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Onorevoli Colleghi! -- Il disegno di legge in esame
nasce da iniziative parlamentari e da un'iniziativa del
Governo diretta all'introduzione di una serie articolata e
puntuale di semplificazioni degli adempimenti formali e
sostanziali che attualmente gravano sui contribuenti.
L'occasione per l'avvio di un approfondito esame da parte
della VI Commissione fu data soprattutto dalle aspre polemiche
che accompagnarono la presentazione delle dichiarazioni dei
redditi per il 1992, durante le quali emerse con chiarezza il
livello di farraginosità, oscurità e, in taluni casi,
vessatorietà raggiunta dalla disciplina fiscale degli obblighi
di fare imposti ai contribuenti. Tali problemi erano emersi
con tutta evidenza dalla indagine conoscitiva sul sistema
fiscale italiano promossa dalla VI Commissione nella
precedente legislatura.
L'esame della Commissione peraltro ha cercato di non
esaurirsi nella risposta ad una domanda civile, pressante e
legittima di semplificazione immediata, ma di cogliere in
profondità alcune delle cause strutturali della complicazione
fiscale, avviando, contemporaneamente ad un'azione immediata
di semplificazione, un'opera di più lunga lena di rimozione
delle cause che hanno favorito il verificarsi dell'attuale
stato di cose.
Senza soffermarsi su una realtà che è sotto gli occhi di
tutti, quella cioè dell'intollerabile mole di prescrizioni
spesso contraddittorie cui soggiace chiunque intenda assolvere
ad una qualsiasi delle sue obbligazioni tributarie - per
questo aspetto si rinvia ancora a quanto emerso ampiamente
nell'indagine conoscitiva sul sistema fiscale italiano -
occorre, infatti, mettere subito in rilievo che il tema della
semplificazione degli adempimenti va collocato su di un più
ampio sfondo.
Esso infatti altro non è se non un capitolo di una
tematica ben più vasta, che investe il complessivo rapporto
Statocontribuente. Questa problematica affonda le proprie
radici nell'elaborazione e nell'approfondimento sulle
conseguenze derivanti dalla riforma tributaria dei primi anni
'70.
Premessa della questione che ci occupa è infatti la
definizione - ad opera della riforma - di un rapporto fiscale
in cui il compito prevalente dell'Amministrazione finanziaria
non è più, come avveniva nel passato, il reperimento della
materia imponibile, ma l'esercizio di controlli e
l'applicazione di sanzioni. In questo nuovo quadro il
contribuente viene gravato, direttamente o mediante i
sostituti di imposta, di rilevanti compiti di collaborazione
derivanti dall'introduzione progressiva di obblighi
strumentali al momento impositivo vero e proprio (ricevuta
fiscale, registratori di cassa, bolle di accompagnamento,
acconto ed autotassazione, ritenute di acconto, libri e
repertori per i clienti) accompagnati da un articolato sistema
sanzionatorio e, da ultimo, da meccanismi di accertamento
induttivo e di presunzioni, nonché di obblighi di informazione
e trasmissione di dati e notizie all'Amministrazione. Tale
attività di collaborazione dei contribuenti risulta del resto
decisiva rispetto all'ammontare complessivo del gettito che da
sola garantisce: ritenuta alla fonte, acconto ed
autotassazione assicurano al Fisco circa il 75 per cento delle
imposte dirette e il 45 per cento delle entrate tributarie in
generale.
La dottrina aveva, ancor prima della definizione del
nuovo sistema tributario,
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avvertito che premesse indispensabili del nuovo rapporto
Fisco-contribuente erano la riforma della struttura
dell'Amministrazione delle finanze e la definizione di un
quadro di certezze che rendesse il meno oneroso ed il più
semplice possibile l'adempimento degli obblighi procedimentali
imposti al cittadino.
Peraltro l'evoluzione della legislazione tributaria è
stata contraddistinta nei due decenni trascorsi dalla natura
alluvionale della produzione, dal contenuto sempre più
analitico delle norme, dalla mancanza di una chiara
legislazione di principio, dall'impraticabilità delle proposte
di codificazione e dalla difficoltà ed insufficienza della
stessa adozione di testi unici. Il profilo della mole
quantitativa della produzione legislativa tributaria presenta
un particolare interesse: è stato calcolato che nel periodo
compreso tra l'entrata in vigore della riforma tributaria ed
il 1991 sono state approvate o emesse oltre 13 mila e
cinquecento tra leggi, provvedimenti del Governo, circolari in
materia di imposte dirette ed IVA. La mole rilevantissima
della produzione normativa, fenomeno di per sé negativo,
produce conseguenze negative anche maggiori in presenza di un
sistema tributario in cui l'attività di acquisizione della
massa imponibile è demandata direttamente agli operatori ed ai
cittadini. La situazione di inconoscibilità dei precetti
fiscali produce gravi conseguenze sia sul piano
dell'effettività del sistema normativo, sia su quello dei
costi di gestione a carico degli operatori (che subiscono una
sorta di imposta occulta), finendo per accrescere i fenomeni
di disagio, se non di rifiuto vero e proprio, che minano la
stabilità e la tenuta del "patto fiscale".
Per quanto concerne il profilo dell'effettività del
sistema fiscale, assumono rilievo alcuni problemi di tecnica
legislativa che se risolti correttamente potrebbero
riqualificare il complesso della legislazione tributaria. In
tal senso la dottrina ha posto l'accento su alcuni fenomeni
ricorrenti che costituiscono una causa primaria della
situazione di ingestibilità registratasi: l'uso eccessivo
della decretazione d'urgenza, con i conseguenti fenomeni di
incertezza intertemporale connessi alle ripetute decadenze e
reiterazioni dei decreti; l'utilizzazione di norme
interpretative dirette in realtà ad introdurre modificazioni
sostanziali alla normativa preesistente; l'efficacia
retroattiva; l'introduzione di disposizioni tributarie in
leggi o atti aventi forza di legge relativi ai settori più
disparati della legislazione; l'adozione di norme contenenti
termini perentori nell'imminenza della scadenza degli stessi
che rende inesigibile l'ottemperanza da parte dei contribuenti
e produce una successiva attività normativa di sanatoria e
differimento dei termini. Sono cinque fiagelli che allontanano
il Fisco italiano dall'Europa e collocano il contribuente
italiano sotto il giogo dell'arbitrio, tranne i beneficiari di
privilegi, cioè di leggi speciali elargite a settori
particolari.
Sul piano dell'aumento dei costi a carico dei
contribuenti, invece, rilievo preminente assume la scarsità
delle informazioni che lo Stato è in grado di assicurare ai
cittadini, i quali sono costretti a ricorrere, anche laddove
non sarebbe necessario, a costose consulenze professionali che
finiscono per costituire un costo tributario occulto a carico
degli stessi contribuenti (secondo alcune valutazioni per le
sole imposte dirette tali oneri ammonterebbero ad oltre 8 mila
miliardi). Tale situazione è acuita dalla grave incertezza in
cui versa l'Amministrazione finanziaria quando è chiamata a
fornire interpretazioni sul contenuto delle norme tributarie.
Peraltro un primo ma significativo rimedio è stato introdotto
dalla legge n. 413 del 1991 con l'istituzione del diritto di
interpello, del quale il progetto di legge in esame dispone la
generalizzazione e l'inserimento nello Statuto del
contribuente.
Come si vede dai brevi richiami effettuati, risulta
arbitrario e insoddisfacente isolare dalla qualità del
complessivo rapporto tributario il profilo della farraginosità
e duplicazione degli adempimenti imposti al contribuente.
A monte di questo tema, e come premessa indispensabile
per dare alle soluzioni effettività ed efficacia, si pone
l'esigenza di un riequilibrio globale del rapporto
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Stato-contribuente che riguardi ambedue i lati dello
stesso.
Sarà pertanto opportuno non dimenticare che anche dal
lato dei poteri che assistono e concretizzano l'esercizio
della potestà tributaria dello Stato è evidente la necessità
di una razionalizzazione, semplificazione e migliore
finalizzazione di tutta l'azione amministrativa nel campo
fiscale.
Inoltre è evidente come, nella situazione italiana,
manchi al sistema tributario di cui all'articolo 53, secondo
comma, della Costituzione, ancor prima della caratteristica di
essere complessivamente informato a criteri di progressività,
il requisito basilare di essere appunto un "sistema", dotato
della necessaria chiarezza ed organicità. Questo compromette
in radice, nel settore tributario, l'effettività di altri
princìpi costituzionali, come quello della certezza del
diritto.
Il problema della certezza del diritto nel settore
tributario, le tecniche della codificazione e del testo
unico.
Non sarà inutile ricordare come la prima attuazione dei
precetti costituzionali nel campo tributario, legata
principalmente al nome di Ezio Vanoni, partisse dalla precisa
consapevolezza che prima è necessario predisporre adeguati
moduli applicativi e di funzionamento dell'Amministrazione
finanziaria, e soltanto in una seconda fase è possibile
mettere mano alla struttura sostanziale delle norme
tributarie. La riforma dei primi anni '70, al contrario, ha
posto l'accento, come è noto, sulla struttura dei tributi, ma
si è dovuto attendere il 1991 per avere una prima,
probabilmente insufficiente, riforma dell'Amministrazione
finanziaria, tuttora nella fase di avvio dell'attuazione.
Lo stesso Vanoni, inoltre, rimarcava fortemente la
radicale differenza fra l'adozione di testi unici e la
compilazione di un vero e proprio codice tributario. Mentre la
semplice opera di compilazione delle norme tributarie in testi
unici si limita a rendere leggibile l'ordinamento tributario,
riordinando le disposizioni legislative ed eliminando i dubbi,
solo la codificazione consente una riconduzione a sistema
dell'intera normativa tributaria ovvero il coordinamento delle
differenti fattispecie, il superamento delle contraddizioni
interne, delle differenze di disciplina non giustificate da
effettive esigenze. La codificazione, nella prospettiva di
Vanoni, consente un'azione di coordinamento formale delle
norme tributarie che produce inevitabilmente un coordinamento
sostanziale, si definisce cioè una parte comune della
normativa, come disciplina del rapporto tributario che,
applicandosi a tutte le fattispecie, consente la
semplificazione degli adempimenti posti a carico dei
contribuenti e la migliore ripartizione del carico
tributario.
