Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XI Legislatura

Documento


17238
DDL3580-0002
Progetto di legge Camera n. 3580 - testo presentato - (DDL11-3580)
(suddiviso in 22 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C3580. TESTIPDL
...C3580.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC3580 ZZ11 ZZRL ZZPR
    Onorevoli  Deputati! -- Il decretolegge, di cui si
  chiede la conversione in legge, è diretto a realizzare quanto
  è stato stabilito dall'articolo 16, comma 16, della legge di
  accompagnamento alla legge finanziaria per conseguire gli
  obiettivi di finanza pubblica, in termini di fabbisogno e di
  saldo primario, coerenti con la prospettiva di stabilizzazione
  del rapporto
  fra debito pubblico e prodotto interno lordo.
    Al fine di conseguire maggiori entrate nette di lire 6.700
  miliardi per il 1994 e di lire 6.000 miliardi per i due anni
  successivi, viene tenuto conto anche degli effetti del decreto
  legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 22
  dicembre 1993, con il quale sono state apportate modifiche,
 
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  sulla base delle decisioni della Commissione censuaria
  centrale, alla misura degli estimi catastali.
    Come già indicato nel Documento di programmazione
  economico-finanziaria per il triennio 1994-1996, la nuova
  manovra fiscale - la cui entità corrisponde per il 1994 a
  circa 0,4 punti percentuali del PIL - è diretta essenzialmente
  ad accrescere la pressione tributaria dal lato
  dell'imposizione indiretta.  Una parte dell'intervento (per
  circa lire 800 miliardi), comunque, interessa anche
  l'imposizione sui redditi, con misure che agiscono
  essenzialmente su aspetti della normativa suscettibili di
  produrre comportamenti elusivi in alcuni settori
  dell'economia.  Anche in questo senso, il provvedimento
  assicura continuità agli obiettivi già delineati con il
  collegato alla finanziaria.
    Nel definire i tempi di decorrenza delle misure è stato
  tenuto conto sia di considerazioni di fattibilità tecnica che
  di valutazioni di opportunità economica, tenendo presente
  l'esigenza di assicurare alla manovra un profilo decrescente
  fra il primo anno di riferimento ed i due successivi, come
  conseguenza degli obiettivi stabiliti.
    Se, infatti, i provvedimenti per il 1994 dessero luogo a
  lire 6.700 miliardi di maggiore gettito "a regime", gli
  obiettivi per il 1995 e il 1996 verrebbero superati.  D'altra
  parte, da un punto di vista macroeconomico, la "transitorietà"
  di alcune misure, basate su un anticipo dei tempi di
  versamento, risulta utile a ridurre l'impatto immediato sulla
  domanda, che attraversa una fase congiunturale non favorevole,
  ed a contenere l'effetto sui prezzi.  Così, mentre per alcune
  misure la decorrenza è immediata, anche con il riferimento al
  periodo d'imposta 1993, per altre l'applicazione viene
  differita, in generale con riguardo al periodo d'imposta
  successivo.
    Particolare attenzione è stata posta nella selezione delle
  misure adottate.  Una quota elevata - oltre i due terzi -
  dell'intervento in materia di imposta sul valore aggiunto è
  assicurata, per il 1994, incidendo sui tempi dell'adempimento
  tributario, limitando, così, l'intervento sulle aliquote e,
  allo stesso tempo, rendendo la normativa più aderente alle
  direttive comunitarie.  L'effetto sugli operatori, di carattere
  essenzialmente finanziario, viene in parte attenuato dal
  ripristino - attuato con l'intervento correttivo di finanza
  pubblica del maggio 1993, con un anno di anticipo rispetto al
  periodo autorizzato dalla CEE per l'uso di un  décalage  -
  del sistema delle detrazioni per gli acquisti
  intracomunitari.
    Per il resto, le misure in materia di IVA -
  complessivamente pari, per il 1994, a lire 3.600 miliardi -
  sono conseguite per oltre lire 800 miliardi dall'aumento di un
  punto percentuale della cosiddetta aliquota "traghetto" del 12
  per cento che viene, pertanto, utilizzata per attuare il
  progressivo adeguamento della struttura delle aliquote
  richiesta dalle ulteriori scadenze del processo di
  armonizzazione comunitaria.  L'altra parte degli interventi
  sull'IVA è, invece, diretta a contrastare fenomeni di tipo
  elusivo, a contenere non giustificati trattamenti agevolati, a
  definire una struttura impositiva più aderente alle direttive
  comunitarie.
    Nel caso dei servizi telefonici, la previsione, a partire
  dal 1995, dell'aumento dell'aliquota dal 9 al 13 per cento
  costituisce un rinvio il cui annuncio è, peraltro, privo di
  effetti impropri - rispetto ad un possibile ritocco immediato
  dell'aliquota, nella prospettiva di applicazione dell'aliquota
  ordinaria.  Questo differimento è motivato, oltre che dalla
  esigenza di adeguare gli effetti di gettito della manovra agli
  obiettivi decisi dal Governo e approvati dal Parlamento,
  dall'intenzione di limitare gli effetti sui prezzi del
  provvedimento.
    L'impatto inflazionistico delle misure adottate, nonostante
  gli aumenti delle imposte di fabbricazione sulla benzina - il
  cui livello, peraltro, rimane inferiore, in termini reali, a
  quello del 1988-89 - si limita allo 0,20 per cento.  Questa
  misura è significativa per indicare la favorevole combinazione
  degli strumenti utilizzati in relazione al rapporto tra costi
  (in termini
 
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  di riflessi sui prezzi) e benefici (in termini di aumento
  delle entrate) degli interventi.
    Il provvedimento anticipa, infine, l'adozione, entro il
  prossimo 30 aprile, di provvedimenti in materia di adeguamento
  di tributi di importo fisso e dei prezzi di vendita dei generi
  di monopolio fiscale con i quali verranno assicurate maggiori
  entrate per il 1994 nella misura di lire 500 miliardi e per il
  1995 e 1996 nella misura di lire 600 miliardi per ciascun
  anno.
    Con l'articolo 1 vengono dettate alcune disposizioni
  recanti talune modifiche strutturali in materia di imposte sui
  redditi.
    Le modifiche riguardano, in particolare:
        a)  l'imponibilità degli interessi moratori e degli
  interessi per dilazioni di pagamento.
    La lettera  a)  del comma 1 dell'articolo 1 integra la
  disposizione dell'articolo 6, comma 2, del testo unico delle
  imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
  della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, con la previsione
  che gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di
  pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di
  quelli da cui derivano i crediti su cui detti interessi sono
  maturati.
    Con la successiva lettera  c)  viene rimossa
  l'intassabilità, attualmente esistente, degli interessi
  diversi da quelli derivanti da mutui, depositi e conti
  correnti e da obbligazioni, di cui alle lettere  a)  e
  b)  del comma 1 dell'articolo 41 del predetto testo
  unico.
    Tali modifiche tendono a superare l'attuale ingiustificata
  intassabilità di taluni interessi, senza, tuttavia, prevedere
  un'astratta e generalizzata imponibilità di tutti gli
  interessi in quanto tali.
    Pertanto, con la modifica all'articolo 6 del testo unico
  delle imposte sui redditi, si è provveduto a disciplinare la
  tassazione degli interessi moratori e degli interessi per
  dilazione di pagamento qualora essi accedano ad un credito da
  cui deriva un provento imponibile.  In particolare, la norma
  stabilisce che detti interessi costituiscono reddito della
  medesima categoria del reddito che ha dato luogo al credito
  sul quale gli interessi stessi sono maturati.  Da tale criterio
  discende che all'imponibilità del provento si accompagna
  quella degli interessi, tenuto peraltro conto che, anche
  secondo l'interpretazione già avanzata dall'Amministrazione
  finanziaria in vigenza del decreto del Presidente della
  Repubblica 29 settembre 1973, n.597, fino alle modifiche
  apportate dal vigente testo unico, essi assumono natura
  accessoria.
    Tale soluzione ha, peraltro, il vantaggio di non comportare
  ulteriori adempimenti all'atto dell'erogazione degli interessi
  in argomento, in quanto il loro trattamento, anche ai fini
  della ritenuta, è il medesimo dei redditi ai quali accedono;
  ciò consente, altresì, di sottrarre ad imposizione ai fini
  ILOR quegli interessi accessori a redditi, come quelli di
  lavoro che non sono assoggettati all'imposta medesima.
    Si interviene altresì sull'articolo 41 del testo unico
  delle imposte sui redditi per stabilire, nell'ambito dei
  redditi di capitale, l'imponibilità degli interessi, diversi
  da quelli già disciplinati dal riformulato articolo 6, sempre
  che gli stessi non abbiano natura compensativa.  Pertanto,
  continuano a restare fuori dall'ambito della tassazione, fra
  gli altri, gli interessi per ritardato rimborso di imposte e
  quelli su depositi cauzionali.
    Si rileva, infine, che la predetta modifica non assume
  alcuna rilevanza ai fini della determinazione del reddito di
  impresa, atteso che gli interessi di qualsiasi natura
  concorrono comunque, ai sensi dell'articolo 56, comma 3, dello
  stesso testo unico a formare il predetto reddito;
        b)  la lettera  b)  del comma 1 dell'articolo 1
  sopprime la disposizione contenuta nel comma 1, lettera
  a)  dell'articolo 13- bis  del testo unico delle
  imposte sul reddito.
    Da tale previsione normativa emerge che dall'imposta lorda
  è detraibile un importo pari al 27 per cento delle provvigioni
 
