Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XI Legislatura

Documento


37646
SMC0107-0008
Bollettino Giunte e Commissioni n. 107 del 16 dicembre 1992 - edizione definitiva - (SMC11-107)
(suddiviso in 48 Unità Documento)
Unità Documento n.8 (che inizia a pag.11 dello stampato)
                 ...COMMISSIONI RIUNITE
     V (Bilancio, tesoro e programmazione), VI (Finanze)
        e X (Attività produttive, commercio e turismo)
 
Parere, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, sul programma di riordino di IRI, ENI, ENEL, IMI, BNL ed INA.
Mercoledì 16 dicembre 1992, ore 11.10. - Presidenza del Presidente della V Commissione Angelo TIRABOSCHI, indi del Presidente della X Commissione Agostino MARIANETTI. Intervengono il Ministro del tesoro Piero Barucci, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e ad
ZZSMC ZZRES ZZSMC161292 ZZSMC921216 ZZSMC001292 ZZSMC000092 ZZSMC107 ZZ11 ZZD ZZCR ZZC5 ZZC6 ZZC10 ZZFF
     (Seguito dell'esame e conclusione).
     Le Commissioni proseguono l'esame del piano all'ordine del
  giorno.
     Il Presidente Angelo TIRABOSCHI, scusandosi anche a nome
  dei colleghi per il ritardo con il quale hanno inizio i lavori
  delle Commissioni, fa presente che, stante l'imminenza della
  votazione sulla fiducia al Governo, si può tuttavia utilizzare
  il tempo disponibile chiedendo ai relatori di illustrare i
  contenuti della proposta di parere dai medesimi formulata e
  che sarà formalizzata in tempi brevi.  Avverte altresì che sono
  pervenute alla Presidenza proposte di parere anche da parte
  dei deputati di gruppi del PDS, della Lega Nord, di
  Rifondazione comunista, repubblicano e del MSI-Destra
  nazionale e che il gruppo liberale ha presentato un contributo
  al parere dei relatori.
     Il deputato Luigi CASTAGNOLA, (gruppo del PDS), parlando
  sull'ordine del lavori, ritiene essenziale che le Commissioni
  siano poste in condizione di conoscere la proposta di parere
  dei relatori che dovrebbe essere, quindi, formalizzata anche
  prima della sua illustrazione da parte dei relatori.
     Il Presidente Angelo TIRABOSCHI assicura che le proposte
  di parere, sia dei relatori che dei deputati degli altri
  gruppi, saranno messe a disposizione delle Commissioni nel più
  breve tempo possibile e che, comunque, non si procederà oltre
  nella discussione prima che tali pareri siano formalizzati;
 
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  ritiene tuttavia utile consentire ai relatori di illustrare la
  proposta di parere della maggioranza.
     Dopo che il deputato Sergio COLONI (gruppo della DC) ha
  invitato la Presidenza a fissare un termine -ultimo e certo
  per la formalizzazione delle proposte di parere, il deputato
  Maurizio GASPARRI (gruppo del MSI-Destra nazionale) chiede
  chiarimenti circa il termine uItimo per la votazione del
  parere da parte delle Commissioni.
     Il Presidente Angelo TIRABOSCHI ritiene che possa essere
  fissato per le ore 13 il termine ultimo per la presentazione
  delle proposte di parere; fa presente, altresì, che il
  calendario dei lavori delle Commissioni riunite, a suo tempo
  deliberato dagli Uffici di Presidenza, prevede per la giornata
  odierna il termine entro il quale le Commissioni delibereranno
  il parere al Governo sul piano di riordino delle
  partecipazioni statali, in coerenza peraltro con i termini
  assegnati alle medesime e dalla Presidenza della Camera.
     Il deputato Adriano BIASUTTI (gruppo della DC), relatore
  per la X Commissione, illustrando le linee del parere, in
  corso di redazione, che i relatori presenteranno alle
  Commissioni, rammenta che l'approfondito dibattito
  parlamentare ha richiamato lo specifico ruolo svolto dalle
  imprese pubbliche per l'espansione dell'economia italiana ed
  il sostegno dell'occupazione, con importanti effetti
  soprattutto nei momenti critici del ciclo economico; il
  dibattito ha evidenziato tuttavia come sia necessario un
  mutamento volto a recuperare competitività e capacità
  espansiva ed ha particolarmente sottolineato come, nel
  presente contesto, comunitario, sia assolutamente
  indispensabile esaltare l'efficienza complessiva del sistema
  produttivo nazionale, industriale e finanziario, attraverso
  nuovi equilibri tra capitale pubblico e privato e nuove forme
  di risparmio finanziario, che pongano le basi per la creazione
  di gruppi imprenditoriali coerenti e competitivi, riconoscendo
  la rilevanza a tali fini delle politiche di privatizzazione
  per superare la rigida separazione tra pubblico e privato.  Nel
  corso del dibattito si è altresì ribadito come la
  trasformazione degli enti in società per azioni comporti già
  di per se' un mutamento del ruolo dello Stato, anche in
  qualità di azionista, nel senso di affidare ad esso un
  prevalente ruolo di regolatore dell'economia e di realizzare
  condizioni di parità per le imprese, private o a
  partecipazione pubblica; ciò comporta altresì la necessità di
  espandere la strumentazione per assicurare la tutela degli
  interessi pubblici, quale che sia l'assetto proprietario
  dell'impresa, rilevato come un così alto sistema di obiettivi
  richiede l'impegno da parte di tutte le forze imprenditoriali
  del paese e un'ampia cooperazione sociale, ma anche una
  complessiva strategia da parte delle istituzioni di Governo in
  funzione di interessi generali.  A tal fine si deve individuare
  nel vincolo di economicità e in quello della massima
  valorizzazione delle risorse produttive il criterio guida che
  presiede alle scelte concrete da assumere, che vanno valutate
  con realismo e fiessibilità nelle singole circostanze;
  l'effettivo adeguamento del sistema industriale alle
  condizioni di competitività e la valorizzazione delle risorse
  è condizione ineliminabile per ridurre gli sprechi conseguenti
  all'inefficienza economica e per quella ripresa indispensabile
  a fondare una strategia realistica di riduzione del vincolo di
  bilancio.  E' stata inoltre espressa nel corso della
  discussione la preoccupazione per i rischi di un
  restringimento della base produttiva nazionale e per i costi
  sociali del processo di privatizzazione, con aggravamento
  della crisi in atto, soprattutto per talune zone del paese,
  rilevando la necessità di ricorrere ad attività sostitutive e
  ad ammortizzatori sociali.
     Al fine di conseguire il massimo risultato del processo di
  riordino e delle operazioni di dismissione dovranno essere
  definiti, entro il 31 marzo 1993, indirizzi e modalità dei
  nuovi assetti societari mediante l'individuazione di procedure
  ispirate a criteri di trasparenza economica, certezza
  giuridica ed efficienza.  Si richiede quindi di definire le
  regole di valutazione delle imprese e di determinazione dei
  prezzi di offerta, valutazioni che dovranno essere effettuate
 
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  nella rispettiva autonomia dal Governo e dalle società
  interessate; le modalità giuridiche e finanziarie delle
  cessioni e dei trasferimenti, nonché le condizioni di
  pagamento; le modifiche delle disposizioni che attualmente
  limitano l'acquisizione e la cedibilità dei diritti sulle
  imprese; le condizioni di difesa degli interessi nazionali in
  settori strategici dell'economia; la ricerca delle condizioni
  di sviluppo e diffusione di un azionariato popolare e per
  l'acquisto di quote societarie da parte del personale
  dipendente, introducendo un regime fiscale favorevole per tali
  trasferimenti o cessioni, anche limitando le quote di possesso
  detenibili dalle persone fisiche e dalle persone giuridiche,
  per consentire la fruizione di tali agevolazioni; il
  perfezionamento della riforma dei mercati finanziari al fine
  di favorire la destinazione del risparmio delle famiglie verso
  il capitale di rischio attraverso il completamento della
  legislazione in materia di fondi pensione, fondi chiusi,
  azioni di risparmio e più in generale, di investitori
  istituzionali.
     A partire dalle operazioni già avviate, il processo di
  privatizzazione e di riordino della presenza pubblica potrà
  continuare dai settori assicurativo e bancario, assolvendo
  preliminarmente alle esigenze di ricapitalizzazione delle
  società per azioni partecipate dal tesoro e derivanti dalla
  trasformazione degli enti e delle aziende pubbliche, al fine
  di ridurre l'indebitamento complessivo e i connessi oneri
  finanziari dei gruppi.
     Dovrà essere dato l'indirizzo all'ENI s.p.a. di collocare
  immediatamente in borsa le società controllate in grado di
  sostenere l'impatto del mercato.
     Tutto il processo deve quindi proseguire e definire le
  successive priorità, tenendo presenti le linee di riordino dei
  settori produttivi, nonché le effettive condizioni delle
  operazioni di dismissione, la risposta dei mercati, i
  caratteri della congiuntura.
     Il Governo procederà al superamento dell'attuale assetto
  dei consigli di amministrazione con la presenza
  dell'azionariato minore, non marginale e con l'inserimento di
  responsabili operativi dei gruppi e delle finanziarie e di
  managers  di riconosciuta professionalità, anche esterni
  al sistema.
     In conformità con gli indirizzi del Governo, spetterà al
  management,  nella sua autonomia imprenditoriale, ogni
  decisione circa le politiche di risanamento e di rilancio
  delle aziende.
     Dovrà essere favorita la costituzione di  public
  companies,  in particolare per le imprese erogatrici di
  servizi di pubblica utilità.
     A tal fine saranno adeguate le norme del diritto
  societario, per tutelare gli azionisti di minoranza e per
  garantire i diritti degli azionisti e dei risparmiatori.  A
  tale scopo potranno essere introdotti premi di fedeltà e, a
  garanzia del'interesse pubblico, azioni con diritti speciali
  che prevedano la possibilità di esercitare forme di controllo
  sulle decisioni strategiche e di veto su cessioni, fusioni e
  mutamenti dell'oggetto sociale.
     Dovranno essere creati, a tal fine eventualmente adeguando
  la legislazione, nuclei stabili, per una durata minima
  predeterminata con l'obiettivo di assicurare la stabilità
  dell'assetto societario e la tutela dell'interesse nazionale
  in settori ritenuti strategici.
     Dovranno essere esclusi scambi di pacchetti azionari che
  configurino operazioni di salvataggio di imprese private e che
  di fatto producano l'effetto di estendere la proprietà
  pubblica.
     Dovrà essere utilizzata, ovunque ciò non sia in contrasto
  con gli obiettivi societari perseguiti, la procedura
  dell'offerta pubblica di vendita, in ogni caso garantendo,
  nella maggior misura possibile, che lo scambio dei titoli
  avvenga nei mercati regolamentati e attraverso gli
  intermediari autorizzati; occorre invece superare l'ipotesi
  del consorzio di rilievo avanzata nel programma del
  Governo.
     Dovrà essere mantenuto il principio di separatezza in
  ordine sia alla nozione di controllo di una banca, sia ai
  limiti e divieti relativi alle concentrazioni di potere in una
  banca, conseguenti ad accordi tra partecipanti, così come
  esplicitati dalla legge n. 287 del 1990, recante norme per la
 
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  tutela della concorrenza e del mercato.  Dovrà essere favorita
  la partecipazione del sistema bancario ai processi di
  ricapitalizzazione dell'intero sistema industriale e al
  processo di privatizzazione nei limiti e nelle modalità
  previsti dal decreto legislativo attuativo della II direttiva
  bancaria CEE, e comunque in misura tale da consentire, ove
  necessario, la possibilità di svincolo mediante il
  ricollocamento delle partecipazioni;
     Si dovrà predisporre, entro il 31 rnarzo 1993, una
  normativa che regoli in via generale il rapporto tra gruppi
  finanziari e industriali e mezzi di informazione prevedendo
  limiti alla proprietà dei mezzi di informazione da parte di
  imprese industriali e finanziarie favorendo inoltre la
  collocazione in borsa delle relative imprese, senza assumere,
  in assenza di tale normativa, alcuna decisione di dismissione
  in ordine alla proprietà pubblica dei mezzi di
  informazione;
     La cessione di quote di proprietà pubblica ad acquirenti
  esteri, sarà finalizzata alla realizzazione di un sistema di
  alleanze internazionali funzionali al rafforzamento del
  sistema industriale del paese e al suo inserimento nel mercato
  internazionale;
     Dovrà essere favorita l'integrazione nei settori
  produttivi, riunificando le aziende pubbliche operanti nello
  stesso segmento, ivi comprese le aziende del gruppo EFIM,
  indipendentemente dalla loro attuale collocazione nelle
  diverse holding, non escludendo integrazioni con aziende
  private;
     Dovranno essere riconsiderate le scelte in ordine al
  trasporto marittimo, integrando i servizi di cabotaggio con il
  sistema dei trasporti, alla cantieristica ed alla industria
  navalmeccanica, per il ruolo importante che possono svolgere
  tali settori per lo sviluppo del paese e per i traffici
  marittimi dell'intera Europa, in presenza di positive
  prospettive di mercato a medio lungo termine e di possibili
  alleanze e partecipazioni internazionali;
     Nella definizione dell'assetto societario ed istituzionale
  dell'INA spa e delle società che gestiscono servizi di
  pubblica utilità, dovrà essere garantita la distinzione
  dall'ordinaria attività commerciale dello svolgimento delle
  funzioni di interesse pubblico ad esse attribuito;
     Le imprese che gestiscono servizi pubblici dovranno essere
  poste nelle condizioni di operare in un quadro di certezza
  delle tariffe nel medio periodo, che garantisca la
  remunerazione del capitale e la crescita degli investimenti e
  dell'occupazione, tutelando, al contempo, gli interessi degli
  utenti.  Le tariffe dovranno essere adeguate sulla base
  dell'andamento del costo della vita al netto di quota parte
  dell'incremento della produttività;
     Si dovrà procedere, utilizzando le autonomie locali, ad
  una valutazione su base regionale dei costi sociali derivanti
  dalle dismissioni e provvedere a credibili iniziative di
  reindustrializzazione nelle aree più svantaggiate del paese.  A
  tal fine dovranno essere assunte adeguate iniziative
  legislative in materia di occupazione.
     I proventi delle dismissioni dovranno essere destinati al
  risanamento finanziario delle aziende da riorganizzare, alle
  politiche attive del lavoro e della reindustrializzazione e
  alla riduzione del debito pubblico per la quale dovranno
  essere garantiti apporti nella misura indicata dal programma
  del Governo di 7 mila, 10 mila e 10 mila miliardi di lire
  rispettivamente negli anni 1993, 1994 e 1995.
     Una finanziaria di partecipazioni pubbliche può essere
  costituita al termine del processo quale strumento per la
  gestione unitaria delle quote azionarie mantenute dallo
  Stato;
     Per quanto attiene agli aspetti istituzionali, dovrà
  essere prevista una revisione dell'attuale configurazione
  ministeriale, nell'ambito della quale costituire un Ministero
  che svolga un ruolo incisivo di programmazione e coordinamento
  di tutte le attività produttive del paese, ovunque siano
  attualmente collocate le rispettive competenze
  amministrative.
     L'attuazione del programma di privatizzazione dovrà essere
  affidata collegialmente ai soggetti previsti dall'articolo 16,
  comma 1, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito
  in legge, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n.
  359.
 
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     Il Governo dovrà sottoporre alla delibera delle Camere
  annualmente e, per il 1993, entro il 31 marzo, un documento
  sul riordino delle partecipazioni pubbliche e sullo stato
  delle privatizzazioni, da esaminarsi con procedure analoghe a
  quelle previste per l'esame del documento di programmazione
  economico-finanziaria.  Nel documento il Governo dovrà proporre
  gli eventuali aggiornamenti, revisioni o integrazioni del
  piano, riferire sugli atti compiuti e prospettare le
  iniziative avviate o da avviare, esplicitando le procedure
  seguite o da seguire, con particolare riferimento alle
  modalità del collocamento sul mercato delle quote da
  dismettere, e le previsioni e i risultati finanziari, sia in
  termini di risanamento e ricapitalizzazione delle società per
  azioni, sia di benefici per la finanza pubblica, nonché gli
  obiettivi di politica industriale perseguiti ed effettivamente
  raggiunti, in particolar modo in ordine al rafforzamento del
  sistema produttivo italiano.
     Il Presidente Angelo TIRABOSCHI fa presente che, stante
  l'imminenza di votazioni in Assemblea, i lavori delle
  Commissioni dovranno essere sospesi ed aggiornati ad altra
  ora.  Sottolinea altresì l'esigenza, più volte prospettata e
  sempre disattesa, che i lavori delle Commissioni riunite, le
  quali sono chiamate a deliberare un parere al Governo di
  estrema rilevanza, siano coordinati con quelli dell'Assemblea;
  ciò anche al fine di non costringere le Commissioni stesse a
  riunirsi nei ritagli brevissimi di tempo ovvero a rendere
  impossibile l'espressione del parere.  Sospende quindi la
  seduta che riprenderà nei tempi consentiti dai lavori
  dell'Assemblea, riservandosi di attivare le opportune
  iniziative per un migliore coordinamento dei lavori
  parlamentari.
       (La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle
  15,15).
     Il Presidente Angelo TIRABOSCHI fa presente che da parte
  delle Commissioni I, IX, XI e XIII sono state deliberate
  osservazioni sul programma di riordino, rispettivamente, nelle
  sedute del 15, 10, 2 e 10 dicembre, poste all'attenzione delle
  Commissioni riunite.
     Avverte quindi che i relatori hanno presentato la seguente
  proposta di parere:
     "Le Commissioni riunite V, VI e X
       esaminato il programma di riordino di IRI, ENI, ENEL,
  IMI, BNL ed INA, presentato dal Governo al sensi dell'articolo
  16 al decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito con
  modificazioni dalla legge 8 agosto 1992, n. 359;
       considerato che il documento del Govemo dà coerentemente
  seguito al processo di riorganizzazione delle imprese
  pubbliche, avviato con la trasformazione degli enti in società
  per azioni, che si inserisce nella stagione di complessivo
  rinnovamento dell'assetto istituzionale ed economico del
  paese;
     considerato che l'approfondito dibattito parlamentare:
         ha richiamato lo specifico ruolo svolto dalle imprese
  pubbliche per l'espansione dell'economia italiana ed il
  sostegno dell'occupazione, con importanti effetti soprattutto
  nei momenti critici del ciclo economico ed ha tuttavia
  rilevato come sia necessario un mutamento volto a recuperare
  competitività e capacità espansiva;
         ha particolarmente sottolineato come nel presente
  contesto comunitario, sia assolutamente indispensabile
  esaltare l'efficienza complessiva del sistema produttivo
  nazionale, industriale e finanziario, attraverso nuovi
  equilibrii tra capitale pubblico e privato e nuove forme di
  risparmio finanziario, che pongano le basi per la creazione di
  gruppi imprenditoriali coerenti e competitivi;
         ha sottolineato l'esigenza di procedere
  all'applicazione del programma in uno spirito che dia segnali
  non equivoci al mercato interno ed internazionale sulla
  volontà di ridurre effettivamente la presenza dello Stato
  nell'economia;
 
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         ha ribadito come la trasformazione degli enti in
  società per azioni comporti già di per se' un mutamento del
  ruolo dello Stato, anche in qualità di azionista, nel senso di
  afidare ad esso un prevalente ruolo di regolatore
  dell'economia e di realizzare condizioni di parità per le
  imprese, private o a partecipazione pubblica; ciò richiede di
  conseguenza una più ampia strumentazione per assicurare la
  tutela degli interessi pubblici quale che sia l'assetto
  proprietario dell'impresa;
         ha rilevato come un quadro di obiettivi così
  coordinati tra loro richieda l'impegno da parte di tutte le
  forze imprenditoriali del paese e un'ampia cooperazione
  sociale, ma soprattutto una complessiva strategia da parte
  delle istituzioni di Governo in funzione di interessi
  generali;
         ha individuato nel vincolo di economicità e in quello
  della massima valorizzazione delle risorse produttive il
  criterio guida che presiede alle scelte concrete da assumere,
  che vanno valutate con realismo e flessibilità, nelle singole
  singole circostanze; rilevando che l'effettivo adeguamento del
  sistema industriale alle condizioni di competitività e la
  valorizzazione di tutte le risorse è condizione ineliminabile
  per ridurre gli sprechi conseguenti all'inefficienza economica
  e per fondare sulla ripresa produttiva una strategia
  realistica di riduzione del vincolo di bilancio;
         ha espresso preoccupazione per i rischi di un
  restringimento della base produttiva nazionale e per i costi
  sociali del processo di privatizzazione, con aggravamento
  della crisi in atto, soprattutto per talune zone del paese,
  rilevando la necessità di ricorrere ad attività sostitutive e
  ad ammortizzatori sociali.
     In base a tutte le premesse considerazioni esprimono
  parere favorevole sul programma di riordino presentato dal
  Governo con le seguenti condizioni:
       1.  Al fine di conseguire il massimo risultato del
  processo di riordino e delle operazioni di dismissione
  dovranno essere definiti, entro il 31 marzo 1993, indirizzi e
  modalità dei nuovi assetti societari mediante l'individuazione
  di procedure ispirate a criteri di trasparenza economica,
  certezza giuridica ed efficienza, definendo:
         le regole di valutazione delle imprese e di
  determinazione dei prezzi di offerta; tali valutazioni
  dovranno essere effettuate nella rispettiva autonomia dal
  Governo e dalle società interessate;
         le modalità giuridiche e finanziarie delle cessioni e
  dei trasferimenti, nonché le condizioni di pagamento;
         le modifiche delle disposizioni che attualmente
  limitano l'aquisizione e la cedibilità dei diritti sulle
  imprese
         le condizioni di difesa degli interessi nazionali in
  settori strategici dell'economia;
         la ricerca delle condizioni di sviluppo e diffusione
  di un azionariato popolare e per l'acquisto di quote
  societarie da parte del personale dipendente, introducendo un
  regime fiscale favorevole per tali trasferimenti o cessioni,
  anche limitando le quote di possesso detenibili dalle persone
  fisiche e dalle persone giuridiche, per consentire la
  fruizione di tali agevolazioni;
         il perfezionamento della riforma dei mercati
  finanziari al fine di favorire la destinazione del risparmio
  delle famiglie verso il capitale di rischio attraverso il
  completamento della legislazione in materia di fondi pensione,
  fondi chiusi, azioni di risparmio e, più in generale, di
  investitori istituzionali.
     2.  A partire dalle operazioni già avviate, il processo di
  privatizzazione e di riordino della presenza pubblica, che si
  avvarrà degli strumenti di cui al punto 1, potrà continuare
  dai settori assicurativo e bancario, assolvendo
  preliminarmente alle esigenze di ricapitalizzazione delle
  società per azioni partecipate dal Tesoro e derivanti dalla
  traformazione degli enti e delle aziende pubbliche al fine di
  ridurre l'indebitamento complessivo e i connessi oneri
  finanziari dei gruppi.  Dovrà essere dato l'indirizzo all'ENI
 