Il codice immaginato da Vanoni era articolato in una
parte generale relativa ai diversi elementi che configurano il
rapporto tributario - soggetti, capacità, successione nel
debito, solidarietà, criteri generali di valutazione del
presupposto d'imposta, accertamento, liquidazione, estinzione,
organizzazione dell'amministrazione finanziaria, contenzioso,
sanzioni - e in una parte speciale nella quale per ciascun
tributo si disciplinano la base imponibile, i criteri per la
determinazione e la valutazione della base d'imposta,
l'aliquota, ed ogni altra disposizione particolare.
I vantaggi di una legislazione tributaria attraverso
l'adozione di un codice sono a giudizio di Vanoni,
molteplici:
semplificazione dell'ordinamento tributario con
miglioramento dell'efficienza dell'amministrazione finanziaria
e riduzione degli adempimenti a carico del contribuente;
armonizzazione sostanziale della legislazione
fiscale;
stabilizzazione della legislazione fiscale che almeno
per la parte generale risulterebbe sottratta a modifiche
episodiche e dettate da esigenze contingenti;
miglioramento della qualità della giurisprudenza
tributaria che grazie ad una legislazione stabile ed
organizzata per
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regole generali potrebbe svolgere una funzione di
adattamento del diritto alle concrete esigenze molto più
efficacemente e senza tradire le esigenze di certezza del
diritto;
sviluppo della scienza del diritto tributario non più
costretta nell'attività di commento della legislazione
minuta.
Quanto al profilo centrale della stabilizzazione della
legislazione, occorre sottolineare come Vanoni lo ricollegasse
non all'adozione di particolari vincoli costituzionali o
regolamentari (del resto la sua elaborazione avveniva nel
1938) quanto all'"interiore autorità" delle disposizioni del
codice evidenziando peraltro a tale proposito la necessità che
l'adozione del codice fosse il frutto di una profonda
elaborazione.
I profili della strutturazione formale del sistema
tributario non suscitarono invece rilevante attenzione durante
i lavori per l'elaborazione della nuova Costituzione. La
proposta formulata all'Assemblea costituente dalla Commissione
per la Costituzione non conteneva del resto norme
specificamente dedicate alla materia tributaria, limitandosi a
sancire alcuni princìpi e regole che avevano importanti
riflessi in materia tributaria (si veda, in particolare, la
riserva di legge relativamente all'imposizione di prestazioni
personali o reali; articolo 18 del testo della Commissione,
attuale articolo 23). Solo in seguito ad alcuni emendamenti
approvati durante l'esame in Assemblea fu introdotto
l'articolo 51- bis (attuale articolo 53) che sanciva
l'obbligo per tutti di concorrere alle spese pubbliche in
ragione della propria capacità contributiva ed il principio di
progressività del sistema tributario nel suo complesso
(emendamenti Scoca, Meda, Castelli). L'unica proposta
specificamente relativa ai profili strutturali
dell'ordinamento tributario fu quella dell'onorevole Scoca che
prevedeva l'approvazione a maggioranza qualificata delle norme
che disponevano agevolazioni tributarie in favore di
particolari categorie di soggetti, agevolazioni che dovevano
comunque rispondere a scopi di interesse pubblico.
Assai più articolata in proposito fu invece la relazione
della Commissione economica del Ministero per la costituente
che affrontò espressamente il problema della codificazione
tributaria all'interno della problematica relativa alle regole
formali della legislazione tributaria. In particolare la
Commissione approfondì le tematiche connesse alle esigenze di
garanzia dei diritti del contribuente e valutò prioritario a
tal fine il profilo della stabilità e della coerenza del
sistema tributario, ritenendo al contrario non condivisibili
le proposte dirette all'introduzione di particolari quorum
per l'approvazione delle norme tributarie. Secondo
l'analisi della Commissione la legislazione tributaria è
articolata su tre distinte categorie di norme:
1) princìpi generali dell'imposizione;
2) sistema generale di amministrazione dei tributi
(accertamento, riscossione, tutela giurisdizionale,
sanzioni);
3) regole sostanziali dei singoli tributi.
A ciascuna di queste categorie avrebbe dovuto
corrispondere, secondo l'opinione della Commissione, una
diversa fonte normativa in modo da garantire un processo di
stabilizzazione della legislazione tributaria e la
semplificazione del sistema tributario nel suo complesso,
consentendo al tempo stesso la flessibilità necessaria
nell'introduzione di nuovi tributi o nella determinazione
della base imponibile ovvero delle aliquote dei tributi già
previsti dall'ordinamento vigente. Veniva così delineato un
sistema tributario articolato su quattro livelli di fonti:
1) norme costituzionali, concernenti la dichiarazione
dell'obbligo tributario, eventuali criteri per la formazione
della legislazione tributaria e riserva di legge;
2) un codice o una legge fondamentale, concernente gli
aspetti generali del sistema tributario comuni a tutte le
fattispecie impositive (dichiarazione, accertamento,
riscossione, privilegi, rimborso, giurisdizione tributaria,
sanzioni), di
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rango costituzionale o comunque rinforzato sia attraverso
la previsione di particolari forme e garanzie per la sua
modificazione, sia attraverso la previsione di un'autorità
(della quale non viene precisata la natura e le funzioni) in
grado di difendere il codice "contro troppo facili
rimaneggiamenti";
3) leggi ordinarie di imposta, da sottoporre ad
un'organica revisione, concernenti la disciplina dei singoli
tributi, cui assicurare una relativa stabilità nel tempo;
4) legge di bilancio, con la quale procedere
annualmente alla variazione delle aliquote d'imposta, elemento
più facilmente mutevole nel tempo in relazione alle necessità
contingenti.
Rispetto alla precedente elaborazione di Vanoni è
interessante notare come l'adozione di un codice tributario
venga strettamente collegata alla natura di legge rinforzata
in modo da evitare la rapida modificazione delle norme
generali contenute nel codice con la conseguente vanificazione
dell'obiettivo della stabilizzazione della legislazione
tributaria allo stesso connesso. Interessante è anche il
trattamento differenziato della disciplina delle aliquote
delle singole fattispecie di imposta rispetto agli altri
elementi strutturali dei tributi, anch'esso in relazione al
diverso grado di mutevolezza dei due profili.
In sede costituente peraltro le proposte della
Commissione ministeriale non trovarono accoglimento e la
disciplina costituzionale della legislazione tributaria è
limitata alle prescrizioni dell'articolo 53.
Per quanto attiene il profilo della struttura
dell'ordinamento tributario e della stessa "qualità" delle
norme tributarie, premessa indispensabile per conseguire una
soglia minima di certezza del diritto in questo settore, è
nota la linea affermatasi con la riforma tributaria, che è
quella del riordinamento attraverso lo strumento e la tecnica
del testo unico.
Va detto subito che, a vent'anni di distanza, sembra
lecito affermare nettamente che questa linea è fallita.
Non solo i testi unici emanati sono in tutto quattro, di
cui due nel 1992; non solo il Parlamento ha recentemente
approvato l'ennesima proroga del termine; ma, fatto più
significativo di tutti, la stessa disposizione di proroga del
termine contiene anche la delega al Governo ad inserire nei
testi unici già in vigore tutte le successive modifiche
apportate dalla legislazione ordinaria speciale alle materie
che dovrebbero essere regolate dai testi unici (ben più di
mille, ma se ne ignora il numero esatto, nel solo caso del
testo unico delle imposte sui redditi).
In sostanza, si tratta di una fatica di Sisifo, che non
si è finito di compiere, e già occorre ricominciare.
E' allora opportuno chiedersi se si tratti proprio di
una scelta obbligata, se questa sia l'unica tecnica
disponibile di riordino normativo. Basta guardarsi attorno,
per vedere sistemi tributari ben più ordinati del nostro, dei
veri "sistemi", in Paesi nei quali, di fronte all'ineludibile
complessità tecnica della materia tributaria, si è scelta la
via della codificazione, come in Francia e negli Stati
Uniti.
Sul punto, non sarà inutile fare un pur breve
riferimento ad alcune delle esperienze estere più
significative. Va innanzitutto richiamata l'esperienza
fondamentale della Francia che ha un codice tributario che si
avvicina al modello del codice settoriale in quanto contiene
al suo interno la disciplina di un numero consistente di
tributi, individuati ed analizzati in maniera sistematica
piuttosto che attraverso disposizioni a carattere trasversale.
Nell'ambito dell'esperienza francese va poi osservato che il
Code des impots raggruppa, come le altre codificazioni
in quel Paese non solo le leggi ma anche le ordinanze e i
decreti che riguardano la materia in questione; tuttavia al
suo interno il
Code non ha un carattere unitario dal punto di vista
del valore formale degli atti, in quanto, ad esempio, i
decreti sono inseriti in una parte avente carattere
regolamentare, distinta in decreti del Consiglio di Stato e
decreti semplici. Anche le disposizioni aventi carattere
provvedimentale sono poi inserite nel contesto
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codicistico come gli arrétés ministérials o
interministérials.
Così per ciò che riguarda le disposizioni di provenienza
comunitaria la codificazione in Francia è attuata attraverso
la pubblicazione di estratti di alcuni regolamenti, completata
da una lista che contiene i riferimenti a provvedimenti
comunitari di una certa rilevanza. Tuttavia l'osservazione
fondamentale riguarda il profilo del carattere autonomo della
codificazione rispetto alla normale produzione legislativa;
questo si rivela in ragione del fatto che il codice, in
mancanza di una espressa abrogazione delle norme ivi
contenute, prevale sui successivi interventi legislativi.
