Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XI Legislatura

Documento


17056
DDL3572-0002
Progetto di legge Camera n. 3572 - testo trasmesso dal Senato - (DDL11-3572)
(suddiviso in 13 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C3572. TESTIPDL
...C3572.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC3572 ZZ11 ZZRL ZZTR
    Onorevoli Deputati! -- Da tempo si è sentita l'esigenza di
  guardare con particolare attenzione ai porti: in varie
  occasioni e da più parti è stata rappresentata l'opportunità
  di un'apposita normativa per avviare le riforme strutturali
  indispensabili
  allo sviluppo dei traffici, elemento fondamentale per
  l'economia del settore e per l'economia nazionale.
    Finora le iniziative portate avanti a livello governativo
  hanno dato luogo ad una riduzione consistente della manodopera
 
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  in esubero (i lavoratori portuali, ammontanti a 21.000 unità
  nel 1983, sono attualmente 6.800), ma non hanno inciso,
  nonostante i tentativi, sulla trasformazione globale del
  sistema portuale che continua a soffrire dei processi
  involutivi legati a vecchi schemi.
    L'esigenza di rinnovamento della portualità si è
  maggiormente acuita con l'affermarsi delle recenti forme di
  trasporto integrato che richiedono non solo infrastrutture
  efficienti ed un'azione di coordinamento e programmazione atta
  a consentire la congiunzione completa dei vari segmenti
  operativi, ma anche un'area di mercato libero, spoglia di
  vincoli ed a costi competitivi.
    Ai vecchi sistemi organizzativi e gestionali del lavoro nei
  porti si sta, di fatto, sovrapponendo un nuovo assetto che non
  riesce a trovare adeguati spazi e possibilità di sviluppo per
  il sussistere di una normativa ormai obsoleta e non più
  rispondente alle esigenze dei mercati.
    Il quadro normativo vigente è, infatti, lontano dalla nuova
  realtà che si delinea nel sistema dei trasporti, avviato verso
  forme intermodali ed integrate che devono trovare il loro
  punto di riferimento e di incontro nelle strutture del
  porto.
    Il processo di riforma dell'ordinamento portuale già
  oggetto di esame nella X legislatura deve quindi essere
  affrontato con la massima urgenza, non solo per venire
  incontro ad esigenze operative di base, ma anche per aderire a
  sollecitazioni di organi nazionali e sovranazionali.
    E' noto, infatti, che a seguito dell'entrata in vigore
  della legge 10 ottobre 1990, n.287, concernente la disciplina
  della concorrenza ai fini del rispetto delle norme
  comunitarie, l'Autorità garante, in relazione all'esame di
  singole fattispecie afferenti il settore, ha rivolto l'invito
  ai competenti organi per addivenire ad un riordino della
  materia che tenga conto dei princìpi affermati con la suddetta
  legge  antitrust.
    Successivamente la Corte di giustizia delle Comunità
  europee, con sentenza in data 10 dicembre 1991, ha ribadito la
  valenza delle norme comunitarie sulla libera concorrenza negli
  Stati membri, evidenziando il contrasto sussistente tra alcune
  norme del nostro ordinamento relative al lavoro portuale con i
  princìpi contenuti nel Trattato di Roma, istitutivo della
  Comunità economica europea.
    Tale situazione, accertata dal giudice europeo, richiede,
  come affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale
  e ribadito dal Consiglio di Stato, con il parere della II
  Sezione del 13 maggio 1992, una disapplicazione delle norme
  interne confliggenti con quelle comunitarie da parte degli
  organi giurisdizionali ed amministrativi, ma soprattutto la
  conseguente modifica normativa da parte degli organi
  legislativi.
    Nel frattempo la Commissione delle Comunità europee,
  nonostante il recente intervento amministrativo (circolare del
  Ministro della marina mercantile n.21 del 9 luglio 1992,
  pubblicata nella  Gazzetta Ufficiale  n.179 del 31 luglio
  1992), ha invitato il Governo italiano ad adeguare, entro il
  30 settembre 1992, la legislazione nazionale a quella
  comunitaria in tema di libera concorrenza nel settore
  portuale, riservandosi, oltre tale termine, di avviare la
  procedura di infrazione.
