| Onorevoli Deputati! -- Si propone la reiterazione del
decreto-legge 9 novembre 1993, n. 443, che disciplina il
riutilizzo dei residui derivanti dai cicli di produzione o di
consumo in processi produttivi o di combustione per la
produzione di energia.
A distanza ormai di anni della sentenza n. 312 del 1990 con
la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale
illegittimità del decreto ministeriale 26 gennaio 1990 i
problemi relativi al regime giuridico delle materie prime
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secondarie non è stato ancora risolto. L'indirizzo
recentemente espresso dalle Sezioni unite penali della Corte
di cassazione con la sentenza 27 marzo 1992, secondo il
quale le materie prime secondarie devono essere
considerate rifiuti, ha anzi determinato la pressoché completa
paralisi dell'impiego nei cicli produttivi delle cosidette
materie prime secondarie.
Questa situazione di stallo ha riflessi particolarmente
negativi sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo
economico-produttivo: infatti, da un lato si viene a
determinare un maggior flusso di rifiuti verso gli impianti di
smaltimento che, oltre a far lievitare i costi, determina
anche gravi problemi di funzionalità degli impianti stessi e
favorisce il ricorso a forme illecite di smaltimento;
dell'altro obbliga le imprese a sostenere maggiori oneri sia
per lo smaltimento dei residui sia per l'approvvigionamento
delle materie prime, con conseguenze intuibili soprattutto in
considerazione dell'attuale congiuntura economica.
Il nodo centrale del problema delle materie prime
secondarie, sul quale sono naufragati i numerosi tentativi di
dare una regolamentazione certa al loro impiego, è di
principio in quanto attiene alla qualificazione giuridica
delle stesse e cioè: le materie prime secondarie sono rifiuti
oppure devono essere considerate sottoprodotti?
Si tratta di una questione di principio di difficilissima,
se non impossibile, soluzione sotto il profilo concettuale, e,
visti i risultati conseguiti, l'averla voluta elevare a
presupposto essenziale ed irrinunciabile per la definizione
del regime giuridico cui sottoporre le attività finalizzate a
riutilizzare i residui derivanti da cicli di produzione o di
consumo, ha significato affrontare il problema in una
prospettiva sbagliata.
Alla luce di quanto esposto l'unica via percorribile in
tempi brevi, che risponde alle esigenze di un intervento ormai
indilazionabile in materia e non compromette affatto
l'ulteriore evoluzione in atto nella materia stessa, ma
presenta, anzi, una camaleontica omogeneità con le opposte
soluzioni in corso di elaborazione a livello comunitario, è
quella di sottoporre il riutilizzo dei residui derivanti da
cicli di produzione e di consumo individuati dalla presente
legge secondo determinate caratteristiche tipologiche,
prescindendo da qualsiasi qualificazione concettuale degli
stessi, ad una disciplina specifica.
Si consente in tal modo all'operatore economico di agire in
un regime di certezza e con procedure amministrative
notevolmente semplificate, che rispettano le esigenze di
tutela dell'ambiente e la disciplina sostanziale vigente a
livello comunitario. La disciplina proposta è immediatamente
operativa per alcune più importanti tipologie di residui
destinati al riutilizzo in un processo produttivo come materia
prima che dovranno poi essere integrate.
Viene inoltre prevista una disciplina semplificata per
l'utilizzazione dei residui come fonte di energia, che ha
indubbiamente una grossa valenza economica.
Nel dettaglio l'articolo 1 circoscrive il campo di
applicazione del provvedimento alle attività finalizzate al
riutilizzo di residui derivanti dai cicli di produzione e di
consumo, specificando che si tratta di una disciplina
transitoria in attesa dell'attuazione delle direttive
comunitarie 156 del 1991 e 689 del 1991 e dell'applicazione
del regolamento CEE n. 259/93 e di una più puntuale
definizione e classificazione dei rifiuti derivante
dall'attuazione delle direttive predette.
L'articolo 2 esclude dal campo di applicazione del
provvedimento i residui di lavorazione dell'industria
alimintare disciplinati da specifiche norme
igienico-sanitarie, i semilavorati non costituenti residui di
produzione e di consumo e, in linea di principio, i materiali
quotati in listini e mercuriali e comunicati al Ministero
dell'ambiente alla data di entrata in vigore del presente
decreto.
Con particolare riferimento a questi ultimi è poi prevista
una procedura per la ricognizione positiva dei materiali
quotati che, in relazione a precise specifiche merceologiche,
continuano ad essere esclusi dal campo di applicazione del
provvedimento.
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L'articolo 3 definisce il concetto di riutilizzo,
stoccaggio, trasporto, trattamento, frantumazione di inerti e
materie prime corrispondenti.
L'articolo 4 prevede che le operazioni di raccolta o
trasporto di residui destinati al riutilizzo sono soggette,
senza alcun onere finanziario, a comunicazione all'albo
nazionale degli smaltitori di cui all'articolo 10 del
decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, e alla
regione almeno trenta giorni prima dell'inizio dell'attività e
durante il trasporto i residui stessi devono essere
identificati dal documento di accompagnamento dei beni
viaggianti. Tali attività non sono sottoposte alla garanzia
finanziaria di cui all'articolo 10, comma 2 della legge 29
ottobre 1987, n. 441.