Altra esperienza di riferimento, pur con le inevitabili
differenze derivanti dalla particolare configurazione del
sistema delle fonti proprio dell'area nordamericana, è quella
derivante dalla tipologia delle fonti del diritto negli USA,
che prevede, non solo in ambito fiscale, una pluralità di
fonti non giustapposte dal punto di vista formale, ma
piuttosto organizzate per specificità di settore di
applicazione.
Tornando alla situazione italiana, è opportuno
addentrarsi negli aspetti istituzionali di questa
problematica, di cui non sfugge il carattere strategico
rispetto al completamento ed all'attuazione del disegno della
riforma tributaria, e il carattere in certo qual modo
preliminare rispetto al contenuto del progetto di legge in
esame.
La scelta legislativa compiuta con la legge 825 del
1971, si è contraddistinta, come si è accennato, per un
disegno di revisione dell'ordinamento tributario attraverso
due fasi distinte: la prima relativa all'adozione di testi di
legge che attuino la disciplina sistematica della materia
settore per settore e la seconda che si realizza attraverso
l'adozione di testi unici; questa seconda fase per i tempi
connessi all'approntamento (i termini per l'emanazione di tali
testi unici originariamente fissati in tre anni, sono stati
successivamente prorogati con una serie di provvedimenti),
assume il carattere di normativa di coordinamento e di
ridefinizione delle discipline di settore così come queste
sono andate evolvendosi, piuttosto che rappresentare un
momento di pura fotografia delle varie discipline.
Da questo punto di vista va osservato che lo stesso
utilizzo della dizione "testo unico" per individuare simili
provvedimenti, appare non del tutto rappresentativo della
funzione materialmente svolta dagli stessi provvedimenti. In
particolare va notato che secondo quanto può affermarsi in
linea teorica, il testo unico è essenzialmente uno strumento
di riordinamento di leggi già in vigore, fatto per facilitarne
la conoscenza e l'applicazione. Le norme incluse nel testo
unico dovrebbero mantenere il valore giuridico che ad esse
deriva dalle norme precedenti, anche se spesso nella legge
delega è previsto anche il potere di modificare le norme
preesistenti; nel caso della delega contenuta nell'articolo 17
della citata legge 825, gli articoli del testo unico possono
acquistare valore giuridico di norma primaria per il solo
fatto della loro inclusione nello stesso testo unico.
Al di là, comunque, della funzione innovativa o meno dei
testi unici o di altre normative generali di raggruppamento
delle norme, va sottolineato come l'attuale disciplina in
questo settore sia di fatto organizzata periodicamente in
testi di legge aventi il carattere della derogabilità da parte
di successivi interventi di tipo legislativo.
A tal proposito, il concetto di derogabilità della
normativa che qui viene preso in considerazione non si limita
alla derogabilità in senso giuridico-formale della legge,
ovvero al potere generale di modifica dell'ordinamento da
parte di norme successive (lex posterior derogat legi
priori), ma contempla anche la possibilità che le
successive modifiche oltre a determinare deroghe,
modificazioni ed abrogazioni tacite delle disposizioni del
testo unico, vengano formalmente collocate in fonti normative
autonome dallo stesso testo unico determinando un'evoluzione
per stratificazione dell'ordinamento tributario, causa prima
dei fenomeni di incertezza e confusione normativa. Ed a tal
proposito va sottolineato come nel settore tributario la
mancanza di organicità nella legislazione porta
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con sé numerosi problemi di coordinamento in quanto
implica molteplici difficoltà di carattere interpretativo e
problemi di armonizzazione dell'intera legislazione in
materia.
Non a caso nel nostro ordinamento diventa sempre più
pressante la tendenza ad approvare norme di interpretazione
autentica ovvero risulta sempre più determinante il ruolo di
interpretazione delle normativa da parte degli uffici e dei
giudici, con la conseguenza di un proliferare di fonti di
produzione del diritto che agiscono in senso contrario alla
sistematizzazione delle norme aventi caratteri e finalità
comuni.
Tutto ciò porta ad una sola conclusione: oggi torna ad
essere chiara la lungimiranza di quanti in sede scientifica e
politica hanno mantenuto in questi anni viva la proposta, che
qui si ritiene di dover avanzare con il rilievo che essa
merita, di addivenire ad una generale sistemazione della
materia tributaria in un unico codice, costantemente
aggiornato e dotato della forza che può derivare da un
condizionamento dell'efficacia delle norme tributarie -
condizionamento che può essere preventivo o successivo - al
loro inserimento nel predetto codice.
In quest'ottica sia consentito di soffermarsi ancora per
poco su alcuni profili più tecnici della questione.
Al riguardo, va preliminarmente considerato che
l'approntamento di un codice delle disposizioni tributarie
comporta innanzitutto la necessità di una riscrittura delle
norme tributarie poste al di fuori di un corpus
normativo già perfezionato; inoltre considerato che il
codice per sua natura costituisce un testo organico che ha
valore normativo di per sé, senza riferimento a leggi
precedenti, occorre individuare un ambito tematico più ampio
dell'attuale divisione della materia tributaria per settori,
proponendo una normativa unitaria ed al tempo stesso completa
circa le varie fasi attraverso le quali il cittadino affronta
gli obblighi dettati dalle leggi tributarie.
Occorrerebbe quindi considerare come ambito tematico
della normativa codicistica non solo le norme a carattere
dispositivo in materia sostanziale, ma anche le norme a
carattere procedimentale come quelle sull'accertamento e le
norme a carattere precettivo, come quelle in materia di
sanzioni.
Un ulteriore problema collegato all'approntamento di una
normativa in forma codicistica è quello del carattere
innovativo che occorrerebbe attribuire all'operazione di
codificazione, rendendo possibile l'introduzione di
disposizioni in aggiunta o modifica rispetto a quelle già
vigenti e dotate di valore e forza di legge. Al riguardo va
osservato che l'attuale congerie di fonti di produzione
nell'ordinamento tributario comporta rilevanti problemi di
"rideterminazione" del valore giuridico di disposizioni, che
introdotte attraverso circolari, risoluzioni ed altri
provvedimenti di autorità ministeriali e non, potrebbero in
certi casi essere riedite e trasformate con un provvedimento
di carattere formale, quale appunto l'emanazione del codice,
in norme di primo grado.
Altro aspetto che rileva non solo sul piano della
tecnica legislativa - ma, si badi, in questo ambito assume
carattere sostanziale perché postula la ridefinizione delle
norme - è quello delle modalità di collegamento interno delle
norme e dei continui rimandi tra disposizione e disposizione,
che non possono in campo tributario prescindere dall'attenta
revisione (in termini di drafting) delle correlazioni
implicite ed esplicite tra le disposizioni stesse.
Il superamento degli attuali ostacoli, non ultimi quelli
di carattere formale, che intralciano l'efficacia di un
compattamento, potrebbe anche comportare in maniera indiretta
benefici dal punto di vista del controllo delle forme di
agevolazione fiscale, siano esse poste a mezzo di esenzioni,
riduzioni d'imposta ovvero attraverso regimi forfettari o di
favore che possono ostacolare il risanamento della finanza
pubblica.
Una normativa in materia tributaria attuata attraverso
lo strumento della codificazione rappresenta in definitiva un
elemento di garanzia per il contribuente proprio in quanto
ripropone i caratteri di una grande riforma del nostro
ordinamento anche in senso sostanziale.
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Un ultimo profilo concernente l'attività legislativa in
campo tributario riguarda la cadenza dell'introduzione di
nuove norme nell'ordinamento. Più volte, ed in sedi
autorevolissime, si è fatto riferimento ai paradossi creati
dalla frenetica attività normativa che contraddistingue il
legislatore e i centri produttori di norme in campo fiscale. A
tal fine può risultare utile prevedere, con norma rinforzata,
una sorta di "contenuto proprio" della normativa tributaria
infrannuale, limitato alla manovra quantitativa e agli
aggiustamenti strettamente conseguenti, e riservando ad un
unico provvedimento annuale le misure che incidono sulla
struttura dell'ordinamento. In questo modo si amplierebbe al
campo tributario, anche se rovesciandolo, il principio del
contenuto proprio della legge finanziaria introdotto nel campo
contabilistico dalla legge 362 del 1988, che sembra aver dato
finora buona prova.
Diritti e doveri dei contribuenti nei Paesi membri
dell'OCSE.
La riflessione scientifica più recente sulla tematica
della codificazione tributaria è stata, peraltro, accompagnata
dall'approfondimento di altri profili di tecnica legislativa
connessi allo stato di crisi dell'ordinamento fiscale, che, in
particolare a partire dalla riforma tributaria degli anni
settanta, appare caratterizzato dal progressivo abbandono di
un modello di legislazione di princìpi in favore di un modello
di legislazione casistica ed analitica, con i conseguenti
fenomeni di iperlegificazione. Proprio per tale sviluppo del
nostro ordinamento tributario ha assunto grande importanza il
tema della delegificazione e della deregulation come
strumento per snellire l'ordinamento tributario e recuperare
certezza del diritto in favore dei contribuenti. Questi
profili peraltro non sono stati visti in alternativa a quello
della codificazione, ritenendosi anzi che un processo di
codificazione delle norme fiscali, con la definizione di
modelli generali ed astratti nel rapporto tributario,
costituisca un elemento propedeutico per lo sviluppo di una
tecnica legislativa per princìpi in cui ampio spazio sia
riservato all'integrazione normativa di secondo grado ed
all'attività amministrativa (si vedano ad esempio le
conclusioni della Commissione per la delegificazione). Inoltre
la sempre maggiore richiesta di collaborazione attiva da parte
dei contribuenti ha fatto emergere esigenze di certezza e
garanzia che vanno oltre la semplice chiarezza ed organicità
del sistema tributario.
In molti Paesi, nonostante una più soddisfacente
coerenza dei sistemi tributari ivi esistenti, si è andata
rafforzando negli ultimi anni la consapevolezza della
richiamata dimensione delle problematiche tributarie.
