| Onorevoli Deputati! -- Il decretolegge, di cui si
chiede la conversione in legge, è diretto a realizzare quanto
è stato stabilito dall'articolo 16, comma 16, della legge di
accompagnamento alla legge finanziaria per conseguire gli
obiettivi di finanza pubblica, in termini di fabbisogno e di
saldo primario, coerenti con la prospettiva di stabilizzazione
del rapporto
fra debito pubblico e prodotto interno lordo.
Al fine di conseguire maggiori entrate nette di lire 6.700
miliardi per il 1994 e di lire 6.000 miliardi per i due anni
successivi, viene tenuto conto anche degli effetti del decreto
legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 22
dicembre 1993, con il quale sono state apportate modifiche,
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sulla base delle decisioni della Commissione censuaria
centrale, alla misura degli estimi catastali.
Come già indicato nel Documento di programmazione
economico-finanziaria per il triennio 1994-1996, la nuova
manovra fiscale - la cui entità corrisponde per il 1994 a
circa 0,4 punti percentuali del PIL - è diretta essenzialmente
ad accrescere la pressione tributaria dal lato
dell'imposizione indiretta. Una parte dell'intervento (per
circa lire 800 miliardi), comunque, interessa anche
l'imposizione sui redditi, con misure che agiscono
essenzialmente su aspetti della normativa suscettibili di
produrre comportamenti elusivi in alcuni settori
dell'economia. Anche in questo senso, il provvedimento
assicura continuità agli obiettivi già delineati con il
collegato alla finanziaria.
Nel definire i tempi di decorrenza delle misure è stato
tenuto conto sia di considerazioni di fattibilità tecnica che
di valutazioni di opportunità economica, tenendo presente
l'esigenza di assicurare alla manovra un profilo decrescente
fra il primo anno di riferimento ed i due successivi, come
conseguenza degli obiettivi stabiliti.
Se, infatti, i provvedimenti per il 1994 dessero luogo a
lire 6.700 miliardi di maggiore gettito "a regime", gli
obiettivi per il 1995 e il 1996 verrebbero superati. D'altra
parte, da un punto di vista macroeconomico, la "transitorietà"
di alcune misure, basate su un anticipo dei tempi di
versamento, risulta utile a ridurre l'impatto immediato sulla
domanda, che attraversa una fase congiunturale non favorevole,
ed a contenere l'effetto sui prezzi. Così, mentre per alcune
misure la decorrenza è immediata, anche con il riferimento al
periodo d'imposta 1993, per altre l'applicazione viene
differita, in generale con riguardo al periodo d'imposta
successivo.
Particolare attenzione è stata posta nella selezione delle
misure adottate. Una quota elevata - oltre i due terzi -
dell'intervento in materia di imposta sul valore aggiunto è
assicurata, per il 1994, incidendo sui tempi dell'adempimento
tributario, limitando, così, l'intervento sulle aliquote e,
allo stesso tempo, rendendo la normativa più aderente alle
direttive comunitarie. L'effetto sugli operatori, di carattere
essenzialmente finanziario, viene in parte attenuato dal
ripristino - attuato con l'intervento correttivo di finanza
pubblica del maggio 1993, con un anno di anticipo rispetto al
periodo autorizzato dalla CEE per l'uso di un décalage -
del sistema delle detrazioni per gli acquisti
intracomunitari.
Per il resto, le misure in materia di IVA -
complessivamente pari, per il 1994, a lire 3.600 miliardi -
sono conseguite per oltre lire 800 miliardi dall'aumento di un
punto percentuale della cosiddetta aliquota "traghetto" del 12
per cento che viene, pertanto, utilizzata per attuare il
progressivo adeguamento della struttura delle aliquote
richiesta dalle ulteriori scadenze del processo di
armonizzazione comunitaria. L'altra parte degli interventi
sull'IVA è, invece, diretta a contrastare fenomeni di tipo
elusivo, a contenere non giustificati trattamenti agevolati, a
definire una struttura impositiva più aderente alle direttive
comunitarie.
Nel caso dei servizi telefonici, la previsione, a partire
dal 1995, dell'aumento dell'aliquota dal 9 al 13 per cento
costituisce un rinvio il cui annuncio è, peraltro, privo di
effetti impropri - rispetto ad un possibile ritocco immediato
dell'aliquota, nella prospettiva di applicazione dell'aliquota
ordinaria. Questo differimento è motivato, oltre che dalla
esigenza di adeguare gli effetti di gettito della manovra agli
obiettivi decisi dal Governo e approvati dal Parlamento,
dall'intenzione di limitare gli effetti sui prezzi del
provvedimento.
L'impatto inflazionistico delle misure adottate, nonostante
gli aumenti delle imposte di fabbricazione sulla benzina - il
cui livello, peraltro, rimane inferiore, in termini reali, a
quello del 1988-89 - si limita allo 0,20 per cento. Questa
misura è significativa per indicare la favorevole combinazione
degli strumenti utilizzati in relazione al rapporto tra costi
(in termini
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di riflessi sui prezzi) e benefici (in termini di aumento
delle entrate) degli interventi.
Il provvedimento anticipa, infine, l'adozione, entro il
prossimo 30 aprile, di provvedimenti in materia di adeguamento
di tributi di importo fisso e dei prezzi di vendita dei generi
di monopolio fiscale con i quali verranno assicurate maggiori
entrate per il 1994 nella misura di lire 500 miliardi e per il
1995 e 1996 nella misura di lire 600 miliardi per ciascun
anno.
Con l'articolo 1 vengono dettate alcune disposizioni
recanti talune modifiche strutturali in materia di imposte sui
redditi.
Le modifiche riguardano, in particolare:
a) l'imponibilità degli interessi moratori e degli
interessi per dilazioni di pagamento.
La lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 integra la
disposizione dell'articolo 6, comma 2, del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, con la previsione
che gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di
pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di
quelli da cui derivano i crediti su cui detti interessi sono
maturati.
Con la successiva lettera c) viene rimossa
l'intassabilità, attualmente esistente, degli interessi
diversi da quelli derivanti da mutui, depositi e conti
correnti e da obbligazioni, di cui alle lettere a) e
b) del comma 1 dell'articolo 41 del predetto testo
unico.
Tali modifiche tendono a superare l'attuale ingiustificata
intassabilità di taluni interessi, senza, tuttavia, prevedere
un'astratta e generalizzata imponibilità di tutti gli
interessi in quanto tali.
Pertanto, con la modifica all'articolo 6 del testo unico
delle imposte sui redditi, si è provveduto a disciplinare la
tassazione degli interessi moratori e degli interessi per
dilazione di pagamento qualora essi accedano ad un credito da
cui deriva un provento imponibile. In particolare, la norma
stabilisce che detti interessi costituiscono reddito della
medesima categoria del reddito che ha dato luogo al credito
sul quale gli interessi stessi sono maturati. Da tale criterio
discende che all'imponibilità del provento si accompagna
quella degli interessi, tenuto peraltro conto che, anche
secondo l'interpretazione già avanzata dall'Amministrazione
finanziaria in vigenza del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n.597, fino alle modifiche
apportate dal vigente testo unico, essi assumono natura
accessoria.
Tale soluzione ha, peraltro, il vantaggio di non comportare
ulteriori adempimenti all'atto dell'erogazione degli interessi
in argomento, in quanto il loro trattamento, anche ai fini
della ritenuta, è il medesimo dei redditi ai quali accedono;
ciò consente, altresì, di sottrarre ad imposizione ai fini
ILOR quegli interessi accessori a redditi, come quelli di
lavoro che non sono assoggettati all'imposta medesima.
Si interviene altresì sull'articolo 41 del testo unico
delle imposte sui redditi per stabilire, nell'ambito dei
redditi di capitale, l'imponibilità degli interessi, diversi
da quelli già disciplinati dal riformulato articolo 6, sempre
che gli stessi non abbiano natura compensativa. Pertanto,
continuano a restare fuori dall'ambito della tassazione, fra
gli altri, gli interessi per ritardato rimborso di imposte e
quelli su depositi cauzionali.
Si rileva, infine, che la predetta modifica non assume
alcuna rilevanza ai fini della determinazione del reddito di
impresa, atteso che gli interessi di qualsiasi natura
concorrono comunque, ai sensi dell'articolo 56, comma 3, dello
stesso testo unico a formare il predetto reddito;
b) la lettera b) del comma 1 dell'articolo 1
sopprime la disposizione contenuta nel comma 1, lettera
a) dell'articolo 13- bis del testo unico delle
imposte sul reddito.
Da tale previsione normativa emerge che dall'imposta lorda
è detraibile un importo pari al 27 per cento delle provvigioni
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corrisposte agli intermediari immobiliari, residenti
nel territorio dello Stato o aventi stabile organizzazione nel
territorio nazionale, per l'acquisto o la vendita dei
fabbricati.
L'ammontare su cui commisurare la predetta percentuale del
27 per cento è costituito dal 20 per cento delle
provvigioni.
Poiché la disposizione in esame non ha raggiunto
l'obiettivo per il quale venne istituita (cioè assicurare il
cosiddetto contrasto di interessi tra gli intermediari
immobiliari e coloro che corrispondono a questi ultimi
provvigioni) e tenuto conto delle difficoltà di calcolo
incontrate dai contribuenti per fruire della detrazione
d'imposta, si rende necessario abrogare la disposizione
stessa;
c) la riduzione delle perdite d'impresa.