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  corrisposte agli intermediari immobiliari, residenti
  nel territorio dello Stato o aventi stabile organizzazione nel
  territorio nazionale, per l'acquisto o la vendita dei
  fabbricati.
    L'ammontare su cui commisurare la predetta percentuale del
  27 per cento è costituito dal 20 per cento delle
  provvigioni.
    Poiché la disposizione in esame non ha raggiunto
  l'obiettivo per il quale venne istituita (cioè assicurare il
  cosiddetto contrasto di interessi tra gli intermediari
  immobiliari e coloro che corrispondono a questi ultimi
  provvigioni) e tenuto conto delle difficoltà di calcolo
  incontrate dai contribuenti per fruire della detrazione
  d'imposta, si rende necessario abrogare la disposizione
  stessa;
        c)  la riduzione delle perdite d'impresa.
    Con le lettere  f)  e  m)  del comma 1
  dell'articolo 1 viene modificato l'attuale trattamento
  tributario previsto per le perdite derivanti dall'esercizio di
  imprese commerciali al fine di eliminare taluni effetti
  distorsivi che derivano dall'applicazione dell'articolo 58,
  comma 1, lettera  a),  del testo unico delle imposte sui
  redditi.
    Trattasi degli effetti determinati dai proventi dei cespiti
  che fruiscono di esenzione, nel caso in cui detti proventi,
  che non concorrono alla formazione del reddito, comportino
  l'emergenza di una perdita.
    Infatti, la possibilità consentita dall'articolo 8 del
  predetto testo unico di sottrarre le perdite d'impresa e
  quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome
  collettivo o in accomandita semplice dagli altri redditi
  posseduti e di computare l'eventuale eccedenza in diminuzione
  del reddito degli esercizi successivi, consente di
  "trasferire" l'esenzione riconosciuta a proventi conseguiti
  nell'ambito del reddito di impresa agli altri redditi
  eventualmente posseduti, determinando effetti che vanno oltre
  la naturale portata della norma agevolativa.
    La modifica all'articolo 52, comma 2, dello stesso testo
  unico, eliminerà i menzionati effetti distorsivi, in quanto la
  perdita d'impresa da considerare sarà computata al netto
  dell'ammontare dei proventi esenti che eccedono gli interessi
  passivi nonché le spese e altri componenti negativi non di
  imputazione specifica, di cui, rispettivamente, agli articoli
  63 e 75, commi 5 e 5- bis,  del testo unico, che non sono
  stati dedotti.
    Analogamente, per le società e gli enti di cui all'articolo
  87, comma 1, lettere  a)  e  b),  è stato modificato
  l'articolo 102, prevedendo che la perdita da portare in
  diminuzione del reddito degli esercizi successivi sia
  computata al netto del menzionato ammontare di proventi
  esenti.  Con riguardo a questi ultimi soggetti, la norma
  modificata, ancorché si applichi a decorrere dal periodo di
  imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente
  decreto-legge, esplicherà in pratica effetti impositivi negli
  esercizi successivi, in quanto comporterà una minore
  diminuzione del reddito imponibile per effetto del minor
  riporto delle perdite;
        d)  la ripartizione di riserve di capitale e
  riduzione del costo fiscalmente riconosciuto delle
  partecipazioni.
    La modifica recata dall'articolo 1, comma 1, lettera
  d),  all'articolo 44, comma 1, del testo unico delle
  imposte sui redditi chiarisce un principio insito nel sistema,
  anche se non esplicitato, relativamente alla situazione che si
  verifica nel caso in cui i soci ricevono somme o beni a titolo
  di ripartizione di riserve o altri fondi, di cui al medesimo
  articolo 44, comma 1, costituiti con soprapprezzi di emissione
  delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai
  sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti
  dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di
  rivalutazione monetaria esenti da imposta.  Quest'ultima
  disposizione stabilisce l'irrilevanza, ai fini reddituali,
  della ripartizione ai soci di dette riserve o fondi, in
  coerenza con la loro natura di apporto di capitale ma non
  definisce, tuttavia, le conseguenze che si producono a seguito
  di tale ripartizione.  Va evidenziato, al riguardo, che i
  sovrapprezzi
 
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  di emissione delle azioni o quote e gli interessi di
  conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote,
  così come i versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in
  conto capitale, costituiscono apporti di capitale sia per i
  soci che aggiungono tali versamenti al costo fiscalmente
  riconosciuto delle azioni o quote, sia per la società, per la
  quale i versamenti stessi non costituiscono proventi
  tassabili.  Pertanto, la loro ripartizione ai soci non può che
  determinare la riduzione del costo fiscalmente riconosciuto
  delle azioni o quote, analogamente a qualsiasi altra
  ripartizione di capitale;
        e)  la determinazione dell'utile da partecipazione
  in società ed enti in caso di recesso, riduzione del capitale
  esuberante e di liquidazione anche concorsuale della
  società.
    La riformulazione del comma 3 dell'articolo 44 del testo
  unico in parola, che disciplina la determinazione dell'utile
  nei casi di recesso, di riduzione del capitale esuberante o di
  liquidazione anche concorsuale delle società ed enti, è
  finalizzata, in primo luogo, a rendere più comprensibile la
  norma, che nella versione attuale è piuttosto oscura, e poi ad
  eliminare le storture ed i salti d'imposta che la norma stessa
  consente.
    La formulazione della norma vigente, secondo cui le somme o
  il valore normale dei beni ricevuti "costituiscono utili per
  la parte che eccede la quota del capitale e delle riserve o
  fondi di cui al comma 1 dello stesso articolo 44 rappresentata
  dalle azioni o quote annullate, diminuito o aumentato della
  differenza fra il prezzo pagato per l'acquisto di queste e il
  loro prezzo di emissione" lascia margini di indeterminatezza.
  Infatti il riferimento al prezzo di emissione, che può
  comprendere anche eventuali soprapprezzi di emissione o
  interessi di conguaglio, non è facilmente individuabile
  quando, come di frequente accade, le emissioni di azioni sono
  state numerose e con modalità differenziate.  Inoltre,
  l'applicazione dei criteri di computo dell'utile da tassare
  comporta ingiustificatamente l'esclusione della parte di utile
  corrispondente alle riserve e fondi di cui al comma 1 dello
  stesso articolo 44 (trattasi delle cosiddette riserve di
  capitale) anche per i soci che quelle riserve e fondi non
  hanno versato e per i quali, quindi, la ripartizione degli
  stessi non costituisce restituzione di capitale bensì guadagno
  di capitale.
    Esemplificando tale assunto, qualora un socio abbia
  sottoscritto le azioni a 100 e riceva, in caso di recesso, 120
  (di cui 100 per restituzione di capitale e 20 a titolo di
  ripartizione del soprapprezzo di emissione), la vigente
  formulazione dell'articolo 44, comma 3, comporta l'irrilevanza
  fiscale di detta ripartizione, ancorché il guadagno conseguito
  dal predetto socio sia pari a 20.
    Infine, si osserva che l'attribuzione del credito d'imposta
  sui dividendi,  ex  articolo 14 del testo unico delle
  imposte sui redditi, anche per l'utile determinato ai sensi
  dell'articolo 44, comma 3, può comportare il riconoscimento al
  socio del credito di imposta anche in relazione a utili per i
  quali la società non ha pagato né IRPEG né maggiorazione di
  conguaglio.
    Esemplificando, qualora il socio abbia acquistato le azioni
  a 80 e riceva, in caso di recesso, 100 (corrispondenti al
  capitale sociale), la vigente formulazione della norma in
  esame comporta l'attribuzione del credito d'imposta
  sull'ammontare di 20.
    Conseguentemente il socio non paga, in sostanza, alcuna
  imposta, potendo lo stesso fruire di un'eccedenza di credito
  qualora la sua aliquota marginale sia inferiore al 36 per
  cento.
    L'articolo 44, comma 3, del testo unico, nella nuova
  formulazione, assoggetta ad imposizione, quale utile da
  partecipazione, la differenza tra le somme o il valore normale
  dei beni ricevuti dai soci e il prezzo pagato per l'acquisto o
  la sottoscrizione, con il riconoscimento del credito d'imposta
  sui dividendi per la parte degli utili proporzionatamente
  corrispondente alle riserve diverse da quelle di cui al comma
  1 del medesimo articolo 44.  In tal modo vengono eliminati i
  suindicati effetti distorsivi.  Coerentemente si è
 