E' significativo peraltro che il punto di attacco sia
stato quasi universalmente individuato nel miglioramento
dell'equilibrio del rapporto tributario dal lato del
contribuente, con l'introduzione nei vari ordinamenti sia di
leggi di princìpi, sia di documenti intitolati "Carte" o
"Statuti" del contribuente.
I diritti dei contribuenti vengono inseriti nel contesto
più ampio dei diritti dell'uomo e delle Convenzioni
internazionali sottoscritte dalla maggior parte dei Paesi:
Carta dell'ONU, Patto internazionale sui diritti civili e
politici, Risoluzione 77/31 del Consiglio d'Europa e
Convenzione europea dei diritti dell'uomo. In particolare
l'articolo 6 di questa Convenzione sancisce che "ogni
individuo ha il diritto di essere ascoltato equamente,
pubblicamente ed in un termine di tempo ragionevole", e che la
persona accusata di un qualsiasi reato ha il diritto di
"essere informata nel termine più breve sulla natura e sui
motivi dell'accusa" e di "disporre del tempo e delle
facilitazioni necessarie per predisporre la propria difesa".
Il successivo articolo 8 della stessa Convenzione prevede che
"ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita
privata e familiare, del proprio domicilio e della propria
corrispondenza".
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Inoltre la Risoluzione 77/31 del Consiglio d'Europa
sulla protezione dell'individuo nei confronti degli atti della
pubblica amministrazione espone i seguenti princìpi che devono
guidare gli Stati nella formulazione delle procedure
amministrative:
il diritto dei cittadini ad essere ascoltati e ad
essere informati;
il diritto dei cittadini ad essere assistiti da parte
delle autorità;
il diritto dei cittadini ad avere spiegazioni in
merito alle decisioni prese e di conoscere le possibilità di
ricorso.
Recentemente, come si è ricordato, diversi Paesi hanno
deciso di enunciare i princìpi adottati a tutela dei
contribuenti in una "Carta del contribuente" o in una
"Dichiarazione dei diritti del contribuente", in modo da
informare i cittadini dei propri diritti e riaffermare nel
contempo l'impegno dello Stato a tutelare tali diritti
fondamentali. Nella maggior parte dei casi, questi documenti
non contengono disposizioni direttamente precettive: ad
esempio le "Dichiarazioni" adottate in Canada ("Dichiarazione
dei diritti del contribuente", 1985) e nel Regno Unito ("Carta
del contribuente", 1988) contengono un'esposizione in via
generale dei princìpi che devono sovrintendere alle relazioni
tra l'Amministrazione finanziaria ed il contribuente, mentre
le "Carte" approvate dalla Francia ("Carta del contribuente",
1975) e dagli USA ("Carta dei diritti del contribuente", 1988)
contengono istruzioni più dettagliate in relazione ai diversi
scaglioni di reddito imponibile. Bisogna tuttavia precisare
che anche nei Paesi dove non è stata adottata una "Carta" o
una "Dichiarazione" vi è una sempre maggiore attenzione ai
diritti dei contribuenti, e questi ultimi sono in pratica
ugualmente tutelati. (Per ulteriori indicazioni sul punto si
fa rinvio al recente rapporto in materia dell'OCSE, Droits
et obligations des contribuables, Paris 1990).
Le iniziative degli ultimi anni in Italia.
Anche in Italia esiste una notevole attenzione per
questo ordine generale di problemi, che travalica i singoli, e
peraltro numerosissimi interventi su singoli punti, che pure
costituiscono la fitta trama della normativa tributaria
italiana. Pertanto, più che inseguire le singole dinamiche che
hanno interessato i vari punti dell'ordinamento, non sarà
inutile in questa sede richiamare brevemente il contenuto di
alcune iniziative, legislative e non, caratterizzate appunto
da questo approccio più generale e di "sistema".
Numerose sono state in Italia le proposte dirette
all'introduzione di una Carta dei diritti del contribuente
avanzate negli ultimi anni, compresa la proposta di legge che
il sottoscritto aveva presentato nella precedente legislatura.
In alcuni casi peraltro le proposte hanno assunto il più
limitato obiettivo di procedere ad una semplificazione degli
adempimenti tributari strumentali a carico dei
contribuenti.
Una indicazione in tal senso è contenuta nel documento
del Ministero delle finanze, "La politica tributaria nel
contesto della programmazione economico - finanziaria per gli
anni 1991-1994" (cosiddetto libro giallo), dell'agosto del
1991. In particolare il documento fissava il generale
obiettivo della semplificazione del sistema tributario
indicando nei centri di assistenza fiscale e nel conto
corrente fiscale e contributivo due importanti traguardi in
questa direzione. Una proposta particolare riguardava poi la
responsabilizzazione dei consulenti fiscali per quanto
concerne la correttezza delle dichiarazioni dei
contribuenti.
Il documento inoltre poneva anche il tema più generale
della Carta dei diritti del contribuente riprendendo le
conclusioni della Commissione ministeriale istituita in
attuazione della legge 241 del 1990 sul procedimento
amministrativo. In effetti proprio quest'ultimo provvedimento,
che ha rappresentato un importante traguardo nel processo di
modernizzazione dell'attività amministrativa e di
Pag. 15
affermazione di un rapporto più paritetico fra pubblica
amministrazione e cittadino, ha reso indifferibile
l'introduzione anche nel procedimento tributario degli
elementi di semplificazione e garanzia introdotti in via
generale. Occorre infatti ricordare che le disposizioni della
legge 241 sono, per la parte relativa alla partecipazione del
privato cittadino al procedimento amministrativo,
inapplicabili ai rapporti tributari (articolo 13), e, per le
parti restanti, non pienamente funzionali alle esigenze
particolari di tutela che si pongono nei procedimenti
tributari. Il documento, sinteticamente, indica i seguenti
punti centrali nella definizione di uno statuto giuridico del
contribuente:
diritto ad essere informati, assistiti ed
ascoltati;
diritto a conoscere in modo certo le conseguenze
fiscali delle proprie azioni;
diritto alla limitazione di ingerenza nella vita
privata;
diritto alla speditezza e tempestività dell'azione
fiscale;
diritto alla semplificazione degli adempimenti a
carico del contribuente.
Altre significative indicazioni sui possibili contenuti
di una Carta dei diritti del contribuente sono state avanzate
in diverse occasioni fra le quali merita ancora di essere
ricordata l'indagine conoscitiva sul sistema fiscale italiano
promossa dalla VI Commissione permanente della Camera nel
1991. Diversi fra i soggetti ascoltati, infatti, fornirono
precise proposte che in parte arricchivano le indicazioni
contenute nel "libro giallo". Si ricordi ad esempio la
proposta avanzata in quella sede dal CNEL che si articolava
nel modo seguente:
diritto alla trasparenza statistica ed alla conoscenza
degli aggregati economici tributari;
diritto a comportamenti di buona fede da parte
dell'Amministrazione;
diritto ad essere messo sullo stesso piano
dell'Amministrazione quanto a pagamenti, interessi e
rimborsi;
diritto all'informazione sull'interpretazione delle
leggi e sulle conseguenze dei propri comportamenti;
diritto alla tutela dall'eccesso di pressione
legislativa e alla certezza del diritto;
diritto ad essere informato e ascoltato;
diritto a non essere obbligato ad adempimenti inutili
o comunque eccessivamente costosi in rapporto ai risultati;
diritto alla speditezza ed alla tempestività
dell'azione amministrativa in campo fiscale;
diritto a non pagare più di quanto previsto dalla
legge;
controllo sull'applicazione della legge.
Tale elaborazione ha peraltro trovato un'eco limitata
nei lavori parlamentari durante la X legislatura, che hanno
registrato il susseguirsi di numerose proposte di legge di
iniziativa parlamentare che peraltro non hanno avuto alcun
esito. Certo la scorsa legislatura ha avuto il merito di
introdurre importanti novità - i centri di assistenza fiscale,
il conto corrente fiscale, la riforma del contenzioso - che
produrranno, quando attuate, rilevanti effetti in termini di
garanzia del cittadino nei confronti del Fisco, ma i profili
della semplificazione degli adempimenti strumentali e
dell'introduzione della Carta dei diritti del contribuente
costituiscono questioni ancora aperte.
Le proposte avanzate durante la scorsa legislatura, ed
in parte ripresentate senza rilevanti modificazioni in quella
attuale, si muovono su un duplice livello: da un lato vi sono
le proposte di legge costituzionale dirette alla novella
dell'articolo 53 della Costituzione ed all'introduzione di una
nuova disciplina di rango costituzionale, dall'altro le
proposte di legge ordinaria
Pag. 16
dirette alla definizione della Carta dei diritti del
contribuente.
Il contenuto delle diverse proposte è abbastanza
articolato ma tutte recepiscono i risultati principali
dell'elaborazione scientifica ed amministrativa registratasi
negli ultimi anni. Si segnalano in primo luogo le proposte
dirette ad introdurre, oltre ad una novella degli articoli 53,
81 e 97 della Costituzione, alcune stringenti limitazioni alla
successiva legislazione in materia tributaria, disciplinando
in particolare i profili relativi all'entrata in vigore delle
norme tributarie, il ricorso a norme interpretative, la
necessaria organicità e chiarezza della normativa tributaria,
la trasparenza delle sanzioni, la necessaria indicazione in
rubrica dell'oggetto delle disposizioni tributarie ed in via
generale il divieto di inserire disposizioni tributarie in
leggi di carattere non tributario, se non per le norme
strettamente attinenti l'oggetto della legge medesima.
Sul piano attinente più strettamente i rapporti tra il
Fisco ed i cittadini le proposte sanciscono il diritto
all'informazione del contribuente, ponendo a carico
dell'Amministrazione finanziaria alcuni precisi obblighi di
pubblicità ed assistenza, con piena tutela dell'affidamento
del contribuente derivante da informazioni provenienti
dall'Amministrazione stessa. Nelle diverse proposte sono
infine previste norme relative alla riorganizzazione
dell'Amministrazione finanziaria nonché all'istituzione del
Garante del contribuente.