Con le lettere f) e m) del comma 1
dell'articolo 1 viene modificato l'attuale trattamento
tributario previsto per le perdite derivanti dall'esercizio di
imprese commerciali al fine di eliminare taluni effetti
distorsivi che derivano dall'applicazione dell'articolo 58,
comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui
redditi.
Trattasi degli effetti determinati dai proventi dei cespiti
che fruiscono di esenzione, nel caso in cui detti proventi,
che non concorrono alla formazione del reddito, comportino
l'emergenza di una perdita.
Infatti, la possibilità consentita dall'articolo 8 del
predetto testo unico di sottrarre le perdite d'impresa e
quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome
collettivo o in accomandita semplice dagli altri redditi
posseduti e di computare l'eventuale eccedenza in diminuzione
del reddito degli esercizi successivi, consente di
"trasferire" l'esenzione riconosciuta a proventi conseguiti
nell'ambito del reddito di impresa agli altri redditi
eventualmente posseduti, determinando effetti che vanno oltre
la naturale portata della norma agevolativa.
La modifica all'articolo 52, comma 2, dello stesso testo
unico, eliminerà i menzionati effetti distorsivi, in quanto la
perdita d'impresa da considerare sarà computata al netto
dell'ammontare dei proventi esenti che eccedono gli interessi
passivi nonché le spese e altri componenti negativi non di
imputazione specifica, di cui, rispettivamente, agli articoli
63 e 75, commi 5 e 5- bis, del testo unico, che non sono
stati dedotti.
Analogamente, per le società e gli enti di cui all'articolo
87, comma 1, lettere a) e b), è stato modificato
l'articolo 102, prevedendo che la perdita da portare in
diminuzione del reddito degli esercizi successivi sia
computata al netto del menzionato ammontare di proventi
esenti. Con riguardo a questi ultimi soggetti, la norma
modificata, ancorché si applichi a decorrere dal periodo di
imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente
decreto-legge, esplicherà in pratica effetti impositivi negli
esercizi successivi, in quanto comporterà una minore
diminuzione del reddito imponibile per effetto del minor
riporto delle perdite;
d) la ripartizione di riserve di capitale e
riduzione del costo fiscalmente riconosciuto delle
partecipazioni.
La modifica recata dall'articolo 1, comma 1, lettera
d), all'articolo 44, comma 1, del testo unico delle
imposte sui redditi chiarisce un principio insito nel sistema,
anche se non esplicitato, relativamente alla situazione che si
verifica nel caso in cui i soci ricevono somme o beni a titolo
di ripartizione di riserve o altri fondi, di cui al medesimo
articolo 44, comma 1, costituiti con soprapprezzi di emissione
delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai
sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti
dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di
rivalutazione monetaria esenti da imposta. Quest'ultima
disposizione stabilisce l'irrilevanza, ai fini reddituali,
della ripartizione ai soci di dette riserve o fondi, in
coerenza con la loro natura di apporto di capitale ma non
definisce, tuttavia, le conseguenze che si producono a seguito
di tale ripartizione. Va evidenziato, al riguardo, che i
sovrapprezzi
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di emissione delle azioni o quote e gli interessi di
conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote,
così come i versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in
conto capitale, costituiscono apporti di capitale sia per i
soci che aggiungono tali versamenti al costo fiscalmente
riconosciuto delle azioni o quote, sia per la società, per la
quale i versamenti stessi non costituiscono proventi
tassabili. Pertanto, la loro ripartizione ai soci non può che
determinare la riduzione del costo fiscalmente riconosciuto
delle azioni o quote, analogamente a qualsiasi altra
ripartizione di capitale;
e) la determinazione dell'utile da partecipazione
in società ed enti in caso di recesso, riduzione del capitale
esuberante e di liquidazione anche concorsuale della
società.
La riformulazione del comma 3 dell'articolo 44 del testo
unico in parola, che disciplina la determinazione dell'utile
nei casi di recesso, di riduzione del capitale esuberante o di
liquidazione anche concorsuale delle società ed enti, è
finalizzata, in primo luogo, a rendere più comprensibile la
norma, che nella versione attuale è piuttosto oscura, e poi ad
eliminare le storture ed i salti d'imposta che la norma stessa
consente.
La formulazione della norma vigente, secondo cui le somme o
il valore normale dei beni ricevuti "costituiscono utili per
la parte che eccede la quota del capitale e delle riserve o
fondi di cui al comma 1 dello stesso articolo 44 rappresentata
dalle azioni o quote annullate, diminuito o aumentato della
differenza fra il prezzo pagato per l'acquisto di queste e il
loro prezzo di emissione" lascia margini di indeterminatezza.
Infatti il riferimento al prezzo di emissione, che può
comprendere anche eventuali soprapprezzi di emissione o
interessi di conguaglio, non è facilmente individuabile
quando, come di frequente accade, le emissioni di azioni sono
state numerose e con modalità differenziate. Inoltre,
l'applicazione dei criteri di computo dell'utile da tassare
comporta ingiustificatamente l'esclusione della parte di utile
corrispondente alle riserve e fondi di cui al comma 1 dello
stesso articolo 44 (trattasi delle cosiddette riserve di
capitale) anche per i soci che quelle riserve e fondi non
hanno versato e per i quali, quindi, la ripartizione degli
stessi non costituisce restituzione di capitale bensì guadagno
di capitale.
Esemplificando tale assunto, qualora un socio abbia
sottoscritto le azioni a 100 e riceva, in caso di recesso, 120
(di cui 100 per restituzione di capitale e 20 a titolo di
ripartizione del soprapprezzo di emissione), la vigente
formulazione dell'articolo 44, comma 3, comporta l'irrilevanza
fiscale di detta ripartizione, ancorché il guadagno conseguito
dal predetto socio sia pari a 20.
Infine, si osserva che l'attribuzione del credito d'imposta
sui dividendi, ex articolo 14 del testo unico delle
imposte sui redditi, anche per l'utile determinato ai sensi
dell'articolo 44, comma 3, può comportare il riconoscimento al
socio del credito di imposta anche in relazione a utili per i
quali la società non ha pagato né IRPEG né maggiorazione di
conguaglio.
Esemplificando, qualora il socio abbia acquistato le azioni
a 80 e riceva, in caso di recesso, 100 (corrispondenti al
capitale sociale), la vigente formulazione della norma in
esame comporta l'attribuzione del credito d'imposta
sull'ammontare di 20.
Conseguentemente il socio non paga, in sostanza, alcuna
imposta, potendo lo stesso fruire di un'eccedenza di credito
qualora la sua aliquota marginale sia inferiore al 36 per
cento.
L'articolo 44, comma 3, del testo unico, nella nuova
formulazione, assoggetta ad imposizione, quale utile da
partecipazione, la differenza tra le somme o il valore normale
dei beni ricevuti dai soci e il prezzo pagato per l'acquisto o
la sottoscrizione, con il riconoscimento del credito d'imposta
sui dividendi per la parte degli utili proporzionatamente
corrispondente alle riserve diverse da quelle di cui al comma
1 del medesimo articolo 44. In tal modo vengono eliminati i
suindicati effetti distorsivi. Coerentemente si è
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provveduto a modificare l'articolo 115, comma 2, lettera
a), che disciplina l'esclusione dall'ILOR dei redditi
derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti
all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, al fine di
limitare tale esclusione ai redditi corrispondenti a quelli
che la società ha assoggettato ad IRPEG o ad imposta di
conguaglio e per i quali al socio spetta il credito d'imposta.
Non si giustifica, infatti, l'esclusione dall'ILOR per i
redditi determinati ai sensi dell'articolo 44, comma 3, ai
quali non corrisponde alcuna imposta pagata dalla società;
f) i versamenti a copertura di perdite e
determinazione del costo fiscalmente riconosciuto della
partecipazione.
L'attuale formulazione dell'articolo 61, comma 5, del testo
unico, stabilisce che l'ammontare dei versamenti fatti a fondo
perduto o in conto capitale alla società emittente o della
rinuncia ai crediti derivanti da precedenti finanziamenti alla
società stessa si aggiunge al costo della partecipazione;
tuttavia la patrimonializzazione dei versamenti e delle
remissioni di debito effettuati a copertura di perdite non è
consentita per la parte che eccede il patrimonio netto della
società emittente risultante dopo detta copertura.
Nell'ambito delle misure di razionalizzazione dei criteri
di determinazione di taluni redditi, si ritiene opportuno
modificare la citata norma per rimuovere la preclusione
attualmente prevista, che non trova alcuna giustificazione.