    La riforma è quindi particolarmente urgente non solo per le
  pressanti sollecitazioni e misure in via di adozione, ma
  perché le disposizioni amministrative emanate al riguardo con
  la circolare del 9 luglio 1992, sopra richiamata, sulla base
  del citato parere del Consiglio di Stato ed in aderenza ai
  princìpi enunciati dal giudice europeo, stanno incontrando
  difficoltà in sede di applicazione per le numerose vertenze
  giudiziarie insorte in materia.
    Allo stato attuale si presenta quindi nei porti (e
  soprattutto in alcuni grandi scali) una situazione di
  difficile gestione a causa delle posizioni contrapposte e
  radicalizzate assunte dalle parti, che hanno dato luogo a
  notevoli contenziosi, alcuni dei quali conclusisi con sentenze
  di contenuto opposto.
    E' urgente, quindi, una disciplina organica per un settore
  vitale dell'economia attraverso l'emanazione di norme cogenti
 
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  che, in aderenza ai nuovi indirizzi comunitari, eliminino
  interpretazioni difformi di natura giurisdizionale e
  rispondano alle istanze di rinnovamento avanzate dalle forze
  che operano nel settore.
    Fulcro della riforma è la gestione del porto, incentrata
  sull'ingresso di operatori privati in grado, attraverso le
  strutture di cui sono dotati e l'organizzazione operativa, di
  effettuare servizi efficienti in tempi brevi.
    Il porto deve, quindi, essere aperto a più imprese che
  operino in un regime di piena concorrenza: solo attraverso il
  confronto continuo e la competizione si può realizzare una
  politica portuale mirata a contenere i costi ed a fornire, nel
  contempo, servizi sempre più articolati e completi.
    In quest'ottica nuova e moderna, in linea con i porti
  europei, si inserisce infatti l'operatore privato, esercente
  attività d'impresa nell'ambito di aree e banchine in
  concessione, dotato cioè di una serie di strutture tali da
  poter offrire sul mercato un servizio completo, assicurando il
  trasporto dei beni dalla stiva a destinazione, ad un prezzo
  fisso, comprensivo di tutti gli oneri connessi al ciclo
  operativo unico.
    L'organizzazione del lavoro nell'ambito dei porti deve
  muoversi per il futuro in questa direzione: far convergere nel
  porto e nel territorio retrostante le diverse tipologie di
  trasporto, in modo da realizzare, con la contiguità dei
  servizi, l'obiettivo della massima riduzione di tempi e di
  costi aggiuntivi.
    Il porto deve risultare strettamente collegato al
  territorio onde realizzare una stretta connessione ed
  integrazione tra i vari sistemi di trasporto.
    Giova sottolineare, a questo riguardo, che negli ultimi
  venti anni il porto ha cessato di costituire un'entità a sè
  stante, per divenire un anello o un segmento del sistema di
  trasporto delle materie prime e delle merci dal luogo di
  produzione al luogo di utilizzazione o di consumo;
  l'operatore, che provvede ad organizzare la catena del sistema
  completo e che ne assume la responsabilità, sceglie e decide
  in base a criteri di efficienza, affidabilità ed economicità,
  ed i porti i cui servizi o le cui strutture non rispondano a
  questi requisiti restano emarginati dai grandi itinerari di
  trasporto.
    Altro dato saliente è che, attualmente, il 70 per cento dei
  movimenti di merce nell'intero Mediterraneo transita
  attraverso porti italiani.  Con l'accentuazione della
  competitività conseguente alla completa realizzazione del
  Mercato comune, la percentuale indicata potrebbe notevolmente
  contrarsi a vantaggio di scali meglio attrezzati ed
  organizzati.  E' evidente l'esigenza di un intervento urgente
  di trasformazione e di adeguamento alle nuove condizioni del
  mercato.
    Nel contempo è necessario che da parte degli stessi
  operatori del settore venga realizzato, attraverso proprie
  strutture ed organizzazione del lavoro, un ciclo unico dei
  carichi, evitando frazionamenti inutili ed onerosi.