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  provveduto a modificare l'articolo 115, comma 2, lettera
  a),  che disciplina l'esclusione dall'ILOR dei redditi
  derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti
  all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, al fine di
  limitare tale esclusione ai redditi corrispondenti a quelli
  che la società ha assoggettato ad IRPEG o ad imposta di
  conguaglio e per i quali al socio spetta il credito d'imposta.
  Non si giustifica, infatti, l'esclusione dall'ILOR per i
  redditi determinati ai sensi dell'articolo 44, comma 3, ai
  quali non corrisponde alcuna imposta pagata dalla società;
        f)  i versamenti a copertura di perdite e
  determinazione del costo fiscalmente riconosciuto della
  partecipazione.
    L'attuale formulazione dell'articolo 61, comma 5, del testo
  unico, stabilisce che l'ammontare dei versamenti fatti a fondo
  perduto o in conto capitale alla società emittente o della
  rinuncia ai crediti derivanti da precedenti finanziamenti alla
  società stessa si aggiunge al costo della partecipazione;
  tuttavia la patrimonializzazione dei versamenti e delle
  remissioni di debito effettuati a copertura di perdite non è
  consentita per la parte che eccede il patrimonio netto della
  società emittente risultante dopo detta copertura.
    Nell'ambito delle misure di razionalizzazione dei criteri
  di determinazione di taluni redditi, si ritiene opportuno
  modificare la citata norma per rimuovere la preclusione
  attualmente prevista, che non trova alcuna giustificazione.
  Infatti, il socio di una società di capitali che, pur non
  essendo obbligato, in quanto limitatamente responsabile,
  ripiana un  deficit  patrimoniale, effettua in sostanza un
  nuovo investimento, il cui costo d'acquisizione non può che
  essere costituito dall'intero ammontare del versamento a
  copertura delle perdite.  Inoltre nell'ambito della modifica
  dell'articolo 61, comma 5, in commento, si è provveduto ad
  estendere la disciplina attualmente prevista per la rinuncia
  ai crediti derivanti da precedenti finanziamenti alla rinuncia
  ai crediti di qualsiasi natura, quindi anche di quelli
  derivanti da cessione di beni, vantati dal socio nei confronti
  della società.  Non si giustifica, infatti, che solo nel caso
  in cui il credito, al quale il socio rinuncia, derivi da un
  precedente finanziamento, lo stesso possa essere
  patrimonializzato.  Conseguentemente si è provveduto ad
  eliminare nell'articolo 55, comma 4, del testo unico delle
  imposte dei redditi, le parole "derivanti da precedenti
  finanziamenti";
        g)  la tassazione delle plusvalenze derivanti da
  cessione di partecipazioni non azionarie.
    L'attuale formulazione dell'articolo 81, comma 1, lettera
  c),  del testo unico prevede la tassazione delle
  plusvalenze realizzate, al di fuori dell'attività d'impresa,
  dalla cessione di partecipazioni sociali superiori al 2, al 5
  o al 15 per cento del capitale della società secondo che si
  tratti di azioni ammesse alla borsa o al mercato ristretto, di
  altre azioni o di partecipazioni non azionarie, mediante
  l'applicazione di una imposta sostitutiva pari al 25 per cento
  delle plusvalenze analiticamente determinate.
    La successiva lettera  c-bis)  prevede, per le
  plusvalenze diverse da quelle indicate nella lettera  c),
  l'opzione per la tassazione con il metodo forfettario il cui
  meccanismo impositivo consiste nell'assoggettamento delle
  plusvalenze, commisurate ad una percentuale del prezzo di
  vendita - che non può superare il 7 per cento di tale prezzo -
  ad un'imposta sostitutiva pari al 15 per cento.  Tale modalità
  di tassazione, che in genere comporta un'imposizione tenue o
  alcune volte puramente simbolica, non si giustifica quando si
  tratta di cessione di partecipazioni qualificate, quali sono
  da considerare quelle in società a responsabilità limitata al
  15 per cento, che non riguardano in alcun modo i mercati
  finanziari.
    La modifica recata dall'articolo 1, comma 1, lettera
  g),  riduce dal 15 al 10 per cento la percentuale
  prevista per le partecipazioni non azionarie, ampliando,
  quindi, l'ambito applicativo della tassazione delle
  plusvalenze analiticamente determinate,
 
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  generalmente più onerosa di quella forfettaria;
        h)  la trasformazione del regime delle ritenute per
  taluni redditi percepiti da imprenditori individuali.
    Con il comma 2 dell'articolo 1 viene modificato il regime
  di talune ritenute applicate attualmente a titolo d'imposta.
  La modifica riguarda le ritenute di cui ai primi due commi
  dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica
  29 settembre 1973, n.600 e dell'articolo 5 del decreto-legge
  30 settembre 1983, n.512, convertito, con modificazioni, dalla
  legge 25 novembre 1983, n. 649.  Si tratta, in particolare,
  delle ritenute sugli interessi, premi ed altri frutti delle
  obbligazioni e titoli similari e dei depositi e conti correnti
  bancari e postali nonché quelle sui proventi di ogni genere
  derivanti dai cosiddetti "titoli atipici".
    La modifica normativa ha lo scopo di neutralizzare
  possibili manovre elusive attualmente possibili da parte delle
  persone fisiche esercenti attività d'impresa.  Tali soggetti,
  infatti, potrebbero avere convenienza ad indebitarsi,
  deducendo i relativi interessi passivi in sede di
  determinazione dal reddito d'impresa, per acquistare, ad
  esempio, titoli obbligazionari assoggettati a ritenuta a
  titolo d'imposta.  Infatti, la deduzione degli interessi
  passivi determina un minor reddito imponibile e quindi una
  minore imposta, non compensata dal prelievo a titolo d'imposta
  afferente agli interessi attivi.  Peraltro, trattandosi di
  ritenute a titolo di imposta, non operano neanche quei
  meccanismi di recupero, quali la limitazione alla deducibilità
  degli interessi passivi e delle cosiddette spese generali,
  previsti invece per i proventi esenti.
    In base alla nuova previsione normativa, l'applicazione
  della ritenuta a titolo d'acconto sui proventi di cui
  trattasi, comporterà il loro concorso alla formazione del
  reddito d'impresa e quindi il loro assoggettamento ad
  imposizione sulla base delle ordinarie aliquote IRPEF e
  ILOR.
    Va peraltro osservato che già attualmente le ritenute
  operate sui proventi derivanti dalle partecipazioni a
  organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di
  diritto estero di cui all'articolo 10- ter,  comma 6,
  della legge 23 marzo 1983, n.77, aggiunto dall'articolo 13 del
  decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.83, sono applicate a
  titolo d'acconto nei confronti delle persone fisiche e dei
  soggetti di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte
  sui redditi, se esercenti d'attività d'impresa.
    Ai fini della decorrenza la modifica opera per gli
  interessi e i proventi maturati a decorrere dal 1^ gennaio
  1994.
    Per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto, con gli
  articoli 2, 3 e 4 sono introdotte varie modifiche che, da un
  canto, integrano la precedente normativa e coordinano talune
  disposizioni legislative che, in mancanza di tale
  collegamento, potrebbero essere utilizzate con finalità anche
  elusive e, dall'altro, adeguano più compiutamente la
  disciplina nazionale a quella comunitaria, sia sotto il
  profilo del procedimento di applicazione dell'imposta, sia
  sotto il profilo dell'aliquota applicabile su categorie di
  beni che non possono avvalersi di aliquote ridotte.
    In particolare, con l'articolo 2:
      si elimina la previsione esentativa di cui all'articolo
  10 del decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972
  per le prestazioni di raccolta, trasporto e smaltimento di
  rifiuti solidi urbani e le prestazioni di servizi di vigilanza
  o custodia rese dalle guardie campestri.
    Trattasi di operazioni per le quali la sesta direttiva non
  prevede il trattamento di esenzione dall'imposta.
  L'inserimento nella parte terza della tabella A, allegata al
  citato decreto presidenziale n.633 del 1972 delle prestazioni
  di smaltimento dei rifiuti assicura alle stesse un trattamento
  comunque agevolato in termini di aliquota applicabile.
    Per le prestazioni di smaltimento dei rifiuti è prevista,
  comunque, per l'anno 1994, l'applicazione dell'aliquota IVA
  del 4 per cento onde evitare un impatto negativo sul costo del
  servizio pubblico, anche per la considerazione che con il
  nuovo regime impositivo viene meno per gli imprenditori
  interessati la preclusione della
 
                               Pag. 8
 
  detrazione dell'imposta sugli acquisti di beni e servizi
  prevista dall'articolo 19, terzo comma, in relazione
  all'effettuazione di operazioni esenti.
    Per quanto concerne, invece, le prestazioni di servizi di
  vigilanza o custodia rese dalle guardie giurate di cui al
  regio decreto-legge 26 settembre 1935, n.1952, si prevede la
  loro esclusione dal novero delle prestazioni rese
  nell'esercizio di arti e professioni;
      si disciplina l'istituto della rettifica della detrazione
  di cui all'articolo 19- bis  del decreto del Presidente
  della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, che potrebbe aver
  dato luogo ad inconvenienti pratici nei casi in cui i soggetti
  passivi di imposta, avendo ricevuto beni ammortizzabili non
  sulla base di contratti di acquisto, bensì mediante contratti
  di appalto, non hanno trovato una puntuale disciplina
  normativa per quanto, in particolare, riguarda la
  determinazione del momento cui fare riferimento per il calcolo
  della rettifica.  Si dispone che in questa ipotesi i beni si
  considerano acquistati nell'anno della loro entrata in
  funzione, con l'effetto che la detrazione dell'imposta assolta
  per rivalsa in relazione alle prestazioni di servizi
  dipendenti dai contratti di appalto, già operata ai sensi
  dell'articolo 19 del citato decreto del Presidente della
  Repubblica n.633 del 1972, è soggetta a rettifica nei quattro
  anni successivi a quello in cui i beni stessi sono
  utilizzati;
      si dettano, inoltre, disposizioni per disciplinare la
  rettifica della detrazione dell'imposta nelle ipotesi in cui i
  beni ammortizzabili, in conseguenza di atti di fusione,
  scissione, cessione di aziende o complessi aziendali, ovvero
  di conferimenti, sono trasferiti da un soggetto ad altro che,
  in quanto effettua operazioni esenti, è tenuto alla rettifica
  della detrazione già operata dall'altro soggetto ai sensi
  dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica
  n.633 del 1972.  La norma stabilisce che, ai fini della
  rettifica, si assume come data di riferimento quella in cui i
  beni sono stati acquistati, nelle rispettive fattispecie dalla
  società incorporata, da quella fusa o scissa, ovvero dal
  soggetto che abbia ceduto o conferito aziende o complessi
  aziendali o conferito singoli beni ammortizzabili.
    Anche se le differenti fattispecie disciplinate presentano
  situazioni di fungibilità, si precisa che la disposizione
  relativa all'obbligo di rettifica si applica relativamente ai
  beni ammortizzabili oggetto delle suddette operazioni poste in
  essere dal 1^ gennaio 1994.
    La disposizione prevede, per la sua concreta applicazione,
  che in caso di cessione di azienda o di conferimento il
  soggetto cedente o conferente debba comunicare al cessionario
  o alla società conferitaria gli elementi rilevanti ai fini
  dell'esecuzione, da parte di questi ultimi, della
  rettifica.
    Resta, naturalmente, impregiudicata l'azione di
  accertamento dell'Amministrazione finanziaria prevista
  dall'articolo 10 della legge 29 dicembre 1990, n.408, in
  relazione ad operazioni di fusione, poste in essere al solo
  scopo di conseguire fraudolentemente un risparmio di imposta
  o, comunque, vantaggi tributari;
      si disciplinano le modalità di detrazione dell'imposta
  nei settori dello spettacolo, dei giuochi e dei trattenimenti
  pubblici, onde evitare che i soggetti che applicano il regime
  di detrazione forfettaria possano continuare ad operare la
  detrazione forfettizzata, nella stessa misura di due terzi,
  prevista per i citati settori, anche per altre operazioni
  connesse di pubblicità e sponsorizzazione - concorrano o meno
  alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta
  sugli spettacoli di cui al decreto del Presidente della
  Repubblica 26 ottobre 1972, n.640 - per le quali la citata
  misura di detrazione forfettaria sarebbe tale da procurare ai
  soggetti interessati un ingiustificato vantaggio fiscale.
    Pertanto, ferma restando la detrazione forfettaria di due
  terzi per le operazioni svolte nell'esercizio di attività
  spettacolistica, si prevede che per le prestazioni di
  pubblicità e sponsorizzazione la detrazione
 