Infatti, il socio di una società di capitali che, pur non
essendo obbligato, in quanto limitatamente responsabile,
ripiana un deficit patrimoniale, effettua in sostanza un
nuovo investimento, il cui costo d'acquisizione non può che
essere costituito dall'intero ammontare del versamento a
copertura delle perdite. Inoltre nell'ambito della modifica
dell'articolo 61, comma 5, in commento, si è provveduto ad
estendere la disciplina attualmente prevista per la rinuncia
ai crediti derivanti da precedenti finanziamenti alla rinuncia
ai crediti di qualsiasi natura, quindi anche di quelli
derivanti da cessione di beni, vantati dal socio nei confronti
della società. Non si giustifica, infatti, che solo nel caso
in cui il credito, al quale il socio rinuncia, derivi da un
precedente finanziamento, lo stesso possa essere
patrimonializzato. Conseguentemente si è provveduto ad
eliminare nell'articolo 55, comma 4, del testo unico delle
imposte dei redditi, le parole "derivanti da precedenti
finanziamenti";
g) la tassazione delle plusvalenze derivanti da
cessione di partecipazioni non azionarie.
L'attuale formulazione dell'articolo 81, comma 1, lettera
c), del testo unico prevede la tassazione delle
plusvalenze realizzate, al di fuori dell'attività d'impresa,
dalla cessione di partecipazioni sociali superiori al 2, al 5
o al 15 per cento del capitale della società secondo che si
tratti di azioni ammesse alla borsa o al mercato ristretto, di
altre azioni o di partecipazioni non azionarie, mediante
l'applicazione di una imposta sostitutiva pari al 25 per cento
delle plusvalenze analiticamente determinate.
La successiva lettera c-bis) prevede, per le
plusvalenze diverse da quelle indicate nella lettera c),
l'opzione per la tassazione con il metodo forfettario il cui
meccanismo impositivo consiste nell'assoggettamento delle
plusvalenze, commisurate ad una percentuale del prezzo di
vendita - che non può superare il 7 per cento di tale prezzo -
ad un'imposta sostitutiva pari al 15 per cento. Tale modalità
di tassazione, che in genere comporta un'imposizione tenue o
alcune volte puramente simbolica, non si giustifica quando si
tratta di cessione di partecipazioni qualificate, quali sono
da considerare quelle in società a responsabilità limitata al
15 per cento, che non riguardano in alcun modo i mercati
finanziari.
La modifica recata dall'articolo 1, comma 1, lettera
g), riduce dal 15 al 10 per cento la percentuale
prevista per le partecipazioni non azionarie, ampliando,
quindi, l'ambito applicativo della tassazione delle
plusvalenze analiticamente determinate,
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generalmente più onerosa di quella forfettaria;
h) la trasformazione del regime delle ritenute per
taluni redditi percepiti da imprenditori individuali.
Con il comma 2 dell'articolo 1 viene modificato il regime
di talune ritenute applicate attualmente a titolo d'imposta.
La modifica riguarda le ritenute di cui ai primi due commi
dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n.600 e dell'articolo 5 del decreto-legge
30 settembre 1983, n.512, convertito, con modificazioni, dalla
legge 25 novembre 1983, n. 649. Si tratta, in particolare,
delle ritenute sugli interessi, premi ed altri frutti delle
obbligazioni e titoli similari e dei depositi e conti correnti
bancari e postali nonché quelle sui proventi di ogni genere
derivanti dai cosiddetti "titoli atipici".
La modifica normativa ha lo scopo di neutralizzare
possibili manovre elusive attualmente possibili da parte delle
persone fisiche esercenti attività d'impresa. Tali soggetti,
infatti, potrebbero avere convenienza ad indebitarsi,
deducendo i relativi interessi passivi in sede di
determinazione dal reddito d'impresa, per acquistare, ad
esempio, titoli obbligazionari assoggettati a ritenuta a
titolo d'imposta. Infatti, la deduzione degli interessi
passivi determina un minor reddito imponibile e quindi una
minore imposta, non compensata dal prelievo a titolo d'imposta
afferente agli interessi attivi. Peraltro, trattandosi di
ritenute a titolo di imposta, non operano neanche quei
meccanismi di recupero, quali la limitazione alla deducibilità
degli interessi passivi e delle cosiddette spese generali,
previsti invece per i proventi esenti.
In base alla nuova previsione normativa, l'applicazione
della ritenuta a titolo d'acconto sui proventi di cui
trattasi, comporterà il loro concorso alla formazione del
reddito d'impresa e quindi il loro assoggettamento ad
imposizione sulla base delle ordinarie aliquote IRPEF e
ILOR.
Va peraltro osservato che già attualmente le ritenute
operate sui proventi derivanti dalle partecipazioni a
organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di
diritto estero di cui all'articolo 10- ter, comma 6,
della legge 23 marzo 1983, n.77, aggiunto dall'articolo 13 del
decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.83, sono applicate a
titolo d'acconto nei confronti delle persone fisiche e dei
soggetti di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte
sui redditi, se esercenti d'attività d'impresa.
Ai fini della decorrenza la modifica opera per gli
interessi e i proventi maturati a decorrere dal 1^ gennaio
1994.
Per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto, con gli
articoli 2, 3 e 4 sono introdotte varie modifiche che, da un
canto, integrano la precedente normativa e coordinano talune
disposizioni legislative che, in mancanza di tale
collegamento, potrebbero essere utilizzate con finalità anche
elusive e, dall'altro, adeguano più compiutamente la
disciplina nazionale a quella comunitaria, sia sotto il
profilo del procedimento di applicazione dell'imposta, sia
sotto il profilo dell'aliquota applicabile su categorie di
beni che non possono avvalersi di aliquote ridotte.
In particolare, con l'articolo 2:
si elimina la previsione esentativa di cui all'articolo
10 del decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972
per le prestazioni di raccolta, trasporto e smaltimento di
rifiuti solidi urbani e le prestazioni di servizi di vigilanza
o custodia rese dalle guardie campestri.
Trattasi di operazioni per le quali la sesta direttiva non
prevede il trattamento di esenzione dall'imposta.
L'inserimento nella parte terza della tabella A, allegata al
citato decreto presidenziale n.633 del 1972 delle prestazioni
di smaltimento dei rifiuti assicura alle stesse un trattamento
comunque agevolato in termini di aliquota applicabile.
Per le prestazioni di smaltimento dei rifiuti è prevista,
comunque, per l'anno 1994, l'applicazione dell'aliquota IVA
del 4 per cento onde evitare un impatto negativo sul costo del
servizio pubblico, anche per la considerazione che con il
nuovo regime impositivo viene meno per gli imprenditori
interessati la preclusione della
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detrazione dell'imposta sugli acquisti di beni e servizi
prevista dall'articolo 19, terzo comma, in relazione
all'effettuazione di operazioni esenti.
Per quanto concerne, invece, le prestazioni di servizi di
vigilanza o custodia rese dalle guardie giurate di cui al
regio decreto-legge 26 settembre 1935, n.1952, si prevede la
loro esclusione dal novero delle prestazioni rese
nell'esercizio di arti e professioni;
si disciplina l'istituto della rettifica della detrazione
di cui all'articolo 19- bis del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, che potrebbe aver
dato luogo ad inconvenienti pratici nei casi in cui i soggetti
passivi di imposta, avendo ricevuto beni ammortizzabili non
sulla base di contratti di acquisto, bensì mediante contratti
di appalto, non hanno trovato una puntuale disciplina
normativa per quanto, in particolare, riguarda la
determinazione del momento cui fare riferimento per il calcolo
della rettifica. Si dispone che in questa ipotesi i beni si
considerano acquistati nell'anno della loro entrata in
funzione, con l'effetto che la detrazione dell'imposta assolta
per rivalsa in relazione alle prestazioni di servizi
dipendenti dai contratti di appalto, già operata ai sensi
dell'articolo 19 del citato decreto del Presidente della
Repubblica n.633 del 1972, è soggetta a rettifica nei quattro
anni successivi a quello in cui i beni stessi sono
utilizzati;
si dettano, inoltre, disposizioni per disciplinare la
rettifica della detrazione dell'imposta nelle ipotesi in cui i
beni ammortizzabili, in conseguenza di atti di fusione,
scissione, cessione di aziende o complessi aziendali, ovvero
di conferimenti, sono trasferiti da un soggetto ad altro che,
in quanto effettua operazioni esenti, è tenuto alla rettifica
della detrazione già operata dall'altro soggetto ai sensi
dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica
n.633 del 1972. La norma stabilisce che, ai fini della
rettifica, si assume come data di riferimento quella in cui i
beni sono stati acquistati, nelle rispettive fattispecie dalla
società incorporata, da quella fusa o scissa, ovvero dal
soggetto che abbia ceduto o conferito aziende o complessi
aziendali o conferito singoli beni ammortizzabili.
Anche se le differenti fattispecie disciplinate presentano
situazioni di fungibilità, si precisa che la disposizione
relativa all'obbligo di rettifica si applica relativamente ai
beni ammortizzabili oggetto delle suddette operazioni poste in
essere dal 1^ gennaio 1994.
La disposizione prevede, per la sua concreta applicazione,
che in caso di cessione di azienda o di conferimento il
soggetto cedente o conferente debba comunicare al cessionario
o alla società conferitaria gli elementi rilevanti ai fini
dell'esecuzione, da parte di questi ultimi, della
rettifica.