                              Pag. 17
 
  SpA di collocare immediatamente in borsa le società
  controllate per le quali erano già state avviate le verifiche
  e gli atti relativi.  Tutto il processo deve quindi proseguire
  e definire le successive priorità, tenendo presenti le linee
  di riordino dei settori produttivi, nonché le effettive
  condizioni delle operazioni di dismissione, la risposta dei
  mercati, i caratteri della congiuntura.
     3.  Il Governo procederà al superamento dell'attuale
  assetto dei consigli di amministrazione con la presenza
  dell'azionariato minore non marginale e con l'inserimento di
  responsabili operativi dei gruppi e delle finanziarie e di
  manager s di riconosciuta professionalità anche esterni
  al sistema.
     4.  In conformità con gli indirizzi del Governo, spetterà
  al  management,  nella sua autonomia imprenditoriale, ogni
  decisione circa le politiche di risanamento e di rilancio
  delle aziende.
     5.  Dovrà essere favorita la costituzione di  public
  companies,  in particolare per le imprese erogatrici di
  servizi di pubblica utilità, per le quali è opportuno
  prevedere organismi di tutela degli interessi degli utenti e
  dei consumatori.  In tale direzione saranno adeguate le norme
  del diritto societario, anche al fine di tutelare gli
  azionisti di minoranza e di garantire i diritti degli
  azionisti e dei risparmiatori.  Potranno essere introdotti
  premi di fedeltà e, a garanzia dell'interesse pubblico, azioni
  con diritti speciali che prevedano la possibilità di
  esercitare forme di controllo sulle decisioni strategiche e di
  veto su cessioni, fusioni e mutamenti nell'oggetto sociale.
     6.  Dovranno essere creati, a tal fine eventualmente
  adeguando la legislazione, "nuclei stabili", per una durata
  minima predeterminata, con l'obiettivo di assicurare la
  stabilità dell'assetto societario e la tutela dell'interesse
  nazionale in settori ritenuti strategici.
     7.  Dovranno essere esclusi scambi di pacchetti azionari
  che configurino operazioni di salvataggio di imprese private e
  che di fatto producano l'effetto di estendere la proprietà
  pubblica.
     8.  Dovrà essere utilizzata, ovunque ciò non sia in
  contrasto con gli obiettivi societari perseguiti, la procedura
  dell'offerta pubblica di vendita, in ogni caso garantendo,
  nella maggior misura possibile, che lo scambio dei titoli
  avvenga nei mercati regolamentati e attraverso gli
  intermediari autorizzati; occorre invece superare l'ipotesi
  del consorzio di rilievo avanzata nel programma del
  Governo.
     9.  Dovrà essere mantenuto il principio di separatezza in
  ordine sia alla nozione di controllo di una banca, sia ai
  limiti e divieti relativi alle concentrazioni di potere in una
  banca, conseguenti ad accordi tra partecipanti, così come
  esplicitati dalla legge n. 287 del 1990, recante norme per la
  tutela della concorrenza e del mercato.  Dovrà essere favorita
  la partecipazione del sistema bancario ai processi di
  ricapitalizzazione dell'intero sistema industriale e al
  processo di privatizzazione, nei limiti e nelle modalità
  previsti dal decreto legislativo attuativo della seconda
  direttiva CEE, e comunque in misura tale da consentire, ove
  necessario, la possibilità di svincolo mediante il
  ricollocamento delle partecipazioni.
     10.  Si dovrà predisporre, entro il 31 marzo 1993, una
  normativa che regoli in via generale il rapporto tra gruppi
  finanziari e industriali e mezzi di informazione prevedendo
  limiti alla proprietà dei mezzi di informazione da parte di
  imprese industriali e finanziarie favorendo inoltre la
  collocazione in borsa delle relative imprese, senza assumere,
  in assenza di tale normativa, alcuna decisione di dismissione
  in ordine alla proprietà pubblica dei mezzi di
  informazione.
     11.  La cessione di quote di proprietà pubblica ad
  acquirenti esteri, sarà finalizzata alla realizzazione di un
  sistema di alleanze internazionali funzionali al rafforzamento
  del sistema industriale del paese e al suo inserimento nel
  mercato internazionale.
     12.  Dovrà essere favorita l'integrazione nei settori
  produttivi, riunificando le aziende pubbliche operanti nello
  stesso segmento, ivi comprese le aziende del gruppo EFIM,
 
                              Pag. 18
 
  indipendentemente dalla loro attuale collocazione nelle
  diverse  holdings,  non escludendo integrazioni con
  aziende private.
     13.  Dovranno riconsiderare le scelte in ordine al
  trasporto marittimo, integrando i servizi di cabotaggio con il
  sistema dei trasporti, alla cantieristica ed alla industria
  navalmeccanica, per il ruolo importante che possono svolgere
  tali settori per lo sviluppo del paese e per i traffici
  marittimi dell'intera Europa, in presenza di positive
  prospettive di mercato a medio lungo termine, e di possibili
  alleanze e partecipazioni internazionali.
     14.  Nella definizione dell'assetto societario ed
  istituzionale dell'INA spa, e delle società che gestiscono
  servizi di pubblica utilità, dovrà essere garantita la
  distinzione dall'ordinaria attività commerciale dello
  svolgimento delle funzioni di interesse pubblico ad esse
  attribuito.
     15.  Nel settore elettrico il Governo definirà con rapidità
  il nuovo regime delle concessioni, anche nell'ambito delle
  normative e degli indirizzi comunitari.
     16.  Le imprese che gestiscono servizi pubblici dovranno
  essere poste nelle condizioni di operare in un quadro di
  certezza delle tariffe nel medio periodo, che garantisca la
  remunerazione del capitale e la crescita degli investimenti e
  dell'occupazione, tutelando, al contempo, gli interessi degli
  utenti.  Le tariffe dovranno essere adeguate sulla base
  dell'andamento del costo della vita al netto di quota parte
  dell'incremento della produttività.
     17.  I proventi delle dismissioni dovranno essere destinati
  al risanamento finanziario delle aziende da riorganizzare,
  alle politiche attive del lavoro e della reindustrializzazione
  e alla riduzione del debito pubblico per la quale dovranno
  essere garantiti apporti nella misura indicata dal programma
  del Governo di 7 mila, 10 mila e 10 mila miliardi di lire
  rispettivamente negli anni 1993, 1994 e 1995.
     18.  Si dovrà procedere ad una valutazione dei costi
  sociali derivanti dalle dismissioni con una articolazione per
  aree regionali e provvedere nelle aree più svantaggiate del
  paese, con il concorso delle regioni interessate, alla
  definizione di politiche attive del lavoro e di programmi di
  sviluppo produttivo e di reindustrializzazione anche con
  l'adeguamento della normativa vigente in materia di
  occupazione.  Al comitato di ministri di cui al punto 21,
  integrato dal ministro del lavoro e della previdenza sociale,
  è attribuita la responsabilità di definire tali iniziative e
  programmi avvalendosi di efficaci procedure e strumenti a
  partire dalle esperienze e dagli strumenti esistenti
  opportunamente coordinati ed eventualmente riorganizzati,
  mobilitando anche le aziende e le strutture pubbliche.  I
  programmi dovranno essere realizzati anche attraverso
  l'impiego di una parte dei proventi derivanti dal processo di
  privatizzazione nonché l'utilizzo coordinato di tutte le
  risorse compresi i fondi comunitari.
     19.  Una finanziaria di partecipazioni pubbliche può essere
  costituita al termine del processo quale strumento per la
  gestione unitaria delle quote azionarie mantenute dallo
  Stato.
  Per quanto attiene agli aspetti istituzionali:
     20.  Dovrà essere prevista una revisione dell'attuale
  configurazione ministeriale, nell'ambito della quale
  costituire un Ministero che svolga un ruolo incisivo di
  programmazione e coordinamento di tutte le attività produttive
  del paese, ovunque siano attualmente collocate le rispettive
  competenze amministrative.
     21.  L'attuazione del programma di privatizzazione sarà
  affidata al comitato dei ministri composto dai soggetti
  previsti dall'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 11
  luglio 1992, n. 333, convertito in legge, con modificazioni,
  dalla legge 8 agosto 1992, n. 359.
     22.  Il Governo dovrà sottoporre alla delibera delle Camere
  annualmente, e comunque per il 1993 entro il 31 marzo, un
  documento sul riordino delle partecipazioni pubbliche e sullo
  stato delle privatizzazioni, da esaminarsi con procedure
  analoghe a quelle previste per l'esame del documento di
 
                              Pag. 19
 
  programmazione economico-finanziaria.  Nel documento il Governo
  dovrà proporre eventuali aggiornamenti, revisioni o
  integrazioni del piano, riferire sugli atti compiuti e
  prospettare le iniziative avviate o da avviare, esplicitando
  le procedure seguite o da seguire, con particolare riferimento
  alle modalità del collocamento sul mercato delle quote da
  dismettere e le previsioni e i risultati finanziari, sia in
  termini di risanamento e ricapitalizzazione delle società per
  azioni, sia di benefici per la finanza pubblica, nonché gli
  obiettivi di politica industriale perseguiti ed effettivamente
  raggiunti, in particolar modo in ordine al rafforzamento del
  sistema produttivo italiano".
                                                  I Relatori.
     Avverte altresì che sono state presentate le seguenti
  proposte alternative di parere:
     "Le Commissioni riunite V, VI e X
       esaminato il programma di riordino di IRI, ENI, ENEL,
  IMI, BNL ed INA presentato dal governo,
       avendo piena consapevolezza della necessità di procedere
  ad una riorganizzazione complessiva della struttura
  industriale e finanziaria italiana idonea a fronteggiare la
  accentuata concorrenza internazionale e quindi a promuovere lo
  sviluppo economico e la tutela e la crescita dell'occupazione,
  nonché di dotare il Paese di un mercato finanziario, di un
  mercato dei prodotti e dei servizi più trasparente, più
  accessibile, più efficiente, a tutela del cittadino, del
  consumatore, dell'utente e del risparmiatore;
       ritengono necessario:
         procedere al riordino generale e alla valorizzazione
  delle imprese a partecipazione pubblica, o di proprietà dello
  Stato e degli enti locali, superando l'attuale assetto basato
  sulle società di partecipazione conglomerate e
  riorganizzandole anche mediante la diffusione presso il
  pubblico di quote rilevanti o maggioritarie della
  proprietà;
       ritengono inoltre:
           a)  che tale riordino è destinato a ridisegnare
  non solo la struttura dell'industria nazionale, ma gli stessi
  equilibri sociali e di potere del nostro paese; e che esso
  deve quindi essere l'occasione per coinvolgere la grande
  risorsa delle professionalità e del lavoro e delle capacità
  imprenditoriali ampiamente diffuse nel territorio presso le
  imprese di minori dimensioni, anche nella gestione delle
  imprese maggiori, per trasformare la proprietà statale in
  proprietà diffusa presso i cittadini, realizzando un contesto
  accettabile di effettiva "democrazia economica" nel nostro
  paese che veda un generale decentramento di potere dai centri
  di comando economico, politico e burocratico tradizionali
  verso un ampio numero di produttori, lavoratori,
  risparmiatori, cittadini, utenti e imprenditori la cui
  capacità di influenzare le scelte del paese è oggi molto
  inferiore alla loro rilevanza effettiva; e che non si tratta
  quindi di ridurre il ruolo e la funzione degli interessi
  collettivi e pubblici nell'economia, bensì di mutare il
  tradizionale ruolo dello Stato da proprietario e gestore a
  regolatore e garante di un sistema economico di mercato, e di
  promuovere la formazione di una nuova classe dirigente in
  economia;
           b)  che sia necessario che il processo di
  riorganizzazione delle partecipazioni pubbliche abbia inizio
  al più presto, ma che venga portato a termine nel modo e nei
  tempi necessari a garantirne il successo, ma anche a impedire
  episodi di cessione, o peggio di svendita di singole aziende
  che non siano coerenti con un preciso disegno di
  ristrutturazione industriale o peggio ancora di offerta di
  vendita al pubblico di elenchi di imprese senza ragionevoli
  possibilità di trovare l'acquirente, e con seri rischi di
  turbativa dei mercati;
           c)  che quindi, contestualmente ad un coerente
  piano industriale, siano messi in opera gli strumenti
 
                              Pag. 20
 
  finanziari e organizzativi capaci di portare alla formazione
  di un maggior numero di gruppi di imprese a proprietà diffusa
  e con nuclei di controllo stabili, operanti secondo logiche di
  mercato e che si aggiungano ai gruppi privati esistenti anche
  prevedendo alleanze e scambi di partecipazioni con alcuni di
  essi, in modo da accentuare l'efficienza e il grado di
  concorrenzialità del sistema e da potenziare e moltiplicare le
  aggregazioni e le alleanze, anche internazionali, rispetto a
  quelle attuali;
           d)  che tale processo di riordino richiede che la
  sistemazione delle imprese ex-Efim avvenga nel contesto del
  processo di formazione dei nuovi gruppi e comporta vaste
  operazioni di ricapitalizzazione, riconversione, risanamento,
  ristrutturazione delle società e che pertanto sarebbe
  opportuno che esso fosse liberato dall'onere aggiuntivo di
  dover contribuire, per un valore di 27 mila miliardi in tre
  anni, a ripianare il disavanzo del bilancio dello Stato,
  compito che invece va affidato agli introiti derivanti dalle
  vendite e da una diversa gestione del patrimonio immobiliare
  pubblico (edifici urbani, negozi, terreni, ecc:) nel rispetto
  delle competenze urbanistiche;
       le Commissioni riunite V, VI e X,
        considerato altresì che il documento presentato dal
  Governo va giudicato negativamente per il fatto che manca in
  esso l'esplicitazione di un piano industriale e la definizione
  di regole e procedure certe e stabili, che non prospetta
  soluzioni adeguate per la tutela dei livelli occupazionali,
  che presenta evidenti rischi di sfasatura temporale tra tempi
  delle dismissioni e necessità di ricapitalizzazione delle
  imprese, che omette ogni valutazione relativamente agli
  effetti indotti nelle aree meridionali,
       ritengono che il Governo deve:
         1) predisporre una legge di princìpi tesa a definire
  metodi, procedure e garanzie per regolare in via generale un
  processo che non potrà che svolgersi lungo un arco di alcuni
  anni nonché le modifiche legislative necessarie alla creazione
  dei nuclei di controllo, delle golden shares, eccetera;
         2) presentare contestualmente un vero e proprio Piano
  per l'occupazione che possa contare non solo, e non tanto, su
  un potenziamento degli ammortizzatori sociali, quanto sulla
  riduzione dei tassi di interesse e sulla costituzione di un
  investitore nazionale con un fondo per lo sviluppo, formato in
  parte con i proventi derivanti dalla privatizzazione delle
  imprese pubbliche, che intervenga nelle aree di crisi, di
  declino industriale e di maggior disagio occupazionale,
  ridisegnate su scala nazionale in base a specifici indicatori,
  e che, in modo coordinato con altri centri di spesa pubblica,
  concentri gli investimenti in quelle aree a sostegno della
  ripresa e su infrastrutture, servizi, opere di ammodernamento,
  in grado di ottenere efficienze sistemiche a vantaggio
  dell'attività di impresa, di produrre e indurre più occasioni
  di lavoro, di mobilitare risorse private e locali, contando
  anche sull'apporto dei fondi comunitari;
         3) evitare che la evidente sfasatura temporale che
  risulta dal documento tra esigenze di ricapitalizzazione
  immediata di alcune imprese e l'autofinanziamento dell'intero
  processo, si traduca nel crollo di alcuni settori e nella
  deindustrializzazione di intere zone del paese, o in
  dismissioni a basso costo per gli acquirenti, e ad intervenire
  tempestivamente nel caso in cui tale rischio si manifestasse
  in concreto;
         4) evitare ogni rischio di internazionalizzazione
  passiva della nostra economia utilizzando le cessioni
  principalmente al fine di creare nuove possibilità di alleanze
  internazionali, in forma paritaria, e in un contesto in cui
  gli interessi della nostra industria siano difesi, tutelati e
  valorizzati;
         5) agevolare il percorso di approvazione di una
  normativa che introduca al più presto nel nostro paese - come
  pregiudiziale logica ed economica per il successo e la
  praticabilità della intera operazione - i fondi pensione,
 
                              Pag. 21
 
  intesi come strutture che raccolgano risparmio  di massa
  da investire sui mercati finanziari (in azioni,
  obbligazioni, titoli pubblici), utilizzando sia i flussi che
  attualmente vengono accantonati presso le imprese a titolo di
  trattamento di fine rapporto (compensando gli oneri finanziari
  per le imprese), sia nuovi accantonamenti derivanti dalla
  possibile evoluzione della politica contrattuale tra le parti
  sociali in seguito alla introduzione dei fondi stessi, sia
  versamenti volontari da parte dei lavoratori non
  dipendenti;
         6) far sì che, attraverso l'introduzione dei fondi e
  di altri investitori istituzionali, vengano rinvigoriti e
  rivitalizzati i mercati finanziari italiani, quale principale
  garanzia per evitare acquisizioni dall'estero non desiderate,
  per assicurare il successo delle stesse auspicabili cessioni
  di azioni ai dipendenti, e per dare credibilità all'ipotesi di
  azionariato diffuso cui destinare maggiori garanzie e maggiori
  poteri di controllo e partecipazione;
         7) assicurare in ogni caso ai nuovi gruppi uno stabile
  sostegno e assistenza finanziaria, anche in base alle
  esperienze di altri paesi, promuovendo la formazione di una
  pluralità di banche di investimento, il cui ruolo possa essere
  anche quello della assunzione di partecipazioni industriali e
  mantenere tuttavia criteri prudenziali nel consentire
  partecipazioni delle industrie nel capitale di enti creditizi,
  o di questi ultimi nel capitale di imprese industriali; pur
  prevedendo nella prima fase del processo, e per un periodo
  limitato, ove necessario, il sostegno di un ruolo
  particolarmente attivo del sistema creditizio;
         8) garantire, nella formazione dei nuclei di
  controllo, il necessario equilibrio tra le partecipazioni
  detenute dallo Stato, da istituti creditizi, da imprenditori
  privati, e da altri investitori, al fine di evitare la
  formazione di nuovi centri di potere che non seguano una
  logica di gestione prevalentemente industriale;
         9) garantire che la ricapitalizzazione delle imprese
  mediante le dismissioni avvenga in maniera trasparente
  separando il momento dell'afflusso dei fondi derivanti dalle
  vendite da quello della successiva distribuzione dei fondi
  stessi alle singole imprese; che a questo scopo i proventi
  delle cessioni vengano contabilizzati in maniera rigorosamente
  separata e visibile e che siano sottratti alla discrezionalità
  di spesa degli amministratori e a far sì che l'utilizzo di
  tali proventi per ricapitalizzare le imprese avvenga sulla
  base di un piano finanziario specifico, con l'indicazione dei
  rendimenti attesi dall'investimento;
         10) fare in modo che, al fine di limitare
  discrezionalità non funzionali al processo di
  riorganizzazione, le tecniche e modalità di cessione si
  ispirino in ogni caso a procedure tali da garantire che per
  ogni dismissione si valutino più offerte, presentate in
  maniera omogenea e facilmente controllabili tra loro, in modo
  da effettuare la scelta su criteri oggettivi;
         11) prevedere sconti di prezzo soltanto: 1) in base
  alla natura particolare dell'acquirente, come nel caso della
  cessione di azioni ai dipendenti e/o agli utenti; 2) una volta
  effettuata la scelta del miglior offerente, a seguito della
  procedura di cui al punto precedente, come contropartita, da
  parte del compratore, di oneri particolari (mantenimento dei
  livelli occupazionali, inserimento di golden share ecc:),
  sempre che:  a)  la diminuzione di prezzo sia commisurata
  all'effettiva utilità ricevuta;  b)  si siano valutate
  tutte le alternative possibili per raggiungere lo stesso
  scopo;  c)  la negoziazione avvenga in maniera chiara e
  visibile.
         12) non prevedere, oltre agli incentivi sul prezzo,
  incentivi di natura fiscale diversi da quelli necessari a
  garantire la ampia diffusione presso il pubblico delle azioni
  delle società dismesse e ad incoraggiare il possesso a lungo
  termine delle azioni dei nuovi gruppi anche da parte di soci
  di minoranza, e tali invece da far assumere all'operazione il
  significato di una redistribuzione del carico tributario a
  favore dei percettori di redditi da capitale, in un periodo di
  gravi difficoltà finanziarie, di pressione fiscale crescente e
 
                              Pag. 22
 
  di riduzione o eliminazioni delle agevolazioni fiscali
  esistenti.
         13) far precedere la definizione delle concessioni e
  l'eventuale collocamento presso il pubblico di partecipazioni
  in imprese operanti nei settori delle "pubbliche utilità", e
  l'eventuale decisione di ridurre la partecipazione pubblica
  sotto il 51 per cento da un documento governativo e da un
  dibattito parlamentare, volti anche a ridefinire in maniera
  organica l'intero settore della normativa sull'energia;
  promuovere, per quanto possibile, ed in sintonia con le
  indicazioni comunitarie, forme di concorrenza, anche
  comparativa, e la costituzione di autonome e
  professionalizzate autorità di regolazione, per il controllo
  degli  standards  di qualità dei servizi e la
  corrispondente fissazione delle tariffe, onde evitare di
  scaricare sui cittadini e sugli utenti le inefficienze delle
  imprese o i loro disservizi o altri oneri impropri; presentare
  al Parlamento entro sei mesi una "Carta del cittadino -
  consumatore - utente" relativamente ai servizi di pubblica
  utilità;
         14) perseguire l'obiettivo di una chiara separazione
  tra capitale industriale o finanziario e proprietà dei mezzi
  di informazione, ed in quest'ottica procedere alla vendita del
  "Il Giorno", "Il Mattino", la "Gazzetta del Mezzogiorno",
  eccetera;
         15) ottenere garanzie durature che il processo di
  privatizzazione non si accompagni ad un processo di riduzione
  della già ridotta attività di ricerca, anzi produca una
  crescita non solo di questo impegno, ma più in generale
  dell'impegno alla qualificazione tecnica e professionale della
  risorsa principale di ogni intrapresa, appunto il capitale
  umano;
       le Commissioni V, VI e X ritengono altresì che il
  Governo deve:
         A) assumere direttamente la gestione e la
  responsabilità dell'operazione; il compito del Governo dovrà
  essere quello di indicare indirizzi generali, scelte
  strategiche e priorità operative, avvalendosi, nella sua
  opera, della amministrazione, della collaborazione dei
  managers  delle imprese, nonché della consulenza di
  organi quali la Consob, la Banca d'Italia e la Commissione per
  la tutela della concorrenza, senza ricorrere ad alcun comitato
  di ministri.  L'attuazione concreta delle singole operazioni
  dovrà avvenire con la partecipazione diretta del  management
  delle imprese che deve essere coinvolto nel buon esito del
  processo.
         B) sulla base degli indirizzi definiti dal documento,
  a presentare alla valutazione del Parlamento, entro e non
  oltre 60 giorni, un piano in cui siano specificate le ricadute
  attese a breve e a lungo periodo in termini di:
       1) assetto del sistema industriale e prospettive di
  sviluppo delle imprese interessate al processo di riordino;
       2) effetti e prospettive dei livelli occupazionali.  Il
  Governo non deve prendere nel frattempo decisioni di
  dismissione che contraddicano tale esigenza;
         C) presentare annualmente, congiuntamente al documento
  di programmazione economico-finanziaria, ai fini della
  deliberazione parlamentare, una relazione di consuntivo e di
  aggiornamento del piano di riordino.
     Le Commissioni ritengono infine che le Camere devono:
       costituire entro 30 giorni un apposito comitato
  parlamentare di controllo, con numero limitato di componenti,
  con obbligo di riservatezza e con incisivi poteri di indagine,
  che abbia il compito di esaminare a fondo le diverse
  operazioni effettuate, successivamente alla loro
  realizzazione".
  Reichlin, D'Alema, Pellicani, Mussi, Strada, Solaroli,
  Turci, Serra Gianna, Castagnola, Grassi, Angelini Giordano,
  Felissari, Masini, Campatelli, Soriero, Vozza, Mantovani
  Silvio, Lettieri, Sitra, Sartori Lanciotti, Di Pietro,
  Monello, Serafini Anna Maria, Costantini, Prevosto, Vannoni,
  Grasso Tano.
 