L'articolo 5 sottopone a semplice comunicazione le
operazioni di trattamento, stoccaggio e riutilizzo come
materia prima o come fonte di energia dei residui che dovranno
essere individuati in relazione alla tipologia ed alle
caratteristiche e alle condizioni alle quali tale procedura è
applicabile con decreto del Ministro dell'ambiente, di
concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato da adottarsi entro il termine di sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto-legge. In attesa dell'adozione del suddetto decreto
ministeriale vengono sottoposti con effetto immediato al
semplice obbligo di comunicazione le operazioni di
trattamento, stoccaggio e riutilizzo dei residui individuati,
con riferimento alla provenienza ed alla destinazione
nell'elenco di cui all'allegato 1 al decreto ministeriale 26
gennaio 1990. E' poi prevista la possibilità di un
aggiornamento periodico di tale elenco.
L'articolo 6 precisa che allo stoccaggio trasporto e
riutilizzo dei residui sottoposti a regime della comunicazione
continuano comunque ad applicarsi le norme tecniche di
sicurezza e le procedure autorizzative previste dalla
normativa vigente per le attività industriali e commerciali
relative alla materia prima corrispondente; e in mancanza
delle suddette norme tecniche di sicurezza è prevista
l'applicazione di quelle vigenti per i rifiuti speciali ovvero
tossici e nocivi.
Sono poi previste alcune disposizioni di coordinamento con
il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
203 in riferimento alle attività di riutilizzo dei residui
sottoposti a regime di comunicazione in un processo di
combustione per la produzione di energia.
Infine lo stoccaggio dei residui tossici e nocivi, anche se
interno allo stabilimento di produzione, viene limitato in
centottanta giorni, salvo motivata proroga da parte della
regione.
L'articolo 7 disciplina l'esportazione e l'importazione dei
residui sottoposti a regime della comunicazione.
L'articolo 8 sottopone le attività di trattamento,
stoccaggio e riutilizzo dei residui cui non si applica il
regime della comunicazione a regime autorizzatorio e giuridico
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
1984, n. 915, e al decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 203.
L'articolo 9 impone l'obbligo della tenuta dei registri di
carico e scarico ai soggetti che svolgono attività di raccolta
e trasporto dei residui tossici e nocivi destinati al
riutilizzo nonché ai soggetti che effettuano attività di
produzione, stoccaggio, importazione, esportazione,
trattamento e riutilizzo dei residui sottoposti al regime
della comunicazione.
L'articolo 10 prevede l'obbligo di informazione a carico
dei soggetti di cui al precedente articolo 9.
L'articolo 11 disciplina le attività di controllo sulle
attività finalizzate al riutilizzo dei residui derivanti da
cicli di produzione o di consumo in linea con le disposizioni
della legge 8 giugno 1990, n. 142.
L'articolo 12 prevede specifiche sanzioni per la violazione
degli adempimenti cui sono sottoposte le attività finalizzate
al riutilizzo dei residui cui si applica il regime della
comunicazione, ed inoltre esclude la punibilità per i
comportamenti conformi alle disposizioni del decreto
ministeriale 26 gennaio 1990 e delle leggi
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regionali vigenti posti in essere prima dell'entrata in
vigore del presente decretolegge.
L'articolo 13 abroga l'articolo 2 della legge 9 novembre
1988, n. 475 facendo salve le leggi regionali in materia che
sono conformi alle prescrizioni del presente decreto-legge.
L'articolo 14 definisce un regime transitorio per i residui
sottoposti a riutilizzo in base a specifici atti regionali,
che in attesa dell'aggiornamento dell'elenco allegato al
decreto ministeriale 26 gennaio 1990, sono sottoposti al
regime previsto dall'articolo 5 del decreto.
Rispetto al precedente decreto-legge l'attuale versione del
provvedimento recepisce le modificazioni apportate in sede di
conversione del primo decreto da parte del Senato.
Le modifiche apportate sono essenzialmente formali e non di
sostanza e mirano:
a) ad una migliore definizione dei casi di
esclusione dal campo di applicazione del decreto, in
particolare nel settore agricolo (residui di origine vegetale
- articolo 2, comma 2; scarti delle lavorazioni agricole -
articolo 4, comma 4);
b) ad una migliore puntualizzazione sul carattere
di provvisorietà dell'applicazione
del decreto ministeriale 26 gennaio 1990 in attesa dei
definitivi decreti di attuazione (soppressione del comma 6
dell'articolo 5);
c) una migliore riscrittura delle norme penali
(articolo 12).
Inoltre, è stato ridotto da sessanta a trenta giorni il
termine previsto dall'articolo 14 per la trasmissione da parte
delle regioni dell'elenco dei residui destinati al riutilizzo:
ciò in primo luogo perché le regioni hanno già usufruito del
termine di sessanta giorni del precedente decretolegge non
convertito e inoltre per un miglior coordinamento con i
termini fissati per l'emamazione, da parte del Ministro
dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, dei decreti di cui all'articolo
5, comma 1.
Sono state, inoltre, in parte recepite le indicazioni
emerse dai lavori della Commissione ambiente della Camera, in
merito all'introduzione dell'obbligo della tenuta dei registri
di carico e scarico per lo stoccaggio interno per i residui
tossici e nocivi. La norma facilita il controllo della
decorrenza dei centottanta giorni previsti dall'articolo 6,
comma 4.
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