| Onorevoli Deputati! -- Il presente decreto-legge che
reitera il decreto-legge 18 novembre 1993, n. 462, non
convertito nei termini istituzionalmente previsti, recependo
le modifiche apportate dalla Commissione lavoro della Camera
dei deputati, costituisce l'avvio di una manovra articolata
destinata al riassetto delle politiche del lavoro e
dell'occupazione a breve e medio termine i cui obiettivi e le
strategie generali sono stati tracciati nel protocollo
sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali nello scorso
luglio.
L'indifferibilità del presente provvedimento trae la sua
ragion d'essere dalla immediata necessità di predisporre
misure atte ad incentivare il rilancio dell'occupazione
unitamente alla ripresa economica complessiva del Paese, oltre
che dal rispetto di impegni formalmente assunti dal
Governo.
Si è agito, pertanto, nella direzione di ridurre - o quanto
meno di attenuare - il fenomeno della disoccupazione su
entrambi i versanti che ne risultano maggiormente colpiti,
cercando di favorire
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contestualmente sia l'inserimento nel mercato del lavoro di
giovani privi di occupazione e di formazione professionale
adeguata, sia il reingresso delle fasce di lavoratori espulsi
dal ciclo economico a seguito della grave situazione di crisi
verificatasi nell'ultimo periodo.
Con le disposizioni concernenti i "lavori socialmente
utili" (articolo 1) si è provveduto a definire in modo più
puntuale ed organico la materia ed il procedimento
amministrativo relativo alla realizzazione dei progetti finora
regolati da disposizioni eterogenee. In particolare,
l'intervento persegue l'obiettivo di valorizzare l'istituto
già noto al nostro ordinamento, ed idoneo a realizzare, con
una spesa contenuta per la pubblica amministrazione, immediati
vantaggi consistenti nel soddisfacimento di esigenze di
pubblico interesse, nella riqualificazione del personale in
essi impegnato e nell'apprestamento di integrazione al reddito
o di erogazioni sia pure limitate. Per impedire un uso
improprio dell'istituto si è proceduto ad una definizione, in
più commi, degli obiettivi, dell'ambito di applicazione, dei
tempi e modi di utilizzazione dell'istituto stesso.
L'impianto normativo così delineato può effettivamente
consentire una ulteriore occasione di occupazione e di
contatto con il mondo del lavoro in favore di soggetti non
facilmente ricollocabili nel breve termine, quali i lavoratori
aventi una certa anzianità di iscrizione nelle liste di
collocamento, i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o
quelli sospesi con diritto di trattamento straordinario di
integrazione salariale.
I soggetti promotori possono essere esclusivamente enti
pubblici nonché sociali a prevalente partecipazione pubblica o
altri soggetti individuati con decreto del Ministro del lavoro
e della previdenza sociale.
L'utilizzazione dei lavoratori nei progetti di lavori
socialmente utili (progetti che possono prevedere come parte
integrante specifici periodi di formazione) non dà luogo ad
alcun rapporto di lavoro né comporta la cancellazione dalle
liste di mobilità e dalle liste di collocamento. I lavoratori
in mobilità o in cassa integrazione straordinaria utilizzati
in tali progetti godranno di un'integrazione delle relative
indennità percepite per i suddetti titoli; agli altri
lavoratori interessati dal provvedimento sarà invece
corrisposta una indennità pari a lire 7.500 orarie, con la
precisazione che l'impiego non potrà superare le 80 ore
mensili per un massimo di dodici mesi.
Sono inoltre previste specifiche forme sanzionatorie in
caso di rifiuto ingiustificato da parte del lavoratore ad
essere utilizzato nell'attività socialmente utile,
limitatamente al preventivato periodo di utilizzo.
Per il finanziamento dei progetti - posto a carico delle
amministrazioni interessate nei limiti delle rispettive
risorse e/o per gli anni 1994 e 1995 delle disponibilità che
saranno a ciò preordinate nell'ambito del Fondo di cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n.
148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 236, si terrà conto degli squilibri esistenti a
livello locale, avvalendosi della consulenza di un apposito
nucleo di valutazione istituito presso il Ministero del lavoro
e della previdenza sociale. Tale nucleo avrà, tra l'altro, il
compito di valutare i progetti nazionali e interregionali.
