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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XI Legislatura

Documento


17281
DDL3585-0002
Progetto di legge Camera n. 3585 - testo presentato - (DDL11-3585)
(suddiviso in 19 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C3585. TESTIPDL
...C3585.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC3585 ZZ11 ZZRL ZZPR
    Onorevoli  Deputati! -- Si propone la reiterazione del
  decreto-legge 9 novembre 1993, n. 443, che disciplina il
  riutilizzo dei residui derivanti dai cicli di produzione o di
  consumo in processi produttivi o di combustione per la
  produzione di energia.
    A distanza ormai di anni della sentenza n. 312 del 1990 con
  la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale
  illegittimità del decreto ministeriale 26 gennaio 1990 i
  problemi relativi al regime giuridico delle materie prime
 
                               Pag. 2
 
  secondarie non è stato ancora risolto.  L'indirizzo
  recentemente espresso dalle Sezioni unite penali della Corte
  di cassazione con la sentenza 27 marzo 1992, secondo il
  quale le materie prime secondarie devono essere
  considerate rifiuti, ha anzi determinato la pressoché completa
  paralisi dell'impiego nei cicli produttivi delle cosidette
  materie prime secondarie.
    Questa situazione di stallo ha riflessi particolarmente
  negativi sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo
  economico-produttivo: infatti, da un lato si viene a
  determinare un maggior flusso di rifiuti verso gli impianti di
  smaltimento che, oltre a far lievitare i costi, determina
  anche gravi problemi di funzionalità degli impianti stessi e
  favorisce il ricorso a forme illecite di smaltimento;
  dell'altro obbliga le imprese a sostenere maggiori oneri sia
  per lo smaltimento dei residui sia per l'approvvigionamento
  delle materie prime, con conseguenze intuibili soprattutto in
  considerazione dell'attuale congiuntura economica.
    Il nodo centrale del problema delle materie prime
  secondarie, sul quale sono naufragati i numerosi tentativi di
  dare una regolamentazione certa al loro impiego, è di
  principio in quanto attiene alla qualificazione giuridica
  delle stesse e cioè: le materie prime secondarie sono rifiuti
  oppure devono essere considerate sottoprodotti?
    Si tratta di una questione di principio di difficilissima,
  se non impossibile, soluzione sotto il profilo concettuale, e,
  visti i risultati conseguiti, l'averla voluta elevare a
  presupposto essenziale ed irrinunciabile per la definizione
  del regime giuridico cui sottoporre le attività finalizzate a
  riutilizzare i residui derivanti da cicli di produzione o di
  consumo, ha significato affrontare il problema in una
  prospettiva sbagliata.
    Alla luce di quanto esposto l'unica via percorribile in
  tempi brevi, che risponde alle esigenze di un intervento ormai
  indilazionabile in materia e non compromette affatto
  l'ulteriore evoluzione in atto nella materia stessa, ma
  presenta, anzi, una camaleontica omogeneità con le opposte
  soluzioni in corso di elaborazione a livello comunitario, è
  quella di sottoporre il riutilizzo dei residui derivanti da
  cicli di produzione e di consumo individuati dalla presente
  legge secondo determinate caratteristiche tipologiche,
  prescindendo da qualsiasi qualificazione concettuale degli
  stessi, ad una disciplina specifica.
    Si consente in tal modo all'operatore economico di agire in
  un regime di certezza e con procedure amministrative
  notevolmente semplificate, che rispettano le esigenze di
  tutela dell'ambiente e la disciplina sostanziale vigente a
  livello comunitario.  La disciplina proposta è immediatamente
  operativa per alcune più importanti tipologie di residui
  destinati al riutilizzo in un processo produttivo come materia
  prima che dovranno poi essere integrate.
    Viene inoltre prevista una disciplina semplificata per
  l'utilizzazione dei residui come fonte di energia, che ha
  indubbiamente una grossa valenza economica.
    Nel dettaglio l'articolo 1 circoscrive il campo di
  applicazione del provvedimento alle attività finalizzate al
  riutilizzo di residui derivanti dai cicli di produzione e di
  consumo, specificando che si tratta di una disciplina
  transitoria in attesa dell'attuazione delle direttive
  comunitarie 156 del 1991 e 689 del 1991 e dell'applicazione
  del regolamento CEE n. 259/93 e di una più puntuale
  definizione e classificazione dei rifiuti derivante
  dall'attuazione delle direttive predette.
    L'articolo 2 esclude dal campo di applicazione del
  provvedimento i residui di lavorazione dell'industria
  alimintare disciplinati da specifiche norme
  igienico-sanitarie, i semilavorati non costituenti residui di
  produzione e di consumo e, in linea di principio, i materiali
  quotati in listini e mercuriali e comunicati al Ministero
  dell'ambiente alla data di entrata in vigore del presente
  decreto.
    Con particolare riferimento a questi ultimi è poi prevista
  una procedura per la ricognizione positiva dei materiali
  quotati che, in relazione a precise specifiche merceologiche,
  continuano ad essere esclusi dal campo di applicazione del
  provvedimento.
 