                              Pag. 23
 
     "Le Commissioni riunite V, VI e X,
       esaminato il programma di riordino delle partecipazioni
  statali di cui all'articolo 15 della legge n. 359 del 1992,
  esprimono
                       PARERE CONTRARIO
  per le seguenti considerazioni:
  A -  Considerazioni preliminari.
     Il programma di riordino predisposto dal Governo e
  sottoposto all'esame del Parlamento appare caratterizzato
  da:
       vaghe affermazioni di principio, a volte in contrasto
  tra di loro;
       assoluta assenza di trasparenza, di impegni vincolanti e
  della loro tempificazione, nonché stime quantificate e
  controllabili dei ricavi e dei costi connessi al programma di
  riordino;
       il piano tralascia di integrare l'incompleto elenco
  dell'articolo 15 della legge n. 359 del 1992 e di conseguenza
  tralascia di prendere in considerazione settori ed imprese
  molto importanti quali il Poligrafico dello Stato o enti come
  l'Ente cinema o l'Ente cellulosa e carta, che rappresentano
  significativi esempi di come strutture statali sostanzialmente
  inutili possono influire negativamente sull'economia privata e
  sul funzionamento del libero mercato;
       in generale il piano appare troppo mirato al riordino e
  poco alla privatizzazione vera e propria delle partecipazioni.
  L'incertezza di alcuni passaggi del programma evidenzia
  indecisione da parte dell'esecutivo sulla strada da
  intraprendere nel ridisegnare l'assetto industriale del
  paese;
       appare decisamente insufficiente la risposta che il
  programma fornisce in relazione ai gravi problemi sociali che
  un vasto processo di razionalizzazione e di privatizzazione
  comporterebbe.  Si segnala in particolare la necessità di
  superare strumenti non più validi come la legge Prodi e la
  cassa integrazione troppo prolungata privilegiando invece
  strumenti fiscali;
       non convince il meccanismo che prevede la vendita
  prioritaria delle sole aziende in utile o comunque ªP'saneªP'.
  Vi è infatti il concreto rischio di alienare solamente alcune
  società (i pochi ªP'gioielliªP') per poi dissipare i proventi
  realizzati nei soliti maldestri tentativi di salvataggio.
  B - Considerazioni sulla presenza dello Stato nel capitale
  delle imprese.
     Le imprese pubbliche hanno via via occupato spazi sempre
  più significativi nell'economia, togliendo possibilità
  operative e di investimento agli imprenditori privati ed
  impedendo lo sviluppo, nel nostro paese, del libero mercato,
  della necessaria concorrenza, e di gruppi imprenditoriali
  privati efficienti ed in grado di svilupparsi sul territorio
  nazionale ed all'estero.
  C - Priorità individuate dalle Commissioni
  riunite.
     Le Commissioni riunite ritengono che il programma di
  riordino previsto dalla legge n. 359 del 1992 debba essere
  riscritto tenendo conto delle seguenti priorità:
       1) l'adesione del nostro paese alla CEE impone di
  favorire la concorrenza e lo sviluppo del libero mercato, di
  impedire l'esistenza di monopoli e di non concedere aiuti di
  Stato alle imprese senza aver prima ottenuto l'autorizzazione
  della Commissione CEE;
       2) è necessario cogliere questa opportunità per
  promuovere la formazione nel nostro mercato di un mercato
  finanziario dotato di più moderni strumenti operativi e
  svincolato da controlli politici, da vincoli e lentezze
  burocratiche;
 
                              Pag. 24
 
       3) è opportuno incentivare la partecipazione dei
  lavoratori dipendenti al capitale di rischio delle imprese,
  anche per una migliore attuazione del controllo dei
  rappresentanti dei lavoratori previsto dal progetto di V
  direttiva comunitaria;
       4) le imprese inefficienti, non ristrutturabili ed
  invendibili non possono più essere aiutate.  Si impone in
  questi casi la loro liquidazione e si pone il problema degli
  aiuti e della solidarietà che devono essere garantiti ai loro
  dipendenti.
  D. -  Raccomandazioni.
     Più in dettaglio, le Commissioni riunite raccomandano al
  Governo di inserire nel testo finale del programma di riordino
  delle partecipazioni statali i seguenti punti:
     1.  Predisporre ed includere nel programma di riordino
  l'elenco analitico delle imprese che saranno completamente
  alienate, di quelle nelle quali lo Stato manterrà una
  partecipazione non di controllo, una partecipazione di
  controllo ed una partecipazione di controllo strategico,
  tramite azioni speciali i cui poteri saranno regolamentati da
  nuove clausole degli statuti e da opportune iniziative
  legislative.
     2.  Quantificare i costi ed i ricavi connessi con il
  programma di riordino, integrando le informazioni di cui al
  punto precedente in allegati che evidenzino, a cascata (per
  gruppo e per ogni impresa controllata dal gruppo), le seguenti
  informazioni:
       - il nome dell'impresa controllata;
       - l'ammontare del suo patrimonio netto contabile
  risultante dall'ultimo bilancio disponibile;
       - la stima tecnica provvisoria, predisposta secondo i
  principi enunciati nel successivo punto 3, del valore
  economico totale del gruppo, e a cascata, di ogni singola
  impresa controllata;
       - la percentuale di proprietà posseduta direttamente,
  indirettamente o tramite società fiduciaria o interposta
  persona dallo Stato;
       - la percentuale di proprietà che lo Stato intende
  cedere a terzi;
       - la stima tecnica provvisoria dell'ammontare che al
  momento in cui viene effettuata la stima, il Tesoro ritiene di
  poter incassare (ovvero ritiene di dover ulteriormente
  spendere, ovvero investire) dalla cessione della sua quota
  azionaria, ovvero a motivo della decisione di non cederla;
       - la data entro la quale la prevista cessione di azioni
  dovrebbe avvenire.
     3.  Il programma di riordino dovrà identificare le regole
  di valutazione, che a nostro giudizio dovrebbero fare
  riferimento solamente ad alcune (quelle più oggettive e
  controllabili) delle regole comunemente usate dalla prassi
  professionale internazionale, vale a dire:
       - il sistema reddituale;
       - il sistema misto reddituale-patrimoniale;
       - il sistema patrimoniale.
     4.  Il testo finale del programma di riordino dovrà
  chiarire quali saranno, nell'ipotesi di cessione, le regole
  finanziarie che il Tesoro intende imporre alle controparti
  nell'ipotesi di cessione o di altre operazioni finanziarie,
  nonché le garanzie che sarà disposto a concedere.
     5.  Il programma dovrà prevedere come eliminare gli attuali
  vincoli giuridici all'alienazione di imprese pubbliche e dovrà
  determinare i tempi entro i quali ciò avverrà.
     6.  In un apposito capitolo dovranno essere commentate
  tutte le situazioni nelle quali lo Stato, attraverso il
  Tesoro, manterrà partecipazioni azionarie.
 
                              Pag. 25
 
     Il capitolo includerà commenti relativi alle seguenti
  situazioni:
       - imprese nelle quali lo Stato, attraverso il Tesoro,
  manterrà una partecipazione non di controllo;
       - imprese nelle quali lo Stato, attraverso il Tesoro,
  manterrà una partecipazione di controllo,
       - imprese nelle quali lo Stato, attraverso il Tesoro,
  manterrà una partecipazione di controllo strategico, tramite
  azioni speciali i cui poteri saranno regolamentati da nuove
  clausole degli statuti.
     Dovranno essere svolte considerazioni paticolari per le
  imprese del settore difesa, aerospaziale e ferroviario
  dell'Efim ed ogni considerazione che coinvolge spese da parte
  del Tesoro o l'assunzione di finanziamenti sul mercato
  finanziario dovranno essere attentamente descritte e
  quantificate.
     Per tali imprese dovranno essere inclusi nel programma di
  riordino i flussi di cassa previsti per il triennio 1993/1995
  e tale analisi sarà aggiornata ogni anno, contestualmente alla
  presentazione del documento di programmazione
  economico-finanziaria.
     Dovrà essere statuito che le partecipazioni dello Stato
  avverranno esclusivamente tramite azioni o quote intestate al
  Tesoro e che, ad eccezione di quelle elencate in questo
  capitolo, lo Stato non è autorizzato a detenere, né attraverso
  il tesoro né per il tramite di altri ministeri, società
  fiduciarie od interposte persone, nessuna altra partecipazione
  diretta o indiretta.
     Ogni successiva modifica dovrà essere approvata dal
  Parlamento.
     8.  Nel programma e nelle tabelle di cui al precedente
  punto 2 dovranno essere chiaramente identificate le modalità
  (ed i costi) di eventuali progett di riorganizzazione,
  ristrutturazione e ricapitalizzazione delle società non alle
  quali si riferisce il programma.
     9.  Il programma dovrà prevedere che entro il mese di marzo
  1993 dovranno essere alienate a terzi, ovvero dovranno essere
  poste in liquidazione, le società proprietarie di mezzi di
  informazione.
     Per la RAI tale termine è posticipato al 30 giugno 1993,
  in quanto dovrà prima essere effettuato l'apporto di un ramo
  d'azienda ad una società interamente posseduta dallo Stato, ma
  gestita da professionisti indipendenti ed in assenza di
  qualsiasi interferenza politica, di tutto ciò che è necessario
  per garantire un telegiornale esauriente ed indipendente.
     Tutto il resto sarà alienato o posto in liquidazione entro
  il 30 giugno 1993.
     10.  Si suggerisce al Governo di integrare l'elenco di cui
  all'articolo 15 della legge n. 359, includendo anche le
  Ferrovie, tutte le aziende di Stato e tutti gli enti pubblici
  economici.
     Il programma dovrà includere clausole che garantiscano
  l'autonomia del  management  da ogni interferenza politica
  sia durante le operazioni di alienazione, sia, in futuro,
  nella gestione delle aziende che rimarranno sotto il controllo
  azionario del Tesoro.
     11.  Il programma dovrà prevedere i tempi e le
  caratteristiche dell'intervento del Governo finalizzato ad una
  sostanziale riforma del mercato finanziario.
     Tra le altre cose, il Governo dovrà, entro il 31 dicembre
  1993, regolamentare i fondi pensione ed i fondi chiusi,
  statuire modalità di funzionamento di nuove borse valori, con
  particolare attenzione ad evitare aggravi burocratici.
     Il Governo dovrà anche snellire la legge sulle SIM,
  alleggerendo i loro rilevanti ed inutili impegni burocratici e
  abrogare il contenuto dell'articolo 19, comma due della legge
  n. 1 del 1991, in modo da continuare a prevedere la
  possibilità di bandire concorsi per la nomina di agenti di
  cambio, in modo da evitare la formazione di un pericolosissimo
  monopolio nel mercato finanziario.
     12.  Il programma di
  riordino dovrà prevedere l'impegno da parte del Governo di
  analizzare i risultati di gestione delle imprese pubbliche
  negli esercizi dal 1988 al 1992, con particolare riferimento
  ai costi sostenuti per investimenti di immobilizzazioni
  tecniche, ed ai costi sostenuti per consulenze, allo scopo di
 
                              Pag. 26
 
  individuare l'esistenza di sovrapprezzi riconducibili a
  tangenti o a finanziamenti illegali a partiti politici.
     Al termine dell'analisi, e comunque entro il 30 giugno
  1993, il Tesoro renderà pubblici i lavori svolti ed i
  risultati ottenuti, ed in presenza di fatti censurabili il
  Governo inizierà le necessarie azioni di responsabilità verso
  i membri dei consigli di amministrazione, i dirigenti ed i
  dipendenti coinvolti in tali operazioni.   13.  Si ravvisa
  l'opportunità di scorporare le diverse funzioni attualmente
  svolte dall'Enel nel campo dell'energia elettrica.  Si
  raccomanda al Governo di prevedere una liberalizzazione della
  fase di produzione dell'energia elettrica, mantenendo invece
  una situazione di monopolio per ciò che concerne il trasporto,
  da considerarsi esempio di monopolio naturale.  Nella fase
  della distribuzione, si segnala l'opportunità di creare
  situazioni di concorrenzialità, evitando di configurare
  situazioni di monopoli all'Enel per ciò che concerne le
  concessioni sull'esercizio dell'energia elettrica.  Infatti
  tale soluzione apparirebbe gravemente lesiva degli interessi e
  delle prospettive delle società elettriche municipalizzate, in
  un momento in cui esse si apprestano alla trasformazione in
  società per azioni così come previsto dalla legge 142/90.
     14.  In relazione al soggetto che dovrebbe gestire il
  processo di privatizzazione, si sottolineano gli aspetti
  positivi conseguenti alla creazione di una apposita agenzia
  sul modello di quella tedesca.  Tale agenzia sarebbe
  caratterizzata da ampia autonomia e da un ristretto numero di
  componenti di alto livello tecnico, comprendendo ad esempio un
  membro dell'autorità  antitrust.  Altamente positiva
  sarebbe altresì la predisposizione di un organismo interno di
  controllo.
  E -  Conclusioni.
     Il parere negativo quì esposto appare giustificato
  soprattutto dalla considerazione della mancata svolta
  ideologica diretta a sancire la definitiva e totale uscita
  dello Stato dall'economia, limitandosi, come previsto dagli
  orientamenti comunitari, a rivestire il ruolo di creatore
  delle regole del gioco nonché garante delle stesse".
                         Peraboni, Ostinelli, Pioli ed altri.
     " Le Commissioni riunite V, VI e X
       rilevano che il programma di riordino delle
  partecipazioni statali disposto dall'articolo 16 della legge
  n. 359 del 1992 costituisce una necessità inderogabile per
  l'intero sistema industriale italiano per tendere al
  contenimento e alla eliminazione dei processi degenerativi
  degli enti di partecipazione statale, conseguenti alle
  devianze prodotte dalla occupazione partitocratica dell'intero
  sistema.
     Le possibilità dell'economia mista si sono
  progressivamente deteriorate per l'asservimento delle
  partecipazioni statali alle esigenze del potere partitocratico
  che ha trascurato e, in alcuni casi, completamente dimenticato
  la necessaria funzione del sistema di "guida allo
  sviluppo".
     D'altra parte la degenerazione dell'intero sistema si è
  collocata in un modello di sviluppo caratterizzato da
  incoerenza e irrazionalità, che hanno aggravato le storiche
  distorsioni e le carenze dell'intero sistema Italia
     Alla fine del secondo conflitto mondiale gran parte
  dell'apparato industriale del Nord Italia, rimasto intatto,
  non fu sottoposto alle necessarie azioni di riconversione ed
  agli ammodernamenti; si determinarono ritardi gravi e
  diminuzioni della competitività.
     La mancanza di una chiara politica dei trasporti,
  funzionale alle necessità del sistema produttivo, industriale
  ed agricolo, ha determinato e determina condizioni di ridotta
  competitività, penalizzando sopratutto l'agricoltura e il
  Mezzogiorno.  L'imponente e cronico  deficit
  agro-alimentare costituisce un vincolo negativo del sistema
  che brucia risorse per importare beni di consumo in luogo di
  materie prime da trasformare per l'esportazione con alto
 
                              Pag. 27
 
  valore aggiunto.  Le insufficienze dei servizi e i costi
  aggiuntivi che ne derivano hanno poi il loro peso in termini
  di diseconomie e di ulteriore contenimento della
  competitività.  In questo quadro le partecipazioni statali,
  peraltro inquinate da gestioni politicizzate, hanno
  accentuato, salvo in qualche caso, un ruolo assistenziale o,
  quanto meno, incoerente rispetto all'intero sistema, come
  dimostrano i casi della siderurgia e della chimica.
     La realtà italiana è quella della mancanza nel nostro
  mercato finanziario di adeguati capitali di rischio; delle
  carenze a livello di  management;  della insufficiente
  dimensione competitiva di molte imprese; del pesante
  indebitamento e della sottocapitalizzazione di molte aziende e
  gruppi pubblici.  Tali problemi, rivelati dallo stesso piano di
  riordino, sono aggravati dall'assorbimento di quantità enormi
  di risparmio da parte dello Stato, attraverso l'emissione di
  titoli pubblici ad elevato rendimento con la dilatazione del
  debito pubblico, vincolo che condiziona fortemente il
  reperimento delle risorse finanziarie indispensabili per un
  reale processo di privatizzazione.
     Il ridimensionamento della presenza pubblica si rende
  comunque necessario .oltre che per porre fine ad un processo
  di occupazione partitocratica di molte strutture produttive,
  per le connessè ed imprescindibili ragioni economiche.  Il
  sistema pubblico, in particolare l'Iri, nacque per
  fronteggiare gli effetti negativi della crisi che investì le
  economie occidentali alla fine degli anni venti.  L'Iri fu
  chiamato a svolgere la funzione di "ospedale" delle aziende in
  difficoltà, destinate, dopo l'azione di risanamento mediante
  l'intervento e la gestione dello Stato, a tornare sul mercato.
  Nel dopoguerra tale funzione e venuta meno e l'"ospedale" si è
  trasformato in un "ospizio", nel quale le aziende sono rimaste
  imprigionate e nel quale, spesso, i privati hanno scaricato le
  conseguenze dei propri fallimenti di gestione.
     L'intreccio tra aziende pubbliche e gruppi di potere
  politico è divenuto sempre più evidente e negativo, come
  dimostrano anche le vicende dell'Eni, dello Efim e di alcuni
  grandi gruppi bancari come la Bnl, i cui equilibri economici
  sono stati devastati da una assurda politica creditizia a
  favore dell'Iraq nell'ambito di perverse strategie finanziarie
  orientate da gruppi di potere interni e internazionali.
     L'attuale pesante situazione finanziaria deriva non solo
  dall'assenza di una chiara strategia di politica industriale,
  ma anche dalle conseguenze di una gestione in troppi casi
  corrotta attribuibile a gruppi dirigenti selezionati in base
  alle affinità politiche con i partiti di potere, piuttosto che
  alle effettive capacità e competenze.  Con il passar del tempo
  è così venuta meno la funzione equilibratrice e tesa allo
  sviluppo di settori o di aree geografiche che avrebbe dovuto
  svolgere l'industria pubblica.  Questa degenerazione, dunque,
  impone un intervento mirato alla riduzione non già della
  presenza dello Stato nell'economia, ma della partitocrazia che
  tutto ha lottizzato, tutto ha gestito, tutto ha invaso,
  secondo logiche di potere e non di sano governo
  dell'economia.
     Ciò premesso, le Commissioni V, VI e X della Camera,
  ritengono che il Governo deve:
       esaminare con estrema cautela il problema del rapporto
  tra banca e industria.  Nel "piano di riordino" si riafferma il
  principio della "separazione organizzativa e gestionale tra
  banca e industria", ma si indica la possibilità di
  "partecipazione finanziaria", con un collegamento tra istituti
  di credito e imprese.  Si potrebbe, per questa via, riproporre
  il caso di pericolosi intrecci che già in altre epoche furono
  causa di gravi dissesti, tali da causare proprio la creazione
  di strutture di intervento pubblico, come l'Iri. E, mancando
  al momento adeguati capitali di rischio o altri mezzi
  finanziari, si potrebbe dare il caso che le banche siano
  pressoché "obbligate" a sottoscrivere quote di capitale di
  aziende pubbliche, dando luogo ad una falsa forma di
  privatizzazione, trattandosi in realtà di un trasferimento di
  risorse al momento sotto il controllo pubblico.  Il principio
 
                              Pag. 28
 
  della separazione va dunque rispettato, senza deroghe o
  confuse interpretazioni, a garanzia del risparmiatore.
     Inoltre, le Commissioni ravvisano la necessità di
  interventi immediati tesi a promuovere:
       1) la costituzione dei fondi pensione promossi dalle
  aziende con il controllo e la gestione dei lavoratori e senza
  fine di lucro;
       2) l'impiego dei fondi accantonati per il trattamento di
  fine rapporto (Tfr) per creare strumenti di partecipazione
  come adombra lo stesso documento e, nel contempo, per rendere
  disponibili risorse finanziarie indispensabili alla diffusione
  di capitale diffuso, si da rendere concrete le  pubblic
  companies  realtà estese.
     Accanto a questi strumenti sarà necessaria la creazione di
  un vasto azionariato popolare, obiettivo da perseguire anche
  con il coinvolgimento dei dipendenti delle imprese pubbliche e
  degli utenti di servizi erogati da aziende pubbliche (Sip,
  Enel, eccetera).
     Vanno altresì valutati in maniera approfondita i problemi
  connessi ai cosidetti "monopoli tecnici" che riguardano
  settori quali l'energia, le telecomunicazioni, i trasporti,
  affinché lo Stato possa assicurare servizi che non diventino
  inaccessibili a causa di un indiscriminato aumento delle
  tariffe e presentino livelli qualitativi adeguati.
     Le Commissioni giudicano inoltre essenziale la creazione
  di "nuclei stabili di controllo" che possano salvaguardare gli
  interessi della collettività, sia in relazione ai predetti
  "monopoli tecnici", sia in relazione alle attività collegate
  al settore energetico.  Nel settore bancario, in parallelo con
  la esistenza di norme Cee, si ravvisa l'opportunità di
  mantenere nell'ambito del controllo nazionale talune strutture
  di prioritaria importanza, per evitare effetti negativi
  derivanti dal controllo estero di aziende che svolgono una
  funzione determinante nell'erogazione del credito.  Ciò si
  collega all'accorta gestione del processo di privatizzazione,
  alla creazione di un'ampio mercato azionario, alla promozione
  di adeguati interventi privati sul mercato interno.  In tal
  senso vanno studiati al più presto provvedimenti relativi al
  cosiddetto "premio di fedeltà" per azionisti che si impegnino
  a non cedere per un determinato periodo le proprie quote di
  capitale, regimi fiscali che favoriscano la creazione di un
  attivo capitale di rischio e, infine, partecipazioni
  qualificate (golden share).
     Su questo versante è necessario agire immediatamente, per
  evitare il naufragio del processo di privatizzazione o il
  prevalere di interventi esteri selvaggi che potrebbero
  determinare una "colonizzazione" del nostro sistema produttivo
  e creditizio.
     In parallelo vanno affrontati i problemi delle aree di
  crisi (del Mezzogiorno, ma non solo, si pensi a La Spezia
  all'area fiorentina e Toscana) attraverso incentivi credibili
  e automatici, allentati per l'iniziativa privata, come la
  creazione di "aree o zone franche" nei luoghi ad alto tasso di
  disoccupazione.  Nel contempo le risorse per la cooperazione
  possono essere condizionate ad acquisti che i paesi
  destinatari dei fondi dovrebbero effettuare nel Mezzogiorno o
  in altre aree di crisi, il che permetterebbe la creazione di
  mercati per le attività economiche di dette zone.
     Si ravvisa inoltre la necessità di una revisione del
  "piano di riordino" per la parte riguardante l'editoria,
  poiché nel testo del governo si sostiene in sostanza che lo
  Stato potrebbe rivedere le proprie partecipazioni solo se si
  affermasse un generale principio di separatezza tra capitale
  industriale o finanziario e proprietà dei mezzi di
  informazione.  La legge Mammì impone vincoli ben precisi per
  chi controlli televisione e giornali nel settore privato: tali
  norme sono state all'origine della cessione di taluni
  giornali.  Lo Stato, non può rinviare a tempi indefiniti il
  rispetto di leggi già vigenti.  Le dismissioni devono essere
  immediate, poiché il controllo di tre reti televisive è
  incompatibile con la proprietà pubblica del quotidiano "Il
  Giorno" e dell'Agenzia giornalistica Italia.
 