    Nel sistema sopra delineato si devono muovere anche le
  compagnie portuali, non più detentrici di una posizione di
  monopolio e collocatrici di manodopera, ma trasformate in
  imprese; in tale veste possono continuare ad operare offrendo
  sul mercato il patrimonio professionale e tecnico di cui sono
  dotate, garantendo, nel contempo, il livello occupazionale dei
  soci.
    Le linee sopra descritte possono ritenersi, allo stato
  attuale, sufficienti per introdurre con immediatezza elementi
  innovativi nei porti nazionali tali da avvicinarli ai sistemi
  gestionali dei porti comunitari, la cui attività ed il cui
  sviluppo sono principalmente legati ad un regime
  concorrenziale.
    Altri elementi dovranno essere valutati ed affrontati al
  più presto dal legislatore, sentito anche il Comitato
  interministeriale per la programmazione economica (CIPE), in
  ordine all'organizzazione amministrativa dei porti.  E' noto,
  infatti, che i porti principali, detentori delle correnti di
  traffico vitali per l'economia nazionale, sono porti sedi di
  enti portuali.  Detti enti, figure giuridiche pubbliche
  economiche, hanno finora svolto sia funzioni di natura
  amministrativa, con l'espletamento di gran parte dei compiti
  attribuiti in sede
 
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  locale alle capitanerie di porto, sia attività gestionale
  anche attraverso la partecipazione a società private
  costituite con proprio capitale.
    I risultati non sono stati positivi sul piano
  imprenditoriale; la commistione tra le due figure ha
  senz'altro contribuito ad affossare le iniziative di natura
  imprenditoriale.
    Occorre, pertanto, dare un nuovo assetto giuridico agli
  enti, assegnando ad essi solo compiti di programmazione,
  coordinamento e controllo delle attività che si svolgono nel
  porto, e stabilire una netta separazione dei compiti
  concernenti la sicurezza e la funzionalità dei servizi comuni
  rispetto alle attività produttive e commerciali.
    Le linee portanti del nuovo assetto devono, quindi,
  ricondursi a due elementi contrapposti, ma coordinati negli
  obiettivi da raggiungere: da una parte gli enti, quali
  autorità portuali, che coordinano e che devono costituire il
  punto di riferimento e di garanzia per il corretto
  funzionamento dell'attività portuale, e dall'altra parte gli
  operatori privati ai quali è affidata la gestione commerciale
  del porto.
    Questo sistema organizzativo basato su due poli distinti,
  autonomi e con funzioni diverse, ma entrambi miranti a
  potenziare lo sviluppo dei traffici, è il sistema che si
  riscontra nei modelli dei porti nord-europei e che dovrebbe
  far uscire i porti nazionali dalla presente situazione di
  crisi, utilizzando, in tal modo, le risorse disponibili non
  adeguatamente sfruttate.
    In tale contesto un accento particolare deve essere posto
  in ordine alla riorganizzazione del sistema portuale
  nazionale; è urgente pervenire ad una diversa classificazione
  dei porti che miri ad individuarli sulla base delle funzioni
  specifiche alle quali possono essere chiamati in relazione
  alla posizione geografica, alle strutture ed infrastrutture ed
  all'economia del territorio retrostante.
    La conformazione del nostro Paese, con una estensione
  notevole di coste e di approdi, deve fare affidamento su porti
  destinati a funzioni diverse, ma armonizzati tra loro in modo
  da realizzare un quadro della portualità sviluppato nei vari
  settori.
    Sono questi gli ulteriori aspetti legati alla portualità
  che dovranno entro tempi brevi essere oggetto di valutazione
  ed esame da parte degli organi legislativi per completare il
  tessuto normativo dell'ordinamento portuale.
    Trattasi di tappe significative e non più eludibili nella
  prospettiva del rilancio della portualità con l'obiettivo di
  coniugare il recupero di efficienza e di funzionalità dei
  porti con l'incremento occupazionale.
    Per quanto concerne il decreto-legge in oggetto si
  delineano qui appresso i contenuti dei singoli articoli, che,
  per i motivi sopra esposti, non possono essere ulteriormente
  procrastinati, in attesa della riforma completa della
  portualità.