Con l'articolo 2 si è poi prevista la possibilità di
realizzare, per il biennio 1994-1995, nelle aree
"svantaggiate" individuate dall'articolo 1 del recente
decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, "piani mirati
all'inserimento professionale dei giovani privi di
occupazione" iscritti nelle liste di collocamento. Tali piani
sono attuati attraverso progetti che prevedono lo svolgimento
di lavori socialmente utili unitamente alla partecipazione ad
iniziative formative volte ad un incremento di qualificazione
professionale nonché progetti che prevedono periodi di
formazione e lo svolgimento di esperienze lavorative per
figure professionalmente qualificate. Questi ultimi progetti
sono peraltro realizzabili ove previsti da accordi tra
organizzazioni sindacali e associazioni datoriali o ordini
professionali e svolti sulla base di convenzioni
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stipulate con dette associazioni o ordini dal Ministero del
lavoro e della previdenza sociale.
Anche in questa sede si è specificato che la partecipazione
al progetto non determina l'instaurazione di un rapporto di
lavoro e si sono stabiliti limiti nell'utilizzo temporale
dello stesso soggetto in modo da evitare l'uso distorto
dell'istituto. Quanto al trattamento economico da erogarsi in
favore delle persone in tal senso impegnate, esso è previsto
nella misura di lire 7.500 orarie, anche in questo caso con la
precisazione che l'impiego non potrà superare le 80 ore
mensili per un periodo massimo di 12 mesi.
Quanto al finanziamento dei piani di cui al detto articolo
2 si provvede, nei limiti delle risorse finanziarie
preordinate allo scopo, a carico del Fondo di cui all'articolo
1, comma 7, del decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.
Il presente provvedimento ridefinisce, poi, la disciplina
del contratto di formazione e lavoro (articolo 3) allo scopo
di riqualificare l'istituto e di differenziare la
strumentazione relativamente a specifiche finalità, in
particolari termini di rispondenza alle esigenze di
flessibilità del mercato del lavoro e responsabilizzazione
delle imprese in tema di formazione professionale.
In particolare, è stata prevista l'estensione della
possibilità di utilizzo dell'istituto sia attraverso
l'elevazione a 32 anni dell'età massima del giovane con cui
può essere stipulato il contratto di formazione e lavoro, sia
mediante l'ampliamento delle realtà produttive e datoriali
fino ad oggi escluse dall'accesso allo strumento, sia infine
con l'articolazione dell'istituto in varie tipologie per
corrispondere alle diverse esigenze formative e lavorative.
A tal fine, è stata prevista una prima tipologia
contrattuale intesa all'acquisizione di professionalità
intermedie ed elevate (per una durata massima di 24 mesi
e con un periodo di formazione minimo pari a 80 e 130 ore
rispettivamente), ed una seconda più direttamente
riconducibile ad un inserimento professionale del lavoratore
nel contesto organizzativo e produttivo (per una durata
massima di 12 mesi e con un periodo di formazione minimo non
inferiore a 20 ore).
Ferme restando le attuali agevolazioni contributive per i
datori di lavoro (subordinate, però, per la seconda tipologia,
alla conversione del contratto in un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato), si è cercato di rendere nel complesso
maggiormente flessibile l'impianto giuridico del contratto di
formazione e lavoro, prevedendo una procedura semplificata
nell'accesso all'istituto per i progetti conformi a parametri
da definirsi con decreti del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, progetti per i quali non è difatti
richiesta la preventiva approvazione amministrativa.
Tra le altre disposizioni vanno ricordate: l'elevazione
(dal 50 al 60 per cento) della misura dei lavoratori da
trattenersi in servizio da parte dei datori di lavoro che
intendono usufruire nuovamente della facoltà di assunzione
mediante il contratto di formazione e lavoro; la possibilità,
allo scopo di garantire la più ampia utilizzazione
dell'istituto, che, nella fase esecutiva del progetto, i
giovani possano svolgere l'attività oggetto del contratto in
posizione di comando presso diverse imprese; la previsione di
apposite certificazioni degli esiti formativi per la prima
tipologia, e per la seconda, di un attestato da parte del
datore di lavoro sull'esperienza svolta.
Sono state infine previste disposizioni transitorie in
relazione agli articoli 1 e 3 (lavori socialmente utili e
contratti di formazione e lavoro), tenuto conto delle
situazioni in essere ed in attesa del completamento del nuovo
assetto normativo e, quindi, della possibilità del suo pieno
operare.
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