                              Pag. 29
 
     Analoghi interventi dovranno riguardare i quotiani "Il
  Mattino" e "La Gazzetta del Mezzogiorno".
     Si rileva inoltre la necessità della contestuale
  definizione di una chiara strategia di politica industriale,
  sia per fronteggiare le emergenze occupazionali che potrebbero
  derivare dalla applicazione del piano di riordino, sia per
  promuovere lo sviluppo di taluni settori produttivi e, quindi,
  una attiva presenza delle imprese nazionali sui mercati
  internazionali.  A tal fine appare inadeguata e insufficiente
  la parte del pianoche affida tale compito, senza ulteriori
  indicazioni, alla Finanziaria di Partecipazione Pubblica (FPP)
  che dovrebbere raccogliere le residue partecipazioni azionarie
  dello Stato.  Per quanto attiene agli indirizzi generali,
  ribadito che per restituire a tutte le attività
  imprenditoriali quella efficienza che è premessa di ogni
  elevazione sociale e di ogni autentica produzione di nuova
  ricchezza, è necessaria - nella presente fase storica - la più
  ampia e profonda privatizzazione, si ribadisce la necessità di
  dar luogo a soluzioni partecipative che coinvolgano tutti i
  fattori produttivi, a cominciare dal fattore lavoro.  Proprio
  con un processo di rigorosa e trasparente privatizzazione si
  può realizzare quel coinvolgimento che deve giungere, nel suo
  sviluppo, a forme di partecipazione responsabile, oltre che
  nelle forme di azionariato popolare il più ampliamente
  diffuso.  Nel caso dei cosidetti "monopoli tecnici" che
  riguardano servizi e forniture pubbliche appare essenziale la
  strada della partecipazione al capitale, oltre che della
  pubblica amministrazione, anche dei lavoratori operanti
  all'interno delle imprese di pubblico esercizio, nonché degli
  utenti e degli utilizzatori, così come avviene in Giappone,
  dove gli utenti telefonici, per il solo fatto di essere
  utenti, sono azionisti.
     Solo restituendo le attività economiche al naturale
  destinatario, che è il reddito, si potranno orientare i
  risparmi dei cittadini, spostandoli dal sostegno dell'enorme
  debito pubblico, verso l'investimento nel capitale di rischio
  e con ciò contribuendo a limitare la penetrazione del nostro
  sistema economico di capitale straniero, quasi sempre
  meramente speculativo.
     Per la gestione delle privatizzazioni, ai fini di corrette
  valutazioni, le autorità di governo dovranno avvalersi della
  consulenza del CNEL, dove sono rappresentate le categorie
  sociali.
     Le Commissione riunite V, VI e X esprimono un parere
  positivo alla necessità delle privatizzazioni, realizzabili,
  tuttavia, nel quadro di una concomitante riconversione del
  sistema Italia, che consenta alle privatizzazioni
  l'affrancamento dalle diseconomie del sistema, - dai trasporti
  ai servizi, all'energia, ai condizionamenti fiscali - e avvii
  processi di sviluppo capaci di assorbire occupazione.  Le
  Commissioni ritengono altresì che il Governo deve rispettare
  delle indicazioni contenute nel presente parere, in
  particolare alla tutela ed all'accrescimento dei livelli
  occupazionali, da perseguirsi come inderogabile e prioritaria
  necessità nelle forme più avanzate di valorizzazione delle
  risorse umane della Nazione".
  Valensise, Gasparri, Parigi, Cellai, Massano, Parlato,
  Pasetto.
     "Le Commissioni riunite V (Bilancio), VI (Finanze) e X
  (Attività Produttive) della Camera dei deputati,-
       esaminato il programma di riordino di IRI, ENI, ENEL,
  IMI, BNL ed INA, presentato del Presidente del Consiglio dei
  ministri ai sensi dell'articolo 16, 3^ comma, del
  decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito con
  modificazioni nella legge 8 agosto 1992, n. 359,
                         premesso che
         a)  una politica di privatizzazione dell'economia
  italiana è imposta in Italia, dopo le passate esperienze già
  realizzate in altri paesi europei, dalla condizione stessa del
  settore pubblico dell'economia e altresì da alcuni princìpi
  posti a base del Trattato di Maastricht: in particolare, dal
 
                              Pag. 30
 
  principio che la concorrenza non deve essere falsata nel
  mercato interno e da quello che ogni unità produttiva, anche
  se pubblica, deve operare secondo il vincolo del bilancio;
         b)  occorre avviare una profonda ristrutturazione
  del settore industriale nazionale, anche introducendo e
  potenziando strumenti finanziari mirati, al fine di
  correggerne i limiti che ne impediscono lo sviluppo e
  l'ammodernamento;
          c)  è fortemente carente il capitale di rischio,
  essendo oggi il risparmio prevalentemente destinato al
  finanziamento del debito pubblico;
         d)  in particolare, i gruppi a partecipazione
  statale presentano attualmente una situazione del tutto
  insufficiente dell'autofinanziamento rispetto all'esigenza di
  rimborsare gli enormi loro debiti finanziari, posto che il
  saldo del fabbisogno finanziario di IRI ed ENI nel prossimo
  biennio è molto elevato, pari a 6 mila miliardi all'anno per
  l'IRI e a 4 mila miliardi per l'ENI;
         e)  al finanziamento di IRI ed ENI non potrà
  provvedere lo Stato;
         f)  dall'introito delle dismissioni dovrà venire un
  contributo alla riduzione dell'ingente debito pubblico;
         g)  dovranno essere coinvolti investitori ed
  operatori nazionali e non;
         h)  l'urgenza del programma è confermata dal
  realizzarsi in Europa di importanti accordi industriali;
                        osservato che
       la semplice trasformazione degli enti pubblici nella
  forma giuridica della società per azioni non può definirsi da
  sola una privatizzazione, né introduce regole e comportamenti
  privatistici;
       parimenti non può definirsi privatizzazione la cessione
  di quote di minoranza di società;
       non è chiarito nello stesso programma che cosa si
  intenda per privatizzazione di. aziende pubbliche, che può
  essere soltanto la cessione del controllo delle stesse dallo
  Stato a soggetti privati;
       conseguentemente non è chiarito se il Governo voglia far
  prevalere la via della cessione dei pacchetti azionari di
  controllo delle aziende a privati, ovvero quella della
  costituzione di  public companies,  che potrebbero
  protrarre le attuali dirigenze fortemente politicizzate, né è
  chiarito il ruolo che in esse dovrebbero continuare ad avere
  le partecipazioni statali raccolte in nuclei stabili;
       il programma non contiene un elenco delle aziende da
  privatizzare né i tempi della loro privatizzazione, sicché è
  molto forte il pericolo che si attui una dilazione che porti
  in definitiva al pratico svuotamento del programma;
       non è individuato nel programma governativo lo strumento
  istituzionale deputato alla guida del processo di
  privatizzazione;
       restano parimenti indefinite le procedure da seguire per
  le privatizzazioni e i criteri mediante i quali pervenire
  all'introduzione di nuovi istituti, quali ad esempio la
  public company,  considerate altresì le grandi difficoltà
  della condizione economica nazionale che si sovrappone ad una
  congiuntura internazionale sfavorevole;
       manca inoltre l'indicazione dell'avvio di un serio
  processo di liberalizzazione dei servizi pubblici gestiti in
  concessione o in regime di monopolio dalle imprese di
  Stato;
       devono essere chiariti il ruolo e le prospettive della
  Finanziaria Pubblica di Partecipazioni, in cui dovrebbero
  confluire le residue partecipazioni pubbliche;
                ritengono che il Governo deve
       1) considerare tutte le imprese a partecipazione statale
  come collocabili sul mercato e a procedere nei tempi più
  rapidi alla loro cessione, tenendo conto delle osservazioni
  sopra formulate;
 
                              Pag. 31
 
       2) indicare esso stesso, come è nella sua
  responsabilità, quale strumento istituzionale sia il più
  congruo all'obiettivo di sovrintendere ad una più celere e
  trasparente attuazione delle privatizzazioni;
       3) precisare nei tempi più brevi, le aziende da
  privatizzare nel 1993, e negli anni successivi, fornendo
  criteri circa il prezzo di collocamento delle azioni che
  devono essere tali da favorire inizialmente le dismissioni e
  da massimizzare nel medio termine i ricavi dello Stato,
  secondo l'esperienza positiva. già realizzatasi in altri
  paesi;
       4) individuare procedura e regole certe per le
  dismissioni, essendo inteso che privatizzazione è cessione del
  controllo delle singole aziende dallo Stato a soggetti privati
  e al mercato cui la gestione risponde;
       5) procedere alla liberalizzazione dei servizi pubblici
  in concessione e in regime di monopolio, rivedendo in
  particolare il programma per quel che riguarda l'ENEL;
       6) coordinare strettamente sotto la direzione del
  presidente del Consiglio le molteplici azioni di governo che
  direttamente o indirettamente attengono alla politica
  industriale e altresì ad orientare al mercato tutta la
  complessa offerta della pubblica amministrazione, a cominciare
  proprio da quei servizi che hanno maggiore impatto sulla
  produttività;
       7) promuovere l'approvazione in tempi rapidi delle leggi
  istitutive dei fondi pensione e dei fondi chiusi;
       8) promuovere l'abolizione del Ministero delle
  partecipazioni statali ".
  Pellicanò, Castagnetti Guglielmo, Bianchini, Ravaglia,
  Modigliani, Battaglia.
     "Le Commissioni riunite V, VI, e X,
       esaminato il programma presentato dal Governo, ai sensi
  dell'articolo 16 della legge 13 agosto 1992, n. 39, e relativo
  al riordino di IRI, ENI, ENEL, IMI, BNL e INA;
       esprimono su di esso un parere recisamente contrario e
  ritengono che il Governo deve presentare entro i prossimi 60
  giorni un nuovo progetto di riordino della presenza pubblica
  nell'economia, sulla base delle indicazioni che sono contenute
  nel presente parere.
     Le ragioni di questo giudizio e le indicazioni alternative
  possono essere così riassunte:
       1) Le motivazioni stesse della proposta del Governo sono
  assai confuse.  Esse vanno da una affermazione ideologica che
  assegna alla iniziativa pubblica un giudizio aprioristicamente
  negativo e alla iniziativa privata un giudizio
  pregiudizialmente positivo, sino ad una idea generica e
  sfumata di riassetto delle partecipazioni statali; da un
  riferimento alla necessità di contribuire a ripianare il
  disavanzo finanziario dello Stato, per nulla sostenuto da
  previsioni adeguate di entrate finanziarie, sino ad un
  meccanico ossequio al Trattato di Maastricht, i cui contenuti
  sono peraltro messi in discussione in tutta Europa.  Manca un
  ragionamento chiaro, una motivazione trasparente e precisa e
  si intravedono invece oscuri e preoccupanti intrecci con gli
  interessi di grandi gruppi finanziari privati e con
  spartizioni di natura politica.
       2) Non è possibile affrontare il grande problema della
  presenza dello Stato nell'economia e nelle attività
  produttive, senza preventivamente formulare con chiarezza un
  disegno dello sviluppo dell'economia e dell'industria, le
  opzioni strategiche che ad esse presiedono, le condizioni che
  lo sottendono.  Nulla di tutto ciò c'è nel progetto
  governativo, privo di ogni riferimento alla strategia
  industriale ed economica e al ruolo che in essa può avere
  l'intervento pubblico.  L'economia italiana attraversa un
  periodo di crisi strutturale e con l'apparato industriale
  mostra le sue fragilità e le sue contraddizioni.  E' venuto il
 
                              Pag. 32
 
  momento di cambiare gli indirizzi, di puntare a nuovi modelli
  di sviluppo.  Ma le proposte del Governo ignorano questa
  problematica in radice.
     Si tace anche sul fatto che la presenza pubblica
  nell'economia italiana nasce da una sequela di fallimenti
  della iniziativa privata, che ha addossato allo Stato gli
  oneri relativi e le aziende in  deficit.  La vasta area
  pubblica è nata solo in un caso - la nazionalizzazione della
  energia elettrica - da una decisione del Parlamento; in altre
  - è l'esempio dell'Agip e dell'ENI - da una fortunata e
  avventurosa iniziativa di soggetti pubblici; in tutti gli
  altri casi dalla desistenza dell'iniziativa privata.  E l'area
  pubblica in tutti questi decenni ha funzionato in sostanza da
  polmone per l'iniziativa privata, assorbendo aziende in crisi
  e restituendo aziende risanate, spesso senza neppure un
  adeguato pagamento; inoltre ha sostenuto la domanda e ha
  creato mercato per l'iniziativa privata.
     Quando si discute dell'area pubblica, e delle necessità
  del rientro dal disavanzo, non si può neppure dimenticare che
  grandi gruppi privati usufruiscono ogni anno, senza condizioni
  e senza controllo, di enormi flussi di denaro pubblico.  La
  riduzione di questi flussi e la loro qualificazione sarebbero
  un modo diretto di intervenire sulla politica industriale e di
  concorrere al risanamento finanziario dello Stato.
       3) Sarebbe pertanto logico partire da un disegno di
  politica industriale e modellare su di esso il ruolo della
  presenza pubblica.  Prima di tutto occorrerebbe in questo senso
  individuare i nodi e le presenze strategiche, in termini
  moderni: una presenza forte agroalimentare può essere più
  strategica di tante altre.  In questo quadro sarebbe logico non
  già dismettere le imprese e le attività sane, redditizie, e di
  avvenire, ma accettare in esse partecipazioni del capitale
  privato di rischio, insieme con la presenza di questo stesso
  capitale nelle aziende da risanare.  E le dismissioni
  dovrebbero discendere dal disegno programmatico del settore
  pubblico.
     Invece il programma del Governo vuole partire, nel modo
  più disordinato e senza criteri, dalla cessione delle imprese
  solide e attive; riservando invece allo Stato, insieme ad
  alcune imprese di servizio, legate magari a determinate
  correnti politiche, le imprese nelle peggiori condizioni.  Così
  si smembrano o si liquidano le parti migliori e più
  redditizie, tecnologicamente qualificate (SME, SGS, Nuovo
  Pignone, Italtel, banche) con un depauperamento che inciderà
  anche sulle società non vendute.  E' una logica perversa,
  estranea all'interesse pubblico, e aderente piuttosto ad
  interessi esterni o politici.  Tutto ciò è confermato dai
  visibili contrasti politici che affiorano nel Governo, e che
  tra l'altro si sono anche polarizzati rispettivamente intorno
  al Ministro del tesoro e al Ministro dell'industria.
     In questo quadro è difficile comprendere la spinta a voler
  cedere grandi banche nazionali, che possono essere importanti
  serbatoi di liquidità finanziaria per il riassetto; alcune di
  queste banche sono in buone condizioni, e non a caso appetite
  da gruppi privati, altre, come la BNL, potrebbero essere
  utilmente riordinate e ricapitalizzate con risorse che lo
  Stato, all'interno delle sue partecipazioni, può canalizzare a
  questo scopo. E, se il ruolo delle banche può essere vitale
  nel riordino e nel rilancio dello sviluppo, appare assai
  pericolosa la tendenza ad autorizzare nuovamente, oltre certi
  limiti, quell'intreccio tra banche e industria che è stato
  foriero di disastri economici nel passato e che è limitato da
  norme in vigore.
     4.  L'immenso patrimonio immobiliare degli enti pubblici
  economici e delle società a partecipazione statale non è
  assolutamente esplicitato ed è in grandissima parte
  sottovalutato.  In queste condizioni l'assunzione di pacchetti
  azionari di controllo da parte di privati in società ora
  pubbliche consentirebbe una forma grave di finanziamento
  occulto per i soggetti acquirenti.  La valorizzazione di quel
  patrimonio, anche con opportune e mirate smobilizzazioni,
  consentirebbe invece di ricapitalizzare le imprese
  pubbliche.
     5.  Prescindendo dai rilievi sin qui fatti, che hanno
  carattere discriminante e decisivo e consigliano di per sé la
 
                              Pag. 33
 
  necessità di un ripensamento radicale del progetto, è da
  rilevare che per il processo di privatizzazione non si sono
  fissate procedure precise, relative alle decisioni di
  discussione, alle loro condizioni, ai prezzi, alla
  trasparenza.  Almeno alcune di queste procedure avrebbero
  dovuto essere fissate addirittura per legge, e tutte le
  procedure avrebbero dovuto essere indicate con precisione.
  Invece ci si trova di fronte ad un processo confuso, privo di
  regole e di garanzie, sui cui contenuti e sulla cui sostanza
  appaiono anche profonde lacerazioni e contrapposizioni nel
  Governo.
     Ecco dunque una condizione precisa - procedure certe e
  trasparenti - cui il Governo deve assolvere nel presentare un
  nuovo progetto.  In questo quadro parrebbe opportuno e
  previdente sottoporre tutte le dismissioni al controllo di una
  commissione di esperti di chiara fama e competenza, eletti dal
  Parlamento, che verifichino la congruità di ogni operazione,
  sotto il profilo del prezzo e delle condizioni complessive di
  cessione.
     6.  Difficile è capire perché lo Stato, in questa cruciale
  fase di transizione dell'economia, debba rinunziare al
  controllo, sia pure aprendosi alla partecipazione privata di
  capitale di rischio, di imprese collocate in nodi strategici,
  come l'elettricità e il settore agroalimentare.  Tanto più che
  la presenza pubblica in questi settori è stata garantita con
  pesanti sacrifici dell'erario e, nel caso dell'ENEL,
  alimentando una grande accumulazione privata; mentre per
  queste dismissioni gli stessi documenti del Governo prevedono
  ritorni finanziari limitati e precari per lo Stato.  Del resto
  il Governo è assai incerto sulle prospettive temporali e di
  mercato della privatizzazione dell'ENEL.
     Non può non essere una lezione da meditare ciò che è
  accaduto con la chimica.  In questo campo grandi gruppi privati
  sono stati alimentati da poderosi flussi di denaro pubblico,
  hanno ereditato la stessa chimica pubblica, in varie forme; e
  la conclusione è stata un fallimento, che la vicenda Enichem
  sottolinea con particolare gravità.  Sinora le privatizzazioni,
  dall'Alfa Romeo alla Enichem non hanno portato né guadagni per
  lo Stato, né vantaggi per l'economia nazionale e, al
  contrario, sono costate all'erario.  C'è dunque più di un buon
  motivo nel consigliare estrema prudenza nelle decisioni in
  questo campo.  Su Enel e SME, in particolare, il Governo deve
  presentare un programma chiaro, che riguardi con precisione
  tutte le implicazioni di queste scelte, anziché scommettere al
  buio, sospinto da una esigenza ideologica, dietro la quale
  possono marciare ben altri interessi.
     7.  Lo stesso documento del Governo avanza riserve pesanti
  che il mercato finanziario italiano possa assorbire il volume
  previsto delle privatizzazioni; si fa riferimento ai limiti
  della Borsa e a condizioni più generali per avanzare queste
  cauzioni.  E per questo stesso motivo ci si riferisce alla
  probabile necessità che si ricorra a investitori stranieri, a
  grandi multinazionali.
     L'internazionalizzazione dei processi economici è nelle
  cose, ma non può sfuggire la complessità e la delicatezza di
  queste scelte, compiute per di più nel contesto di una
  difficile e controversa unificazione dei mercati europei.
     Anche su questo terreno, appare assai rischioso e
  immotivato un mandato in bianco al Governo, come quello che
  viene chiesto.  Più giusto e necessario sarebbe un ragionamento
  preciso sui nessi tra privatizzazioni e limiti del nostro
  mercato finanziario e sulle strategie di connessione
  internazionale della nostra economia.  Mancando tutto questo,
  si profilano all'orizzonte svendite, dismissioni diluite
  irrazionalmente nel tempo e una sottomissione incontrollata di
  scelte economiche italiane a centrali internazionali.
     8) Lo stesso documento del Governo tratteggia le debolezze
  della legislazione italiana rispetto a possibili scalate
  finanziarie relative alle aziende e ai gruppi messi sul
  mercato.  Tutto ciò può vanificare completamente il proposito
  di non ingrossare con le dismissioni i soliti tre-quattro
  gruppi finanziari e di creare nuove articolazioni del nostro
  sistema economico.  Il Governo non può annunciare le
  dismissioni e nel contempo sollevare i ragionevoli dubbi che
 