Resta, naturalmente, impregiudicata l'azione di
accertamento dell'Amministrazione finanziaria prevista
dall'articolo 10 della legge 29 dicembre 1990, n.408, in
relazione ad operazioni di fusione, poste in essere al solo
scopo di conseguire fraudolentemente un risparmio di imposta
o, comunque, vantaggi tributari;
si disciplinano le modalità di detrazione dell'imposta
nei settori dello spettacolo, dei giuochi e dei trattenimenti
pubblici, onde evitare che i soggetti che applicano il regime
di detrazione forfettaria possano continuare ad operare la
detrazione forfettizzata, nella stessa misura di due terzi,
prevista per i citati settori, anche per altre operazioni
connesse di pubblicità e sponsorizzazione - concorrano o meno
alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta
sugli spettacoli di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n.640 - per le quali la citata
misura di detrazione forfettaria sarebbe tale da procurare ai
soggetti interessati un ingiustificato vantaggio fiscale.
Pertanto, ferma restando la detrazione forfettaria di due
terzi per le operazioni svolte nell'esercizio di attività
spettacolistica, si prevede che per le prestazioni di
pubblicità e sponsorizzazione la detrazione
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compete in misura pari ad un decimo dell'imposta
relativa alle prestazioni stesse ed è riscossa con le stesse
modalità previste per l'imposta sugli spettacoli. Ciò anche al
fine di evitare che i soggetti interessati, i quali per
effetto dell'applicazione in modo forfettario dell'imposta
sono esonerati dagli adempimenti di fatturazione,
registrazione e dichiarazione previsti dal titolo secondo del
decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972, siano
obbligati all'osservanza degli adempimenti contabili
relativamente alle prestazioni pubblicitarie e di
sponsorizzazione, salvo solo l'obbligo di fatturare le
prestazioni stesse.
Resta, inoltre, impregiudicata la facoltà che i soggetti
hanno di optare per l'applicazione dell'imposta nel modo
normale. In tal caso l'opzione vincola per un triennio ed
esplica effetti fino a quando non sia revocata. Si consente,
infine, che per l'anno 1994 l'opzione possa essere esercitata
entro il 31 gennaio 1994.
Con l'articolo 3 si rideterminano le modalità di
liquidazione del tributo con riferimento ai momenti di
effettuazione delle operazioni. Invero, con l'articolo 15 del
decreto-legge 22 maggio 1993, n.155, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.243, si è
provveduto, come detto, con anticipo di un anno rispetto a
quello assentito dagli organismi comunitari, alla eliminazione
del décalage di detrazione per le operazioni relative ad
acquisti intracomunitari. Ciò ha comportato ai soggetti
interessati notevoli vantaggi finanziari, per cui si è
ritenuto opportuno adeguare la disciplina interna alle
disposizioni contenute negli articoli 10 e 22 della VI
direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, in
relazione all'obbligo di versamento dell'imposta con
riferimento al fatto generatore e alla esigibilità
dell'imposta.
Nel previgente ordinamento il termine temporale di quindici
giorni, disposto dall'articolo 23 del decreto del Presidente
della Repubblica n.633 del 1972 per l'annotazione delle
fatture emesse, era tale da comportare un differimento del
versamento dell'imposta afferente le fatture emesse negli
ultimi quindici giorni di ciascun periodo d'imposta relative
ad operazioni per le quali, ai sensi delle richiamate
disposizioni comunitarie, si sono verificati i presupposti per
la nascita dell'obbligazione tributaria.
Con le modifiche apportate agli articoli 20, 23, 24, 27, 28
e 29 del decreto presidenziale n.633 del 1972 e, per le
operazioni intracomunitarie, all'articolo 47 del decreto-legge
30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 ottobre 1993, n.427, si lascia inalterato il termine
di quindici giorni previsto per l'annotazione delle fatture
emesse, ma si dispone che l'imposta afferente le operazioni
fatturate in un determinato periodo d'imposta deve comunque
essere compresa nella liquidazione relativa al medesimo
periodo. Si dispone che le nuove modalità di annotazione delle
fatture emesse si applicano dal 1^ aprile 1994 onde consentire
ai soggetti interessati di eseguire gli opportuni adattamenti
ai sistemi informatici eventualmente adottati per la
contabilizzazione delle operazioni effettuate.
Con l'articolo 4 si introducono disposizioni volte a
razionalizzare e rendere omogenea l'imposizione nel delicato
settore dell'edilizia, eliminando nel contempo taluni effetti
distorsivi prodotti dalla previgente disciplina che è stata
oggetto di ripetuti interventi normativi.
In particolare:
restano assoggettate all'aliquota del 4 per cento le
cessioni di beni finiti utilizzati per la costruzione di
edifici di tipo economico di cui all'articolo 13 della legge 2
luglio 1949, n.408, per la realizzazione delle costruzioni
rurali, nonché per il recupero del patrimonio pubblico e
privato danneggiato dai movimenti sismici del 1984, mentre
sono soggette all'aliquota del 9 per cento le cessioni di beni
finiti utilizzati per la realizzazione degli interventi di
recupero di cui alla citata legge n.457 del 1978. Ciò in
conseguenza delle modifiche apportate ai numeri 24) della
parte seconda e 127- terdecies) della parte terza della
richiamata tabella A;
Pag. 10
con la soppressione del n.25) della parte seconda della
tabella A e con la contestuale modifica del
n.127- quinquiesdecies) della parte terza della tabella
stessa, si assoggettano alla aliquota ridotta del 9 per cento
le cessioni di tutti gli immobili sui quali sono stati
eseguiti interventi di recupero di cui all'articolo 31 della
legge 5 agosto 1978, n.457, esclusi quelli di cui alle lettere
a) e b) concernenti manutenzioni ordinarie e
straordinarie. In base alla previgente normativa le dette
cessioni erano assoggettate alla aliquota del 4 per cento se
relative a case, uffici, negozi e simili ed a quella del 9 per
cento se concernenti opere di urbanizzazione o edifici aventi
finalità sociali (assistenza, istruzione, eccetera). Pertanto,
l'aliquota minima dell'1 per cento, che nel settore edilizio
si vuole riferita soltanto alle cessioni di case di abitazione
di tipo economico effettuate nei confronti di acquirenti di
"prima casa", si rendeva applicabile anche alle cessioni di
immobili non aventi la stessa rilevanza sociale, e quindi
anche ad edifici di lusso o non adibiti a finalità abitative,
quali capannoni, edifici industriali, eccetera.
La previgente disciplina deriva da disposizioni contenute
nel decreto-legge 22 maggio 1993, n.155, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.243, e nel
decreto-legge 30 agosto 1993, n.331, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n.427, reiterativo
di precedenti decreti-legge. Tra i citati provvedimenti è
mancato il necessario coordinamento, anche a causa dello
sfasamento temporale verificatosi nei rispettivi iter di
emanazione e di conversione in legge;
con la modifica del n.39) della tabella A, parte seconda,
si chiarisce la portata della disposizione relativa
all'applicazione dell'aliquota IVA del 4 per cento alle
prestazioni relative alla costruzione di fabbricati di tipo
economico destinati ad abitazione.
In sostanza si precisa che l'aliquota minima si rende
applicabile sia nei casi in cui le prestazioni di servizi
concernono la costruzione della prima casa per il committente,
sia nelle ipotesi in cui le prestazioni stesse siano
effettuate nei confronti di imprese che commettono la
costruzione degli immobili per la successiva vendita. In tale
ultimo caso, comunque, l'effetto di recupero della maggiore
imposta del 9 per cento si realizza nella successiva fase
della cessione dell'intero fabbricato ovvero dei trasferimenti
delle singole unità abitative qualora siano effettuati nei
confronti di soggetti non aventi i requisiti per fruire
dell'aliquota del 1 per cento per l'acquisto della prima
casa.
Ipotesi diverse di appalti per la costruzione di edifici
abitativi di tipo economico riconducibili nella previsione di
cui alla citata legge n.408 del 1948, restano in ogni caso
soggette all'aliquota del 9 per cento.
Inoltre le prestazioni di servizi relativi alla
realizzazione degli interventi di recupero, già assoggettate
all'aliquota del 4 per cento ai sensi del citato n.39),
restano ora soggette all'aliquota del 9 per cento per effetto
della modifica apportata anche al n.127 quaterdecies)
della tabella A, parte terza;
con le modifiche apportate ai numeri 26) e
127- undecies), rispettivamente, della parte seconda e
della parte terza, della tabella A, si estendono, inoltre,
anche alle assegnazioni di alloggi da parte delle cooperative
edilizie e loro consorzi i criteri di applicazione
dell'aliquota minima del 4 per cento stabiliti per le cessioni
degli stessi ad acquirenti della prima casa, con l'effetto che
l'assegnazione di un alloggio al socio già proprietario di
altra unità abitativa resta soggetta alla maggiore aliquota
del 9 per cento.
Con lo stesso articolo 4 si è rideterminato il trattamento
d'aliquota previsto per alcuni prodotti farmaceutici in
conseguenza della nuova disciplina introdotta dal
provvedimento di legge collegato alla legge finanziaria 1994
che ha disposto l'abolizione, a decorrere dal gennaio 1991,
del prontuario terapeutico costituito dai medicinali
"prescrivibili" dal Servizio sanitario nazionale, e, nel
contempo, ha stabilito
Pag. 11
che le specialità medicinali ed i prodotti galenici
sono "erogabili" dal Servizio stesso.