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    L'articolo 3 definisce il concetto di riutilizzo,
  stoccaggio, trasporto, trattamento, frantumazione di inerti e
  materie prime corrispondenti.
    L'articolo 4 prevede che le operazioni di raccolta o
  trasporto di residui destinati al riutilizzo sono soggette,
  senza alcun onere finanziario, a comunicazione all'albo
  nazionale degli smaltitori di cui all'articolo 10 del
  decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, e alla
  regione almeno trenta giorni prima dell'inizio dell'attività e
  durante il trasporto i residui stessi devono essere
  identificati dal documento di accompagnamento dei beni
  viaggianti.  Tali attività non sono sottoposte alla garanzia
  finanziaria di cui all'articolo 10, comma 2 della legge 29
  ottobre 1987, n. 441.
    L'articolo 5 sottopone a semplice comunicazione le
  operazioni di trattamento, stoccaggio e riutilizzo come
  materia prima o come fonte di energia dei residui che dovranno
  essere individuati in relazione alla tipologia ed alle
  caratteristiche e alle condizioni alle quali tale procedura è
  applicabile con decreto del Ministro dell'ambiente, di
  concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e
  dell'artigianato da adottarsi entro il termine di sessanta
  giorni dalla data di entrata in vigore del presente
  decreto-legge.  In attesa dell'adozione del suddetto decreto
  ministeriale vengono sottoposti con effetto immediato al
  semplice obbligo di comunicazione le operazioni di
  trattamento, stoccaggio e riutilizzo dei residui individuati,
  con riferimento alla provenienza ed alla destinazione
  nell'elenco di cui all'allegato 1 al decreto ministeriale 26
  gennaio 1990.  E' poi prevista la possibilità di un
  aggiornamento periodico di tale elenco.
    L'articolo 6 precisa che allo stoccaggio trasporto e
  riutilizzo dei residui sottoposti a regime della comunicazione
  continuano comunque ad applicarsi le norme tecniche di
  sicurezza e le procedure autorizzative previste dalla
  normativa vigente per le attività industriali e commerciali
  relative alla materia prima corrispondente; e in mancanza
  delle suddette norme tecniche di sicurezza è prevista
  l'applicazione di quelle vigenti per i rifiuti speciali ovvero
  tossici e nocivi.
    Sono poi previste alcune disposizioni di coordinamento con
  il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
  203 in riferimento alle attività di riutilizzo dei residui
  sottoposti a regime di comunicazione in un processo di
  combustione per la produzione di energia.
    Infine lo stoccaggio dei residui tossici e nocivi, anche se
  interno allo stabilimento di produzione, viene limitato in
  centottanta giorni, salvo motivata proroga da parte della
  regione.
    L'articolo 7 disciplina l'esportazione e l'importazione dei
  residui sottoposti a regime della comunicazione.
    L'articolo 8 sottopone le attività di trattamento,
  stoccaggio e riutilizzo dei residui cui non si applica il
  regime della comunicazione a regime autorizzatorio e giuridico
  di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
  1984, n. 915, e al decreto del Presidente della Repubblica 24
  maggio 1988, n. 203.
    L'articolo 9 impone l'obbligo della tenuta dei registri di
  carico e scarico ai soggetti che svolgono attività di raccolta
  e trasporto dei residui tossici e nocivi destinati al
  riutilizzo nonché ai soggetti che effettuano attività di
  produzione, stoccaggio, importazione, esportazione,
  trattamento e riutilizzo dei residui sottoposti al regime
  della comunicazione.
    L'articolo 10 prevede l'obbligo di informazione a carico
  dei soggetti di cui al precedente articolo 9.
    L'articolo 11 disciplina le attività di controllo sulle
  attività finalizzate al riutilizzo dei residui derivanti da
  cicli di produzione o di consumo in linea con le disposizioni
  della legge 8 giugno 1990, n. 142.
    L'articolo 12 prevede specifiche sanzioni per la violazione
  degli adempimenti cui sono sottoposte le attività finalizzate
  al riutilizzo dei residui cui si applica il regime della
  comunicazione, ed inoltre esclude la punibilità per i
  comportamenti conformi alle disposizioni del decreto
  ministeriale 26 gennaio 1990 e delle leggi
 