                              Pag. 34
 
  in questa materia sono contenuti nel suo documento.  Piuttosto
  sarebbe necessario predisporre tempestivamente le condizioni
  tecniche e giuridiche per il sicuro governo del processo di
  riordino della presenza pubblica.  E tutto ciò suggerisce
  ancora più l'esigenza di non alienare le banche, gli istituti
  assicurativi e le imprese strategiche.
     9) Da ultimo problemi assai seri sono posti dalla
  dismissione di aziende pubbliche che operano in regime di
  concessione, e in condizioni di monopolio di fatto.  Sembra
  dover accadere che la dismissione di queste aziende comporti
  la contestuale cessione delle concessioni e la crezione di un
  monopolio privato di fatto.  In molti casi quelle concessioni e
  quel monopolio sono il reale valore commerciale delle
  imprese.
     Qui sorge un grave e complesso problema, che esige un
  chiarimento preliminare, di princìpi e programmatico, che
  riguarda il ruolo del pubblico, il ruolo del privato, la
  struttura del mercato, la necessità di prevenire monopoli o
  oligopoli privati.  Altrimenti lo Stato non dismette solo
  alcune aziende ma le stesse sue prerogative e funzioni, il
  governo dell'economia.
     10) Nel momento nel quale si respinge il documento del
  Governo è necessario ribadire che nel settore pubblico
  dell'economia le cose non possono rimanere come stanno e che è
  invece necessario procedere ad un profondo riassetto e ad una
  radicale riforma, sempre guidata, come si è detto, da un
  preciso disegno di politica industriale.
     Un tale progetto deve avere i suoi riferimenti obbligati
  nel risanamento finanziario delle imprese pubbliche, alle
  quali i privati possono concorrere se recano denaro fresco,
  capitale di rischio; in una riorganizzazione delle imprese per
  filiere omogenee ad esigenze di verticalizzazione; e in un
  nuovo assetto gestionale delle imprese a partecipazioni
  pubblica.
     Lo Stato, quando detiene una partecipazione di controllo,
  ha il dovere di ricapitalizzare l'impresa, esattamente come è
  buona regola per l'azienda privata.  Ma questa
  ricapitalizzazione, realizzata in base a precise regole
  economiche, non deve essere confusa con le sovvenzioni a fondo
  perduto e con i ripiani disordinati e a piè di lista, che sono
  stati una pessima costante abitudine nel nostro Paese.
     Le imprese a partecipazione pubblica, ricapitalizzate,
  devono stare sul mercato, realizzare il necessario equilibrio
  dei costi economici e gestionali, essere svincolate da
  soggezioni politiche che non siano i comandi generali di
  programmazione.  Se il Parlamento e il Governo decidono di
  addossare ad una impresa a partecipazione pubblica, d'altronde
  con presenza di capitale privato, funzioni e compiti che
  esulano dall'equilibrio del bilancio e da una corretta
  gestione aziendale, devono corrispondere programmaticamente, e
  in anticipo, compensazioni di esercizio, con precise
  imputazioni di costo, secondo le norme CEE.  L'intervento
  pubblico può e deve corrispondere a più ampi interessi
  nazionali o a ragioni di solidarietà sociale, ma ciò non può
  essere confuso con un disordinato assistenzialismo e con la
  sopravvivenza di corrotti carrozzoni.
     11) Il documento del Governo lascia aperta la questione
  del soggetto che dovrà gestire il riassetto del settore
  pubblico, e, secondo i propositi enunciati, le dismissioni.  E'
  evidente che le indicazioni contenute nel presente documento
  cambiano la natura della questione.  Tuttavia pare evidente che
  in un disegno ordinato, la programmazione del settore pubblico
  dovrebbe fare capo ad un ministero unificato dell'economia, o,
  nelle condizioni presenti, al Ministero del bilancio.  Ma è
  importante, comunque, che vi sia una considerazione e una
  gestione unitaria, nella piena responsabilità del Governo: una
  gestione unitaria che possa valorizzare ai fini del riassetto
  le liquidità che esistono globalmente nel settore pubblico.
  Una conglomerata della presenza pubblica sarebbe un pessimo
  punto di arrivo, ma una forma di conglomeramento può essere
  anche un punto di partecipazione per un riassetto il cui punto
  di arrivo siano le filiere strategiche e le
  verticalizzazioni.
 
                              Pag. 35
 
     12) Tutto induce a credere che il riassetto della presenza
  pubblica nell'economia determini seri problemi
  nell'occupazione dei lavoratori, che lo stesso documento del
  Governo paventa assai gravi se si realizzasse il suo progetto.
  La situazione complessiva italiana, in questa fase di
  recessione, ha mostrato l'inadeguatezza degli ammortizzatori
  sociali, e in particolare della legge 223.
     Sorge dunque la necessità di predisporre nuovi strumenti -
  ad esempio una Cassa nazionale del lavoro - che tuteli i
  lavoratori contro la disoccupazione, gestisca l'effettiva loro
  mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro, gestendo anche
  i processi di formazione e riconversione professionali.
     Ma, al di là di questa esigenza essenziale, sono lo stesso
  progetto di riordino e il disegno di sviluppo industriale che
  dovranno assumere come parametro la difesa e lo sviluppo
  dell'occupazione, all'interno di processi di conversione.
     13) Il progetto del governo sembra dimenticare il ruolo
  della presenza pubblica ai fini di una definitiva riduzione
  del divario economico tra il Nord e il Sud del Paese.
     E, invece, l'assunzione della questione meridionale, in
  termini nuovi e moderni, liberi da assistenzialismo e da
  clientelismo, deve essere posta a base della politica
  economica e industriale.  Ciò richiede un particolare ruolo e
  particolari funzioni per l'industria a presenza pubblica, e
  più in generale per il settore pubblico.  A questa condizione
  essenziale deve attenersi il nuovo progetto del Governo".
  Muzio, Albertini, Crucianelli, Azzolina, Bacciardi,
  Barzanti, Bergonzi, Boghetta, Bolognesi, Brunetti, Calini
  Canavesi, Caprili, Carcarino, Guerra, Dolino, Dorigo,
  Fischetti, Galante, Garavini, Goracci, Lento, Magri, Maiolo,
  Manisco, Mantovani, Marino, Cangemi, Mita, Russo Spena,
  Sestero Gianotti, Speranza, Tripodi, Vendola, Volponi.
     "Le Commissioni riunite V, VI e X,
       preso in esame il programma di riordino di IRI, ENI,
  ENEL, IMI, BNL e INA;
       considerato:
         che il programma di riordino delle partecipazioni
  mobiliari dello Stato presentato dal Governo, rappresenta lo
  sbocco di un processo avviato negli scorsi anni con una
  insistente azione politica approdata con il Governo Andreotti
  ad un primo fondamentale risultato con il varo del
  decreto-legge n. 386 del 1991, poi convertito nella legge n.
  35 del 29 gennaio 1992;
         che tale programma previsto dalla successiva legge 8
  agosto 1992, n. 359, approvata dall'attuale Parlamento per
  dare una ulteriore accelerazione al processo avviato dalla
  legge n. 35, e por fine alle resistenze che all'interno del
  sistema delle aziende a partecipazione statale erano state
  promosse per ostacolare la formazione in spa degli ex enti,
  resistenze a cui solo una parte minoritaria ma ben
  individuabile dei componenti degli organi esecutivi ora
  disciolti si era opposta, interpretando correttamente la
  volontà del Governo e del Parlamento;
         che l'attuazione pratica della legge n. 359 dovrà
  consentire di tener conto dell'esperienza di alcuni errori che
  sono stati compiuti sia con la gestione della vicenda Efim,
  che ha prodotto non pochi danni alla credibilità del Paese sui
  mercati internazionali, sia al momento del varo del decreto n.
  333 dell'11 luglio 1992, per la frettolosa stesura degli
  statuti delle nuove società per azioni e per la definizione di
  organi di gestione in termini di emergenza, che devono ora
  essere ricomposti secondo normali regole valide per  holding
  industriali e finanziarie di questo tipo;
         che l'occasione del varo del programma di riordino è
  di straordinaria importanza per stabilire un nuovo punto di
  equilibrio tra ruolo dello Stato e libero svolgimento delle
  attività economiche in un'ottica di mercato e in linea con la
  partecipazione al Mercato Unico europeo;
 
                              Pag. 36
 
         che nel quadro attuale di maturazione culturale e
  politica del dibattito, non è più possibile restringere il
  processo di privatizzazione al solo obiettivo del reperimento
  di risorse finanziarie per riequilibrare i conti dello Stato -
  che pure resta importante - ma è giunto il momento di
  ristrutturare la presenza dell'azionista pubblico
  nell'economia per restringere gli spazi dallo stesso fino ad
  oggi occupati, ritrovare regole di più aperta competitività
  economica e produttiva, superare visioni assistenziali che
  hanno distorto in passato la libera concorrenza e la stessa
  politica dell'occupazione e avviare infine scelte di politica
  industriale che siano in grado di corrispondere alla sfida dei
  mercati mondiali;
         che questa occasione deve inoltre dare la possibilità
  di diffondere ed allargare nuove forme di risparmio
  finanziario e creare nuovi gruppi imprenditoriali la cui
  crescita e il cui consolidamento in una adeguata dimensione
  internazionale devono rappresentare un forte obiettivo di
  politica economica;
         udite le dichiarazioni rese dal Ministro del tesoro
  nella seduta del 2 dicembre 1992;
                 esprimono parere favorevole
       ritenendo che il Governo debba:
       procedere nell'applicazione del piano di riordino in uno
  spirito che dia segnali non equivoci al mercato interno ed
  internazionale sulla volontà di andare effettivamente ad una
  riduzione della presenza dello Stato in economia, per cui la
  discesa dell'azionista pubblico al di sotto del 50 per cento
  delle partecipazioni sia una regola e il mantenimento
  eventuale di presenze superiori sia transitoria o eccezionale
  e comunque, sia nell'uno che nell'altro caso, debba essere
  approfonditamente motivata;
       varare contestualmente tutte le norme e ad assumere
  tutti i comportamenti che possano facilitare le procedure di
  dismissione, collocamento in Borsa, vendita, avendo come unico
  vincolo l'economicità dell'operazione e l'effettivo sostegno
  allo sviluppo economico del sistema industriale del Paese: il
  tutto quindi attraverso procedure idonee ispirate a
  trasparenza economica, certezza giuridica ed efficienza;
       considerare in questo quadro con coraggio la questione
  occupazionale.  Il processo di privatizzazione non deve certo
  trascurare l'eventuale impatto sull'occupazione e il Governo
  deve preoccuparsi di accompagnarlo con misure dirette a creare
  nuove attività economicamente valide o a sostenere i redditi
  di chi debba trovare nuovi sbocchi occupazionali, ma è
  necessario anche far comprendere che non sono le imprese, né
  quelle private né quelle pubbliche, i soggetti che debbono
  esercitare funzioni di assistenza sociale.  Nel contesto di
  competitività europeo e mondiale, il sistema industriale
  italiano non può più permettersi spazi di inefficienza, che
  sono stati e sarebbero ancora fonte di ulteriori squilibri
  sociali;
       abbandonare una definizione di "strategicità" della
  presenza pubblica nell'economia legata alla quota di mercato
  di un'impresa, per poi farne discendere che in queste imprese
  lo Stato debba essere presente nei "nuclei stabili" con quote
  di riferimento significative, perché questo porterebbe ad
  allargare a dismisura, anziché restringere, il peso dello
  Stato sull'economia;
       predisporre, pertanto, un preciso e ristretto elenco di
  aziende nelle quali lo Stato ritenga di rimanere con quote
  significative, dando per ciascuna di esse una motivata
  illustrazione al Parlamento, intendendosi viceversa per tutte
  le altre possibile, nei tempi e nei modi opportuni, la totale
  uscita secondo tempi anch'essi da indicare con precisione;
       rinviare a dopo l'effettuazione della maggior parte
  delle azioni previste, l'ipotesi di costituzione di una
  Finanziaria pubblica di partecipazione, che oggi come oggi
  appare come la riproposizione di una superholding e comunque
 
                              Pag. 37
 
  di una conglomerata che, come tale, non sarebbe ben vista dai
  mercati e getterebbe un'ombra di equivoco sulle effettive
  intenzioni dell'intero piano.
     Appare invece più opportuno che il possesso delle
  partecipazioni resti al Tesoro, in modo che possa utilizzare
  gli avanzi di gestione delle sue partecipate, da utilizzare -
  quando necessario - per ricapitalizzare le partecipate che ne
  avessero necessità;
       rivedere il ruolo dei cosiddetti "nuclei stabili"
  all'interno dei nuovi assetti azionari, nel senso che tali
  nuclei possano essere previsti solo dopo una procedura di
  vendita delle azioni delle aziende cedute dallo Stato e già da
  esso non possedute al 100 per cento, procedura che non può che
  essere il ricorso all'OPA, unico strumento in grado di
  garantire le minoranze e piccoli azionisti, nonché trasparenza
  nel prezzo e nelle modalità.
     La costituzione preventiva dei nuclei stabili, secondo
  procedure di selezione e privilegio dei soggetti partecipanti,
  con utilizzo di  over price  e di patti precostituiti di
  sindacato, costituirebbe viceversa una sostanziale violazione
  delle regole e delle consuetudini dei mercati;
       prevedere le condizioni di sviluppo di un azionariato
  popolare e di acquisto di quote societarie da parte dei
  dipendenti e degli utenti delle grandi  utilities,
  assicurando un regime fiscale più favorevole da applicare a
  tali trasferimenti o cessioni, anche con un eventuale limite
  massimo di azioni acquistabili, in modo tale che nei nuovi
  assetti sia assicurata la diffusione dell'azionariato
  popolare, limitando le quote di possesso detenute dalle
  persone fisiche e dalle persone giuridiche;
       assicurare modalità di cessione delle quote azionarie
  che verranno privatizzate in modo da garantire il massimo di
  potenziale trasparenza tra gli acquirenti;
       completare la riforma dei mercati finanziari al fine di
  favorire l'allocazione del risparmio delle famiglie verso il
  capitale di rischio, attraverso la rapida definizione
  normativa dei fondi pensione, dei fondi chiusi e di una più
  adeguata normativa sulle azioni di risparmio anche al fine di
  determinare la diffusione e la crescita delle  public
  companies;
       favorire l'introduzione nell'ordinamento di azioni con
  diritti speciali che prevedano la possibilità di esercitare
  azioni di controllo su decisioni strategiche attraverso
  l'esercizio del diritto di voto su cessioni, fusioni e
  mutamenti dell'attività sociale;
       escludere lo scambio di pacchetti azionari per
  l'acquisizione di azioni di imprese pubbliche nei casi in cui
  lo scambio configuri operazioni di salvataggio dell'impresa
  privata e che di fatto producono invece l'effetto di estendere
  la proprietà pubblica;
       confermare, per quanto riguarda le singole società per
  azioni oggi possedute dal Tesoro, il criterio fondamentale
  indicato dal piano del ricorso al metodo
  dell'autoalimentazione delle risorse finanziarie necessarie
  per ristrutturare i gruppi e per affrontare i problemi posti
  dall'indebitamento;
       fornire ai consigli d'amministrazione delle nuove
  società per azioni, più in dettaglio, le seguenti
  indicazioni:
     per l'ENEL:
       anticipazione dei tempi troppo lunghi indicati dal piano
  per la quotazione e la diffusione di azioni presso il
  pubblico, a cominciare dagli utenti e dai dipendenti, con
  particolari incentivi, ricorrendo, per questa operazione, ad
  un consorzio di collocamento di banche nazionali ed
  internazionali in modo da consentire la formazione di un
  azionariato diffuso e garantire contemporaneamente un rapido
  incasso da parte del Tesoro;
       liberalizzazione delle concessioni - da rilasciare da
  parte del Ministero competente e non dall'ENEL oggi
  trasformata in società per azioni -, allo scopo di creare un
  libero mercato concorrenziale a cui accedano, sulla base di
  precisi requisiti ed eventualmente a titolo oneroso, soggetti
 
                              Pag. 38
 
  privati, pubblici, municipalizzate; il tutto in una
  prospettiva che preveda la privatizzazione delle stesse
  municipalizzate;
     per l'INA:
       la conferma della priorità indicata per la collocazione
  sul mercato di quote crescenti, senza limiti di maggioranza,
  previo scorporo del ramo Vita, anch'esso comunque da collocare
  sul mercato;
     per l'IRI:
       la conferma dell'avvio di un processo di superamento
  della holding;
       la vendita di tutte le partecipazioni del gruppo SME;
       la vendita delle Banche, ivi compresa la quota della
  Cassa di Roma;
     per l'ENI:
       l'avvio immediato del progetto di dismissione delle
  aziende che non fanno parte del core businnes energetico e
  petrolchimico;
       l'immediata quotazione sulle borse internazionali
  dell'Agip spa (comprensiva dell'azienda Agip Petroli), e
  successivamente della SNAM, allo scopo di dotare di risorse
  fresche il programma di ristrutturazione di Enichem, anch'essa
  da riportare in Borsa al termine di questa operazione.  E' da
  prevedere una vendita del 20 per cento di azioni Agip nel 1993
  e del 10 per cento di azioni SNAM nel 1994, per un introito di
  3500 miliardi nel 1993 e per la sola Snam di 1700 miliardi nel
  1994, un'ulteriore quota di 1750 miliardi AGIP nel 1994;
       nell'arco di tempo ipotizzato dal piano, la stessa
  holding ENI potrà prepararsi al classamento in Borsa, oggi
  condizionato e di fatto impedito dalla compresenza di attività
  diverse, con andamenti economici che penalizzerebbero la
  quotazione di una simile conglomerata.  Tale classamento
  potrebbe essere eventualmente agevolato dall'emissione di
  warrant Agip e Snam convertibili in azioni ENI;
       procedere senza pregiudizi culturali ormai inaccettabili
  alla cessione di quote di proprietà pubblica ad acquirenti
  esteri, anche allo scopo di favorire alleanze internazionali
  funzionali all'inserimento del sistema industriale del paese
  nel mercato internazionale;
       favorire, senza che come nel recente passato facciano
  velo ragioni di equilibrio di potere, l'integrazione di
  settori produttivi riunificando le varie aziende pubbliche
  operanti nello stesso segmento produttivo, indipendentemente
  dalla loro attuale collocazione nell'attuale holding, non
  escludendo ulteriori integrazioni con le aziende di settori
  privati;
       procedere, nel delicato settore del credito, nel
  mantenimento del principio della separatezza tra banca e
  industria sia in ordine alla nozione di controllo di una banca
  così come espicitato dalla legge n. 287 del 1990 (norme per la
  tutela della concorrenza e del mercato), sia nel limite degli
  investimenti effettuati in partecipazioni in imprese non
  finanziarie;
       prevedere, in questo quadro, anche alla
  ricapitalizzazione di BNL, definendo l'ipotesi di accordo con
  IMI, anche qui - comunque - in vista di una messa sul mercato
  di azioni della nuova BNL;
       affrontare approfonditamente il tema altrettanto
  delicato del rapporto editoria industria.
     Occorre infatti distinguere la importante questione della
  proprietà dei mezzi d'informazione (che va affrontata e
  risolta in un apposito contesto, con specifica attenzione al
  tema e confrontando esperienze internazionali e realtà
  nazionali), con la questione - molto più circoscritta - della
  necessità di mantenere attività giornalistiche, oltretutto in
  pesante perdita, nell'ambito di holding pubbliche, nel momento
  in cui si vara un piano di privatizzazione che ha tra gli
  altri scopi quello di restituire efficienza economica e
  coerenza nell'attività produttiva di questi soggetti.
 