                               Pag. 9
 
  compete in misura pari ad un decimo dell'imposta
  relativa alle prestazioni stesse ed è riscossa con le stesse
  modalità previste per l'imposta sugli spettacoli.  Ciò anche al
  fine di evitare che i soggetti interessati, i quali per
  effetto dell'applicazione in modo forfettario dell'imposta
  sono esonerati dagli adempimenti di fatturazione,
  registrazione e dichiarazione previsti dal titolo secondo del
  decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972, siano
  obbligati all'osservanza degli adempimenti contabili
  relativamente alle prestazioni pubblicitarie e di
  sponsorizzazione, salvo solo l'obbligo di fatturare le
  prestazioni stesse.
    Resta, inoltre, impregiudicata la facoltà che i soggetti
  hanno di optare per l'applicazione dell'imposta nel modo
  normale.  In tal caso l'opzione vincola per un triennio ed
  esplica effetti fino a quando non sia revocata.  Si consente,
  infine, che per l'anno 1994 l'opzione possa essere esercitata
  entro il 31 gennaio 1994.
    Con l'articolo 3 si rideterminano le modalità di
  liquidazione del tributo con riferimento ai momenti di
  effettuazione delle operazioni.  Invero, con l'articolo 15 del
  decreto-legge 22 maggio 1993, n.155, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.243, si è
  provveduto, come detto, con anticipo di un anno rispetto a
  quello assentito dagli organismi comunitari, alla eliminazione
  del  décalage  di detrazione per le operazioni relative ad
  acquisti intracomunitari.  Ciò ha comportato ai soggetti
  interessati notevoli vantaggi finanziari, per cui si è
  ritenuto opportuno adeguare la disciplina interna alle
  disposizioni contenute negli articoli 10 e 22 della VI
  direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, in
  relazione all'obbligo di versamento dell'imposta con
  riferimento al fatto generatore e alla esigibilità
  dell'imposta.
    Nel previgente ordinamento il termine temporale di quindici
  giorni, disposto dall'articolo 23 del decreto del Presidente
  della Repubblica n.633 del 1972 per l'annotazione delle
  fatture emesse, era tale da comportare un differimento del
  versamento dell'imposta afferente le fatture emesse negli
  ultimi quindici giorni di ciascun periodo d'imposta relative
  ad operazioni per le quali, ai sensi delle richiamate
  disposizioni comunitarie, si sono verificati i presupposti per
  la nascita dell'obbligazione tributaria.
    Con le modifiche apportate agli articoli 20, 23, 24, 27, 28
  e 29 del decreto presidenziale n.633 del 1972 e, per le
  operazioni intracomunitarie, all'articolo 47 del decreto-legge
  30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla
  legge 29 ottobre 1993, n.427, si lascia inalterato il termine
  di quindici giorni previsto per l'annotazione delle fatture
  emesse, ma si dispone che l'imposta afferente le operazioni
  fatturate in un determinato periodo d'imposta deve comunque
  essere compresa nella liquidazione relativa al medesimo
  periodo.  Si dispone che le nuove modalità di annotazione delle
  fatture emesse si applicano dal 1^ aprile 1994 onde consentire
  ai soggetti interessati di eseguire gli opportuni adattamenti
  ai sistemi informatici eventualmente adottati per la
  contabilizzazione delle operazioni effettuate.
    Con l'articolo 4 si introducono disposizioni volte a
  razionalizzare e rendere omogenea l'imposizione nel delicato
  settore dell'edilizia, eliminando nel contempo taluni effetti
  distorsivi prodotti dalla previgente disciplina che è stata
  oggetto di ripetuti interventi normativi.
    In particolare:
      restano assoggettate all'aliquota del 4 per cento le
  cessioni di beni finiti utilizzati per la costruzione di
  edifici di tipo economico di cui all'articolo 13 della legge 2
  luglio 1949, n.408, per la realizzazione delle costruzioni
  rurali, nonché per il recupero del patrimonio pubblico e
  privato danneggiato dai movimenti sismici del 1984, mentre
  sono soggette all'aliquota del 9 per cento le cessioni di beni
  finiti utilizzati per la realizzazione degli interventi di
  recupero di cui alla citata legge n.457 del 1978.  Ciò in
  conseguenza delle modifiche apportate ai numeri 24) della
  parte seconda e 127- terdecies)  della parte terza della
  richiamata tabella A;
 
                              Pag. 10
 
      con la soppressione del n.25) della parte seconda della
  tabella A e con la contestuale modifica del
  n.127- quinquiesdecies)  della parte terza della tabella
  stessa, si assoggettano alla aliquota ridotta del 9 per cento
  le cessioni di tutti gli immobili sui quali sono stati
  eseguiti interventi di recupero di cui all'articolo 31 della
  legge 5 agosto 1978, n.457, esclusi quelli di cui alle lettere
  a)  e  b)  concernenti manutenzioni ordinarie e
  straordinarie.  In base alla previgente normativa le dette
  cessioni erano assoggettate alla aliquota del 4 per cento se
  relative a case, uffici, negozi e simili ed a quella del 9 per
  cento se concernenti opere di urbanizzazione o edifici aventi
  finalità sociali (assistenza, istruzione, eccetera).  Pertanto,
  l'aliquota minima dell'1 per cento, che nel settore edilizio
  si vuole riferita soltanto alle cessioni di case di abitazione
  di tipo economico effettuate nei confronti di acquirenti di
  "prima casa", si rendeva applicabile anche alle cessioni di
  immobili non aventi la stessa rilevanza sociale, e quindi
  anche ad edifici di lusso o non adibiti a finalità abitative,
  quali capannoni, edifici industriali, eccetera.
    La previgente disciplina deriva da disposizioni contenute
  nel decreto-legge 22 maggio 1993, n.155, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.243, e nel
  decreto-legge 30 agosto 1993, n.331, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n.427, reiterativo
  di precedenti decreti-legge.  Tra i citati provvedimenti è
  mancato il necessario coordinamento, anche a causa dello
  sfasamento temporale verificatosi nei rispettivi  iter  di
  emanazione e di conversione in legge;
      con la modifica del n.39) della tabella A, parte seconda,
  si chiarisce la portata della disposizione relativa
  all'applicazione dell'aliquota IVA del 4 per cento alle
  prestazioni relative alla costruzione di fabbricati di tipo
  economico destinati ad abitazione.
    In sostanza si precisa che l'aliquota minima si rende
  applicabile sia nei casi in cui le prestazioni di servizi
  concernono la costruzione della prima casa per il committente,
  sia nelle ipotesi in cui le prestazioni stesse siano
  effettuate nei confronti di imprese che commettono la
  costruzione degli immobili per la successiva vendita.  In tale
  ultimo caso, comunque, l'effetto di recupero della maggiore
  imposta del 9 per cento si realizza nella successiva fase
  della cessione dell'intero fabbricato ovvero dei trasferimenti
  delle singole unità abitative qualora siano effettuati nei
  confronti di soggetti non aventi i requisiti per fruire
  dell'aliquota del 1 per cento per l'acquisto della prima
  casa.
    Ipotesi diverse di appalti per la costruzione di edifici
  abitativi di tipo economico riconducibili nella previsione di
  cui alla citata legge n.408 del 1948, restano in ogni caso
  soggette all'aliquota del 9 per cento.
    Inoltre le prestazioni di servizi relativi alla
  realizzazione degli interventi di recupero, già assoggettate
  all'aliquota del 4 per cento ai sensi del citato n.39),
  restano ora soggette all'aliquota del 9 per cento per effetto
  della modifica apportata anche al n.127 quaterdecies)
  della tabella A, parte terza;
      con le modifiche apportate ai numeri 26) e
  127- undecies),  rispettivamente, della parte seconda e
  della parte terza, della tabella A, si estendono, inoltre,
  anche alle assegnazioni di alloggi da parte delle cooperative
  edilizie e loro consorzi i criteri di applicazione
  dell'aliquota minima del 4 per cento stabiliti per le cessioni
  degli stessi ad acquirenti della prima casa, con l'effetto che
  l'assegnazione di un alloggio al socio già proprietario di
  altra unità abitativa resta soggetta alla maggiore aliquota
  del 9 per cento.
    Con lo stesso articolo 4 si è rideterminato il trattamento
  d'aliquota previsto per alcuni prodotti farmaceutici in
  conseguenza della nuova disciplina introdotta dal
  provvedimento di legge collegato alla legge finanziaria 1994
  che ha disposto l'abolizione, a decorrere dal gennaio 1991,
  del prontuario terapeutico costituito dai medicinali
  "prescrivibili" dal Servizio sanitario nazionale, e, nel
  contempo, ha stabilito
 