Il disegno di legge dopo l' esame da parte della VI
Commissione.
Il testo unificato del disegno di legge AC 2046 e delle
abbinate proposte di legge giunge all'esame dell'Aula dopo un
lungo ed approfondito esame da parte della VI Commissione. Il
testo si presenta assai differente rispetto all'originario
disegno di legge presentato dal Governo il quale era limitato
alla previsione di alcune, pur importanti deleghe dirette
all'introduzione di puntuali elementi di semplificazione degli
adempimenti strumentali e sostanziali attualmente a carico dei
contribuenti. La Commissione non ha respinto l'idea "minimale"
delle puntuali semplificazioni da introdurre a breve distanza.
Tale impostazione, infatti, oltre a costituire un importante
segnale nei confronti dei cittadinicontribuenti, segnale tanto
più importante nel momento in cui si registrano sintomi sempre
più allarmanti di una vera e propria crisi fiscale,
rappresenta un elemento propedeutico ad una più ampia azione
riformatrice che richiede tempi più lunghi e che se non
avviata da subito laddove possibile, rischierebbe di rimanere
confinata nel libro dei sogni del legislatore tributario.
In tal senso, nel testo licenziato dalla Commissione,
che pur contiene un articolato ventaglio di interventi di
semplificazione relativi agli adempimenti sostanziali
(articolo 18), agli adempimenti formali (articolo 19) ed alla
disciplina sanzionatoria (articolo 20), il problema delle
semplificazioni immediate viene collegato ad un radicale
mutamento nella qualità del rapporto tra Fisco e contribuente,
nella consapevolezza che un'operazione che si limiti a
sfrondare il superfluo sarebbe sostanzialmente un'operazione
debole e di breve durata. Non vi è infatti alcuna effettiva
garanzia che le complicazioni eliminate oggi non vengano ben
presto soppiantate da nuovi complicati e farraginosi
adempimenti, imposti sotto l'incalzare di rinnovate esigenze
di gettito.
L'unica reale garanzia consiste nel prendere in
considerazione l'intero problema del rapporto
Fisco-contribuente, e quindi le cause di una legislazione e di
una normativa di dimensioni ormai mostruose, di un'attività di
produzione di norme sempre più affannosa e contraddittoria; di
un rapporto nel quale i più elementari diritti dei cittadini,
quale quello all'esatta e agevole conoscenza delle proprie
obbligazioni tributarie e dei propri diritti in materia, sono
negati.
Nel testo che la VI Commissione sottopone all'esame
dell'Assemblea tutto si tiene, e tutto concorre a delineare un
nuovo e semplificato rapporto tra Fisco e contribuente: a
partire dalla espressa fissazione
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dei diritti del contribuente nello Statuto, passando
attraverso un profondo cambiamento delle abitudini del
legislatore tributario italiano, per raggiungere infine
un'organica sistemazione della materia tributaria in un
codice, seguendo una strada già proficuamente seguita da altri
Paesi. In tal modo si è cercato di portare a sintesi positiva
l'elaborazione scientifica che nei diversi decenni precedenti
e successivi la riforma tributaria le migliori menti della
dottrina tributaristica ha prodotto. Da un lato la riflessione
di Ezio Vanoni sull'ordinamento tributario e
sull'ineludibilità di un processo di vera e propria
codificazione, dall'altro la riflessione più recente che ha
evidenziato la necessità di definire un vero e proprio Statuto
del contribuente come strumento di garanzia generale contro i
rischi di prevaricazione insiti in una legislazione tributaria
convulsa e farraginosa.
Lo Statuto del contribuente.
Il testo approvato dalla VI Commissione contiene,
come accennato, al capo I una prima importante novità rispetto
all'originaria proposta del Governo: l'introduzione dello
Statuto del contribuente. Si tratta di un fatto di assoluto
rilievo che consentirebbe di allineare il nostro Paese alle
più avanzate esperienze delle altre democrazie occidentali che
hanno deciso di enunciare i principi adottati a tutela dei
contribuenti in una "Carta del contribuente" o in una
"Dichiarazione dei diritti del contribuente", in modo da
informare i cittadini dei propri diritti e riaffermare nel
contempo l'impegno dello Stato a tutelare tali diritti
fondamentali.
Il testo della Commissione in particolare cerca di
raccogliere in un disegno organico le indicazioni contenute
nelle diverse proposte presentate nella scorsa e nella
presente legislatura valorizzando in particolar modo quelle di
maggiore contenuto precettivo rispetto alle mere enunciazioni
di principio. Naturalmente in questo, come in altri importanti
esempi, l'azione del legislatore ordinario incontra l'ostacolo
della mancanza del nostro ordinamento di una fonte normativa
che pur non essendo di rango costituzionale presenti
un'efficacia ed una resistenza rafforzata rispetto alle
successive abrogazioni e deroghe introdotte da leggi
ordinarie. Peraltro in alcuni settori, come ad esempio per la
normativa di contabilità pubblica, l'adozione di particolari
norme regolamentari interne alla procedura parlamentare e più
di recente anche la giurisprudenza della Corte costituzionale
hanno in qualche modo garantito un risultato analogo.
L'articolo 1 qualifica le norme dello Statuto come
princìpi dell'ordinamento tributario ed in particolare prevede
la sanzione dell'inderogabilità tacita delle norme di questo
da parte di leggi ordinarie successive. Tale previsione è
diretta a garantire l'effettività delle previsioni dello
Statuto, sebbene, come già accennato, sia chiara la
consapevolezza che solo un radicamento della prassi
parlamentare ed istituzionale potrà consentire ai princìpi
dello Statuto di non rimanere lettera morta. L'articolo
ribadisce inoltre che ai procedimenti tributari si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni contenute nella legge
241 del 1990 sul procedimento amministrativo, e segnatamente
nei capi I, II, IV, V e VI (essendo l'applicazione del capo
III in materia tributaria espressamente esclusa dall'articolo
13 della legge stessa).
L'articolo 2 sancisce, al comma 1, in via generale il
diritto alla conoscenza delle norme tributarie. Tale diritto
viene poi concretizzato nei commi 2-4 dell'articolo che
prevedono non solo la predisposizione da parte
dell'Amministrazione finanziaria di ogni iniziativa utile a
rendere effettiva la previsione di cui al comma 1, ma
soprattutto la pubblicazione in forme idonee di tutte le
circolari, le risoluzioni ed ogni altro atto a contenuto
generale sull'organizzazione, il funzionamento e le procedure
dell'Amministrazione medesima. Il comma 4, infine, prevede la
tempestiva redazione e pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale di circolari esplicative relative alla leggi
tributarie di maggiore rilievo. La Commissione in tal senso
usa il riferimento
Pag. 18
ad un criterio elastico, la tempestività, piuttosto che la
determinazione di un termine rigido ritenendo tale criterio
più consono alla natura generale e di principio dello Statuto
e più adattabile alle differenti evenienze che si potranno
verificare.
L'articolo 3 contiene alcune disposizioni relative
all'efficacia temporale ed alla modalità di redazione delle
norme tributarie. Pur essendo connesse ratione materiae
alle disposizioni di cui al capo II, relative alla normazione
in campo tributario, si è ritenuto di inserire tali norme
nello Statuto in virtù della forte funzione di garanzia del
cittadino che tali previsioni svolgono. La sanzione
dell'irretroattività delle norme tributarie è diretta a
garantire la certezza del diritto, valore di primaria
importanza in campo tributario e si richiama alla analoga
previsione costituzionale dettata per le norme penali rispetto
alle quali le norme tributarie condividono la natura ablatoria
di un bene giuridico del cittadino. Sono fatte salve
unicamente le disposizioni di carattere interpretativo - per
la loro natura retroattiva - a condizione che siano
espressamente qualificate come tali. A rafforzare la natura
non retroattiva delle norme tributarie lo stesso comma 1
sancisce l'inapplicabilità delle norme ai rapporti tributari
pendenti al momento dell'entrata in vigore, salvo quelle più
favorevoli al contribuente. Una deroga a tale principio è
contenuta nel successivo articolo 13 limitatamente alle
modificazioni legislative che possono essere introdotte in
corso di esercizio. Il comma 2 invece dispone che gli
adempimenti introdotti con nuove disposizioni tributarie non
possono comunque avere una scadenza anteriore al novantesimo
giorno dall'entrata in vigore, garantendo in tal modo al
contribuente un congruo termine dilatorio per adeguarsi alle
nuove previsioni normative. Il comma 3 infine dispone che le
leggi e gli atti aventi forza di legge contenenti norme
tributarie devono recarne menzione nel titolo e nella rubrica
dell'articolo in modo da garantire una migliore conoscibilità
delle norme tributarie oggi troppo spesso mimetizzate nelle
pieghe di leggi non tributarie.
L'articolo 4 interviene su un istituto già previsto
dall'ordinamento, il diritto di interpello disciplinato dalla
legge 413 del 1990, all'articolo 21, del quale viene
generalizzata la portata al di là dei limiti fissati dalla
disciplina vigente. Anche le conseguenze dell'esercizio del
diritto di interpello vengono meglio definite rispetto alla
disciplina vigente.
L'articolo 5 ribadisce in campo tributario alcuni
obblighi previsti in via generale dalla disciplina sul
procedimento amministrativo: viene sancito il diritto del
contribuente a conoscere la motivazione dell'atto emanato
dall'Amministrazione nei suoi confronti, ancorché si tratti di
un atto della riscossione non preceduto da alcun precedente
provvedimento impositivo motivato, e si obbliga
l'Amministrazione ad indicare negli atti notificati ai
contribuenti le modalità specifiche per avere informazioni e
per ricorrere contro gli atti medesimi.