                              Pag. 39
 
     Per quanto riguarda infine i questiti posti dal Governo in
  ordine alle modalità di gestione del nuovo sistema di presenza
  dello Stato nell'economia, le Commissioni riunite ritengono
  che il Governo deve:
       attenersi ad una precisa distinzione che riservi agli
  organismi di gestione politica i soli poteri di indirizzo
  generale, nonché di verifica degli obiettivi strategici
  indicati dal piano, dal presente documento, e - in fase di
  controllo annuale - dal Parlamento, mentre deve essere
  lasciata agli organi di gestione esecutiva la totale autonomia
  nell'applicazione delle scelte da compiere, delle quali sono
  via via chiamati a rispondere all'azionista secondo le norme
  del codice civile;
       cancellare definitivamente il Ministero delle
  partecipazioni statali e riformare profondamente il Ministero
  dell'industria, oggi gravato di compiti non propri e al tempo
  stesso inadeguato nella determinazione di politiche di grande
  rilievo, come quella energetica (che in altri Paesi è affidata
  ad apposito dicastero), o impreparato ad affrontare temi di
  trasformazione del sistema economico, come il nuovo rapporto
  tra produzione e terziario tradizionale e avanzato;
       cancellare la riserva legislativa che obbliga le imprese
  pubbliche a tenere le relazioni sindacali attraverso apposite
  associazioni di rappresentanza (Intersind, Asap), che già
  oggi, con la trasformazione in società per azioni non hanno
  più senso;
       istituire un comitato interministeriale composto dai
  Ministri del tesoro e da quello competente di settore,
  presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri,
  coadiuvato da un sottosegretario con specifica delega, per
  determinare la sintesi delle scelte di Governo sul processo di
  privatizzazione, lasciando in ogni caso il compito di
  rappresentante unico del Comitato al Presidente del Consiglio
  o a un suo delegato;
       prevedere eventualmente la costituzione di un comitato
  di consulenza composto da un gruppo ristretto di esperti non
  solo in campo economico, finanziario e giuridico, ma anche
  industriale, da affiancare al comitato interministeriale
  suddetto;
       riservare il controllo del Parlamento nell'ambito delle
  procedure previste dall'articolo 3 della legge 23 agosto 1988,
  n. 362, relativo all'esame del documento di programmazione
  economico-finanziaria presentato dal Governo al Parlamento
  entro il 15 maggio di ogni anno;
       superare l'attuale soluzione di passaggio dei consigli
  d'amministrazione delle società per azioni holding,
  azzerandone la composizione, distribuendo diversamente le
  deleghe operative tra presidente e uno o più amministratori
  delegati, prevedendo la presenza di un vicepresidente,
  portando i direttori generali dei Ministeri in una più consona
  posizione di membri o presidenti dei collegi sindacali e
  consentendo la presenza nei consigli, oltre dei rappresentanti
  dell'azionariato privato, anche di managers di provenienza
  esterna al sistema, eventualmente scelti in rose di candidati
  presentati dalle più autorevoli società di selezione del top
  management".
  Battistuzzi, Sterpa, Marcucci, Dalla Via.
     Le Commissioni riunite V, VI, X
       preso atto del programma di riordino di IRI, ENI, ENEL,
  IMI, BNL ed INA presentato dal Governo e dell'ampio dibattito
  che su tale programma ha avuto luogo,
     non ritengono di poter esprimere un parere favorevole al
  programma stesso.
     Ritengono altresì urgente e inderogabile pervenire ad un
  programma di privatizzazioni che, per risolvere il problema
  posto all'interno dello stesso Governo se il programma debba
  essere realizzato a legislazione "variata" o " invariata" e,
  soprattutto, per consentire un avvio reale della manovra, sia
  sottoposto al parere del Parlamento simultaneamente
  all'approvazione di provvedimenti collegati, in totale
 
                              Pag. 40
 
  analogia con le procedure della sessione di bilancio per
  l'approvazione della legge finanziaria e dei disegni di legge
  collegati, che affrontino prioritariamente le seguenti quattro
  questioni:
       1) il problema occupazionale, non soltanto in rapporto
  alla stima di 200.000 posti di lavoro perduto come conseguenza
  dell'attuazione del programma proposto dal Governo, ma, più in
  generale, degli aspetti sociali in quelle aree del paese nelle
  quali la presenza delle Partecipazioni statali è talmente
  forte da non consentire di eludere i problemi di natura
  generale che le dismissioni comporterebbero;
       2) riforma della disciplina civilistica per favorire,
  tenendo conto della sostanziale assenza di tradizione e di
  cultura nel settore, la massima diffusione della
  partecipazione azionaria nelle forme dell'azionariato
  popolare, della  pubblic company  eccetera con risultati
  confrontabili con quelli, significativi, di altri paesi
  europei (Francia, inghilterra, eccetera).  Tale riforma dovrà
  al tempo stesso assicurare la stabilità di comando del quadro
  societario, anche e proprio in rapporto alle garanzie da
  fornire ad un azionariato diffuso;
       3) nuove regole per il regime tariffario per evitare che
  il prevedibile incremento delle tariffe non vada a coprire
  sprechi, ma risponda effettivamente ai servizi resi, nel
  rispetto dei diritti degli utenti;
       4) il risanamento ambientale delle aree nelle quali gli
  impianti delle aziende a partecipazione statale poste in
  vendita abbiano determinato inquinamento, degrado, danni
  all'ambiente e dal territorio.  Il costo del risanamento dovrà
  essere parte integrante della determinazione del prezzo di
  vendita dell'azienda e si dovrà prevedere una simultaneità
  temporale tra il completamento della vendita dell'azienda e
  l'inizio delle operazioni di risanamento.
     Le Commissioni riunite,
       affermano poi la loro preoccupazioni per il permanere di
  viscosità e di rilevantissime inerzie, anche all'interno del
  Governo, che frenano un avvio concreto delle privatizzazioni
  facendosi scudo di difficoltà e limiti reali dell'ambiente in
  cui dovrebero essere realizzate: dalla penuria del capitale di
  rischio sul mercato nazionale, alla sostanziale assenza di un
  azionariato diffuso, alla possibile esposizione speculativa
  cui è soggetto un gigantesco programma di vendite, all'assenza
  di un profilo di strategia industriale nel programma proposto
  dal Governo, che non viene certo colmata da talune proposte di
  parte confindustriale.
     Tali difficoltà e limitazioni senz'altro esistendo possono
  e vanno superate attraverso l'espressione di adeguate volontà
  politiche e di procedure coerenti che consentano di superare
  l'era delle partecipazioni statali come luogo di occupazione
  del potere da parte del sistema dei partiti.
     Le Commissioni riunite,
       esprimono la propria piena consapevolezza che tale era
  non verrà però nei fatti superata se si continuano a concedere
  deleghe e dilazioni temporali a un Governo in cui sono
  presenti ed evidenti non solo le tentazioni, ma anche le
  esplicite volontà di non cedere nessuno dei quei luoghi di
  potere soprattutto da parte di partiti che rappresentano ormai
  una minoranza non più legittimata a decidere per gli altri.
     Le Commissioni pertanto, perché sia dato un segnale
  fondamentale per l'economia del Paese e per la sua credibilità
  internazionale, ritengono che il Governo deve:
       proporre entro trenta giorni un nuovo primo programma di
  riordino e assicurare ai provvedimenti legislativi collegati
  sulle questioni indicate in premessa, che contenga:
         1) l'elenco delle aziende che il Governo si impegna
  entro i successivi 30 giorni a porre in vendita, a partire
  dalle banche e dalle società di assicurazione e con
 
                              Pag. 41
 
  esclusione, per questo primo programma, delle aziende che
  rivestono un carattere strategico nei settori dell'energia,
  delle telecomunicazioni e dei trasporti;
         2) la stima, secondo le correnti valutazioni del
  mercato, degli introiti conseguenti alle vendite.  Tali
  vendite, e di conseguenza l'elenco di cui al punto precedente,
  dovranno consentire un introito per lo Stato non inferiore al
  10 per cento dell'ammontare stimato del complesso delle
  aziende che fanno parte del programma del riordino;
       propone, entro quattro mesi un secondo più generale
  programma di riordino con un preciso profilo che ne delinei
  gli aspetti e gli obiettivi di politica industriale.
                                Scalia, De Benetti, Giuliari.
     Ricorda che le proposte di parere saranno votate partendo
  dalla proposta dei relatori e che l'approvazione di una di
  esse precluderà tutte le altre.  Ricorda quindi che le proposte
  di parere non sono emendabili esprimendo ciascuna un giudizio
  organico sul programma presentato dal Governo; invita pertanto
  i presentatori ad illustrare le proposte di parere
  presentate.
     Il deputato Gerolamo PELLICANO' (gruppo repubblicano),
  ritiene che, ove approvata, la proposta di parere presentata
  dai relatori rappresenterà un pericoloso precedente per una
  corretta definizione dei rapporti istituzionali tra il Governo
  e il Parlamento.  Essa, infatti, condiziona l'espressione di un
  parere favorevole, tra l'altro, alla previsione di modificare
  le disposizioni che attualmente limitano l'acquisizione e la
  cedibilità dei diritti sulle imprese all'introduzione di un
  regime fiscale favorevole per trasferimenti o cessioni e alla
  predisposizione di una normativa per regolare in via generale
  il rapporto tra gruppi finanziari e industriali e mezzi
  d'informazione.
     E' di tutta evidenza l'improprietà di simili condizioni,
  poiché costituisce competenza specifica del Parlamento
  approvare le predette discipline ove ne ravvisi l'opportunità
  e il Governo, nelle medesime materie, potrà al massimo
  presentare dei disegni di legge.  Ritiene quindi che il parere
  presentato dai relatori presenti profili di irricevibilità.
     Il Presidente Angelo TIRABOSCHI, replicando alle
  osservazioni del deputato Pellicanò, osserva che il parere che
  le Commissioni sono chiamate ad esprimere non è vincolante
  giuridicamente, ma ha un evidente rilievo politico per cui,
  tramite esso, vengono poste condizioni in ordine al programma
  di privatizzazioni non solo al Governo ma anche al Parlamento
  stesso; non c'è dunque alcuna anomalia nel fatto che la
  proposta di parere presentata dai relatori precisi anche gli
  adempimenti che il Parlamento stesso dovrà eseguire affinché
  si possa dar corso al programma di riordino e dismissioni.
     Il deputato Paolo CIRINO POMICINO (gruppo della DC), dopo
  aver concordato con le osservazioni del Presidente, rammenta
  che il Governo non è certamente estraneo al processo
  legislativo ed osserva che le condizioni recate dalla proposta
  di parere dei relatori, che politicamente hanno grande
  rilievo, vincolano non solo il Governo, ma la maggioranza di
  cui il Governo stesso è espressione.  Precisa quindi che
  l'adempimento di tali condizioni premetterà l'avvio del
  processo di dismissioni, essendo esse rivolte alla
  realizzazione di strumenti normativi indispensabili ed
  all'adeguamento del mercato finanziario; fa altresì presente
  che solo la loro attuazione renderà credibile il processo di
  arretramento dello Stato dall'economia.  Osserva quindi che la
  previsione di una data certa per l'adempimento di tali
  condizioni dimostra chiaramente la volontà della maggioranza
  di voler proseguire tale processo sicché non è certamente
  strumentalizzabile l'apposizione delle predette condizioni da
  parte di chi voglia sostenere che essa non intenda realmente
  dar corso alle privatizzazioni.
     Il deputato Giovanni PELLICANI (gruppo del PDS),
  illustrando la proposta di parere presentata dal suo gruppo,
 
                              Pag. 42
 
  ricorda che, da molto tempo, il gruppo del PDS guarda con
  attenzione ai problemi dell'intervento dello Stato
  nell'economia; in questa prospettiva, ad esempio, aveva già
  sottolineato la necessità di sopprimere il ministero delle
  partecipazioni statali.
     Il suo gruppo, nell'ambito di una visione complessiva del
  problema del rapporto tra operatore pubblico e operatore
  privato in economia, aveva indicato l'esigenza di nuove
  modalità di presenza dello Stato nell'economia.  D'altro canto,
  il sistema delle partecipazioni statali è stato oggetto di un
  rilevante processo di degenerazione negli ultimi venti anni ed
  ha costituito il pilastro di un inaccettabile sistema di
  potere.
     Comunque è opinione diffusa che l'economia mista abbia
  contribuito in ltalia all'accumulazione di capitale.
     Pertanto non si comprende il giudizio formulato dal
  deputato Sterpa in merito all'intervento svolto dal deputato
  Reichlin, nella seduta del 2 dicembre scorso, ritenuto una
  difesa nostalgica e patetica del sistema della partecipazioni
  statali.  Quell'intervento mirava invece ad evidenziare linee
  direttrici ritenute essenziali per una azione pluriennale di
  riassetto.
     Gli obiettivi indicati nel documento presentato dal
  Governo sono vaghi e non chiari, né ricevono la necessaria
  precisazione nella proposta di parere presentata dai relatori.
  Questa indeterminatezza induce a ritenere che il programma del
  Governo sia una sorta di "pre-piano" che richiede successive
  integrazioni.  L'avere rilevato tale vaghezza non significa
  certo che il suo gruppo sia contrario al riassetto delle
  imprese pubbliche.
     All'indeterminatezza nell'indicazione degli obiettivi si
  accompagna la vaghezza nell'indicazione degli strumenti
  necessari per conseguirli.  Lo stesso ministro Guarino ha
  evidenziato l'interrogativo, finora senza risposta, sulla
  possibilità che il processo di privatizzazione si svolga a
  diritto invariato o meno.
     Comunque è urgente che il processo sia avviato, ma con la
  dovuta precisione e tempestività.  Non vi è infatti una
  avversione di principio del suo gruppo alla privatizzazione,
  ma le dismissioni, in mancanza di qualsiasi indicazione delle
  modalità e dei soggetti ai quali vendere, rischiano di
  configurarsi come vere e proprie svendite.
     Esprime apprezzamento per il fatto che nel documento del
  Governo le dismissioni non sembrano finalizzate all'obiettivo
  esclusivo di ripianare il debito pubblico che, invece,
  costituI la sollecitazione principale che indusse il governo
  ad adottare il decreto-legge n. 333 del 1992.  Il problema del
  debito pubblico costituisce un vero macigno, il cui peso è
  destinato ad aumentare, ma non può essere risolto con le
  privatizzazioni.
     Sia il documento presentato dal Governo, che la proposta
  di parere formulata dai relatori, sono caratterizzati da una
  notevole confusione in ordine al disegno di riorganizzazione
  della struttura industriale pubblica.  Del resto, da entrambi
  traspare la divergenza di opinione presente all'interno del
  Governo.
     Il programma dovrebbe perseguire, attraverso la
  riorganizzazione della complessiva struttura industriale e
  finanziaria italiana, gli obiettivi di far fronte alla
  concorrenza internazionale, di promuovere lo sviluppo
  economico, la tutela e la crescita dell'occupazione, nonché di
  creare un mercato finanziario più trasparente e quindi più
  efficiente.
     L'operazione che si sta intraprendendo, muterà per i
  prossimi dieci anni, gli equilibri economici e sociali del
  Paese.  Purtroppo non sembra emergere dal documento del Governo
  tale consapevolezza.  E' opportuno invece attivare sinergie,
  favorire il cambio di mano, trasformando la proprietà
  azionaria dello Stato in azionariato diffuso; in tal modo si
  andrà verso un decentramento del controllo economico,
  burocratico e politico tradizionale.
     Non si tratta di ridurre il peso e la funzione degli
  interessi collettivi nell'economia, ma di mutare il
  tradizionale ruolo di gestore dello Stato in quello di garante
  del funzionamento del sistema di mercato e di promotore della
  formazione di una nuova classe dirigente in economia.
  Purtroppo anche di questo non vi è consapevolezza nel
 
                              Pag. 43
 
  documento del governo.  Nel programma si prevede che il
  processo di privatizzazione si possa concludere in tre o
  quattro anni: in realtà esso richiederà tempi molto più
  lunghi.  E' quindi opportuno che questa previsione sia
  corretta.
     In definitiva il programma del Governo costituisce un
  piano industriale estremamente vago, nel quale dovrebbero
  essere determinati con chiarezza gli strumenti che
  garantiscono la presenza sul mercato di un maggior numero di
  imprese.  E' inoltre necessario che siano predisposte regole
  certe e stabili per la disciplina del processo di
  privatizzazione e per tutte le modifiche legislative ritenute
  necessarie.  Risultano poi completamente insufficienti le
  previsioni dirette alla tutela dei livelli occupazionali,
  estremamente importanti di fronte ai realistici pericoli di
  deindustrializzazione e di industrializzazione passiva.  Il
  problema e dell'occupazione deve esser tenuto in adeguata
  considerazione, poiché si rischia il prodursi di situazioni
  inaccettabili e comunque ingestibili.  Quindi sono necessarie
  precise disposizioni non solo per quanto riguarda il
  potenziamento degli ammortizzatori sociali, ma anche per la
  costituzione di un investitore nazionale con un fondo per lo
  sviluppo che intervenga nelle aree di crisi, di declino
  industriale e di maggior disagio occupazionale.
     Occorre quindi disegnare una precisa intelaiatura di
  disposizioni, per delineare metodi e garanzie dello sviluppo
  di un processo che è destinato a durare diversi anni.  Occorre
  altresì apprestare tutte le modificazioni dell'ordinamento
  giuridico che si rendano necessarie, eventualmente facendo
  tesoro dell'esperienza di ordinamenti stranieri, al fine di
  rinvigorire il mercato finanziario creando un azionariato
  diffuso e delle  public companies  che costituiscono
  istituti finora sconosciuti in Italia.
     In mancanza di ciò vi è il timore che il processo si
  limiti a poche vendite, degenerando in un meccanismo
  scomposto.  La proposta di parere presentata dai relatori
  prevede che "a partire dalle operazioni già avviate il
  processo di privatizzazione e di riordino della presenza
  pubblica potrà continuare dai settori assicurativo e
  bancario": questo indirizzo rende di fatto completamente
  inutili le previsioni contenute nel piano.  La proposta di
  parere, inoltre, stabilisce il termine del 31 marzo 1993 entro
  il quale il Governo dovrà sottoporre alla delibera delle
  Camere un documento sul riordino delle partecipazioni
  pubbliche e sullo stato delle privatizzazioni: in realtà
  questa proposta di parere contiene già un programma,
  incontrollabile negli esiti.
     Occorre, al fine di potenziare il mercato finanziario,
  intervenire nel settore dei fondi pensione.  Vi sono posizioni
  differenziate all'interno del Governo, in quanto il ministro
  Barucci, nel suo intervento, a differenza del Ministro del
  lavoro, vi aveva accennato in modo positivo.
     E' molto importante in questa fase di avvio del processo
  di privatizzazione sottolineare il ruolo delle banche che
  svolgono un rilevante funzione di volano.  Vi sono poi problemi
  di trasparenza che non vanno tralasciati.  Dovrebbe essere,
  adeguatamente stabilita la separatezza tra il mondo
  industriale e quello dell'editoria.
     In definitiva è necessario che il Governo assuma la
  gestione e la responsabilità dell'operazione di
  privatizzazione, avvalendosi, nella sua opera,
  dell'amministrazione, della collaborazione dei  managers
  delle imprese, nonché della consulenza di organi qùali la
  CONSOB, la Banca d'Italia e la Commissione per la tutela della
  concorrenza, senza ricorrere ad alcun comitato di ministri.  E'
  preoccupante la previsione contenuta nella proposta di parere
  dei relatori secondo la quale il governo deve procedere al
  superamento degli attuali consigli di amministrazione anche
  con l'inserimento di responsabili operativi dei gruppi e delle
  finanziarie: in tal modo, infatti, si produce una confusione
  tra controllori e controllati.
     Si dovrebbe impegnare il Governo a presentare al
  Parlamento, entro e non oltre i 60 giorni, un piano che
  contenga adeguate specificazioni in ordine all'assetto del
  sistema industriale e alle prospettive di sviluppo delle
  imprese interessate al processo di riordino, nonché agli
  effetti e alle prospettive dei livelli occupazionali,
 
                              Pag. 44
 
  vincolando il Governo a non prendere nel frattempo decisioni
  di dismissione che contraddicano tale esigenza.  Inoltre il
  Governo dovrebbe presentare annualmente insieme al documento
  di programmazione economico finanziaria, ai fini della
  deliberazione parlamentare, una decisione di consuntivo e di
  aggiornamento del piano di riordino.
     Il deputato Maurizio GASPARRI (gruppo del MSI-destra
  nazionale), illustrando la proposta di parere presentata dal
  suo gruppo, fa presente che essa in taluni aspetti coincide
  con quella dei relatori, dalla quale, tuttavia si differenzia
  per la considerazione di altri profili che in quella vengono
  del tutto ignorati.
     Dopo aver rammentato che il suo gruppo ritiene necessario
  l'avvio del processo di privatizzazione per porre rimedio alle
  degenerazioni cui ha dato luogo la presenza pubblica
  nell'economia, che si è progressivamente trasformata da
  funzione essenziale di regolazione in intervento di
  occupazione partitocratica, osserva che occorre chiarire
  numerosi aspetti di tale processo.
     In primo luogo, ritiene che il processo di privatizzazione
  avrebbe dovuto essere avviato successivamente alla
  predisposizone dei necessari strumenti normativi accennati nel
  programma di riordino e che, a fronte di una situazione
  economica assai grave e di un debito pubblico che assorbe il
  risparmio per la alta remuneratività dei tassi di interesse
  pagati dallo Stato, sembra assai difficoltoso poter reperire
  sul mercato le necessarie risorse.  Il programma di riordino
  presenta Pertanto talune condizioni iniziali di debolezza che
  possono fortemente pregiudicare la sua realizzazione.
     La proposta dei relatori non prende in considerazione
  l'indispensabile partecipazione dei lavoratori e degli utenti
  al capitale sociale delle imprese da privatizzare e non
  risultano, altresì, chiarite le questioni di fondo, che il suo
  gruppo ritiene preliminari e fondamentali, relative ad un
  chiaro indirizzo per una nuova politica industriale e alla
  soluzione dei problemi occupazionali che senz'altro si
  verificheranno in numerose aree di crisi del Paese a causa
  delle dismissioni.
     Per quanto riguarda il rapporto tra banche ed industrie,
  ritiene che occorre prendere atto dei vincoli posti dalla
  normativa comunitaria, che, tuttavia, presenta un sostanziale
  difetto di legittimità a causa del  deficit  democratico
  delle istituzioni comunitarie; tale rapporto suscita notevoli
  preoccupazioni, anche perché la sua degenerazione determinò
  originariamente l'intervento dello Stato nell'economia.
     Osserva quindi che l'eventuale acquisizione di banche
  italiane da parte di capitale straniero, foss'anche
  proveniente da paesi comunitari, desta seria preoccupazione,
  poiché oggigiorno è diffusa la tendenza a rinchiudersi nella
  difesa degli interessi nazionali e, pertanto, le banche
  italiane potrebbero essere utilizzate in maniera non conforme
  agli interessi del Paese.  Bisogna quindi prevedere un
  controllo nazionale delle strutture utilizzabili nell'ambito
  della concorrenza internazionale.
     Soffermendosi sulle questioni relative
  all'editoria,osserva che il parere di maggiorenza rimanda ogni
  decisione in merito, ad un momento successivo all'approvazione
  di una nuova normativa, sicché viene in sostanza rinviata ogni
  decisione sulla dismissione di partecipazioni pubbliche che si
  risolvono in intrecci partitocratici da terzo mondo.  Rammenta
  quindi che la citata legge Mammì è vigente e vincolante per
  tutti e che i gruppi privati, anche se talvolta solo
  formalmente, si sono ad essa adeguati; dopo la trasformazione
  degli enti di gestione in società per azioni, delle quali il
  tesoro è l'unico azionista, anche lo Stato deve rispettare la
  legge ed il parere che le Commissioni sono chiamate ad
  esprimere non può certo porsi in contrasto con essa.  Dopo aver
  ritenuto che tale questione involge anche un profilo di
  trasparenza e di economicità, poiché non si capisce il motivo
  per cui lo Stato si deve far carico del passivo de "Il
  Giorno", che si aggira intorno a 20 miliardi annui, rammenta
  che il Garante per l'editoria ha dichiarato presso il Senato
 