Considerato che per effetto della nuova disciplina viene
meno il riferimento oggettivo alla classificazione dei
prodotti compresi nel prontuario terapeutico, di cui
all'articolo 19, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n.67,
come modificato dall'articolo 12 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n.539, occorre, ai fini della determinazione
dell'aliquota IVA applicabile, considerare esclusivamente la
natura merceologica dei prodotti medicinali, non avendo più
rilevanza la circostanza che il relativo onere sia o meno
sostenuto dal Servizio sanitario nazionale, circostanza questa
suscettibile di variazione per mutevoli esigenze di
bilancio.
Con lo stesso articolo 4 si dispone in via generale
l'aumento dell'aliquota IVA dal 12 per cento al 13 per cento.
Si è ritenuto opportuno adottare questa misura tenuto conto
che, in base alle indicazioni contenute nella direttiva
comunitaria sulla armonizzazione delle aliquote IVA 92/77/CEE
del Consiglio del 19 ottobre 1982, i beni e servizi soggetti a
questa aliquota dovranno, dopo il periodo transitorio, fissato
fino al 31 dicembre 1996, essere assoggettati ad aliquota
ordinaria, adeguamento che dovrà essere attuato gradualmente
al fine di evitare sensibili effetti inflattivi.
Si assoggettano, inoltre, all'aliquota del 13 per cento
anche le prestazioni rese negli alberghi di categoria di lusso
atteso che la citata direttiva prevede la possibilità di
applicazione di aliquota ridotta per tutte le prestazioni
alberghiere.
Le prestazioni telefoniche per utenze private vengono
egualmente assoggettate all'aliquota IVA del 13 per cento ma a
decorrere dal 1^ gennaio 1995.
Con il comma 5 dello stesso articolo 1 si apportano
modifiche all'articolo 1, comma 2, della legge 29 ottobre
1993, n.427, dirette ad assicurare un eguale trattamento per
gli agricoltori forfettari che hanno effettuato cessioni di
prodotti senza emissione di fatture rispetto a quelli che
hanno emesso i predetti documenti nel periodo in cui per
effetto dei decretilegge 28 aprile 1993, n.131, e 30 giugno
1993, n.213, era stata preclusa per taluni soggetti
l'applicazione del regime agricolo forfettario, mentre
l'articolo 1, comma 2, della definitiva legge di conversione
n.427 del 1993, ha riammesso i soggetti stessi
all'applicazione del regime speciale agricolo con effetti
retroattivi. Con la norma, in buona sostanza, si consente a
tutti i soggetti interessati il rimborso dei versamenti di
imposta effettuati in relazione alle operazioni poste in
essere nel periodo di vigenza dei richiamati decreti-legge,
versamenti che non sono compatibili con il regime speciale
agricolo dagli stessi definitivamente adottato.
Con il successivo comma 6 dell'articolo 4 si sopprimono le
disposizioni recate dal secondo e terzo periodo dell'articolo
6, secondo comma, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n.746,
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984,
n.17, che consentivano agli agricoltori forfettari di
effettuare, oltre alla detrazione forfettizzata, anche quella
relativa alla parte dell'imposta assolta in via di rivalsa per
gli acquisti di beni ammortizzabili non compensata con
l'imposta relativa alle cessioni di prodotti agricoli
effettuate nel corso dell'anno. Il relativo importo poteva
essere richiesto a rimborso in sede di dichiarazione
annuale.
Trattasi di disposizioni che procuravano vantaggi fiscali
ai soggetti agricoli interessati, per cui si è provveduto alla
loro abrogazione. La misura decorre a partire dal periodo di
imposta 1994, considerato che per gli investimenti effettuati
nell'anno 1993 i soggetti interessati hanno tenuto conto della
disposizione agevolativa.
Gli aumenti dell'accisa sulle benzine e sui prodotti
alcolici sono stabiliti nell'articolo 5.
Gli aumenti riguardano la benzina (da lire 960,22 a lire
1019,050 per litro), la benzina senza piombo (da lire 869,02 a
lire 915,240 per litro) ed i prodotti alcolici intermedi (da
lire 77.835 a lire 84.000 per ettolitro).
Per l'alcole etilico l'aumento è nella misura di lire
70.400 per ettolitro anidro e
Pag. 12
riguarda solo gli alcoli ottenuti dalla distillazione del
vino e di altri prodotti agricoli che attualmente beneficiano
di una riduzione di accisa, rispetto all'aliquota normale di
lire 1.146.600, pari a lire 195.000 per ettolitro anidro; tale
riduzione viene ora fissata in lire 124.600 e,
conseguentemente, l'accisa passa da lire 951.600 (1.146.600 -
195.000) a lire 1.022.000 (1.146.600 - 124.600) per ettolitro
anidro.
Il livello di tassazione della benzina senza piombo
rispetta la differenza di almeno 50 ECU (= lire 92.857 per
mille litri), che è richiesta dalla direttiva comunitaria
92/82/CEE del 19 ottobre 1992, rispetto all'aliquota prevista
per la benzina con piombo.
L'aumento della tassazione per i prodotti alcolici risponde
all'esigenza di adeguare il livello di tassazione a quello
dell'aliquota minima fissata dalla direttiva comunitaria
92/84/CEE del Consiglio del 19 ottobre 1992, che ha subito un
aumento per effetto della variazione del tasso di conversione
dell'ECU tra il valore già considerato del 1^ ottobre 1992 e
quello del 1^ ottobre 1993 ora applicabile.
Nello stesso articolo viene, poi, stabilita l'applicazione
degli aumenti anche alle benzine già immesse in consumo e che
sono giacenti presso i depositi commerciali; per le modalità
di applicazione di tali aumenti alle giacenze dei prodotti già
immessi in consumo si fa rinvio alle disposizioni della legge
11 maggio 1981, n.213, e successive modificazioni.
Con l'articolo 6 si prevede che anche per l'anno 1994, si
applica l'imposta straordinaria per l'immatricolazione delle
auto e dei motoveicoli cosiddetti "di lusso", in ragione della
loro potenza, imposta applicata, quale tributo
"straordinario", per l'anno 1993 in forza del decreto-legge 30
agosto 1993, n.331 (reiterativo di precedenti decreti-legge),
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993,
n.427.
A differenza di quanto stabilito dal citato decreto-legge
n.331 del 1993, l'articolo prevede riduzioni di tassa del 10
per cento per anno di vetustà del veicolo (calcolata dall'anno
di prima immatricolazione o, in mancanza, dall'anno di
costruzione), fino ad un massimo del 50 per cento del tributo
previsto per l'immatricolazione dei corrispondenti veicoli
nuovi di fabbrica.
Inoltre si attribuisce l'esame delle controversie inerenti
a tali tributi alle costituende commissioni tributarie.
E' previsto altresì che per i ricorsi amministrativi già
proposti permane la giurisdizione del giudice ordinario. E' da
ritenere peraltro che, trattandosi di tributi di recentissima
istituzione, sia sinora già insorto un numero irrilevante di
controversie.
L'articolo 7 riguarda l'esenzione, dalla tassa sui
contratti di trasferimento di titoli o valori, dei contratti
aventi ad oggetto titoli di Stato, conclusi nell'ambito di
mercati regolamentati (quali la Borsa valori ed il mercato
telematico).
La norma ha la finalità di eliminare una rilevante
discriminazione di carattere fiscale che attiene alle
operazioni di compravendita di titoli obbligazionari. Allo
stato attuale, infatti, le operazioni effettuate fra operatori
esteri ed italiani e quelle effettuate sul mercato
internazionale non sono - di norma - sottoposte ad alcuna
tassa, a differenza delle operazioni effettuate sui mercati
nazionali.
Per quanto attiene alla situazione europea, nella maggior
parte dei Paesi le transazioni in titoli non subiscono alcuna
forma di imposizione. Germania, Regno Unito, Svezia e Olanda
hanno di recente abrogato la tassa in parola. In Irlanda, dove
la tassa peraltro si commisura all'1 per cento, i titoli dello
Stato sono esenti.
In questo quadro si inserisce il fenomeno di
disintermediazione del mercato telematico dei titoli di Stato
italiani a favore di piazze estere: le dimensioni di tale
fenomeno appaiono ragguardevoli, e determinante appare anche
la componente di vantaggio fiscale. Quindi, considerato il
limitato gettito della tassa sui contratti di trasferimento di
titoli e valori (595 miliardi nel 1991 e circa 690 miliardi
nel 1992), si è ravvisata l'opportunità di sopprimere tale
prelievo limitatamente alle
Pag. 13
transazioni aventi ad oggetto titoli di Stato negoziati in
mercati regolamentati. Il recupero di funzionalità che ne
deriverebbe al mercato telematico risulterebbe particolarmente
apprezzabile, con rilevanti benefici per la gestione del
debito pubblico e, più in generale, della politica
monetaria.
Le disposizioni dell'articolo 8 intendono soprattutto
razionalizzare e semplificare la tassa di bollo sugli atti
posti in essere dalle banche con la clientela, concernenti la
gestione di conti correnti. In concreto, si dispone che la
tassa sull'estratto conto sostituisca ogni altro tipo di
bollo: in particolare, non saranno più dovuti quelli sugli
assegni bancari e sulle ricevute. Si persegue così lo scopo di
favorire l'utilizzo del conto corrente come strumento di
pagamento, esentando i documenti comunemente utilizzati per
regolare le transazioni.