                              Pag. 11
 
  che le specialità medicinali ed i prodotti galenici
  sono "erogabili" dal Servizio stesso.
    Considerato che per effetto della nuova disciplina viene
  meno il riferimento oggettivo alla classificazione dei
  prodotti compresi nel prontuario terapeutico, di cui
  all'articolo 19, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n.67,
  come modificato dall'articolo 12 del decreto legislativo 30
  dicembre 1992, n.539, occorre, ai fini della determinazione
  dell'aliquota IVA applicabile, considerare esclusivamente la
  natura merceologica dei prodotti medicinali, non avendo più
  rilevanza la circostanza che il relativo onere sia o meno
  sostenuto dal Servizio sanitario nazionale, circostanza questa
  suscettibile di variazione per mutevoli esigenze di
  bilancio.
    Con lo stesso articolo 4 si dispone in via generale
  l'aumento dell'aliquota IVA dal 12 per cento al 13 per cento.
  Si è ritenuto opportuno adottare questa misura tenuto conto
  che, in base alle indicazioni contenute nella direttiva
  comunitaria sulla armonizzazione delle aliquote IVA 92/77/CEE
  del Consiglio del 19 ottobre 1982, i beni e servizi soggetti a
  questa aliquota dovranno, dopo il periodo transitorio, fissato
  fino al 31 dicembre 1996, essere assoggettati ad aliquota
  ordinaria, adeguamento che dovrà essere attuato gradualmente
  al fine di evitare sensibili effetti inflattivi.
    Si assoggettano, inoltre, all'aliquota del 13 per cento
  anche le prestazioni rese negli alberghi di categoria di lusso
  atteso che la citata direttiva prevede la possibilità di
  applicazione di aliquota ridotta per tutte le prestazioni
  alberghiere.
    Le prestazioni telefoniche per utenze private vengono
  egualmente assoggettate all'aliquota IVA del 13 per cento ma a
  decorrere dal 1^ gennaio 1995.
    Con il comma 5 dello stesso articolo 1 si apportano
  modifiche all'articolo 1, comma 2, della legge 29 ottobre
  1993, n.427, dirette ad assicurare un eguale trattamento per
  gli agricoltori forfettari che hanno effettuato cessioni di
  prodotti senza emissione di fatture rispetto a quelli che
  hanno emesso i predetti documenti nel periodo in cui per
  effetto dei decretilegge 28 aprile 1993, n.131, e 30 giugno
  1993, n.213, era stata preclusa per taluni soggetti
  l'applicazione del regime agricolo forfettario, mentre
  l'articolo 1, comma 2, della definitiva legge di conversione
  n.427 del 1993, ha riammesso i soggetti stessi
  all'applicazione del regime speciale agricolo con effetti
  retroattivi.  Con la norma, in buona sostanza, si consente a
  tutti i soggetti interessati il rimborso dei versamenti di
  imposta effettuati in relazione alle operazioni poste in
  essere nel periodo di vigenza dei richiamati decreti-legge,
  versamenti che non sono compatibili con il regime speciale
  agricolo dagli stessi definitivamente adottato.
    Con il successivo comma 6 dell'articolo 4 si sopprimono le
  disposizioni recate dal secondo e terzo periodo dell'articolo
  6, secondo comma, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n.746,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984,
  n.17, che consentivano agli agricoltori forfettari di
  effettuare, oltre alla detrazione forfettizzata, anche quella
  relativa alla parte dell'imposta assolta in via di rivalsa per
  gli acquisti di beni ammortizzabili non compensata con
  l'imposta relativa alle cessioni di prodotti agricoli
  effettuate nel corso dell'anno.  Il relativo importo poteva
  essere richiesto a rimborso in sede di dichiarazione
  annuale.
    Trattasi di disposizioni che procuravano vantaggi fiscali
  ai soggetti agricoli interessati, per cui si è provveduto alla
  loro abrogazione.  La misura decorre a partire dal periodo di
  imposta 1994, considerato che per gli investimenti effettuati
  nell'anno 1993 i soggetti interessati hanno tenuto conto della
  disposizione agevolativa.
    Gli aumenti dell'accisa sulle benzine e sui prodotti
  alcolici sono stabiliti nell'articolo 5.
    Gli aumenti riguardano la benzina (da lire 960,22 a lire
  1019,050 per litro), la benzina senza piombo (da lire 869,02 a
  lire 915,240 per litro) ed i prodotti alcolici intermedi (da
  lire 77.835 a lire 84.000 per ettolitro).
    Per l'alcole etilico l'aumento è nella misura di lire
  70.400 per ettolitro anidro e
 
                              Pag. 12
 
  riguarda solo gli alcoli ottenuti dalla distillazione del
  vino e di altri prodotti agricoli che attualmente beneficiano
  di una riduzione di accisa, rispetto all'aliquota normale di
  lire 1.146.600, pari a lire 195.000 per ettolitro anidro; tale
  riduzione viene ora fissata in lire 124.600 e,
  conseguentemente, l'accisa passa da lire 951.600 (1.146.600 -
  195.000) a lire 1.022.000 (1.146.600 - 124.600) per ettolitro
  anidro.
    Il livello di tassazione della benzina senza piombo
  rispetta la differenza di almeno 50 ECU (= lire 92.857 per
  mille litri), che è richiesta dalla direttiva comunitaria
  92/82/CEE del 19 ottobre 1992, rispetto all'aliquota prevista
  per la benzina con piombo.
    L'aumento della tassazione per i prodotti alcolici risponde
  all'esigenza di adeguare il livello di tassazione a quello
  dell'aliquota minima fissata dalla direttiva comunitaria
  92/84/CEE del Consiglio del 19 ottobre 1992, che ha subito un
  aumento per effetto della variazione del tasso di conversione
  dell'ECU tra il valore già considerato del 1^ ottobre 1992 e
  quello del 1^ ottobre 1993 ora applicabile.
    Nello stesso articolo viene, poi, stabilita l'applicazione
  degli aumenti anche alle benzine già immesse in consumo e che
  sono giacenti presso i depositi commerciali; per le modalità
  di applicazione di tali aumenti alle giacenze dei prodotti già
  immessi in consumo si fa rinvio alle disposizioni della legge
  11 maggio 1981, n.213, e successive modificazioni.
    Con l'articolo 6 si prevede che anche per l'anno 1994, si
  applica l'imposta straordinaria per l'immatricolazione delle
  auto e dei motoveicoli cosiddetti "di lusso", in ragione della
  loro potenza, imposta applicata, quale tributo
  "straordinario", per l'anno 1993 in forza del decreto-legge 30
  agosto 1993, n.331 (reiterativo di precedenti decreti-legge),
  convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993,
  n.427.
    A differenza di quanto stabilito dal citato decreto-legge
  n.331 del 1993, l'articolo prevede riduzioni di tassa del 10
  per cento per anno di vetustà del veicolo (calcolata dall'anno
  di prima immatricolazione o, in mancanza, dall'anno di
  costruzione), fino ad un massimo del 50 per cento del tributo
  previsto per l'immatricolazione dei corrispondenti veicoli
  nuovi di fabbrica.
    Inoltre si attribuisce l'esame delle controversie inerenti
  a tali tributi alle costituende commissioni tributarie.
    E' previsto altresì che per i ricorsi amministrativi già
  proposti permane la giurisdizione del giudice ordinario.  E' da
  ritenere peraltro che, trattandosi di tributi di recentissima
  istituzione, sia sinora già insorto un numero irrilevante di
  controversie.
    L'articolo 7 riguarda l'esenzione, dalla tassa sui
  contratti di trasferimento di titoli o valori, dei contratti
  aventi ad oggetto titoli di Stato, conclusi nell'ambito di
  mercati regolamentati (quali la Borsa valori ed il mercato
  telematico).
    La norma ha la finalità di eliminare una rilevante
  discriminazione di carattere fiscale che attiene alle
  operazioni di compravendita di titoli obbligazionari.  Allo
  stato attuale, infatti, le operazioni effettuate fra operatori
  esteri ed italiani e quelle effettuate sul mercato
  internazionale non sono - di norma - sottoposte ad alcuna
  tassa, a differenza delle operazioni effettuate sui mercati
  nazionali.
    Per quanto attiene alla situazione europea, nella maggior
  parte dei Paesi le transazioni in titoli non subiscono alcuna
  forma di imposizione.  Germania, Regno Unito, Svezia e Olanda
  hanno di recente abrogato la tassa in parola.  In Irlanda, dove
  la tassa peraltro si commisura all'1 per cento, i titoli dello
  Stato sono esenti.
    In questo quadro si inserisce il fenomeno di
  disintermediazione del mercato telematico dei titoli di Stato
  italiani a favore di piazze estere: le dimensioni di tale
  fenomeno appaiono ragguardevoli, e determinante appare anche
  la componente di vantaggio fiscale.  Quindi, considerato il
  limitato gettito della tassa sui contratti di trasferimento di
  titoli e valori (595 miliardi nel 1991 e circa 690 miliardi
  nel 1992), si è ravvisata l'opportunità di sopprimere tale
  prelievo limitatamente alle
 