                              Pag. 45
 
  l'opportunità discutere le partecipazioni dello Stato nel
  settore editoriale, sebbene successivamente un Comitato di
  saggi, nominato dal Garante stesso e presieduto dal senatore
  Lipari, abbia ritenuto la persistenza di tale presenza
  conforme a quanto previsto dall'ordinamento.
     Dopo aver ritenuto che sarebbe stato più opportuno che a
  presiedere il predetto Comitato fosse nominata una persona che
  non abbia fatto parte del consiglio di amministrazione della
  RAI - pur essendo il senatore Lipari una persona degnissima -
  osserva che la regolarizzazione della posizione dello Stato
  alla stregua delle disposizioni recate dalla cosiddetta legge
  Mammì, costituirebbe un segnale importante dell'arretramento
  della presenza pubblica nell'economia.
     In conclusione, con riferimento agli strumenti tecnici per
  la gestione del piano di privatizzazione, rammenta che,
  piuttosto che prevedere nuovi organismi, sarebbe opportuno
  attivare il CNEL e sottolinea che il Governo dovrà farsi
  carico dei rilevanti problemi occupazionali che saranno
  determinati dalle privatizzazioni.
     Il deputato Corrado PERABONI (Gruppo della Lega Nord)
  ritiene necessario limitare le osservazioni sulle questioni
  connesse al piano di riordino delle partecipazioni statali
  evitando discussioni di carattere ideologico vertenti sul
  ruolo dello Stato nell'economia.  La proposta di parere dei
  relatori sembra confermare l'incertezza e le contraddizioni
  del piano di riordino del Governo; su alcune scelte
  fondamentali, sulle quali il Governo aveva manifestato
  orientamenti discordanti, ci si attendeva che la maggioranza
  assumesse posizioni chiare.  La proposta di parere non ha,
  invece, sciolto tali questioni, facendo trasparire l'evidente
  rischio che non si voglia seriamente andare verso un processo
  di privatizzazione.  Alcuni settori sono indicati, come quello
  energetico e quello assicurativo, ma in modo estremamente
  timido; si è fatto premio, in modo eccessivo, sulla
  riorganizzazione delle partecipazioni statali, piuttosto che
  sulla loro privatizzazione.  Vi è il rischio che il rinvio
  delle scelte fondamentali al 31 marzo prossimo si tramuti in
  un rinvio  sine die.  Al contrario è necessario che talune
  questioni siano approfondite: come quella concernente i
  criteri attraverso i quali si opera la valutazione del
  patrimonio delle imprese; la definizione di tali criteri è
  indispensabile per rispondere all'esigenza di non svendere il
  patrimonio pubblico e di contribuire in modo consistente alla
  riduzione del debito pubblico.  Alcune osservazioni concernenti
  le  public companies  o la tutela delle azioni di
  minoranza sono state accolte, mentre sulle questioni della
  separazione tra gruppi industriali e settore dell'informazione
  è possibile registrare addirittura un irrigidimento rispetto
  alla posizione del Governo.  Su quest'ultima questione è
  necessario, al contrario, andare verso una fuoriuscita dello
  Stato dalla proprietà dei mezzi di informazione come segnale
  di un'inversione di tendenza rispetto alla politica fin qui
  perseguita di distorcere gli interessi pubblici a vantaggio
  degli interessi di parte.  Sugli aspetti relativi alle
  concessioni nel settore dell'energia elettrica occorre
  scongiurare il rischio che, se non si procede ad una loro
  diversa definizione, si vada ad ostacolare il processo di
  privatizzazione delle aziende municipalizzate che è sul punto
  di essere avviato; quanto alla collocazione delle azioni
  dell'ENEL sul mercato, sarebbe meglio che tale operazione
  venisse prospettata sulla base di una riorganizzazione delle
  funzioni di produzione, di trasporto e di commercializzazione
  dell'energia elettrica svolte dall'ente stesso.  Nel settore
  assicurativo andrebbe, invece perseguita una politica dl
  raggruppamento delle attività in capo all'INA al fine di
  costituire un gruppo capace di competere sul mercato.
     Le previste forme di controllo dello Stato sulle imprese
  considerate strategiche lascia aperta la porta ad una
  ingerenza dello Stato sulla gestione, in quanto non viene
  definito il contenuto delle azioni speciali.  Lo sbocco del
  programma di riordino delle partecipazioni statali doveva
  vedere la fine del ruolo dello Stato imprenditore a favore
  dello Stato regolatore; sembra, però, che la finanziaria
 
                              Pag. 46
 
  pubblica di partecipazioni, che richiama in qualche misura le
  super holding,  possa determinare un'ulteriore
  stratificazione dei livelli di governo, che risulta
  inconcepibile.  Una volta che le partecipazioni pubbliche
  saranno riordinate per settori omogenei, tutto deve essere
  posto in capo al Ministero del tesoro; deve essere quindi
  abolito il Ministero delle partecipazioni statali, senza che
  per questo si ravvisi la necessità di creare ulteriori
  amministrazioni centrali.
     Ricorda quindi che il suo gruppo è favorevole ad una
  struttura di gestione del processo di privatizzazione sul
  modello delle agenzie indipendenti o delle  authorities,
  le quali, inglobando le competenze necessarie per il governo
  di tali fenomeni, sarebbero in grado di evitare che le
  divergenze tra i diversi ministri portino ad una paralisi
  della decisione.
     Esprime quindi preoccupazioni circa l'effettivo apporto
  del processo di privatizzazione alla riduzione del debito
  pubblico e sottolinea l'esigenza che venga valutato in modo
  adeguato l'impatto occupazionale e sociale di tale processo.
  Ribadisce in conclusione il voto contrario del suo gruppo
  sulla proposta di parere formulata dai relatori.
     Il deputato Angelo MUZIO (gruppo di rifondazione
  comunista), dopo aver rilevato che il carattere non
  vincolante, ritenuto tale anche dal Presidente Tiraboschi,
  delle condizioni contenute nella proposta di parere formulata
  dai relatori indica la confusione esistente in seno alla
  maggioranza, osserva che vi è una precisa scelta ideologica da
  parte della maggioranza e di parte delle opposizioni in ordine
  alle privatizzazioni; essa si concreta in un giudizio  a
  priori  positivo dell'iniziativa privata, cui corrisponde un
  giudizio negativo dell'iniziativa statale in economia.  Questa
  affermazione ideologica nasconde la vera posta in palio,
  costituita da una vera rivoluzione destinata a cambiare i
  rapporti di forza al vertice del potere economico.  Si tratta
  di una rivoluzione della stessa portata di quella che avvenne
  con la nazionalizzaione dell'energia negli anni 60.  Si è ora
  alla resa incondizionata dello Stato imprenditore, ad una vera
  a propria Caporetto.  Si sta per procedere ad una
  ristrutturazione profonda del capitalismo del nostro paese che
  costerà più di duecentomila posti di lavoro.
     Ricorda la vicenda di cui fu protagonista Enrico Cuccia,
  artefice della ristrutturazione dei grandi gruppi del
  capitalismo privato negli anni 70, resa possibile dal
  trasferimento massiccio di risorse pubbliche, dei contribuenti
  e delle casse dello Stato, alle poche grandi famiglie del
  capitalismo italiano.
     Il processo di privatizzazione non può esser condotto con
  la sola intenzione di fare cassa.  Infatti, in tutta Europa le
  privatizzazioni effettuate non solo sono avvenute in un lungo
  arco di tempo, ma nessuna ha avuto un ritorno di cassa.  Del
  resto, considerata la mole del debito pubblico italiano, i
  proventi delle privatizzazioni potrebbero costituire solo un
  granello di sabbia nel deserto.
     Si rischia di innestare un processo come mero automatismo,
  come cartina di tornasole, in ossequio agli adempimenti
  imposti dal trattato di Maastricht, che, del resto, è messo in
  discussione in vari Paesi europei.
     La maggioranza si trova ora nella necessità di compiere
  scelte che siano sorrette dagli interessi finanziari dei
  gruppi dominanti, trascurando che esse determineranno una
  svolta complessa.  Non si intende difendere i boiardi e
  l'assistenzialismo di Stato, ma bisogna capire quali linee
  strategiche potranno nascere dal documento del Governo.  In
  realtà, quest'ultimo appare completamente carente sotto il
  profilo una qualsivoglia linea di sviluppo dell'economia e ciò
  è tanto più grave se si considerano la fragilità e le
  contraddizioni dell'apparato industriale italiano.
     Il momento odierno costituisce un importante occasione per
  riflettere su nuovi modelli di sviluppo e per delineare nuovi
  indirizzi.
     L'articolo 43 della Costituzione contiene disposizioni
  atte ad indirizzare l'intervento dello Stato nell'economia per
  garantire lo sviluppo dei settori industriali, del Mezzogiorno
 
                              Pag. 47
 
  e delle zone arretrate del Paese, al fine di soddisfare i
  bisogni della collettività.  Invece nel programma in esame e
  nella proposta di parere presentata dai relatori non si
  tengono assolutamente presenti queste esigenze.  Ad esempio,
  per quanto riguarda il settore elettrico, al momento della
  nazionalizzazione furono perseguiti gli obiettivi di una
  idonea programmazione energetica sul territorio nazionale e
  della soddisfazione del fabbisogno energetico generale.  Ora
  invece il documento del Governo sembra trascurare questi
  obiettivi e il punto 15 della proposta di parere predisposta
  dai relatori appare assolutamente insoddisfacente.  In altri
  termini, manca la preoccupazione di assicurare l'utilità
  generale garantendo un sano sviluppo economico e sociale.
     Dal programma presentato dal Governo non risulta
  l'indicazione di fini precisi né dei mezzi necessari per
  raggiungerli, né, infine, alcuna soluzione in merito
  all'interrogativo circa la volontà di procedere a diritto
  invariato o meno.  Inoltre i criteri indicati nel piano per lo
  svolgimento del processo di privatizzazione appaiono a volte
  illogici e contraddittori.  Anche qui vale il paragone con
  quanto fu fatto all'epoca della nazionalizzazione dell'energia
  elettrica: la legge n. 1643 del 1962 mostrava chiaramente gli
  intendimenti e gli scopi che si intendeva raggiungere e i
  mezzi di cui ci si voleva avvalere.  L'articolo 1 enunciava, a
  fini di utilità generale, che l'Enel, vale a dire lo Stato,
  avrebbe provveduto alla utilizzazione coordinata ed al
  potenziamento degli impianti, avendo come scopo quello di
  assicurare costi minimi di gestione perseguendo l'obiettivo di
  un equilibrato sviluppo economico del Paese.  Vi era cioè
  sotteso il concetto di utilità della collettività, considerata
  non come somma di individui e di gruppi, ma come complesso
  unitario.
     La scelta ideologica che sorregge il piano presentato dal
  Governo non tiene assolutamento conto del fatto che lo Stato
  si è dovuto sobbarcare degli oneri fallimentari
  dell'iniziativa privata e che l'operatore pubblico ha
  funzionato da polmone per l'iniziativa privata, sostenendo la
  domanda e creando mercato.
     Ricorda il disastro economico creato dai decreti varati
  dal Governo per la liquidazione dell'EFIM con danno delle
  banche, dell'indotto industriale e degli stessi interessi
  dell'Efim e dei suoi dipendenti.  Le ripetute denunce della
  Corte dei conti relative alla gestione dell'EFIM hanno
  evidenziato quali risorse, provenienti dai contribuenti, i
  grandi gruppi privati abbiano utilizzato e continuino ad
  utilizzare senza controlli.
     Dal documento del Governo manca una indicazione dei
  settori nei quali la presenza dello Stato ha carattere
  strategico; la SME ha un peso ed un valore che possono essere
  considerati strategici più delle imprese che producono
  armamento.  Un conto poi è svendere come si sta facendo con i
  monopoli dello Stato che vengono consegnati a grandi interessi
  di mercato, come insegnano le vecchie logiche
  dell'economia.
     Lo stesso Raoul Gardini afferma che la privatizzazioni
  costituiranno una svendita.  Occorrerebbe invece chiedere ai
  privati di rischiare nello Stato come lo Stato finora ha fatto
  nel privato.
     La proposta di parere presentata dai relatori prevede che
  il processo di privatizzazione possa continuare dai settori
  bancario ed assicurativo: ma cedere le banche significa
  trascurare la loro natura di importanti strumenti di liquidità
  finanziaria per il riassetto; inoltre, la previsione di un
  intreccio tra banca ed industria è foriera di disastri
  economici.
     Il patrimonio immobiliare delle imprese pubbliche è in
  grandissima parte sottostimato; ciò comporterà un regalo al
  momento della dismissione delle imprese i privati ed una
  devastazione del tessuto industriale ed economico per la
  nazione.  La sottostima dei patrimoni è evidente nel caso
  dell'INA, per il quale si parla di 3.000 miliardi, trascurando
  che una stima effettiva conduce ai 15.000 miliardi.  In realtà
  solo mirate smobilizzazioni, con adeguata valorizzazione del
  patrimonio, consentirebbero vere ricapitalizzazioni delle
  imprese pubbliche.
     Occorrerebbe chiarezza e precisione in ordine alle
  procedure da seguire, nonché regole certe che garantiscano la
 
                              Pag. 48
 
  trasparenza e che indichino le condizioni, i costi e i prezzi
  delle dismissioni.  In poche parole, occorre un nuovo progetto
  senza quelle ideologia di fondo cui sopra si è fatto cenno e
  senza la difesa di boiardi vecchi o nuovi.
     Occorre la costituzione di una commissione di esperti di
  chiara fama che verifichi la congruità delle operazioni per le
  garanzie che debbono essere prestate per la cessione.
     Il processo di privatizzazione così come impostato,
  trascurando la crescente internazionalizzazione delle
  economie, pone il rischio di colonizzazione dell'economia
  italiana attraverso la proprietà straniera dei pacchetti
  azionari.  Altri Paesi, per difendersi da questo rischio, hanno
  stabilito riserve, hanno costituito diritti su posizioni
  strategiche, hanno apprestato misure difensive, hanno previsto
  filiere di servizio e hanno considerato alcuni settori
  strategici stabilendo precisi tetti alle quote azionarie.
     In definitiva, appare la totale assenza delle condizioni
  tecniche e giuridiche per assicurare un vero processo di
  riordino, in cui l'intervento pubblico garantisca gli
  interessi nazionali di solidarietà.  Ciò non significa
  rimpiangere l'assistenzialismo elettorale o mafioso dei
  corrotti e dei carrozzoni pubblici.
     Occorre la creazione di un ministero "dell'economia"; al
  momento si può individuare nel ministero del bilancio e della
  programmazione il centro che possa garantire il razionale
  svolgimento del processo.
     Il piano risulta carente sotto il profilo della tutela
  dell'occupazione, la cui importanza risulta evidente se si
  tiene presente, a fronte dell'attuale situazione di
  recessione, l'inadeguatezza degli strumenti disponibili,
  l'esigenza di una riforma degli ammortizzatori sociali
  esistenti e la necessità di prevedere strumenti contigui ai
  meccanismi indicati dal piano che permettano di affrontare una
  ingente disoccupazione già da tempo annunciata; occorre una
  gestione della mobilità effettiva, creando prospettive certe
  sui problemi di formazione e riconversione professionale; si
  dovrebbe altresI prevedere una "cassa per il lavoro".  Le
  questioni dell'occupazione debbono essere tenute in adeguata
  considerazione, altrimenti si rischiano soluzioni simili a
  quelle predisposte recentemente per la crisi aziendale della
  Olivetti e della Maserati, di carattere improvvisato e non
  risolutivo in quanto non inserite in un progetto di politica
  industriale che tenga anche conto del divario di sviluppo
  economico esistente tra il Nord e d il Sud.
     L'operazione che si sta per intraprendere costituisce una
  importante occasione per affrontare la questione meridionale,
  razionalizzandola e voltando pagina.
     Il deputato Massimo SCALIA (gruppo dei Verdi) ritiene che
  la proposta di parere presentata dai relatori non recepisca i
  punti qualificanti del dibattito svoltosi presso le
  Commissioni e, ove fosse approvata, è suscettibile di
  determinare gravi conseguenze sull'intero processo di
  privatizzazione.
     Dopo aver rammentato che, nel suo intervento in sede di
  discussione aveva paragonato il programma di riordino al
  passaggio dal sistema tolemaico a quello copernicano, osserva
  che, evidentemente, è ancora assai forte la voce degli
  aristotelici, come conferma la lettura della proposta di
  parere presentata dai relatori, che non consente l'avvio della
  riduzione della presenza pubblica nell'economia.
     Ritiene infatti che prevedere la posticipazione dell'avvio
  delle privatizzazioni a data successiva a quella
  dell'approvazione di una nuova normativa per gli assetti
  societari, rende assai difficoltoso iniziare realmente il
  processo di privatizzazione e rende eterna l'immobilità del
  sistema delle partecipazioni statali come luogo di potere dei
  partiti.  Talune delle giuste motivazioni che hanno ispirato la
  proposta di parere dei relatori sono state interpretate in
  modo tale da procrastinare  sine die  l'inizio del
  processo di privatizzazione.
     Illustrando la proposta di parere presentata dal suo
  gruppo, fa presente che essa consente non solo di verificare
  la reale volontà del Governo di dar corso alle privatizzazioni
 
                              Pag. 49
 
  ma anche di fornire ai mercati finanziari quei necessari
  segnali per la credibilità finanziaria del sistema Italia.
     Il suo gruppo, considerato che il programma di riordino è
  evasivo in ordine alle aziende che si vogliono privatizzare,
  propone che il Governo presenti un nuovo programma recante
  dettagliato elenco delle aziende da porre in vendita entro 30
  giorni, partendo dalle banche e dalle società di assicurazione
  ed escludendo le aziende di carattere strategico; le relative
  alinazioni dovranno consentire entrate per un ammontare non
  inferiore al 10 per cento di quello del valore delle aziende
  stesse.  Il Governo dovrebbe successivamente, ed entro 4 mesi,
  presentare un ulteriore e più generale programma di riordino
  con precisi impegni in ordine agli obiettivi di politica
  industriale che intende perseguire.
     Dopo aver ritenuto che occorre porre grande attenzione
  anche ai compratori poiché, ad esempio, l'alienazione della
  SME al gruppo Berlusconi innescherebbe un circuito tale da
  determinare l'intervento dell'Autorità garante, per la
  concorrenza e il mercato, e rammentato che la legge n. 9 del
  1991, ha eliminato i vincoli all'autoproduzione di energia,
  osserva che il problema della produzione e distribuzione di
  energia elettrica sul territorio nazionale è complicato dalla
  configurazione del territorio stesso e, pertanto, occorre una
  adeguata riflessione in ordine alle scelte da assumere per il
  comparto energetico.
     Contestualmente al piano generale di riordino il Governo
  dovrebbe presentare i necessari provvedimenti diretti
  principalmente a farsi carico dei problemi occupazionali,
  della riforma del diritto societario, delle nuove regole del
  regime tariffario e del risanamento ambientale delle aree
  nelle quali le aziende a partecipazione statale da dismettere
  abbiano determinato inquinamento, degrado, danni all'ambiente
  e al territorio.
     In conclusione, ritiene che la proposta di parere
  presentata dai relatori manchi di coraggio e ponga in serio
  dubbio la volontà della maggioranza di procedere
  effettivamente alle privatizzazioni; in considerazione del
  particolare rilievo del parere che le Commissioni sono
  chiamate ad esprimere preannuncia quindi che il suo gruppo
  intende chiedere che si proceda alla votazione del parere
  mediante appello nominale.
     Il deputato Hubert CORSI (gruppo della Dc), relatore per
  la X Commissione, dopo aver ringraziato i deputati intervenuti
  nel corso del dibattito, che hanno recato prezioso apporto, fa
  presente che la proposta di parere presentata dai relatori
  intende costituire un meditato indirizzo politico che
  rappresenta in qualche modo anche una vera e propria
  "frustata" al Governo a procedere prontamente sul sentiero
  delle privatizzazioni, considerando che occorre creare un
  terreno favorevole, un  humus  fertilizzato da
  indicazioni, quali il completamento della riforma dei mercati
  finanziari per favorire la destinazione del risparmio delle
  famiglie verso il capitale di rischio, i fondi di pensione, i
  fondi chiusi, le azioni di risparmio ed altro, che nel parere
  sono vere e proprie condizioni, insieme alla ricerca di regole
  ed incentivi per sviluppare, diffondere e garantire
  l'azionariato popolare, per la migliore e più trasparente
  allocazione sul mercato delle partecipazioni pubbliche.
     La data del 31 marzo prevista per l'adeguamento di tali
  condizioni, quindi, non rappresenta un rinvio, come qualcuno
  ha inteso maliziosamente commentare, ma un termine
  indispensabile per creare il terreno favorevole ad un
  risultato ottimale.  Una data che, considerata la complessità e
  la delicatezza dei temi in esame, richiede una fortissima
  accelerazione degli impegni del Governo e del Parlamento.  Per
  questo motivo si tratta di una vera e propria "frustata" e di
  una sfida per un impegno affinché in tempi brevissimi e certi
  si realizzino le condizioni per dare segnali credibili e non
  equivoci al mercato interno ed internazionale sulla volontà di
  ridurre effettivamente la presenza dello Stato nell'economia,
 