Per evitare che il tributo interferisca sulla trasparenza
nei rapporti tra la banca e la clientela, si dispone che
l'importo annuo del bollo sia il medesimo, indipendentemente
dalla frequenza con cui l'estratto conto viene inviato al
correntista. Conseguentemente, l'importo dovuto viene
opportunamente graduato in funzione della periodicità del
documento. Oggi, invece, la previsione di una tassa uguale su
ogni estratto conto comporta un incentivo a diradarne la
frequenza di emissione, a detrimento della ricordata
trasparenza nei rapporti con la clientela.
Inoltre, al fine di evitare che l'obbligatorietà della
forma scritta nei rapporti con la clientela, disposta dal
nuovo testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia, di cui al decreto legislativo 1^ settembre 1993,
n.385, comporti un onere eccessivo sulla clientela, si dispone
che la tassa in somma fissa di 15.000 lire sui contratti si
applichi indipendentemente dal numero dei fogli e dal numero
delle copie necessari.
Infine, allo scopo di evitare un disincentivo all'utilizzo
dei mezzi di pagamento più innovativi, viene disposta
l'abolizione del bollo sugli acquisti effettuati tramite carte
di credito.
Le disposizioni recate dall'articolo 9 mirano globalmente a
dotare l'Amministrazione finanziaria di strumenti idonei a
migliorare già nel breve periodo significativamente la qualità
e l'efficienza del sistema catastale e della pubblicità
immobiliare - in termini di completezza, attualità e
probatorietà - e renderlo in tal modo più rispondente alle
crescenti e diversificate esigenze delle Amministrazioni
centrali e periferiche dello Stato, degli enti territoriali e
degli operatori professionali.
Quanto sopra sulla base di una strategica progettazione e
pianificazione dei processi innovativi che, superando la
frammentarietà che ha caratterizzato spesso i pregressi
interventi, agisca con criteri di unitarietà e globalità sui
diversi livelli strutturali e funzionali del sistema.
Più in particolare i processi sopra indicati, in un'ottica
di rigorosa continuità con la storia e lo sviluppo pregresso
dell'istituto, sono mirati ad una profonda razionalizzazione e
valorizzazione delle principali finalità e valenze della
struttura; valenze che sul piano storico-istituzionale e
dell'attualità, hanno qualificato e qualificano tuttora il
sistema catastale quale:
sistema di riferimento estimale per la realizzazione e
perequazione dell'imposizione immobiliare;
sistema di riferimento nei rapporti civilistici (sistema
di pubblicità immobiliare);
strumento conoscitivo del territorio nei suoi aspetti
fisico-geografici, giuridici ed economici, indispensabile per
le amministrazioni centrali dello Stato ed, in misura sempre
più avvertita, per gli enti locali sotto molteplici e
rilevanti profili civilistici, oltre quelli squisitamente
tributari.
Appare peraltro oltremodo chiaro che per il raggiungimento
delle finalità sopra rappresentate, dovranno essere assicurati
pregiudizialmente ed in modo rigoroso
Pag. 14
alcuni requisiti di base dell'inventario catastale, e
precisamente:
a) la completa inventariazione di tutti i beni
immobili censibili catastalmente;
b) la rispondenza delle informazioni (alfanumeriche
e grafiche) individuative e descrittive del singolo oggetto
immobiliare, inventariato allo stato di fatto e di diritto che
nel tempo contraddistingue l'oggetto medesimo;
c) il raggiungimento di idonee soglie: di qualità
delle informazioni conservate sia a livello
censuario-amministrativo che topocartografico; di facilità
nell'accesso alle informazioni da parte del singolo
contribuente e, più in generale, da parte della utenza
istituzionale e privata.
Per il raggiungimento dei rilevanti obiettivi sopraindicati
si rende ovviamente necessario un complesso e articolato
piano, sia programmatorio sia operativo, che coinvolgerà il
personale del Dipartimento del territorio per un periodo non
inferiore ad un triennio e la cui realizzazione presuppone la
preliminare acquisizione di ulteriori strumenti normativi -
quelli appunto previsti nella presente proposta legislativa -
oltre a quelli in corso di emanazione ovvero di
predisposizione previsti dal decreto-legge 23 gennaio 1993,
n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo
1993, n.75; quanto sopra unitamente ad adeguati flussi
finanziari.
Più precisamente - al fine di assicurare all'inventario
catastale i requisiti sopra descritti - le disposizioni in
esame prevedono le seguenti rilevanti innovazioni di carattere
strutturale e procedurale:
A) il censimento di tutti i fabbricati rurali e la
loro iscrizione nell'attuale catasto edilizio urbano, che
assumerà o, meglio, riassumerà la denominazione storica di
"catasto dei fabbricati", nonché la individuazione dei
fabbricati di qualunque natura che non abbiano formato oggetto
di dichiarazione al catasto.
L'obiettivo, peraltro chiaro, di pervenire ad una completa
ed uniforme inventariazione dell'intero patrimonio edilizio
esistente potrà essere perseguito dall'Amministrazione
finanziaria principalmente attraverso la previsione di tre
nuovi strumenti normativi ed operativi:
a) l'utilizzazione di nuove tecnologie rapide e di
basso costo (aerofotografia) per la realizzazione di una
ricognizione generale del territorio (comma 1);
b) la definizione di nuovi criteri per il
riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti
fiscali (commi da 3 a 7);
c) la previsione di agevolazioni fiscali per gli
immobili già censiti al catasto terreno quali rurali, che
vengano denunciati entro il 31 dicembre 1995 quali unità
immobiliari urbane in quanto non più rispondenti ai nuovi
criteri di ruralità (commi 8 e 9).
Peraltro il differimento dei termini (al 31 gennaio 1995)
per i suddetti adempimenti - già previsti dall'articolo 1,
comma 5, primo periodo, del decretolegge 27 aprile 1990, n.90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990,
n.165, come modificato dall'articolo 70, comma 4, della legge
30 dicembre 1991, n.413 - ha permesso di prevedere che le
dichiarazioni di accatastamento avvengano con le modalità
informatizzate - e tali quindi da non creare arretrati
cartacei - definite ai sensi dell'articolo 2, commi
1- quinquies ed 1- septies, del decreto-legge 23
gennaio 1993, n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge
24 marzo 1993, n.75. La portata innovativa degli strumenti
sopra indicati è di immediata lettura.
Da un lato, infatti, l'incrocio delle informazioni
derivanti dalla fotografia aerea con quelle cartografiche
permetterà alla Amministrazione finanziaria di individuare
tutti i fabbricati non denunciati e di aggiornare - anche se
con modalità speditive - la stessa cartografia; dall'altro, il
rilevante sforzo di definire nuovi criteri di ruralità, di
univoca interpretazione e di facile verificabilità -
unitamente alle
Pag. 15
agevolazioni sopra richiamate - dovrebbe costituire un
significativo incentivo alla denuncia spontanea dei suddetti
immobili da parte dei rispettivi possessori, già a partire dal
prossimo anno 1994.
E' da rilevare al riguardo come, sulla base dei dati in
possesso del catasto, dei 5 milioni di fabbricati rurali,
circa 2 milioni sembrano essere di dubbia qualifica rurale;
B) una rilevante semplificazione nella
strutturazione degli archivi, segnatamente quelli cartografici
ed alfanumerici del catasto terreni, con conseguente
significativa riduzione dei costi di formazione ed
aggiornamento.
Detto obiettivo potrà essere concretamente perseguito con
le previsioni contenute nel decreto ministeriale in corso di
predisposizione, ai sensi del comma 1 sexies
dell'articolo 2 del citato decretolegge n.16 del 1993 e sulla
base delle disposizioni integrative previste nell'articolo in
esame, con le quali vengono rivisitate e coordinate le attuali
norme sulla formazione e conservazione del catasto terreni
(comma 10, primo periodo).
In particolare le operazioni di revisione generale degli
estimi dei terreni, di cui al decreto del Ministro delle
finanze 20 gennaio 1990, in corso di esecuzione, dovranno
tener conto sia dei nuovi criteri definiti dall'articolo 2,
comma 1- sexies, del già citato decreto-legge 23 gennaio
1993, n.16, che di quelli da emanare ai sensi dell'articolo in
esame (comma 10, terzo periodo);
C) una rilevante semplificazione nelle modalità di
esecuzione delle operazioni di revisione generale ovvero
parziale di classamento delle unità immobiliari urbane; di
fatto, in base alle previsioni portate del comma 11, potranno
essere eseguite attraverso procedimenti automatizzati, con
facoltà per l'Amministrazione di richiedere elementi e dati ai
proprietari di immobili con i modelli di dichiarazione, e per
limitate porzioni del territorio comunale, caratterizzate da
immobili significativamente uniformi per posizione e
reddito;
D) l'automatico aggiornamento della banca dati
catastale sia negli oggetti censiti sia nei soggetti titolari
di diritti reali, in virtù delle sostanziali modifiche nelle
modalità di presentazione e registrazione degli atti in
ingresso previste dal decreto ministeriale predisposto ai
sensi dei commi 1- quinquies ed 1- septies
dell'articolo 2 del decreto-legge n.16 del 1993, ed
attualmente all'esame del Consiglio di Stato.