L'articolo 6 introduce in via generale l'istituto della
rimessione in termini in presenza di ritardi nella
distribuzione dei modelli di dichiarazione o di altre
situazioni patologiche, non imputabili al contribuente, che
possono in concreto aver ostacolato oppure reso impossibile
l'esatta esecuzione dell'adempimento tributario. Il potere di
disporre la rimessione in termini viene riconosciuto
esclusivamente ed in via generale al Ministro delle finanze
che lo esercita con emanazione di un decreto da pubblicarsi
nella Gazzetta Ufficiale previo accertamento
dell'obiettiva impossibilità degli interessati di effettuare
correttamente i propri adempimenti.
L'articolo 7 sancisce in via generale il diritto alla
riservatezza, obbligando l'Amministrazione al segreto
d'ufficio su dati e notizie del contribuente, dallo stesso
forniti ovvero acquisiti in altro modo, salvo quelli relativi
alle risultanze degli accertamenti definitivi. La Commissione
ha anche affrontato la delicata questione relativa alla
pubblicità delle dichiarazioni dei redditi, ritenendo in tali
casi prevalente l'interesse pubblico alla conoscenza e
Pag. 19
pertanto escludendo dall'area di operatività del diritto
alla riservatezza sia i dati e le notizie risultanti dalle
dichiarazioni sia quelli derivanti dagli accertamenti
definitivi.
L'articolo 8 dello Statuto riguarda la tutela
giurisdizionale. La disposizione sancisce in via generale la
risarcibilità dei danni causati dall'Amministrazione in
relazione a comportamenti, commissivi o omissivi, contrari
allo Statuto stesso. La disposizione, che volutamente non
opera alcuna distinzione circa la natura giuridica delle
situazioni giuridiche soggettive lese dal comportamento
illegittimo o illecito dell'Amministrazione, costituisce una
delle principali garanzie del rispetto dello Statuto in sede
amministrativa.
L'articolo 9 infine interviene su un profilo di grande
delicatezza: la trasparenza dei rapporti fra cittadino ed
Amministrazione nei casi in cui i contribuenti si siano
affidati per l'adempimento dei propri obblighi tributari
all'assistenza di professionisti a ciò autorizzati. In tali
casi l'imputazione in capo agli stessi contribuenti delle
responsabilità conseguenti ad eventuali irregolarità commesse
rappresenta una soluzione formalistica che rischia di
configurare ipotesi di responsabilità oggettiva estranee alla
moderna sensibilità giuridica. Su tale punto peraltro la
Commissione ha ritenuto di non dover definire una normativa
compiuta ma piuttosto delegare il Governo ad emanare una
disciplina di rango legislativo che individui le condizioni di
esonero da responsabilità per tali contribuenti. Tale
soluzione è apparsa obbligata in relazione alla grande
delicatezza e complessità tecnica della questione.
Un ultimo punto merita di essere segnalato. A seguito di
una precisa richiesta in tal senso del Governo, l'articolo 23,
comma 1, fissa al 1^ gennaio 1996 la data a partire dalla
quale avranno effetto le disposizioni di cui al capo I. Tale
previsione, la quale dovrà in ogni caso essere coordinata con
le differenti previsioni temporali contenute in alcune norme
dello stesso capo (segnatamente gli articoli 2, comma 4; 4,
comma 4; e 9) merita in via generale una riflessione generale
da parte dell'Assemblea in quanto investe un punto di estrema
delicatezza dell'intero disegno di riforma proposto. Pur
riconoscendo le ragioni del Governo, il relatore si propone di
rappresentare all'Aula la necessità di termini più stringenti
ed adeguati.
La codificazione dell'ordinamento tributario.
Il capo II introduce le innovazioni di maggiore rilievo
sia in prospettiva sia in relazione all'andamento convulso
della produzione di norme tributarie.
Come traguardo finale, viene conferita al Governo la
delega a redigere il codice delle disposizioni legislative in
materia tributaria, corredato in allegato di una raccolta
ordinata delle disposizioni di fonte secondaria.
La questione dell'opportunità di procedere alla
codificazione dell'ordinamento tributario risale a diversi
decenni fa, quando Ezio Vanoni (era il 1938!) pose con grande
lucidità la questione, la cui centralità non fu peraltro
avvertita dal costituente, che dedicò all'ordinamento
tributario pochissime attenzioni.
E' noto che sin dalla riforma tributaria degli anni '50
l'evoluzione del nostro sistema tributario è stata imperniata
sull'adozione di testi unici anziché su un'opera di vera e
propria codificazione. L'alternativa tra codice e testi unici
(di recente qualificati come mera "superstizione giuridica")
costituisce invece un elemento di forte caratterizzazione
dell'ordinamento tributario. A tal proposito occorre non solo
ricordare che sull'idea della codificazione, contrapposta alle
varie forme di consolidazione (tra cui rientra la tecnica dei
testi unici) è stata costruita la stessa civiltà giuridica
moderna a partire dal XVII secolo, ma che la differenza tra i
due istituti è ancora più netta in campo tributario. La
prospettiva del codice tributario sottintende l'idea
dell'unicità del rapporto tributario Stato-cittadino e quindi
della necessità di una disciplina per quanto possibile
unitaria dell'applicazione dei differenti
Pag. 20
ferenti tributi. La stessa prescrizione costituzionale
della capacità contributiva come parametro di legittimità
dell'imposizione fiscale impone di concepire l'ordinamento
fiscale come vero e proprio sistema che non può essere scisso
in singoli istituti non comunicanti fra di loro. Al contrario
la prassi dei testi unici conduce ad un'atomizzazione dei
rapporti tributari ciascuno dei quali relativo ad una
fattispecie impositiva, regolata autonomamente, senza che sia
possibile una visione d'insieme del rapporto tra Stato e
contribuente.
L'articolo 11 esplicita questa differenza prevedendo che
il codice, analogamente a quanto previsto per altri settori
del diritto, ad esempio il codice penale, si componga di una
parte generale contenente le norme comuni ai vari tributi,
alle procedure e modalità di applicazione, ed in generale al
rapporto tributario, e di una parte speciale contenente la
disciplina specifica di ciascun tributo non riconducibile alla
parte generale. Il comma 3 dello stesso articolo prevede anche
che in allegato al codice debbano essere raccolte ed ordinate
le disposizioni in materia tributaria di rango secondario,
perseguendo anche in tal modo quell'esigenza di chiarezza e
conoscibilità della normazione tributaria secondaria già
affrontata nella prima parte del testo unificato con lo
Statuto del contribuente.
Il termine per l'adozione del codice è fissato al 31
dicembre 1995. Si tratta di un termine abbastanza ravvicinato
ma che, grazie al raccordo previsto fra codificazione ed
adozione dei testi unici (articolo 11, comma 2), non dovrebbe
risultare inattuabile.
La legge tributaria annuale.
Nel disegno del testo la centralità dell'opera di
codificazione viene inoltre esaltata dall'introduzione della
legge tributaria annuale.
Il perseguimento della prospettiva del riordino della
normazione tributaria impone, infatti, a partire dallo stato
di cose esistente, una serie di passaggi, che investono il
piano della scrittura delle norme, quello della loro
organizzazione, quello delle procedure decisionali, nonché
naturalmente quello del costume politico.
Individuato dunque il codice dell'ordinamento tributario
come l'obiettivo cui tendere nel medio periodo e lo strumento
che, a regime, si rivelerà fondamentale per garantire il più
alto grado di organicità ed omogeneità alla normazione, e
individuati i testi unici esistenti, in gestazione e futuri
come la fase intermedia nella quale introdurre intanto nel
sistema elementi di maggiore razionalità; con il capo II del
testo unificato si tenta di configurare anche un corpo di
regole sulla legislazione tributaria che il legislatore è
chiamato a dare da subito anzitutto a se stesso.
Lo strumento principale di tali regole è la legge
tributaria annuale: si tratta di un'ipotesi lungamente
perseguita, nelle passate legislature, dai membri della
Commissione finanze, in quanto ritenuta rispondente, almeno in
buona parte, all'esigenza di certezza nella legislazione
fiscale, a beneficio anzitutto dei cittadini e quindi della
stessa Amministrazione finanziaria.
La soluzione delineata dal testo richiederebbe, per
essere completa, un intervento anche sui regolamenti
parlamentari: la difficoltà di predisporre tale intervento, e
comunque la consapevolezza che esso non avrebbe potuto in ogni
caso formare oggetto di deliberazione parlamentare in questa
fase, godendo di una sua autonomia procedurale volta anche a
tutelarlo dal rischio dell'episodicità e della scarsa
meditazione, hanno indotto la Commissione a limitarsi ad
approvare comunque il testo come emerso dalla discussione,
lasciando in sospeso la definizione delle opportune soluzioni
sul piano regolamentare che coinvolgono interessi di portata
generale e che quindi dovranno essere esaminate e portate a
compimento in altra sede.
La legge tributaria annuale dovrebbe veicolare tutte le
norme di natura tributaria, ed avvalersi delle caratteristiche
e delle garanzie procedurali che attualmente assistono i
disegni di legge cosiddetti
Pag. 21
collegati alla manovra finanziaria, secondo quanto
previsto all'articolo 1- bis, comma 2, lettera c),
della legge 468 del 1978, introdotto dall'articolo 1, comma 1,
della legge 362 del 1988. Ciò significa, in sostanza, tempi
certi di approvazione in un'epoca certa dell'anno, e al tempo
stesso coerenza, in virtù della contestualità, con il
complesso della manovra centrata sulla legge finanziaria.
All'impianto della legge tributaria annuale, così
definito all'articolo 13, con l'articolo 14 si affiancano
ipotesi derogatorie, che disciplinano l'entrata in vigore in
corso d'anno, al di fuori della legge annuale, di disposizioni
di carattere tributario. Quattro sono le ipotesi previste: in
primo luogo l'introduzione di quelle modificazioni normative
che se introdotte con la legge tributaria annuale potrebbero
determinare effetti economici negativi sull'andamento dei
mercati dei prezzi. Si tratta di una "clausola di
salvaguardia" ritenuta necessaria per evitare un eccessivo
irrigidimento della legislazione tributaria che in alcuni casi
si sarebbe potuto rilevare controproducente. L'esercizio di
questa potestà derogatoria richiederà peraltro un sapiente
atteggiamento di selfrestraint da parte del Governo e
del Parlamento pena lo svuotamento dell'intero disegno di
riforma che si sta ora delineando.