    L'articolo 1 affronta il settore specifico del lavoro
  portuale, stabilendo in via prioritaria ed immediata
  l'abrogazione della riserva prevista a favore delle compagnie
  portuali e successivamente, entro novanta giorni dalla data di
  entrata in vigore del provvedimento, l'abrogazione di tutte le
  norme del codice della navigazione e del regolamento marittimo
  attinenti la materia portuale.
    E' stato altresì previsto, sempre all'articolo 1, comma 1,
  il mantenimento dell'articolo 1279 del codice della
  navigazione fino al 1^ gennaio 1996, sempre in attesa
  dell'emanazione del provvedimento definitivo di riforma della
  portualità.  Il citato articolo 1279 del codice della
  navigazione prevede contributi sulle merci sbarcate e
  imbarcate destinati ad alimentare il bilancio speciale per gli
  uffici del lavoro portuale (regio decreto-legge 24 settembre
  1931, n.1277, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
  marzo 1932, n.269).
    Abrogare la norma in questione, prima che venga approvato
  definitivamente il disegno di legge di riforma della
  portualità, attualmente all'esame della Camera dei deputati
  (v. atto Camera n.2524), comporterebbe l'interruzione del
  gettito e creerebbe quindi difficoltà amministrativocontabili
  di gestione.
 
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    Il disegno di legge citato prevede infatti l'istituzione di
  una gestione autonoma sostitutiva di quella attualmente
  esistente, con finalità e compiti adatti alle nuove realtà.
    Il medesimo articolo 1, al comma 2, attribuisce l'esercizio
  della vigilanza sulle attività di carico, scarico, trasbordo e
  movimento in genere delle merci e su quelle complementari ed
  accessorie, all'ente portuale o all'autorità marittima, cui
  spetta pure curare l'osservanza del rispetto delle relative
  tariffe, la cui determinazione è comunque rimessa alle stesse
  imprese.
    E', altresì, prevista la nuova regolamentazione per lo
  svolgimento di attività di impresa per conto proprio o per
  conto di terzi, con l'indicazione dei requisiti idonei a
  garantire lo svolgimento delle relative attività anche da
  parte di imprese comunitarie.
    L'esercizio è, comunque, subordinato ad un apposito atto
  autorizzativo in quanto, come indicato dall'Autorità garante e
  dal Consiglio di Stato, l'autorizzazione, rispetto alla
  concessione, consente "una più vasta partecipazione degli
  interessi ed un più penetrante controllo giudiziario".
    L'attività in questione è altresì soggetta ad un'azione
  costante di vigilanza e di controllo che può dar luogo,
  allorché venga accertata la mancata sussistenza dei requisiti
  richiesti, alla sospensione, alla revoca ed infine al diniego
  del rinnovo.
    Viene inoltre disciplinato l'esercizio non abituale di
  operazioni portuali in occasione di arrivo o partenza di navi,
  dotate di propri mezzi meccanici e di personale adeguato alle
  operazioni da svolgere.
    L'articolo 2 concerne la trasformazione delle compagnie e
  dei gruppi portuali nelle forme societarie previste dal codice
  civile in materia di società e di cooperative.
    I nuovi organismi, in possesso dei requisiti indicati
  nell'articolo 1, possono svolgere attività d'impresa; quelli
  che, viceversa, non svolgano attività imprenditoriali o
  abbiano personale in esubero non possono assumere nuovi
  elementi e possono solo limitarsi ad avviare, in mobilità o
  distacco, il personale eccedentario presso le imprese
  richiedenti.
    Nell'ambito del nuovo quadro normativo viene così ad essere
  tutelato il patrimonio professionale dei lavoratori delle
  compagnie, con la trasformazione delle compagnie medesime
  nella veste imprenditoriale, e nel contempo, qualora detta
  trasformazione non sia possibile, con la continuazione dello
  svolgimento da parte del personale in esubero di attività
  presso altre imprese.
    E', altresì, in parte garantito il livello occupazionale
  delle categorie prevedendo, in caso di esuberi, oltre
  all'avviamento in mobilità e distacco, anche la priorità nelle
  assunzioni di nuovo personale da parte delle imprese.
    L'articolo 3 individua il regime fiscale applicabile al
  settore nella fase di trasformazione.