Le suddette innovazioni procedurali hanno ovviamente quale
obiettivo centrale la correntezza dell'aggiornamento e
contestualmente una rigida delimitazione e stabilizzazione
dell'attuale livello degli atti arretrati.
In particolare è opportuno richiamare l'attenzione sulla
previsione normativa dell'aggiornamento automatico delle
posizioni soggettive del catasto, sulla base delle note di
trascrizione acquisite al sistema delle conservatorie dei
registri immobiliari, e sulla correlativa previsione
dell'obbligo di identificare in modo corretto ed univoco,
attraverso lo specifico codice immobiliare catastale (comune,
foglio, mappale ed eventuale subalterno), ciascun immobile
oggetto di atto traslativo o costitutivo di diritti reali.
Attesa la straordinaria rilevanza dell'obiettivo per
assicurare alla struttura i ricercati caratteri di qualità ed
efficienza, anche e soprattutto in tema di certezza dei
diritti iscritti, e di probatorietà delle iscrizioni, nonché
la contenutezza degli oneri previsti per le categorie
professionali rispetto ai rilevanti benefici, in termini di
costi e più in generale sociali perseguibili
dall'Amministrazione finanziaria con lo stretto collegamento
conservatorie-catasto, nel comma 12 dell'articolo in esame è
stata prevista la possibilità di introdurre, con apposito
regolamento governativo da emanarsi ai sensi dell'articolo 17
della legge 23 agosto 1988, n.400, un più preciso sistema di
controllo dell'accettabilità degli atti in ingresso, in modo
da rinforzare e rendere di fatto cogenti le disposizioni
di cui al richiamato decreto;
Pag. 16
E) il decentramento dei servizi del Dipartimento
del territorio presso i comuni interessati al fine di fornire
una risposta ad una sentita istanza collettiva; quella cioè di
portare i punti di accesso alle informazioni catastali ed
ipotecarie il più possibile vicino ai cittadini utilizzando i
moderni strumenti informatici e telematici (comma 13, primo
periodo).
Peraltro, la capillare diffusione sul territorio degli
sportelli eviterà le ricorrenti faticose file dei cittadini in
occasione delle diverse scadenze fiscali e permetterà di
utilizzare le risorse, segnatamente quelle del personale
dell'Amministrazione, per fini più mirati all'aggiornamento
del sistema;
F) la previsione di nuove tipologie di rapporto tra
il Dipartimento del territorio e più in generale
l'Amministrazione finanziaria, i comuni e gli esercenti la
professione notarile, sulla base del regolamento governativo
previsto nel comma 12, mirate ad assicurare:
all'Amministrazione proficue forme collaborative, anche
sull'aggiornamento catastale, limitate alle aree di specifica
competenza istituzionale ovvero professionale dei soggetti
sopra indicati;
ai comuni, particolarmente interessati alla compiutezza
dell'inventario immobiliare ed alla perequazione delle
relative rendite catastali per la corretta gestione dell'ICI,
una banca dati del catasto che si configura non solo come base
di riferimento per la determinazione dell'imposta medesima, ma
anche come strumento indispensabile, o comunque di grande
utilità, per la conoscenza del territorio e per le consapevoli
scelte di pianificazione territoriale;
agli esercenti la professione notarile, la possibilità
di accedere telematicamente a tutti gli archivi catastali ed
ipotecari siti sul territorio nazionale per l'assunzione
informazioni e per operare gli aggiornamenti di legge.
Quanto precisato negli ultimi due punti motiva la
previsione, ai sensi dei commi 12 e 13, dell'istituzione di un
sistema di collegamento con interscambio informativo tra
l'Amministrazione finanziaria, i comuni e gli esercenti la
professione notarile - che pertanto si configurano come attori
della conservazione e dell'aggiornamento del sistema, oltre
che fruitori del sistema stesso e, per quanto concerne i
comuni, erogatori dei relativi servizi nonché delle relative
modalità di attuazione, accesso ed adeguamento delle banche
dati degli uffici del Ministero delle finanze.
Per soddisfare gli oneri che i comuni dovranno sopportare
sia a livello di impianto che di gestione, per l'erogazione
locale dei servizi catastali ed ipotecari ai cittadini, nonché
per gli altri adempimenti a favore dell'Amministrazione
finanziaria, sono state infine previste a favore dei suddetti
enti due distinte forme di finanziamento:
a) l'attribuzione di una quota pari ad un terzo dei
diritti e delle tasse ipotecarie vigenti (comma 13, primo
periodo);
b) l'utilizzazione di una quota pari ad un terzo
dei maggiori introiti dell'imposta comunale sugli immobili
dovuta per l'anno 1994 (derivanti dai versamenti effettuati ai
sensi delle disposizioni dell'articolo in esame), per il fine
esclusivo dell'automazione dei sistemi informatici comunali
(comma 14).
E' previsto che alle predette attività provveda l'Autorità
per l'informatica nella Pubblica amministrazione, d'intesa con
l'Associazione nazionale comuni italiani, nel rispetto delle
modalità di istituzione e gestione del servizio che saranno
definite con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro delle finanze.
Circa l'entità dei fondi di cui al precedente punto b)
è da rilevare come in base a previsioni di massima il
maggior gettito, derivante dai soli fabbricati ex rurali, sia
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stato previsto per l'anno 1994 ed a regime nelle seguenti
misure:
a regime: ICI 200 miliardi; IRPEF 130 miliardi;
1994: ICI 200 miliardi; IRPEF 200 miliardi (saldo 1993 ed
acconto 1994).
Da quanto sopra discende quindi che il fondo da attribuire
all'Autorità per l'informatica dovrebbe ammontare a circa lire
60 miliardi.
In sintesi gli obiettivi perseguiti con le disposizioni in
esame sono da individuare nella snellezza, compiutezza ed
attualità delle iscrizioni catastali tali da assicurare sia un
elevato livello dei servizi fomiti direttamente o
indirettamente dal Dipartimento del territorio sia, e
soprattutto, una perequata imposizione fiscale; e ciò grazie
segnatamente al complesso processo di revisione in atto
(revisione di qualificazione, classificazione, classamento e
revisione degli estimi), il più ampio ed approfondito che il
catasto abbia mai attuato dall'epoca della sua formazione, ma
anche attraverso il recupero delle consistenti aree di
evasione, ascrivibili sia ai fabbricati censiti impropriamente
al catasto rurale, che alle nuove costruzioni ovvero agli
interventi migliorativi sul patrimonio esistente per i quali è
stata omessa la prevista denuncia di accatastamento ovvero di
variazione.
Ulteriori integrazioni all'inventario potrebbero derivare
anche dalle aree urbane funzionali a specifiche attività
(parcheggi, ...) ovvero dalle costruzioni cosiddette
"precarie", nonché dalla istituzione di nuove categorie
catastali, quali i postibarca.
Per il raggiungimento dei rilevanti benefici sopra indicati
si renderanno necessari - come peraltro già rilevato - anche
adeguati finanziamenti e risorse: basti pensare agli oneri
della ricognizione generale del territorio nazionale
attraverso l'aerofotografia, ma anche alle attività di
inventariazione degli immobili rurali, per le quali saranno da
prevedere incentivi per il personale dipendente, ma - vista la
eccezionalità dello sforzo e degli obiettivi - anche e
soprattutto risorse per remunerare attività che dovranno
essere delegate ad operatori esterni, opportunamente
abilitati.
Al riguardo però non appare superfluo precisare come il
piano-progetto sopra illustrato potrebbe praticamente
autofinanziarsi con una quota delle maggiori entrate che
saranno conseguite con la realizzazione del programma
medesimo, limitatamente agli anni necessari per il
raggiungimento degli obiettivi sopra richiamati; è infine da
precisare come l'analisi, già positiva per l'amministrazione
statale in termini squisitamente finanziari, tenda a
configurarsi decisamente più conveniente, qualora la stessa
venga estesa alla migliore qualità dei servizi attingibili, ai
minori costi di acquisizione delle informazioni da parte delle
utenze pubbliche e private del sistema catastale, alle utilità
che potranno essere conseguite, in termini di gestione e
pianificazione territoriali, da parte dei comuni, alle
rilevanti economie perseguibili dai comuni medesimi, con
assunzione della banca dati catastali quale base di
riferimento di un sistema informativo territoriale a livello
comunale, non solo per finalità fiscali, e più in generale ai
benefici che deriveranno al sistema amministrativo Italia, in
rapporto anche e soprattutto ai processi di integrazione
comunitaria.
In merito al disposto dell'articolo 10 giova
preliminarmente ricordare che l'articolo 2 della legge 24
marzo 1993, n.75, di conversione del decreto legge 23 gennaio
1993, n.16, stabilisce che il Governo è delegato ad adottare,
entro il 31 dicembre 1993, un decreto legislativo al fine di
apportare modificazioni alle tariffe d'estimo e alle rendite
vigenti oggetto dei ricorsi presentati dai comuni alle
Commissioni censuarie provinciali. Nello stesso articolo è
stabilito che con il medesimo decreto legislativo potranno
essere introdotte ulteriori modificazioni delle tariffe
d'estimo e delle rendite vigenti con l'applicazione di un
coefficiente unico incrementativo per l'intero territorio
nazionale, al fine di mantenere l'invarianza del gettito.