La seconda ipotesi derogatoria prevista riguarda
l'indicazione di un trattamento tributario da applicare a
fattispecie, di per sè non tributarie, che si vanno ad
introdurre nell'ordinamento (se non si inserisse questa deroga
si avrebbe l'effetto di bloccare e concentrare nella sessione
di bilancio, l' iter di una grande parte dei
provvedimenti ordinari, che molto spesso necessitano di una
disposizione fiscale, con il risultato paradossale di
ingolfare ed appesantire la legge annuale, e dunque proprio la
fase cruciale della definizione organica della politica
tributaria).
In terzo luogo, potranno essere introdotte in corso
d'anno disposizioni consistenti in semplici variazioni di
aliquote o di termini, disposizioni cioè tali da non
modificare l'impianto della norma tributaria in questione.
E' stato infine ritenuto opportuno riconoscere uno
spazio normativo autonomo alle disposizioni che dovessero
rendersi necessarie, nella sostanza e nei termini di vigenza,
in relazione agli obblighi di natura comunitaria.
Tali modificazioni, così come quelle introdotte in sede
di legge annuale, dovranno inoltre, a partire dall'entrata in
vigore del codice tributario, essere introdotte mediante
modificazione del codice medesimo. In tal modo si garantisce
che lo stesso codice non perda dal momento stesso
dell'adozione la propria attualità a causa del sovrapporsi di
discipline specifiche sparse in ogni angolo
dell'ordinamento.
Il capo II si completa con una norma di delega, che può
definirsi permanente, per il coordinamento. Quando infatti
entrerà in vigore il codice dell'ordinamento tributario, in
esso confluiranno, in modo organizzato, tutte le norme
esistenti, e tutte in esso continueranno a confluire: tutte le
norme che verranno approvate con gli strumenti normativi che
sono stati individuati dovranno cioè trovare collocazione
all'interno del codice. Ciò porrà, in una prima fase almeno,
problemi di redazione e di coordinamento al Parlamento
anzitutto ma anche al Governo: è parso pertanto opportuno
prevedere un periodo di quattro anni dall'adozione del codice,
durante il quale è concessa al Governo una delega a procedere,
ove ritenuto necessario, entro 60 giorni dalla data di entrata
in vigore di ciascuna norma di carattere tributario al suo
necessario coordinamento al fine del corretto inserimento nel
codice. Allo stesso fine è stato anche previsto che per
consentire al Governo il corretto inserimento nel codice delle
nuove norme tributarie potrà essere differita l'entrata in
vigore delle stesse.
Il completamento dell'adozione dei testi unici e delle
altre deleghe legislative in materia tributaria.
Nel testo approvato dalla Commissione, la
contrapposizione codice/testi unici viene superata in uno
schema nel
Pag. 22
quale la adozione dei testi unici diventa propedeutica
alla successiva azione di codificazione, la quale non va
pertanto concepita come mera sommatoria di testi unici, ma
come sintesi e fusione della disciplina contenuta negli stessi
in unico disegno armonico ed unitario.
Il capo III del disegno di legge infatti ribadisce la
delega al Governo per l'adozione dei testi unici, delega già
prevista dalla normativa vigente e della quale l'articolo 16
si limita, al comma 2, a rendere esplicito il contenuto. Il
comma 3 aggiunge un'ulteriore delega all'emanazione di un
testo unico delle disposizioni legislative in materia di
imposte di fabbricazione e di consumo le quali, essendo
rimaste estranee alla riforma del 1971, non erano attualmente
ricomprese nell'ambito della delega originaria. Un'iniziativa
in tal senso peraltro è stata anche presa autonomamente dal
Governo il quale, in sede di reitera del decreto sulle accise
e sull'IVA comunitaria, con il disegno di legge di conversione
del decreto-legge n. 331 del 1993 ha previsto una delega
dall'identico contenuto.
Tale adempimento è strettamente funzionale alla
successiva opera di codificazione la quale dovrà in
particolare unificare i predetti testi unici, nel senso di
operare una ricomposizione del complesso materiale normativo
nelle unitarie parti del codice che regolano i vari istituti.
La prospettiva della codificazione pertanto non determina né
l'interruzione, né il rinvio dell'attività di riordino e di
sistemazione in testi unici già avviate. Tali passaggi anzi
risultano tanto più necessari in vista dell'adozione di un
vero e proprio codice tributario.
L'articolo 17 inoltre rinnova la delega legislativa per
l'introduzione della nuova disciplina del reddito d'impresa
che, già conferita al Governo, non è stata esercitata prima
del termine di scadenza. Tale previsione si è resa necessaria
in considerazione dell'urgenza avvertita dallo stesso Governo
di introdurre un'organica riforma di tale disciplina a seguito
dell'emanazione del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127,
di recepimento della disciplina comunitaria in materia di
conti annuali e consolidati delle società commerciali.
La semplificazione dell'ordinamento.
Nel capo IV relativo alle semplificazioni della
legislazione tributaria, è previsto il conferimento al Governo
delle deleghe legislative ad oggetto plurimo relative alla
semplificazione di talune disposizioni sostanziali, degli
adempimenti formali e di disposizioni sanzionatorie in materia
tributaria. Tale parte, che costituiva il nucleo originario
della proposta avanzata dal Governo, è stata notevolmente
arricchita grazie ad una proficua collaborazione con lo stesso
Governo, ed anche sulla base di un attento esame delle
proposte e delle indicazioni giunte da ambienti scientifici,
dalle associazioni di categoria ed in generale a parte degli
operatori del settore tributario.
Dal punto di vista procedurale viene previsto, oltre al
parere sugli schemi di decreto legislativo da parte della
Commissione parlamentare di cui all'articolo 17, terzo comma,
della legge 825 del 1971, un termine a breve scadenza per
l'esercizio della delega, fissato al 31 dicembre 1993.
1) Delega per la semplificazione di talune disposizioni
sostanziali.
L'articolo 18 si riferisce all'emanazione di norme di
semplificazione dirette ad incidere sostanzialmente sulla
struttura del sistema tributario, con la precisa finalità di
operare una prima razionalizzazione del sistema tributario in
alcuni suoi aspetti che hanno più spesso creato dubbi
interpretativi o si sono rivelati poco coerenti nella logica
complessiva del sistema. Tale delega prevede altresì la
semplificazione della struttura del sistema tributario
attraverso la riduzione di quegli obblighi che costituiscono
adempimenti sostanziali per taluni tipi di contribuenti.
Pag. 23
In particolare si prevede l'adozione di decreti
legislativi di riforma dei seguenti punti dell'ordinamento
tributario:
a) revisione e semplificazione della disciplina
degli oneri deducibili dal reddito complessivo e delle
condizioni di deducibilità con riferimento all'attuale regime
di detrazione d'imposta;
b) conseguente revisione della disciplina delle
detrazioni d'imposta;
c) semplificazione dei rapporti esistenti tra
rendite catastali e redditi effettivi dei terreni e dei
fabbricati nella determinazione del reddito fondiario;
d) revisione dell'imposizione e della
dichiarazione della "prima casa" e coordinamento con l'ICI,
assicurando l'invarianza del gettito;
e) unificazione, ai fini delle imposte sui
redditi, dei criteri di determinazione del reddito derivante
da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con i
redditi derivanti da attività di lavoro autonomo o commerciali
non esercitate abitualmente e semplificazione degli obblighi
di dichiarazione connessi;
f) revisione delle modalità di imposizione delle
plusvalenze derivanti da somme percepite a titolo di indennità
di esproprio;
g) semplificazione del calcolo del contributo al
Servizio sanitario nazionale;
h) revisione della normativa e dei casi di
esclusione concernenti il contributo diretto lavorativo;
i) esclusione dall'ILOR per i redditi d'impresa
imputabili prevalentemente all'attività dell'imprenditore e
dei suoi familiari o dei soci;
l) riduzione, mediante assoggettamento ad
imposta fissa, di una parte dei contribuenti IVA.
2) Delega per la semplificazione degli adempimenti formali
in materia tributaria.
L'articolo 20 prevede il conferimento di una delega
legislativa diretta alla semplificazione degli innumerevoli
adempimenti strettamente formali previsti in molteplici
disposizioni tributarie ed accavallatisi in modo poco
sistematico e coerente nel corso degli ultimi venti anni,
dando luogo ad un notevole appesantimento del sistema
provocato dall'imposizione di obblighi complessi ed onerosi
per il contribuente ma di scarsa valenza per l'Amministrazione
finanziaria.