                              Pag. 13
 
  transazioni aventi ad oggetto titoli di Stato negoziati in
  mercati regolamentati.  Il recupero di funzionalità che ne
  deriverebbe al mercato telematico risulterebbe particolarmente
  apprezzabile, con rilevanti benefici per la gestione del
  debito pubblico e, più in generale, della politica
  monetaria.
    Le disposizioni dell'articolo 8 intendono soprattutto
  razionalizzare e semplificare la tassa di bollo sugli atti
  posti in essere dalle banche con la clientela, concernenti la
  gestione di conti correnti.  In concreto, si dispone che la
  tassa sull'estratto conto sostituisca ogni altro tipo di
  bollo: in particolare, non saranno più dovuti quelli sugli
  assegni bancari e sulle ricevute.  Si persegue così lo scopo di
  favorire l'utilizzo del conto corrente come strumento di
  pagamento, esentando i documenti comunemente utilizzati per
  regolare le transazioni.
    Per evitare che il tributo interferisca sulla trasparenza
  nei rapporti tra la banca e la clientela, si dispone che
  l'importo annuo del bollo sia il medesimo, indipendentemente
  dalla frequenza con cui l'estratto conto viene inviato al
  correntista.  Conseguentemente, l'importo dovuto viene
  opportunamente graduato in funzione della periodicità del
  documento.  Oggi, invece, la previsione di una tassa uguale su
  ogni estratto conto comporta un incentivo a diradarne la
  frequenza di emissione, a detrimento della ricordata
  trasparenza nei rapporti con la clientela.
    Inoltre, al fine di evitare che l'obbligatorietà della
  forma scritta nei rapporti con la clientela, disposta dal
  nuovo testo unico delle leggi in materia bancaria e
  creditizia, di cui al decreto legislativo 1^ settembre 1993,
  n.385, comporti un onere eccessivo sulla clientela, si dispone
  che la tassa in somma fissa di 15.000 lire sui contratti si
  applichi indipendentemente dal numero dei fogli e dal numero
  delle copie necessari.
    Infine, allo scopo di evitare un disincentivo all'utilizzo
  dei mezzi di pagamento più innovativi, viene disposta
  l'abolizione del bollo sugli acquisti effettuati tramite carte
  di credito.
    Le disposizioni recate dall'articolo 9 mirano globalmente a
  dotare l'Amministrazione finanziaria di strumenti idonei a
  migliorare già nel breve periodo significativamente la qualità
  e l'efficienza del sistema catastale e della pubblicità
  immobiliare - in termini di completezza, attualità e
  probatorietà - e renderlo in tal modo più rispondente alle
  crescenti e diversificate esigenze delle Amministrazioni
  centrali e periferiche dello Stato, degli enti territoriali e
  degli operatori professionali.
    Quanto sopra sulla base di una strategica progettazione e
  pianificazione dei processi innovativi che, superando la
  frammentarietà che ha caratterizzato spesso i pregressi
  interventi, agisca con criteri di unitarietà e globalità sui
  diversi livelli strutturali e funzionali del sistema.
    Più in particolare i processi sopra indicati, in un'ottica
  di rigorosa continuità con la storia e lo sviluppo pregresso
  dell'istituto, sono mirati ad una profonda razionalizzazione e
  valorizzazione delle principali finalità e valenze della
  struttura; valenze che sul piano storico-istituzionale e
  dell'attualità, hanno qualificato e qualificano tuttora il
  sistema catastale quale:
      sistema di riferimento estimale per la realizzazione e
  perequazione dell'imposizione immobiliare;
      sistema di riferimento nei rapporti civilistici (sistema
  di pubblicità immobiliare);
      strumento conoscitivo del territorio nei suoi aspetti
  fisico-geografici, giuridici ed economici, indispensabile per
  le amministrazioni centrali dello Stato ed, in misura sempre
  più avvertita, per gli enti locali sotto molteplici e
  rilevanti profili civilistici, oltre quelli squisitamente
  tributari.
    Appare peraltro oltremodo chiaro che per il raggiungimento
  delle finalità sopra rappresentate, dovranno essere assicurati
  pregiudizialmente ed in modo rigoroso
 
                              Pag. 14
 
  alcuni requisiti di base dell'inventario catastale, e
  precisamente:
        a)  la completa inventariazione di tutti i beni
  immobili censibili catastalmente;
        b)  la rispondenza delle informazioni (alfanumeriche
  e grafiche) individuative e descrittive del singolo oggetto
  immobiliare, inventariato allo stato di fatto e di diritto che
  nel tempo contraddistingue l'oggetto medesimo;
        c)  il raggiungimento di idonee soglie: di qualità
  delle informazioni conservate sia a livello
  censuario-amministrativo che topocartografico; di facilità
  nell'accesso alle informazioni da parte del singolo
  contribuente e, più in generale, da parte della utenza
  istituzionale e privata.
    Per il raggiungimento dei rilevanti obiettivi sopraindicati
  si rende ovviamente necessario un complesso e articolato
  piano, sia programmatorio sia operativo, che coinvolgerà il
  personale del Dipartimento del territorio per un periodo non
  inferiore ad un triennio e la cui realizzazione presuppone la
  preliminare acquisizione di ulteriori strumenti normativi -
  quelli appunto previsti nella presente proposta legislativa -
  oltre a quelli in corso di emanazione ovvero di
  predisposizione previsti dal decreto-legge 23 gennaio 1993,
  n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo
  1993, n.75; quanto sopra unitamente ad adeguati flussi
  finanziari.
    Più precisamente - al fine di assicurare all'inventario
  catastale i requisiti sopra descritti - le disposizioni in
  esame prevedono le seguenti rilevanti innovazioni di carattere
  strutturale e procedurale:
        A)  il censimento di tutti i fabbricati rurali e la
  loro iscrizione nell'attuale catasto edilizio urbano, che
  assumerà o, meglio, riassumerà la denominazione storica di
  "catasto dei fabbricati", nonché la individuazione dei
  fabbricati di qualunque natura che non abbiano formato oggetto
  di dichiarazione al catasto.
    L'obiettivo, peraltro chiaro, di pervenire ad una completa
  ed uniforme inventariazione dell'intero patrimonio edilizio
  esistente potrà essere perseguito dall'Amministrazione
  finanziaria principalmente attraverso la previsione di tre
  nuovi strumenti normativi ed operativi:
        a)  l'utilizzazione di nuove tecnologie rapide e di
  basso costo (aerofotografia) per la realizzazione di una
  ricognizione generale del territorio (comma 1);
        b)  la definizione di nuovi criteri per il
  riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti
  fiscali (commi da 3 a 7);
        c)  la previsione di agevolazioni fiscali per gli
  immobili già censiti al catasto terreno quali rurali, che
  vengano denunciati entro il 31 dicembre 1995 quali unità
  immobiliari urbane in quanto non più rispondenti ai nuovi
  criteri di ruralità (commi 8 e 9).
    Peraltro il differimento dei termini (al 31 gennaio 1995)
  per i suddetti adempimenti - già previsti dall'articolo 1,
  comma 5, primo periodo, del decretolegge 27 aprile 1990, n.90,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990,
  n.165, come modificato dall'articolo 70, comma 4, della legge
  30 dicembre 1991, n.413 - ha permesso di prevedere che le
  dichiarazioni di accatastamento avvengano con le modalità
  informatizzate - e tali quindi da non creare arretrati
  cartacei - definite ai sensi dell'articolo 2, commi
  1- quinquies  ed 1- septies,  del decreto-legge 23
  gennaio 1993, n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge
  24 marzo 1993, n.75.  La portata innovativa degli strumenti
  sopra indicati è di immediata lettura.
    Da un lato, infatti, l'incrocio delle informazioni
  derivanti dalla fotografia aerea con quelle cartografiche
  permetterà alla Amministrazione finanziaria di individuare
  tutti i fabbricati non denunciati e di aggiornare - anche se
  con modalità speditive - la stessa cartografia; dall'altro, il
  rilevante sforzo di definire nuovi criteri di ruralità, di
  univoca interpretazione e di facile verificabilità -
  unitamente alle
 
                              Pag. 15
 
  agevolazioni sopra richiamate - dovrebbe costituire un
  significativo incentivo alla denuncia spontanea dei suddetti
  immobili da parte dei rispettivi possessori, già a partire dal
  prossimo anno 1994.
    E' da rilevare al riguardo come, sulla base dei dati in
  possesso del catasto, dei 5 milioni di fabbricati rurali,
  circa 2 milioni sembrano essere di dubbia qualifica rurale;
        B)  una rilevante semplificazione nella
  strutturazione degli archivi, segnatamente quelli cartografici
  ed alfanumerici del catasto terreni, con conseguente
  significativa riduzione dei costi di formazione ed
  aggiornamento.
    Detto obiettivo potrà essere concretamente perseguito con
  le previsioni contenute nel decreto ministeriale in corso di
  predisposizione, ai sensi del comma 1 sexies
  dell'articolo 2 del citato decretolegge n.16 del 1993 e sulla
  base delle disposizioni integrative previste nell'articolo in
  esame, con le quali vengono rivisitate e coordinate le attuali
  norme sulla formazione e conservazione del catasto terreni
  (comma 10, primo periodo).
    In particolare le operazioni di revisione generale degli
  estimi dei terreni, di cui al decreto del Ministro delle
  finanze 20 gennaio 1990, in corso di esecuzione, dovranno
  tener conto sia dei nuovi criteri definiti dall'articolo 2,
  comma 1- sexies,  del già citato decreto-legge 23 gennaio
  1993, n.16, che di quelli da emanare ai sensi dell'articolo in
  esame (comma 10, terzo periodo);
        C)  una rilevante semplificazione nelle modalità di
  esecuzione delle   operazioni di revisione generale ovvero
  parziale di classamento delle unità immobiliari urbane; di
  fatto, in base alle previsioni portate del comma 11, potranno
  essere eseguite attraverso procedimenti automatizzati, con
  facoltà per l'Amministrazione di richiedere elementi e dati ai
  proprietari di immobili con i modelli di dichiarazione, e per
  limitate porzioni del territorio comunale, caratterizzate da
  immobili significativamente uniformi per posizione e
  reddito;
        D)  l'automatico aggiornamento della banca dati
  catastale sia negli oggetti censiti sia nei soggetti titolari
  di diritti reali, in virtù delle sostanziali modifiche nelle
  modalità di presentazione e registrazione degli atti in
  ingresso previste dal decreto ministeriale predisposto ai
  sensi dei commi 1- quinquies  ed 1- septies
  dell'articolo 2 del decreto-legge n.16 del 1993, ed
  attualmente all'esame del Consiglio di Stato.
    Le suddette innovazioni procedurali hanno ovviamente quale
  obiettivo centrale la correntezza dell'aggiornamento e
  contestualmente una rigida delimitazione e stabilizzazione
  dell'attuale livello degli atti arretrati.
    In particolare è opportuno richiamare l'attenzione sulla
  previsione normativa dell'aggiornamento automatico delle
  posizioni soggettive del catasto, sulla base delle note di
  trascrizione acquisite al sistema delle conservatorie dei
  registri immobiliari, e sulla correlativa previsione
  dell'obbligo di identificare in modo corretto ed univoco,
  attraverso lo specifico codice immobiliare catastale (comune,
  foglio, mappale ed eventuale subalterno), ciascun immobile
  oggetto di atto traslativo o costitutivo di diritti reali.
    Attesa la straordinaria rilevanza dell'obiettivo per
  assicurare alla struttura i ricercati caratteri di qualità ed
  efficienza, anche e soprattutto in tema di certezza dei
  diritti iscritti, e di probatorietà delle iscrizioni, nonché
  la contenutezza degli oneri previsti per le categorie
  professionali rispetto ai rilevanti benefici, in termini di
  costi e più in generale sociali perseguibili
  dall'Amministrazione finanziaria con lo stretto collegamento
  conservatorie-catasto, nel comma 12 dell'articolo in esame è
  stata prevista la possibilità di introdurre, con apposito
  regolamento governativo da emanarsi ai sensi dell'articolo 17
  della legge 23 agosto 1988, n.400, un più preciso sistema di
  controllo dell'accettabilità degli atti in ingresso, in modo
  da   rinforzare e rendere di fatto cogenti le disposizioni
  di cui al richiamato decreto;
 