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Per effetto della disposizione sopra richiamata tutte le
rendite catastali potrebbero nuovamente variare, con
conseguenti notevoli disagi per tutti i contribuenti. Si è,
pertanto, ritenuto opportuno abrogare (nel comma 2
dell'articolo 10) la disposizione che prevede la possibilità
di incrementare le rendite catastali. Conseguentemente si è
altresì provveduto a coprire la perdita di gettito conseguente
alla revisione delle rendite catastali degli immobili situati
nei comuni che hanno presentato ricorso con le modalità
chiarite nella relazione tecnica al presente decreto.
Al fine di non aggravare la perdita di gettito, nel comma 1
dello stesso articolo 10 è stata rinviata di un anno l'entrata
in vigore della disposizione dell'articolo 2, comma 3,
del decreto legge 6 dicembre 1993, n.903, in base alla quale i
contribuenti possono dedurre dal reddito complessivo ai fini
dell'IRPEF e dell'IRPEG la differenza tra il reddito dei
fabbricati dichiarato per il periodo d'imposta 1992 e quello
determinato sulla base delle tariffe e delle rendite
risultanti dal decreto legislativo da emanare entro il 31
dicembre 1993. Al fine di non penalizzare i contribuenti
interessati è stato, comunque, stabilito che gli importi da
dedurre nell'anno successivo sono maggiorati del 6 per
cento.
L'articolo 11, in particolare, mira a dare immediata
attuazione ai concorsi e alle operazioni a premio che
utilizzano le modalità di svolgimento delle lotterie
istantanee, prevedendo che il decreto del Ministro delle
finanze, con il quale vengono determinati i criteri e le
modalità di svolgimento di tali lotterie, non debba essere
sottoposto al preventivo parere di commissioni o comitati.
L'esigenza di tale disposizione è da ricercare nel
considerevole sviluppo che dette manifestazioni avranno per
effetto della spinta promozionale che l'amministrazione si
accinge a porre in essere. La disposizione di cui trattasi,
infine, prevede ulteriori fattispecie sanzionatorie connesse
all'esercizio abusivo dell'attività di gioco o di scommessa
rispetto a quelle stabilite con l'articolo 4, comma 1, della
legge 13 dicembre 1989, n.401, come modificato dall'articolo
10, comma 32, della legge di accompagnamento alla legge
finanziaria per l'anno 1994.
Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) è
intenzionato a procedere a partire dai primi dell'anno 1994,
alla graduale estensione sull'intero territorio nazionale del
concorso pronostici Totogol positivamente sperimentato sulla
base delle istruzioni impartite da questo Ministero, presso le
ricevitorie dell'Umbria e del Lazio in concomitanza con i
concorsi Totocalcio n.40 e n.41 del 30 maggio e 6 giugno
1993.
L'estensione del nuovo gioco si presenta opportuna in
quanto consentirà l'acquisizione di nuove entrate, anche in
considerazione del fatto che la formula del Totogol non si
contrappone a quella del gioco tradizionale ma anzi ne
costituisce un ampliamento ed un utile elemento di traino e di
affiancamento per la ripresa del Totocalcio.
Inoltre, l'introduzione del Totogol risulta coerente con la
necessità di reperire, nell'ambito dei giochi di abilità,
formule complementari di partecipazione idonee non soltanto a
soddisfare le aspirazioni innovative del pubblico dei
pronosticatori ma anche a ridurre il fenomeno della raccolta
clandestina delle giocate, che rappresenta un elemento di
grave concorrenzialità ed arreca notevole danno all'Erario ed
al CONI.
Peraltro, l'organizzazione e la gestione del concorso,
consistenti sia nella modifica di firmware da apportare
ad oltre 20.000 validatrici, sia nel potenziamento e nella
velocizzazione dell' hardware disponibile, sia infine
nell'adeguamento delle clausole contrattuali con le società
informatiche che operano all'interno dei 14 CED zonali,
comportano notevoli oneri di spesa che si aggiungono a quelli
relativi alla soppressione dell'esenzione dal pagamento
dell'IVA sulle forniture dei beni e servizi idonei alla
realizzazione di tali operazioni disposta dalla legge 29
ottobre 1993, n.427.
Al fine di consentire al CONI di far fronte allo sforzo
finanziario di cui si è
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detto, con la norma recata dall'articolo 12 si prevede in
sostanza, che per il Totogol i diretti fissi addizionali (lire
100) di cui all'articolo 27, comma 1, della legge 30 dicembre
1991, n.412, vengano accorpati alla posta di gioco, ferme
restando le attuali aliquote di ripartizione di cui alla legge
29 dicembre 1988, n.555 (montepremi 38 per cento, - imposta
unica 26,80 per cento, - CONI 35,20 per cento, di cui 7 per
cento spese di gestione - Istituto credito sportivo 3 per
cento).
La norma non comporta un minor gettito rispetto alla
situazione attuale, in quanto l'agevolazione accordata
riguarda esclusivamente il nuovo concorso dal quale, comunque,
deriveranno nuove entrate per l'Erario.
Nella ricerca di nuovi elementi rivolti a ringiovanire la
struttura dei concorsi pronostici, si è andato vieppiù
affermando in alcuni Stati stranieri quello che in lingua
inglese viene chiamato Jackpot, consistente nel cumulo,
in caso di mancanza in un determinato concorso di vincenti in
una o più categorie, del relativo fondo premi con quello del
concorso successivo.
La possibilità del cumulo, evitando il frazionamento del
fondo premi fra i numerosi vincenti della categoria inferiore,
rappresenta un notevole stimolo per il giocatore, tanto da
indurlo a partecipare al concorso successivo in vista di
allettanti vincite.
All'introduzione della formula anzidetta nei concorsi
pronostici attualmente esercitati in Italia (Enalotto,
Totocalcio e Totip) e nei nuovi concorsi pronostici in fase di
sperimentazione da parte del Coni (Totogol e Toto 1x2), è di
ostacolo la disposizione di cui all'articolo 2 del decreto del
Presidente della Repubblica 18 aprile 1951, n. 581, in base
alla quale "Nel caso di giuochi e di concorsi a svolgimento
periodico ogni singola manifestazione si considera, ad ogni
effetto, autonoma ed indipendente dalle altre".
Al fine di ovviare a quanto sopra, con lo stesso articolo
12 viene disposta l'abrogazione del citato articolo 2 del
decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1951,
n.581.
L'articolo 13 dispone la riduzione, a partire dal 1^
gennaio 1994, della misura degli interessi sui crediti e sui
debiti di imposta dal 9 al 6 per cento annuo e dal 4,5 al 3
per cento semestrale per quanto riguarda sia le imposte
dirette che quelle indirette.
L'articolo in esame prevede, altresì, che, a decorrere dal
1^ gennaio 1995, la misura dei predetti interessi verrà
determinata con decreto del Ministro delle finanze, di
concerto con il Ministro del tesoro.
Con l'articolo 14 si dispone che entro il 30 aprile 1994 si
provveda alla emanazione - ai sensi dell'articolo 7 del
decreto legge 27 aprile 1990, n.90, convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 giugno 1990, n.165 - del decreto
di variazione delle aliquote d'importo fisso di taluni tributi
e - ai sensi dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1965,
n.825, e successive modificazioni - del decreto ministeriale
di variazione dei prezzi dei diversi tabacchi lavorati, in
conseguenza anche della rideterminazione delle tabelle di
ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico delle sigarette
di cui all'articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n.76.
L'entità della variazione tariffaria disposta con gli
indicati provvedimenti ministeriali dovrà assicurare un
maggiore gettito erariale di almeno lire 500 miliardi per
l'anno 1991, e di 600 per i due successivi.
Con la norma recata dall'articolo 15, si tratta di
incentivare la produttività ed i controlli effettuati
dall'Amministrazione finanziaria, la cui efficienza è
presupposto indefettibile per una proficua politica di equità
tributaria.
Le prestazioni richieste, sia al personale civile che a
quello militare, tra l'altro, si caratterizzano per un alto
grado di specializzazione che comunque va valorizzata sia per
stimolare una maggiore professionalità che per disincentivare
esodi e disaffezioni da parte dei più preparati.
E' prevista l'utilizzazione dei dati acquisiti nelle banche
dati delle diverse pubbliche amministrazioni con ottimale
utilizzo dello strumento informatico.
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Tale miglioramento in termini di efficienza e
professionalità, è agevole rilevare, si traduce in un sicuro
incremento di gettito, derivante dalla emersione di zone
impositive finora rimaste sommerse.
Nella stessa logica si inserisce la previsione che, in
deroga ai contingentamenti ora disposti per piante organiche e
concorsi, consente di bandire concorsi per la copertura di
1.000 posti da destinare alle sedi nelle quali, all'esito
della verifica dei carichi di lavoro, si registrano maggiori
carenze di organico e con la finalità esclusiva del
potenziamento dell'attività di controllo.
Con l'articolo 16, infine, si dispone che le maggiori
entrate derivanti dal decreto, di cui si chiede la conversione
in legge, sono acquisite al bilancio dello Stato e sono
utilizzate ai fini della copertura finanziaria degli oneri per
il servizio del debito pubblico e ai fini della realizzazione
degli obiettivi di politica economica e finanziaria.
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