    L'articolo 4, al comma 1, differisce al 31 dicembre 1993 il
  beneficio del trattamento straordinario di integrazione
  salariale nei confronti di 1.000 lavoratori e dipendenti delle
  compagnie portuali, ivi comprese le compagnie del ramo
  industriale e di carenanti del porto di Genova.  Il comma 2
  stabilisce che l'anzidetto beneficio, qualora non pienamente
  utilizzato negli anni 1992-1993, possa essere utilizzato fino
  al 30 giugno 1994.  Il comma 3 stabilisce l'applicabilità ai
  lavoratori operanti in porto, siano essi soci o dipendenti,
  alla scadenza dei benefici di cui ai commi 1 e 2, di quanto
  previsto dall'articolo 3, comma 6, del decreto-legge 22
  gennaio 1990, n.6, convertito, con modificazioni, dalla legge
  24 marzo 1990, n.58, ivi compresa la normativa della cassa
  integrazione guadagni, secondo criteri e modalità da
  determinarsi con decreto interministeriale, che tenga conto
  della specificità del settore.  Il comma 4 quantifica gli oneri
  derivanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 e pone la relativa
  spesa a carico dello stanziamento di cui alla tabella A della
  legge finanziaria per l'anno 1993, utilizzando
  l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti.
 
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    L'articolo 5 prevede l'istituzione a livello locale di
  commissioni consultive presiedute dall'autorità marittima,
  composte da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali
  dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello
  nazionale e da tre rappresentanti delle associazioni nazionali
  imprenditoriali aderenti al comitato di coordinamento
  dell'utenza nazionale, con compiti di consulenza sulle materie
  ad esse sottoposte dall'ente portuale o dall'autorità
  marittima.
    Analoga commissione è prevista a livello centrale con
  compiti consultivi, in materia di problemi generali attinenti
  le attività e l'organizzazione portuale, da attuarsi su
  iniziativa del Ministro della marina mercantile.
    L'istituzione dei predetti organi collegiali è quanto mai
  opportuna, venendo a costituire un utile supporto
  rappresentativo degli interessi presenti nella portualità
  nell'espletamento dei compiti affidati all'autorità.
    L'articolo 6 disciplina la gestione di aree demaniali e
  delle banchine affidate ad imprese, comprese le compagnie
  portuali trasformate in società ai sensi dell'articolo 2 che
  svolgano attività di impresa particolarmente qualificate, che
  vengono a realizzare un ciclo produttivo a carattere
  continuativo ed integrato.
    L'articolo in questione introduce una nuova figura
  dell'ordinamento portuale, il terminalista, operatore che
  racchiude nell'ambito delle strutture e delle aree di cui
  è dotato il ciclo completo del trasporto da stiva a
  destinazione.  Il terminalista è la figura giuridica più
  avanzata che realizza quelle condizioni operative integrate
  rispondenti alle nuove esigenze organizzative del mercato e
  più produttive per i porti.
    Con l'articolo 7, inoltre, si prevede l'attivazione delle
  procedure per il recupero delle somme erogate alle compagnie e
  gruppi portuali unitamente ai relativi interessi legali
  qualora gli interventi di ripiano dei disavanzi, registrati al
  31 dicembre 1991, delle gestioni delle compagnie e dei gruppi
  portuali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 7
  settembre 1992, n.370, convertito dalla legge 5 novembre 1992,
  n.428, vengano giudicati dalla Comunità europea in contrasto
  con la normativa comunitaria e tali da alterare la
  concorrenza.
    Per consentire, inoltre, il completamento degli interventi
  in questione è prevista altresì la proroga della gestione
  commissariale del Fondo gestione istituti contrattuali
  lavoratori portuali fino al 31 dicembre 1996.
    Il comma 3 dell'articolo 7 dispone, infine, in analogia a
  quanto previsto per i lavoratori e gli amministrativi della
  Finmare con l'articolo 6, comma 15, del decreto-legge 20
  maggio 1993, n.148, convertito, con modificazioni, dalla legge
  19 luglio 1993, n.236, l'estensione del trattamento
  straordinario di integrazione salariale anche al personale
  addetto al servizio di rimorchio nei porti.
 
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