                              Pag. 16
 
        E)  il decentramento dei servizi del Dipartimento
  del territorio presso i comuni interessati al fine di fornire
  una risposta ad una sentita istanza collettiva; quella cioè di
  portare i punti di accesso alle informazioni catastali ed
  ipotecarie il più possibile vicino ai cittadini utilizzando i
  moderni strumenti informatici e telematici (comma 13, primo
  periodo).
    Peraltro, la capillare diffusione sul territorio degli
  sportelli eviterà le ricorrenti faticose file dei cittadini in
  occasione delle diverse scadenze fiscali e permetterà di
  utilizzare le risorse, segnatamente quelle del personale
  dell'Amministrazione, per fini più mirati all'aggiornamento
  del sistema;
        F)  la previsione di nuove tipologie di rapporto tra
  il Dipartimento del territorio e più in generale
  l'Amministrazione finanziaria, i comuni e gli esercenti la
  professione notarile, sulla base del regolamento governativo
  previsto nel comma 12, mirate ad assicurare:
        all'Amministrazione proficue forme collaborative, anche
  sull'aggiornamento catastale, limitate alle aree di specifica
  competenza istituzionale ovvero professionale dei soggetti
  sopra indicati;
        ai comuni, particolarmente interessati alla compiutezza
  dell'inventario immobiliare ed alla perequazione delle
  relative rendite catastali per la corretta gestione dell'ICI,
  una banca dati del catasto che si configura non solo come base
  di riferimento per la determinazione dell'imposta medesima, ma
  anche come strumento indispensabile, o comunque di grande
  utilità, per la conoscenza del territorio e per le consapevoli
  scelte di pianificazione territoriale;
        agli esercenti la professione notarile, la possibilità
  di accedere telematicamente a tutti gli archivi catastali ed
  ipotecari siti sul territorio nazionale per l'assunzione
  informazioni e per operare gli aggiornamenti di legge.
    Quanto precisato negli ultimi due punti motiva la
  previsione, ai sensi dei commi 12 e 13, dell'istituzione di un
  sistema di collegamento con interscambio informativo tra
  l'Amministrazione finanziaria, i comuni e gli esercenti la
  professione notarile - che pertanto si configurano come attori
  della conservazione e dell'aggiornamento del sistema, oltre
  che fruitori del sistema stesso e, per quanto concerne i
  comuni, erogatori dei relativi servizi nonché delle relative
  modalità di attuazione, accesso ed adeguamento delle banche
  dati degli uffici del Ministero delle finanze.
    Per soddisfare gli oneri che i comuni dovranno sopportare
  sia a livello di impianto che di gestione, per l'erogazione
  locale dei servizi catastali ed ipotecari ai cittadini, nonché
  per gli altri adempimenti a favore dell'Amministrazione
  finanziaria, sono state infine previste a favore dei suddetti
  enti due distinte forme di finanziamento:
        a)  l'attribuzione di una quota pari ad un terzo dei
  diritti e delle tasse ipotecarie vigenti (comma 13, primo
  periodo);
        b)  l'utilizzazione di una quota pari ad un terzo
  dei maggiori introiti dell'imposta comunale sugli immobili
  dovuta per l'anno 1994 (derivanti dai versamenti effettuati ai
  sensi delle disposizioni dell'articolo in esame), per il fine
  esclusivo dell'automazione dei sistemi informatici comunali
  (comma 14).
    E' previsto che alle predette attività provveda l'Autorità
  per l'informatica nella Pubblica amministrazione, d'intesa con
  l'Associazione nazionale comuni italiani, nel rispetto delle
  modalità di istituzione e gestione del servizio che saranno
  definite con decreto del Presidente del Consiglio dei
  ministri, su proposta del Ministro delle finanze.
    Circa l'entità dei fondi di cui al precedente punto  b)
  è da rilevare come in base a previsioni di massima il
  maggior gettito, derivante dai soli fabbricati ex rurali, sia
 
                              Pag. 17
 
  stato previsto per l'anno 1994 ed a regime nelle seguenti
  misure:
      a regime: ICI 200 miliardi; IRPEF 130 miliardi;
      1994: ICI 200 miliardi; IRPEF 200 miliardi (saldo 1993 ed
  acconto 1994).
    Da quanto sopra discende quindi che il fondo da attribuire
  all'Autorità per l'informatica dovrebbe ammontare a circa lire
  60 miliardi.
    In sintesi gli obiettivi perseguiti con le disposizioni in
  esame sono da individuare nella snellezza, compiutezza ed
  attualità delle iscrizioni catastali tali da assicurare sia un
  elevato livello dei servizi fomiti direttamente o
  indirettamente dal Dipartimento del territorio sia, e
  soprattutto, una perequata imposizione fiscale; e ciò grazie
  segnatamente al complesso processo di revisione in atto
  (revisione di qualificazione, classificazione, classamento e
  revisione degli estimi), il più ampio ed approfondito che il
  catasto abbia mai attuato dall'epoca della sua formazione, ma
  anche attraverso il recupero delle consistenti aree di
  evasione, ascrivibili sia ai fabbricati censiti impropriamente
  al catasto rurale, che alle nuove costruzioni ovvero agli
  interventi migliorativi sul patrimonio esistente per i quali è
  stata omessa la prevista denuncia di accatastamento ovvero di
  variazione.
    Ulteriori integrazioni all'inventario potrebbero derivare
  anche dalle aree urbane funzionali a specifiche attività
  (parcheggi, ...) ovvero dalle costruzioni cosiddette
  "precarie", nonché dalla istituzione di nuove categorie
  catastali, quali i postibarca.
    Per il raggiungimento dei rilevanti benefici sopra indicati
  si renderanno necessari - come peraltro già rilevato - anche
  adeguati finanziamenti e risorse: basti pensare agli oneri
  della ricognizione generale del territorio nazionale
  attraverso l'aerofotografia, ma anche alle attività di
  inventariazione degli immobili rurali, per le quali saranno da
  prevedere incentivi per il personale dipendente, ma - vista la
  eccezionalità dello sforzo e degli obiettivi - anche e
  soprattutto risorse per remunerare attività che dovranno
  essere delegate ad operatori esterni, opportunamente
  abilitati.
    Al riguardo però non appare superfluo precisare come il
  piano-progetto sopra illustrato potrebbe praticamente
  autofinanziarsi con una quota delle maggiori entrate che
  saranno conseguite con la realizzazione del programma
  medesimo, limitatamente agli anni necessari per il
  raggiungimento degli obiettivi sopra richiamati; è infine da
  precisare come l'analisi, già positiva per l'amministrazione
  statale in termini squisitamente finanziari, tenda a
  configurarsi decisamente più conveniente, qualora la stessa
  venga estesa alla migliore qualità dei servizi attingibili, ai
  minori costi di acquisizione delle informazioni da parte delle
  utenze pubbliche e private del sistema catastale, alle utilità
  che potranno essere conseguite, in termini di gestione e
  pianificazione territoriali, da parte dei comuni, alle
  rilevanti economie perseguibili dai comuni medesimi, con
  assunzione della banca dati catastali quale base di
  riferimento di un sistema informativo territoriale a livello
  comunale, non solo per finalità fiscali, e più in generale ai
  benefici che deriveranno al sistema amministrativo Italia, in
  rapporto anche e soprattutto ai processi di integrazione
  comunitaria.
    In merito al disposto dell'articolo 10 giova
  preliminarmente ricordare che l'articolo 2 della legge 24
  marzo 1993, n.75, di conversione del decreto legge 23 gennaio
  1993, n.16, stabilisce che il Governo è delegato ad adottare,
  entro il 31 dicembre 1993, un decreto legislativo al fine di
  apportare modificazioni alle tariffe d'estimo e alle rendite
  vigenti oggetto dei ricorsi presentati dai comuni alle
  Commissioni censuarie provinciali.  Nello stesso articolo è
  stabilito che con il medesimo decreto legislativo potranno
  essere introdotte ulteriori modificazioni delle tariffe
  d'estimo e delle rendite vigenti con l'applicazione di un
  coefficiente unico incrementativo per l'intero territorio
  nazionale, al fine di mantenere l'invarianza del gettito.
 