Il comma 1 dell'articolo 20 interviene specificamente
sul settore degli obblighi contabili degli esercenti attività
d'impresa, arti e professioni, sulla base dei seguenti criteri
direttivi:
a) adozione, ove possibile, di un criterio
uniforme a tutti i tributi per la tenuta delle scritture
contabili, limitando gli adempimenti a quelli strettamente
necessari;
b) semplificazione degli adempimenti formali
necessari ai fini delle imposte sui redditi, prevedendo in
particolare:
soppressione delle scritture e degli adempimenti
contabili relativi ai conti individuali ed al repertorio
annuale della clientela;
sostituzione del registro dei beni ammortizzabili
con l'annotazione degli stessi su altre scritture
contabili;
esclusione dei dati risultanti dai libri paga dalla
contabilità semplificata per le imprese minori e per gli
esercenti arti e professioni;
previsione per alcune fattispecie di modalità
semplificate di registrazione della documentazione comprovante
le spese sostenute in luogo della registrazione
cronologica;
determinazione delle ipotesi e delle condizioni in
presenza delle quali la
Pag. 24
tenuta delle scritture contabili ai fini delle imposte sui
redditi ovvero dell'IVA possa assumere rilevanza ai fini di
entrambi i tributi;
c) semplificazione degli adempimenti formali
necessari ai fini delle imposte sul valore aggiunto,
prevedendo in particolare:
determinazione delle ipotesi in cui sia possibile
attribuire alla fattura efficacia sostitutiva di qualsiasi
obbligo di documentazione dei corrispettivi;
previsione dell'equipollenza fra rilascio della
ricevuta o dello scontrino fiscale e di distinti termini e
modalità di rilascio della ricevuta fiscale in relazione alle
peculiari caratteristiche dei diversi settori di attività;
limitazione dell'obbligo di rilascio di scontrini
descrittivi delle operazioni ai casi in cui non contrasti con
le ordinarie modalità di gestione dell'attività;
revisione della disciplina sulla conservazione degli
scontrini e delle ricevute fiscali;
soppressione della tenuta e presentazione degli
elenchi clienti e fornitori con l'introduzione di un decreto
ministeriale che determini le particolari categorie di
operatori tenute a fornire tali informazioni soggettive sulle
operazioni compiute;
esclusione dell'annotazione delle fatture per le
quali non è ammessa la detrazione d'imposta;
previsione delle condizioni in presenza delle quali
è ammessa l'annotazione delle operazioni in luogo che sui
registri IVA sul libro giornale e soppressione dell'obbligo di
bollatura dei registri IVA nei casi in cui sia tenuto il libro
giornale e sullo stesso siano registrate le operazioni IVA;
fissazione a 200 mila lire della soglia al di sotto
della quale l'annotazione delle fatture può avvenire sulla
base di un documento riepilogativo.
Il comma 2 interviene invece sugli altri adempimenti
fiscali, e segnatamente su quelli relativi agli obblighi di
denuncia, dichiarazione, versamenti ed altre formalità,
dettando in particolare i seguenti criteri direttivi:
a) unificazione degli adempimenti posti a carico
del contribuente per consentire al Fisco di procedere
all'acquisizione dei dati identificativi tributari del
soggetto, compresa l'unificazione dei codici identificativi
del contribuente ai fini fiscali, previdenziali e sanitari;
b) limitazione dei dati non rilevanti
fiscalmente richiesti nella dichiarazione dei redditi, con
particolare riferimento all'indicazione dei dati relativi agli
immobili non strettamente necessari alla determinazione dei
redditi fondiari; riduzione del numero dei contribuenti tenuti
alla presentazione della dichiarazione grazie all'utilizzo da
parte dell'Amministrazione finanziaria delle informazioni già
in suo possesso anche mediante la creazione di un archivio
aggiornato presso l'Anagrafe tributaria nel quale inserire
anche i dati rilevanti come indici di capacità contributiva ai
fini dell'accertamento sintetico; si prevede altresì
l'unificazione, ove possibile, dei termini e delle modalità di
dichiarazione e di effettuazione dei versamenti, la revisione
della disciplina sanzionatoria per mancata sottoscrizione
della dichiarazione o per la presentazione ad un ufficio
diverso da quello competente, nonché la possibilità dei
contribuenti di dilazionare i versamenti all'erario, e
l'eventuale previsione di un unico termine per l'effettuazione
di tutte le opzioni previste dalla normativa fiscale;
c) soppressione della cosiddetta "copia comune"
della dichiarazione dei redditi;
d) revisione della disciplina relativa allo
scomputo delle ritenute alla fonte operate a titolo di
acconto;
e) previsione della possibilità per i
contribuenti di ottenere il rimborso dei crediti di imposta
mediante assegnazione di particolari categorie di titoli di
Stato;
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f) revisione della disciplina della bolla di
accompagnamento dei beni viaggianti prevedendo l'utilizzazione
negli scambi intracomunitari di documentazione equipollente
nonché le ipotesi in cui non sussistono le esigenze di
controllo della circolazione di merci in relazione alle quali
sopprimere l'obbligo di emissione della bolla stessa,
riduzione delle irregolarità sanzionate;
g) integrazione degli archivi delle
conservatorie dei registri immobiliari, degli uffici tecnici
erariali e del catasto e revisione dei sistemi di
utilizzazione dei dati degli stessi, anche in relazione ai
procedimenti amministrativi di gestione del patrimonio
immobiliare pubblico;
h) semplificazione degli adempimenti, delle
denunce e dei pagamenti concernenti le imposte di registro,
successione, donazione, ipotecarie e catastali;
i) semplificazione delle autorizzazioni per lo
svolgimento di concorsi a premio;
l) semplificazione delle procedure di
riscossione delle entrate dirette di competenza delle regioni,
degli enti locali, delle comunità montane e delle camere di
commercio;
m) istituzione di una commissione consultiva la
quale tenga nota di quegli obblighi documentali e contabili a
carico dei contribuenti che saranno oggetto di decreto
ministeriale ed esprima osservazioni sugli schemi di
dichiarazione dei redditi e dell'IVA.
3) Delega per la razionalizzazione della disciplina delle
sanzioni in materia tributaria.
L'articolo 20 contiene il conferimento al Governo di una
delega relativa alla razionalizzazione della disciplina delle
sanzioni in materia tributaria, diretta ad eliminare i casi in
cui più manifesta appaia la non necessarietà o la sproporzione
delle sanzioni previste dalla disciplina vigente rispetto alla
effettiva gravità delle infrazioni commesse. In particolare
sono previsti i seguenti princìpi direttivi:
a) non applicazione delle sanzioni per mancata o
tardiva registrazione delle operazioni soggette all'IVA se di
queste si è tenuto conto nella liquidazione periodica o nella
dichiarazione annuale ed applicazione delle sanzioni stesse ai
soli casi di imposta dovuta maggiore di quella liquidata a
seguito delle violazioni stesse;
b) revisione ed estensione della disciplina del
ravvedimento operoso ai casi di omessa presentazione della
dichiarazione e di omesso o insufficiente versamento, anche
con riferimento ad altri tributi, rispetto a quelli per i
quali è attualmente previsto;
c) riduzione delle sanzioni per inesatta
imputazione temporale dei componenti del reddito d'impresa, di
arte e professione, in presenza di elementi sufficienti ad
escludere che tale inesatta imputazione abbia finalità
elusiva;
d) riduzione e razionalizzazione delle sanzioni
per le violazioni continuate e ripetute;
e) riduzione delle sanzioni in materia di IVA
per operazioni fatturate a soggetti aventi diritto alla
detrazione integrale d'imposta;
f) irrilevanza delle violazioni formali ai fini
della determinazione del tributo, se corrette dal contribuente
entro 30 giorni, attenuazione delle sanzioni per violazioni di
carattere formale dovute a meri errori materiali, nonché
inapplicabilità delle sanzioni per violazioni irrilevanti ai
fini dell'accertamento;
g) non applicabilità delle sanzioni per
violazioni dovute ad incertezza normativa;
h) soppressione dell'iscrizione a ruolo a titolo
provvisorio;
i) inapplicabilità delle sanzioni per
adempimenti soppressi o non più sanzionati in virtù delle
disposizioni adottate con i decreri legislativi di
semplificazione previsti dal presente testo unificato.
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La riduzione del numero dei tributi.
Un ultimo punto merita di essere approfondito. Durante
l'esame dei progetti di legge in Commissione è emersa con
generale consenso la consapevolezza che in nessun caso una
semplificazione formale e sostanziale dell'ordinamento
tributario può in prospettiva essere scissa da un radicale
intervento su uno dei punti più critici dell'intero sistema
tributario: una radicale riduzione del numero dei tributi. Ci
si riferisce qui a quella particolare caratteristica numerica
dell'ordinamento tributario italiano che classicamente va
sotto l'etichetta delle "cento tasse degli italiani". Queste
peraltro, hanno ormai raggiunto un livello record (vedi
allegato A): ogni tributo comporta evidentemente i propri
adempimenti da parte dei contribuenti e i propri costi di
gestione da parte del Fisco, inclusa la distorsione nell'uso
della risorsa personale. Ogni tributo, infine, ha il proprio
gettito (vedi allegato B), in determinati casi modestissimo,
inferiore agli stessi costi di gestione.
Nessun corretto e fiducioso rapporto Stato-contribuenti
sarà mai possibile se non si mette mano ad un drastico
sfoltimento di questa selva di balzelli, inutile e vessatoria,
che riconduca il rapporto tributario alla sua propria funzione
di recupero dei mezzi diretti a finanziare le spesepubbliche,
secondo criteri di progressività e quindi con finalità
essenzialmente redistributive. In tantissimi casi invece al
sistema tributario vengono addossati compiti del tutto
estranei a tale funzione che finiscono per introdurre
ulteriori elementi di crisi nel rapporto
Fisco-contribuente.
Peraltro la grande complessità di tale profilo, nonché
l'estrema difficoltà fatta presente dal Governo di definire
con esattezza un rapporto costi/ricavi per ciascuna
fattispecie impositiva, ha reso necessario, anche in relazione
all'esigenza di non far allungare eccessivamente i tempi di
esame dei progetti di legge, rinviare ad altra sede un
intervento legislativo in tal senso. Come segnale, speriamo
non meramente simbolico, la VI Commissione ha voluto inserire
al comma 2 dell'articolo 23 l'obbligo del Governo di
presentare entro il 31 dicembre 1993, una relazione al
Parlamento in cui siano contenuti elementi conoscitivi sulla
gestione di quei tributi il cui costo di esazione sia
superiore o di poco inferiore al gettito risultante dagli
stessi. Solo grazie all'acquisizione di questa indispensabile
base conoscitiva il Parlamento potrà porre mano con
sufficiente ponderatezza alla necessaria opera di sfoltimento
dei tributi inutili.
Franco PIRO, Relatore.
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PARERI DELLE COMMISSIONI PERMANENTI
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