettivamente di primo e
secondo grado del procedimento contenzioso in materia di
tributi locali previsto dagli articoli 277 e seguenti del
citato testo unico per la finanza locale) non hanno più potuto
svolgere la loro funzione per la definizione delle
controversie pendenti al 31 dicembre 1973, determinando così
un vuoto legislativo ed operativo.
Il contribuente al quale era stata notificata da parte di
più comuni l'applicazione dello stesso tributo, aveva facoltà
di ricorrere alla giunta provinciale amministrativa o al
Ministro delle finanze, secondo che i comuni accertatori
appartenessero alla stessa o province diverse. La richiamata
pronuncia di incostituzionalità ha comportato, pertanto, che
anche le controversie sulla duplicazione di imposta giacenti
presso la giunta provinciale amministrativa risultano prive
dell'organo decidente.
Per dare soluzione al problema, anche al fine di consentire
la eliminazione del notevole arretrato in materia di
controversie per duplicazione di imposta, si è stabilito che
le controversie in materia di tributi locali soppressi,
riguardanti la spettanza tra comuni degli stessi tributi, e
pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto,
sono estinte e diventano definitive le iscrizioni a ruolo
effettuate a titolo provvisorio.
Si osserva, poi, che il rinvio di un anno dell'insediamento
delle nuove commissioni tributarie comporta l'ulteriore
differimento del momento in cui potranno essere definite le
controversie di competenza delle commissioni comunali che, a
seguito delle citate sentenze della Corte costituzionale, sono
ferme già dal 1989 con evidenti conseguenze negative sia nei
confronti dei contribuenti e sia per le entrate dei comuni
interessati. Pertanto, è sembrato opportuno consentire la
definizione delle controversie in questione,
Pag. 45
senza far gravare sulle nuove commissioni tributarie un
contenzioso oramai annoso.
Inoltre, riguardo alla definizione delle controversie in
materia di tributi locali instaurate ai sensi dell'articolo 20
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 638 (concernente "Disposizioni per l'attribuzione di somme
ad enti indicati nell'articolo 14 della legge 9 ottobre 1971,
n. 825, in sostituzione di tributi, contributi e
compartecipazioni e norme per la delegabilità delle entrate"),
e dell'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 639 (concernente "Imposta comunale sulle
pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni"), per i quali
è ammesso ricorso in prima istanza all'intendente di finanza
ed in seconda istanza al Ministro delle finanze, si è
stabilito - per agevolare la definizione di un gran numero di
contesti di minimo importo - che il giudizio di secondo grado
è consentito solo quando l'ammontare del tributo in
contestazione è superiore a lire 300 mila e che tale
disposizione si applica anche ai ricorsi pendenti alla data di
entrata in vigore del decreto in rassegna.
Con il disegno di legge di conversione, naturalmente, si è
provveduto a prevedere
la salvezza degli effetti prodotti dai decreti-legge 31
dicembre 1992, n. 513, 2 marzo 1993, n. 47, 28 aprile 1993,
n. 131, e 30 giugno 1993, n. 213, decaduti per mancata
conversione in legge nei prescritti termini costituzionali.
Si è, inoltre, stabilito il trattamento tributario relativo
agli acquisti, effettuati nel periodo dal 22 maggio al 21
luglio 1993, degli immobili da adibire ad abitazione
principale dell'acquirente.
Nello stesso disegno di legge si è, altresì, disposto il
differimento al 15 dicembre 1993 del termine di centottanta
giorni, previsto dall'articolo 2, comma 1, della legge 23
dicembre 1992, n. 498, per adottare decreti legislativi
diretti a disciplinare l'adeguamento delle tariffe per i
servizi di acquedotto, di fognatura e di depurazione, nonché
le tariffe in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani.
Inoltre, il provvedimento prevede la delega al Governo per
adottare, entro due anni dall'entrata in vigore della legge,
un decreto legislativo contenente un testo unico che riordini
e raccolga le disposizioni vigenti in materia di imposte di
fabbricazione e di consumo, con le modifiche ed integrazioni
necessarie per il loro coordinamento ed aggiornamento.
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