                              Pag. 50
 
  affidando ad esso un prevalente ruolo regolatore da cui
  discende conseguentemente la necessità di una più ampia
  strumentazione per assicurare la tutela degli interessi
  pubblici e la garanzia dei consumatori indipendentemente
  dall'assetto proprietario dell'impresa.
     Non poteva inoltre mancare una adeguata segnalazione degli
  effetti del processo di privatizzazione sull'occupazione e dei
  provvedimenti conseguenti di difesa che dovranno essere
  effettuati specialmente nelle aree svantaggiate.
     Occorre cogliere questa straordinaria occasione, segno
  peraltro della profondità della crisi che reclama una stagione
  intensa di complessivo rinnovamento dell'assetto istituzionale
  ed economico del Paese, per esaltare l'efficienza complessiva
  del sistema produttivo nazionale, determinando nuovi equilibri
  tra capitale pubblico e privato che pongano le basi per la
  creazione di gruppi imprenditoriali competitivi.
     In questo quadro di atteso cambiamento è essenziale che il
  parere che le Commissioni sono chiamate ad esprimere
  sottolinei l'esigenza di superare un apparato istituzionale
  dell'economia ormai inadeguato, anzi obsoleto.  Dalle ceneri
  del Ministero delle Partecipazioni statali e dal carbone del
  Ministero dell'industria dovrà sorgere un Ministero della
  produzione o dell'economia, il nome poco importa, che,
  coordinando tutte le istanze che provengono dal mondo della
  produzione, oggi frammentate e disperse in una miriade di
  Ministeri e di enti, possa modernamente svolgere un ruolo
  centrale di coordinamento, propulsione, servizio e sintesi
  degli indirizzi più efficaci a sostegno del nostro sistema
  produttivo ed a garanzia dei consumatori.
     Senza un diverso e più efficace coordinamento dei
  molteplici strumenti che influenzano la politica industriale
  italiana, oggi costruita pezzo dopo pezzo da una pluralità di
  Ministeri e indirizzata e controllata da una pluralità di
  Commissioni parlamentari il nostro apparato istituzionale
  dell'economia rishierebbe di costituire un vincolo oggettivo,
  una vischiosità lontana dalle esigenze di una economia di
  mercato che misura ormai azioni e reazioni in tempo reale.
     Il deputato Giuliano CELLINI (gruppo del PSI) dichiara a
  nome del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di
  parere predisposta dai relatori, esprimendo consenso
  all'impostazione e alle linee di indirizzo in esso
  formulate.
     Il programma di riordino delle partecipazioni statali
  delinea un passaggio importante, un momento destinato a
  determinare una svolta nelle caratteristiche del sistema
  produttivo e, più in generale, dell'assetto economico del
  nostro paese.
     Occorre dare atto al Governo della determinazione e
  dell'impegno profusi nell'affrontare questa complessa e
  delicata materia, con l'obiettivo di stimolare e favorire
  l'ammodernamento e il potenziamento della nostra struttura
  produttiva e del sistema Italia nel suo complesso, dinanzi
  alle sfide e alle sollecitazioni derivanti dall'integrazione
  comunitaria e dell'accresciuta competitività
  internazionale.
     Il programma presentato ha evidenziato, com'è stato
  sottolineato dai relatori, una struttura aperta e
  problematica, lasciando, con riguardo ad alcune opzioni di
  fondo, degli spazi forse eccessivi di approssimazione, in
  larga parte chiariti e definiti, attraverso il dibattito
  parlamentare e la replica del Governo, nella proposta di
  parere predisposta dai relatori.
     Due esigenze di fondo debbono costituire criteri guida del
  processo di riassetto delle partecipazioni statali: in primo
  luogo, quella di evitare che la strada delle privatizzazioni
  passi attraverso quella che, con linguaggio colorito, ma
  eloquente, è stata definita una sorta di liquidazione e di
  svendita; in secondo luogo, quella di puntare al mantenimento
  della presenza dello stato nei settori di interesse pubblico e
  strategico, anche se non necessariamente in posizione di
  controllo.
     Un punto cruciale è quello di una tempestiva e incisiva
  riforma dei mercati finanziari.
     Inoltre, acquista una valenza vitale la necessità di
  predisporre tutte le iniziative idonee a consentire e
 
                              Pag. 51
 
  realizzare un più consistente orientamento del risparmio verso
  le imprese.
     La possibilità di attingere capitali sui mercati
  finanziari rappresenta una delle chiavi di volta per uno
  sviluppo lineare, solido e per un compiuto dispiegamento del
  potenziale innovativo del piano di privatizzazione e
  costituisce anche il terreno su cui si misura l'opportunità
  che il piano offre in direzione della promozione e
  dell'affermazione di spazi più ampi di democrazia
  industriale.
     In questo senso, va sostenuta l'indicazione in favore
  della realizzazione di  public companies,  così come va
  sollecitata e favorita la partecipazione dei dipendenti al
  capitale di rischio delle imprese.
     Pertanto, occorre apprestare con rapidità le modifiche al
  nostro ordinamento giuridico in materia di società, vanno
  promossi gli investitori istituzionali (fondi pensione; fondi
  chiusi), vanno create le norme per la utilizzazione delle
  golden share.
     Particolarmente delicato appare il problema del rapporto
  tra banca e industria.  Il principio della separatezza tra
  questi due soggetti deve essere rivisto e ripensato.  E' una
  scelta che va fatta con riguardo alla partecipazione
  finanziaria, permettendo così alle banche di svolgere un ruolo
  importante nella ricapitalizzazione delle imprese (sulla base
  anche di quanto previsto dalla seconda direttiva bancaria CEE)
  favorendo in tal modo le condizioni anche per una loro
  riorganizzazione.  Tutto ciò infatti costituisce un necessario
  presupposto.
     Accanto ed in via preliminare rispetto al ruolo da
  asegnare alle banche vi è i problema di definire le linee di
  fondo del riordino del sistema bancario pubblico; a questo
  proposito la direzione di marcia indicata nella proposta di
  parere pare utile ed opportuna.
     Sempre con riguardo al principio della separatezza,
  osserva che va condivisa e sostenuta l'indicazione esplicitata
  nel programma del Governo di affermare tale principio con
  legge con riferimento alla separatezza tra capitale
  industriale e finanziario e proprietà dei mezzi di
  informazione.
     Uno dei temi ricorrenti che ha accompagnato il dibattito e
  che ha trovato riscontro anche nelle posizioni manifestate dal
  Governo è costituito dalla preoccupazione e dai timori sul
  versante occupazionale.
     Il rischio di processi di deindustrializzazione con
  conseguenti riflessi negativi sui livelli occupazionali è
  purtroppo concreto; a ciò si aggiungono i contraccolpi di
  egual segno derivanti dai recuperi di efficienza che
  necessariamente saranno perseguiti nell'ambito delle imprese.
  In questo modo rischia di piovere sul bagnato.  La situazione
  dell'occupazione nel nostro paese sta vivendo un momento
  particolarmente critico e vi sono aree in cui il tasso di
  disoccupazione sta facendo registrare dimensioni
  drammatiche.
     I dati usciti in questi giorni riferiti all'anno in corso
  confermano un quadro di grande difficoltà e la tendenza ad un
  progressivo aggravamento della situazione con riguardo
  soprattutto ad alcuni settori e ad alcune aree
  territoriali.
     Indubbiamente, c'è un fondo di verità nelle affermazioni
  di chi dichiara che non saranno le privatizzazioni in quanto
  tali a creare la disoccupazione nel nostro paese, ma è
  altrettanto vero che questo processo di riorganizzazione della
  presenza pubblica e di apertura ai privati determina con molta
  probabilità un'accelerazione e un'acutizzazione del
  problema.
     Per questo è indispensabile uno sforzo contestuale in
  favore di una politica attiva di sostegno e di promozione
  dell'occupazione.
     Nel programma il Governo indica, a questo proposito, la
  possibilità di utilizzare una serie di strumenti già noti e da
  tempo in uso per stimolare la reindustrializzazione e il
  riassorbimento di manodopera; forse sulla base dell'esperienza
  che se ne è fatta è bene che vengano introdotti dei correttivi
  e nuove forme di intervento che assicurino un'azione più
  efficace ed incisiva.
     Con riferimento alla questione della definizione
  dell'organo che dovrà gestire il processo di privatizzazione,
  rileva che la proposta di parere predisposta dai relatori, che
 
                              Pag. 52
 
  assegna al comitato composto dai ministri del tesoro, del
  bilancio , dell'industria, con il coordinamento del Presidente
  del Consiglio tale funzione, soddisfa l'esigenza di assicurare
  la collegialità del Governo nella fase di gestione delle
  privatizzazioni.
     Sottolinea l'esigenza di garantire che il Parlamento sia
  posto in condizione di esercitare la funzione di controllo
  durante l'attuazione dell'intera fase di privatizzazione.
     Per quanto attiene alla realizzazione del piano e
  all'attuazione degli indirizzi del Governo, ritiene giusto
  perseguire l'obiettivo di una piena responsabilizzazione del
  management  delle imprese ed in questa ottica rileva che
  non appare congrua l'ipotesi di fare ricorso al consorzio di
  rilievo.
     Infine, ritiene condivisibile la previsione contenuta nel
  programma di riordino circa la costituzione di una
  "Finanziaria pubblica di partecipazione".
     In conclusione, per le valutazioni esposte, ribadisce il
  voto favorevole del gruppo socialista sulla proposta di parere
  formulata dai relatori.
     Il deputato Egidio STERPA (gruppo Liberale), parlando per
  dichiarazione di voto, dopo aver rammentato che il suo gruppo
  ha presentato una proposta di parere, fa presente che taluni
  aspetti della proposta presentata dai relatori sono
  apprezzabili mentre su altri essa suscita perplessità se non,
  addirittura, contrarietà; ritiene che talune delle condizioni
  previste costituiscano un alibi per rinviare il processo di
  privatizzazione, come quella di definire, prima del suo avvio,
  indirizzi e modalità dei nuovi assetti societari.
     Osserva quindi che la condizione di cui al punto 2 attenua
  la volontà del Governo di dismettere le banche dell'IRI e che
  quella di cui al punto 3 presenta il rischio di rendere i
  boiardi di Stato padroni delle società.
     Rammenta quindi che il suo gruppo ha proposto di riservare
  maggiore attenzione alla tutela delle minoranze azionarie
  nelle società dove lo Stato non ha la totalità del capitale
  sociale.
     Soffermandosi sulla condizione di cui al punto 10 ritiene
  che essa, in sostanza, non permetterà l'assunzione di alcuna
  decisione sulla discussione delle partecipazioni detenute nel
  settore dell'informazione e che quella di cui al punto 15
  andrebbe meglio precisata nel senso di una liberalizzazione
  delle concessioni nella prospettiva che prevede la
  privatizzazione delle aziende municipalizzate.
     La condizione di cui al punto 16, inoltre, può condurre
  alla determinazione di tariffe non in linea con il mercato e
  quella di cui al punto 18 non precisa adeguatamente che i
  proventi delle privatizzazioni dovranno principalmente essere
  destinati alla riduzione del debito pubblico.
     La proposta di parere presentata dal suo gruppo offre
  soluzioni alternative maggiormente conformi con la volontà
  dichiarata dal Governo di procedere alle privatizazioni.
     In conclusione, dichiara che il suo gruppo non intende
  esprimersi favorevolmente sulla proposta di parere presentata
  dai relatori e, non volendo tuttavia votare contro di essa, si
  asterrà.
     Il deputato Antonio CIAMPAGLIA (gruppo del PSDI)
  sottolinea che, rispetto alla rilevanza delle questioni in
  esame, il parere presenta i segni della fretta e di una certa
  carenza di approfondimento delle tematiche connesse al piano
  di riordino delle privatizzazioni.  Il suo gruppo tuttavia,
  voterà a favore con convinzione e in coerenza agli
  orientamenti della maggioranza.  Restano tuttavia perplessità
  sugli aspetti riguardanti gli organismi dirigenziali delle
  imprese e degli enti pubblici che dovrebbero essere, al
  contrario, oggetto prioritario del riordino.  Per il resto il
  parere recepisce molte delle questioni sollevate dal suo
  gruppo; esso lascia peraltro aperto il confronto su taluni
  nodi critici che dovranno essere chiariti entro il 31 marzo
  prossimo. e sui quali si potrà ulteriormente intervenire.
     Il deputato Raffaele VALENSISE (gruppo del MSI-destra
  nazionale) dichiara, a nome del suo gruppo, il voto contrario
  sulla proposta di parere presentata dai relatori.  Essa infatti
 
                              Pag. 53
 
  appare assolutamente carente di quegli elementi fondamentali
  per conferire significato ad un processo di privatizzazione e
  per costituirne un'idonea base di partenza per lo sviluppo e
  il successo dell'operazione.  L'intero sistema nel quale il
  processo di privatizzazione si dovrebbe collocare non presenta
  i necessari strumenti per valorizzare le risorse esistenti,
  per la presenza di diseconomie esterne quali l'assenza di
  idonee infrastrutture.  Inoltre, il documento presentato dal
  governo non contiene alcuna valutazione realistica delle
  risorse finanziarie che si possono ottenere dal processo di
  privatizzazione.  Vi è anche una assoluta mancanza di
  previsioni in ordine agli strumenti da attivare per far fronte
  ai problemi dell'occupazione.  Fra l'altro, un efficace
  processo di privatizzazione non dovrebbe produrre costi
  sociali se non in via transitoria.  Dissente dalla previsione
  contenuta nel punto 18 della proposta di parere formulata dai
  relatori che prevede che "si dovrà procedere ad una
  valutazione dei costi sociali derivanti dalle dismissioni con
  una articolazione per aree regionali e provvedere nelle aree
  più svantaggiate del paese con il concorso delle regioni più
  interessate alla definizione di politiche attive del lavoro e
  di programmi di sviluppo produttivo e di
  reindustrializzazione".  Questa previsione infatti sembra
  trasferire l'onere di occuparsi dei costi sociali derivanti
  dalla privatizzazione alle regioni.  In definitiva, constata
  l'inidoneità del documento presentato dal Governo e della
  proposta di parere formulata dai relatori a delineare il
  processo di privatizzazione come percorso in grado di esaltare
  le possibilità di sviluppo economico del Paese.
     Il deputato Alfredo REICHLIN (gruppo del PDS), parlando
  per dichiarazione di voto, sottolinea che il dibattito
  svoltosi presso le Commissioni, al quale il suo gruppo ha
  offerto un contributo non secondario, è stato assai proficuo
  ed ha consentito di mettere a fuoco il vero tema sotteso al
  programma di riordino, che non è quello di una semplice
  adesione o rifiuto delle privatizzazioni ma quello, assai più
  profondo e significativo, di un ripensamento delle modalità
  dell'intervento dello Stato nell'economia, necessario a causa
  della fine di un ciclo storico di economia mista.
     La questione di fondo è quella di definire un indirizzo di
  lungo periodo non solo per la politica economica ma anche per
  quella istituzionale, poiché ogni giorno restare fermi
  significa in realtà regredire.
     Nel corso del dibattito sono emerse più posizioni, la
  prima delle quali postula semplicemente un rapido ritiro delle
  presenza pubblica nell'economia sull'incalzare del ciclo
  economico avverso e, in questa logica, le alienazioni
  costituiscono l'obiettivo principale; un'altra posizione
  emersa, rappresentata dal ministro dell'industria,
  sostanzialmente propone di ripetere in altri termini
  l'operazione di ristrutturazione effettuata negli anni
  trenta.
     Il suo gruppo ha compiuto, invece, una scelta
  profondamente innovativa, che vuole appoggiare le nuove
  modalità dell'intervento pubblico nell'economia sul fulcro
  della trasformazione della proprietà statale in proprietà
  diffusa determinando un allargamento sociale, economico ed
  istituzionale del quadro di riferimento.  Dopo aver rammentato
  che il risparmio diffuso consente la realizzazione di tale
  prospettiva, osserva che sarebbe preliminarmente
  indispensabile la predisposizione dei necessari strumenti
  normativi.
     Ritiene quindi che il parere presentato dai relatori sia
  il frutto di una faticosa composizione di posizioni
  contrastanti all'interno della maggioranza e che ciò
  costituisce la sua principale debolezza, potendo essere
  interpretato in una pluralità di modi.
     Per tale ragione, il suo gruppo, pur apprezzando numerosi
  aspetti della proposta di parere presenta dai relatori, voterà
  contro di essa.
     Il deputato Gianni RAVAGLIA (gruppo Repubblicano) fa
  presente che dalle risposte alle questioni sollevate dal suo
  gruppo, circa il fatto che le condizioni poste nel parere
 
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  proposto dai relatori di fatto vincolano la realizzazione del
  piano di riordino delle partecipazioni statali ad inziative
  parlamentari che difficilmente troveranno esito positivo entro
  i tempi previsti, emerge da parte della maggioranza una scarsa
  volontà a muoversi verso un processo di privatizzazione serio.
  La cultura di cui è intrisa la proposta di parere dei relatori
  è di natura pubblicistica e assistenziale e non tende verso
  una cultura industriale moderna; cioè, non si intende
  utilizzare il processo di privatizzazione per rilanciare una
  politica industriale e per togliere la manomorta dei partiti
  sulle partecipazioni statali.  Il parere presenta poi un vero e
  proprio ricatto nei confronti del gruppo liberale, cioè di un
  gruppo facente parte della maggioranza che sostiene il
  Governo, che aveva fatto della separazione tra industria e
  stampa una bandiera, riducendo tale questione ad un
  compromesso che finge di ignorare che una normativa in materia
  già esiste.  Il suo gruppo ha apprezzato in modo positivo il
  primo documento presentato dal ministro del tesoro al
  Consiglio dei ministri, che se fosse stato presentato alle
  Camere nella sua versione originaria avrebbe ricevuto il voto
  favorevole del suo gruppo.  Il piano che invece è uscito dal
  Consiglio dei ministri non può ricevere il voto favorevole del
  gruppo repubblicano, il quale pertanto, a maggior ragione, non
  può esprimere un voto favorevole sulla proposta di parere
  formulata dai relatori che vincola ulteriormente tale piano.
  Rammaricandosi per il fatto che il gruppo liberale non abbia
  preso una posizione di contrarietà sul piano di riordino delle
  partecipazioni statali in modo conseguenziale a quanto
  prospettato nello schema di parere proposto, ribadisce il voto
  contrario sulla proposta di parere dei relatori e invita le
  Commissioni a confrontarsi con i contenuti del parere proposto
  dal suo gruppo.
     Il deputato Michele VISCARDI (gruppo della DC), dopo aver
  espresso preliminarmente apprezzamento per l'eccellente lavoro
  svolto dai relatori e dai presidenti delle tre Commissioni
  riunite, dichiara l'adesione convinta del suo gruppo allo
  schema di parere predisposto dai relatori.  Il voto favorevole
  corrisponde alla costatazione che tale schema fornisce una
  adeguata risposta alle questioni poste dal suo gruppo in
  relazione ai tempi, ai modi e agli strumenti del processo di
  riordino delle imprese pubbliche.  Esprime rammarico per la
  dichiarazione di astensione del gruppo liberale motivata da
  questioni, a suo avviso, del tutto marginali, se riferite alla
  rilevanza delle decisioni all'esame del Parlamento che
  riguardano un complesso processo di risanamento e di
  ammodernamento tale da influenzare i futuri assetti economici
  e sociali del Paese.
     Esprime piena soddisfazione per le garanzie disposte,anche
  per il futuro,per le prrogative di indirizzo e di controllo
  spettanti al Parlamento sull'attuazione del piano di riordino
  delle imprese pubbliche.
     Le preoccupazioni espresse nel corso del dibattito per i
  problemi occupazionali hanno trovato sufficienti indicazioni
  nel punto contenuto nella proposta di parere dei relatori che
  prevede iniziative per la determinazione di politiche attive
  del lavoro e di un programma di sviluppo e di
  reindustrializzazione.
     Con riferimento alle perplessità esposte dal deputato
  Valensise, chiarisce che il concorso delle Regioni alla
  definizione di politiche attive del lavoro e di programmi di
  sviluppo produttivo e di reindustrializzazione non costituisce
  altro che un loro coinvolgimento in interventi esterni nelle
  aree regionali di crisi industriale.
     Con riferimento, infine, alla preoccupazione del deputato
  Reichlin in ordine ad una insufficiente attenzione alla
  esigenza prioritaria di favorire un azionariato diffuso
  osserva che essa appare ingiustificata alla luce delle
  previsioni contenute nella proposta di parere dei relatori.
     Quanto all'esigenza di una miglior regolamentazione del
  rapporto dei gruppi finanziari-industriali con i mezzi
  dell'informazione, esprime soddisfazione per le indicazioni
  contenute nel parere che ritiene corrispondenti alle
  aspettative di una informazione sempre più indipendente.
 
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     Il Presidente Agostino MARIANETTI avverte che sarà posta
  in votazione la proposta di parere formulata dai relatori,
  avvertendo che la sua approvazione comporterà la preclusione
  delle altre proposte di parere.
     Il deputato Massimo SCALIA (gruppo dei Verdi) chiede che
  si proceda alla votazione per appello nominale.
     Il Presidente Agostino MARIANETTI constata che la
  richiesta del deputato Scalia risulta appoggiata dal
  prescritto numero di deputati.  Pone quindi in votazione per
  appello nominale la proposta di parere dei relatori.
     Si procede alla votazione.
     Il Presidente Agostino MARIANETTI comunica il risultato
  della votazione:
        Presenti   110
        Votanti   105
        Astenuti     5
        Maggioranza    53
          Hanno votato  si:   61
          Hanno votato  no:   44
         (Le Commissioni approvano).
     Hanno votato sì:  Aliverti, Angelini Piero Mario (in
  sostituzione di Iannuzzi), Antoci, Astori, Bianco Gerardo (in
  sostituzione di Tabacci per la X Commissione), Biasutti,
  Borgia, Borsano, Bottini (in sostituzione di Salerno), Breda,
  Cancian, Carta Clemente, Castellotti, Cellini, Ciampaglia,
  Cimmino (in sostituzione di De Gennaro), Coloni, Corrao,
  Corsi, Costa Silvia (in sostituzione di Sbardella), Ferrari
  Francesco (in sostituzione di Cirino Pomicino), Ferrari Wilmo,
  Ferrauto, Fincato, Fortunato, Frasson (in sostituzione di
  Varriale), Garesio, Grippo, Gualco, Iodice, Lombardo,
  Manfredi, Mannino, Margutti (in sostituzione di Patria per la
  X Commissione), Marianetti, Marzo, Meleleo (in sostituzione di
  Sanese per la X Commissione), Mengoli (in sostituzione di
  Foti), Moioli, Napoli, Nenna D'Antonio, Nicolosi, Nonne,
  Pagano, patria, Perani (in sostituzione di Bertoli), Pinza,
  Riggio, Roich, Rosini, Rotiroti, Russo lvo (in sostituzione di
  D'Acquisto), Sanese, Santuz (in sostituzione di Maira),
  Stornello, Tabacci, Tarabini, Torchio, Viscardi, Zarro, Zoppi
  (in sostituzione di Sangalli).
       Hanno votato no:
       Arrighini, Bergonzi, Campatelli, Castagnetti Guglielmo,
  Castagnola, Cellai, Conti (in sostituzione di Parigi),
  Costantini, Crucianelli, De Benetti, Di Prisco (in
  sostituzione di Vozza), Dolino (in sostituzione di Carcarino),
  Farassino, Fredda (in sostituzione di D'Alema), Gasparri,
  Giuliari, Gnutti, Grassi Ennio, Guerra, Larizza (in
  sostituzione di Sartori Lanciotti), Latronico, Lo Porto (in
  sostituzione di Pasetto), Mantovani Silvio, Marino, Massano,
  Matteja, Modigliani, Muzio, Ongaro, Ostinelli, Parlato,
  Pellicani, Peraboni, Pioli, Prevosto, Ravaglia, Reichlin,
  Scalia, Solaroli, Soriero, Strada, Turci, Valensise,
  Vannoni.
       Si sono astenuti:
       Baccarini, Dalla Via, Marcucci, Scarfagna, Sterpa (in
  sostituzione di Patuelli).
 
     La seduta termina alle 18,20.
 
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