                              Pag. 18
 
    Per effetto della disposizione sopra richiamata tutte le
  rendite catastali potrebbero nuovamente variare, con
  conseguenti notevoli disagi per tutti i contribuenti.  Si è,
  pertanto, ritenuto opportuno abrogare (nel comma 2
  dell'articolo 10) la disposizione che prevede la possibilità
  di incrementare le rendite catastali.  Conseguentemente si è
  altresì provveduto a coprire la perdita di gettito conseguente
  alla revisione delle rendite catastali degli immobili situati
  nei comuni che hanno presentato ricorso con le modalità
  chiarite nella relazione tecnica al presente decreto.
    Al fine di non aggravare la perdita di gettito, nel comma 1
  dello stesso articolo 10 è stata rinviata di un anno l'entrata
  in vigore della   disposizione dell'articolo 2, comma 3,
  del decreto legge 6 dicembre 1993, n.903, in base alla quale i
  contribuenti possono dedurre dal reddito complessivo ai fini
  dell'IRPEF e dell'IRPEG la differenza tra il reddito dei
  fabbricati dichiarato per il periodo d'imposta 1992 e quello
  determinato sulla base delle tariffe e delle rendite
  risultanti dal decreto legislativo da emanare entro il 31
  dicembre 1993.  Al fine di non penalizzare i contribuenti
  interessati è stato, comunque, stabilito che gli importi da
  dedurre nell'anno successivo sono maggiorati del 6 per
  cento.
    L'articolo 11, in particolare, mira a dare immediata
  attuazione ai concorsi e alle operazioni a premio che
  utilizzano le modalità di svolgimento delle lotterie
  istantanee, prevedendo che il decreto del Ministro delle
  finanze, con il quale vengono determinati i criteri e le
  modalità di svolgimento di tali lotterie, non debba essere
  sottoposto al preventivo parere di commissioni o comitati.
  L'esigenza di tale disposizione è da ricercare nel
  considerevole sviluppo che dette manifestazioni avranno per
  effetto della spinta promozionale che l'amministrazione si
  accinge a porre in essere.  La disposizione di cui trattasi,
  infine, prevede ulteriori fattispecie sanzionatorie connesse
  all'esercizio abusivo dell'attività di gioco o di scommessa
  rispetto a quelle stabilite con l'articolo 4, comma 1, della
  legge 13 dicembre 1989, n.401, come modificato dall'articolo
  10, comma 32, della legge di accompagnamento alla legge
  finanziaria per l'anno 1994.
    Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) è
  intenzionato a procedere a partire dai primi dell'anno 1994,
  alla graduale estensione sull'intero territorio nazionale del
  concorso pronostici Totogol positivamente sperimentato sulla
  base delle istruzioni impartite da questo Ministero, presso le
  ricevitorie dell'Umbria e del Lazio in concomitanza con i
  concorsi Totocalcio n.40 e n.41 del 30 maggio e 6 giugno
  1993.
    L'estensione del nuovo gioco si presenta opportuna in
  quanto consentirà l'acquisizione di nuove entrate, anche in
  considerazione del fatto che la formula del Totogol non si
  contrappone a quella del gioco tradizionale ma anzi ne
  costituisce un ampliamento ed un utile elemento di traino e di
  affiancamento per la ripresa del Totocalcio.
    Inoltre, l'introduzione del Totogol risulta coerente con la
  necessità di reperire, nell'ambito dei giochi di abilità,
  formule complementari di partecipazione idonee non soltanto a
  soddisfare le aspirazioni innovative del pubblico dei
  pronosticatori ma anche a ridurre il fenomeno della raccolta
  clandestina delle giocate, che rappresenta un elemento di
  grave concorrenzialità ed arreca notevole danno all'Erario ed
  al CONI.
    Peraltro, l'organizzazione e la gestione del concorso,
  consistenti sia nella modifica di  firmware  da apportare
  ad oltre 20.000 validatrici, sia nel potenziamento e nella
  velocizzazione dell' hardware  disponibile, sia infine
  nell'adeguamento delle clausole contrattuali con le società
  informatiche che operano all'interno dei 14 CED zonali,
  comportano notevoli oneri di spesa che si aggiungono a quelli
  relativi alla soppressione dell'esenzione dal pagamento
  dell'IVA sulle forniture dei beni e servizi idonei alla
  realizzazione di tali operazioni disposta dalla legge 29
  ottobre 1993, n.427.
    Al fine di consentire al CONI di far fronte allo sforzo
  finanziario di cui si è
 
                              Pag. 19
 
  detto, con la norma recata dall'articolo 12 si prevede in
  sostanza, che per il Totogol i diretti fissi addizionali (lire
  100) di cui all'articolo 27, comma 1, della legge 30 dicembre
  1991, n.412, vengano accorpati alla posta di gioco, ferme
  restando le attuali aliquote di ripartizione di cui alla legge
  29 dicembre 1988, n.555 (montepremi 38 per cento, - imposta
  unica 26,80 per cento, - CONI 35,20 per cento, di cui 7 per
  cento spese di gestione - Istituto credito sportivo 3 per
  cento).
    La norma non comporta un minor gettito rispetto alla
  situazione attuale, in quanto l'agevolazione accordata
  riguarda esclusivamente il nuovo concorso dal quale, comunque,
  deriveranno nuove entrate per l'Erario.
    Nella ricerca di nuovi elementi rivolti a ringiovanire la
  struttura dei concorsi pronostici, si è andato vieppiù
  affermando in alcuni Stati stranieri quello che in lingua
  inglese viene chiamato  Jackpot,  consistente nel cumulo,
  in caso di mancanza in un determinato concorso di vincenti in
  una o più categorie, del relativo fondo premi con quello del
  concorso successivo.
    La possibilità del cumulo, evitando il frazionamento del
  fondo premi fra i numerosi vincenti della categoria inferiore,
  rappresenta un notevole stimolo per il giocatore, tanto da
  indurlo a partecipare al concorso successivo in vista di
  allettanti vincite.
    All'introduzione della formula anzidetta nei concorsi
  pronostici attualmente esercitati in Italia (Enalotto,
  Totocalcio e Totip) e nei nuovi concorsi pronostici in fase di
  sperimentazione da parte del Coni (Totogol e Toto 1x2), è di
  ostacolo la disposizione di cui all'articolo 2 del decreto del
  Presidente della Repubblica 18 aprile 1951, n. 581, in base
  alla quale "Nel caso di giuochi e di concorsi a svolgimento
  periodico ogni singola manifestazione si considera, ad ogni
  effetto, autonoma ed indipendente dalle altre".
    Al fine di ovviare a quanto sopra, con lo stesso articolo
  12 viene disposta l'abrogazione del citato articolo 2 del
  decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1951,
  n.581.
    L'articolo 13 dispone la riduzione, a partire dal 1^
  gennaio 1994, della misura degli interessi sui crediti e sui
  debiti di imposta dal 9 al 6 per cento annuo e dal 4,5 al 3
  per cento semestrale per quanto riguarda sia le imposte
  dirette che quelle indirette.
    L'articolo in esame prevede, altresì, che, a decorrere dal
  1^ gennaio 1995, la misura dei predetti interessi verrà
  determinata con decreto del Ministro delle finanze, di
  concerto con il Ministro del tesoro.
    Con l'articolo 14 si dispone che entro il 30 aprile 1994 si
  provveda alla emanazione - ai sensi dell'articolo 7 del
  decreto legge 27 aprile 1990, n.90, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 20 giugno 1990, n.165 - del decreto
  di variazione delle aliquote d'importo fisso di taluni tributi
  e - ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965,
  n.825, e successive modificazioni - del decreto ministeriale
  di variazione dei prezzi dei diversi tabacchi lavorati, in
  conseguenza anche della rideterminazione delle tabelle di
  ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico delle sigarette
  di cui all'articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n.76.
    L'entità della variazione tariffaria disposta con gli
  indicati provvedimenti ministeriali dovrà assicurare un
  maggiore gettito erariale di almeno lire 500 miliardi per
  l'anno 1991, e di 600 per i due successivi.
    Con la norma recata dall'articolo 15, si tratta di
  incentivare la produttività ed i controlli effettuati
  dall'Amministrazione finanziaria, la cui efficienza è
  presupposto indefettibile per una proficua politica di equità
  tributaria.
    Le prestazioni richieste, sia al personale civile che a
  quello militare, tra l'altro, si caratterizzano per un alto
  grado di specializzazione che comunque va valorizzata sia per
  stimolare una maggiore professionalità che per disincentivare
  esodi e disaffezioni da parte dei più preparati.
    E' prevista l'utilizzazione dei dati acquisiti nelle banche
  dati delle diverse pubbliche amministrazioni con ottimale
  utilizzo dello strumento informatico.
 
                              Pag. 20
 
    Tale miglioramento in termini di efficienza e
  professionalità, è agevole rilevare, si traduce in un sicuro
  incremento di gettito, derivante dalla emersione di zone
  impositive finora rimaste sommerse.
    Nella stessa logica si inserisce la previsione che, in
  deroga ai contingentamenti ora disposti per piante organiche e
  concorsi, consente di bandire concorsi per la copertura di
  1.000 posti da destinare alle sedi nelle quali, all'esito
  della verifica dei carichi di lavoro, si registrano maggiori
  carenze di organico e con la finalità esclusiva del
  potenziamento dell'attività di controllo.
    Con l'articolo 16, infine, si dispone che le maggiori
  entrate derivanti dal decreto, di cui si chiede la conversione
  in legge, sono  acquisite al bilancio dello Stato e sono
  utilizzate ai fini della copertura finanziaria degli oneri per
  il servizio del debito pubblico e ai fini della realizzazione
  degli obiettivi di politica economica e finanziaria.
 
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