                               Pag. 4
 
  regionali vigenti posti in essere prima dell'entrata in
  vigore del presente decretolegge.
    L'articolo 13 abroga l'articolo 2 della legge 9 novembre
  1988, n. 475 facendo salve le leggi regionali in materia che
  sono conformi alle prescrizioni del presente decreto-legge.
    L'articolo 14 definisce un regime transitorio per i residui
  sottoposti a riutilizzo in base a specifici atti regionali,
  che in attesa dell'aggiornamento dell'elenco allegato al
  decreto ministeriale 26 gennaio 1990, sono sottoposti al
  regime previsto dall'articolo 5 del decreto.
    Rispetto al precedente decreto-legge l'attuale versione del
  provvedimento recepisce le modificazioni apportate in sede di
  conversione del primo decreto da parte del Senato.
    Le modifiche apportate sono essenzialmente formali e non di
  sostanza e mirano:
        a)  ad una migliore definizione dei casi di
  esclusione dal campo di applicazione del decreto, in
  particolare nel settore agricolo (residui di origine vegetale
  - articolo 2, comma 2; scarti delle lavorazioni agricole -
  articolo 4, comma 4);
        b)  ad una migliore puntualizzazione sul carattere
  di provvisorietà dell'applicazione
  del decreto ministeriale 26 gennaio 1990 in attesa dei
  definitivi decreti di attuazione (soppressione del comma 6
  dell'articolo 5);
        c)  una migliore riscrittura delle norme penali
  (articolo 12).
    Inoltre, è stato ridotto da sessanta a trenta giorni il
  termine previsto dall'articolo 14 per la trasmissione da parte
  delle regioni dell'elenco dei residui destinati al riutilizzo:
  ciò in primo luogo perché le regioni hanno già usufruito del
  termine di sessanta giorni del precedente decretolegge non
  convertito e inoltre per un miglior coordinamento con i
  termini fissati per l'emamazione, da parte del Ministro
  dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'industria, del
  commercio e dell'artigianato, dei decreti di cui all'articolo
  5, comma 1.
    Sono state, inoltre, in parte recepite le indicazioni
  emerse dai lavori della Commissione ambiente della Camera, in
  merito all'introduzione dell'obbligo della tenuta dei registri
  di carico e scarico per lo stoccaggio interno per i residui
  tossici e nocivi.  La norma facilita il controllo della
  decorrenza dei centottanta giorni previsti dall'articolo 6,
  comma 4.
 
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