| Il Presidente Gastone SAVIO richiama preliminarmente le
finalità dell'audizione, che segue a quella del ministro della
difesa e dei quattro capi di stato maggiore.
Il generale Luciano MELONI, segretario generale della
difesa, richiama innanzitutto il piano di ristrutturazione
dell'area tecnico-amministrativa della difesa, delineato dal
suo predecessore nel giugno del 1990, che ritiene
sostanzialmente immutato nelle sue direttrici di fondo,
costituite da un processo di ritrutturazione dell'area
centrale nonché dell'area tecnico-amministrativa. Da allora
però si è proseguito lo studio di quel disegno, anche in
relazione alla ridefinizione del modello nazionale di difesa
indicato dal ministro, in particolare la riforma dei vertici,
pervenendo a conclusioni che sono state già presentate sia
allo stato maggiore della difesa sia alle tre forze armate.
Dopo aver rilevato come la risposta sia stata sostanzialmente
positiva, con l'intesa però di attendere la ristrutturazione
dei vertici militari, ricorda che il disegno complessivo dei
quattro gruppi di lavoro a tal fine predisposti dalla
segreteria generale prevede la riduzione delle direzioni
generali dalle attuali 19 a 15, e lo scioglimento di tutti gli
uffici centrali, con una alternativa concernente l'ufficio
centrale del bilancio, che potrebbe essere assorbito o posto
alle dipendenze dello stato maggiore difesa. Il disegno tiene
anche conto delle indicazioni della Corte dei conti nella
relazione 1991.
Ricorda poi la commissione di valutazione della spesa
militare, istituita dall'attuale ministro della difesa, che si
è articolata in 14 gruppi di lavoro, e facente capo al capo di
stato maggiore della difesa, al segretario generale, al
professor Luca Meldolesi ed al generale Luigi Caligaris.
Passa quindi ad illustrare nelle sue linee fondamentali il
progetto di ristrutturazione dell'area tecnico-industriale
della difesa, che occupa oggi 22 mila persone, di cui 18 mila
civili. Perché tale progetto possa realizzarsi occorrono due
presupposti: il primo è costituito dal concretizzarsi di una
effettiva ristrutturazione dell'area tecnico-amministrativa,
ed il secondo dalla ridefinizione del comparto
tecnico-industriale della difesa in ambito nazionale. Infatti,
in questo secondo caso, siamo in presenza di una struttura
certamente iperdimensionata e poco efficiente, per riformare
la quale sarà necessario anche l'intervento del Comitato
difesa-industria.
Ricorda quindi le precedenti esperienze di
ristrutturazione dell'area tecnico-amministrativa della
difesa, che decorrono dai primi anni settanta, con i piani
RATID1 e RATID2, che prevedevano un deciso potenziamento
dell'area tecnico-amministrativa della Difesa, nonché il
successivo ripensamento, conseguente alla mancanza di risorse
finanziarie che ha dato origine nel 1983 al RATID3,
finanziabile con il bilancio ordinario. Il RATID3 si limitava,
infatti, all'attuazione di alcuni limitati provvedimenti
finalizzati ad assicurare agli stabilimenti e arsenali un
minimo livello di funzionalità.
I criteri dell'attuale ristrutturazione prevedono il
progressivo trasferimento all'esterno dell'amministrazione di
molte attività di produzione e manutenzione. Questo nuovo
orientamento punta al risparmio di circa 300 miliardi (a.c.c.
1990) e prevede il taglio di circa cinquemila unità, in gran
parte civili, a seguito della chiusura e ristrutturazione di
arsenali e stabilimenti.
Ma tutto ciò, per realizzarsi, richiederà una forte
volontà politica a sostegno di queste misure, non sono a
Pag. 39
livello di esecutivo, ma soprattutto a livello parlamentare.
Se tale volontà politica non si concretizzerà, si rimarrà solo
a livello di pregevoli elaborazioni, che del testo si sono
stratificate da vent'anni. A questo discorso occorre
aggiungere una precisazione: se la ristrutturazione non va
avanti, e non procede nel senso indicato, si corre il rischio
di continuare a mandare a casa, tra prepensionamenti,
licenziamenti e cassa integrazione, personale ad alta
professionalità e qualificazione, attualmente impiegato presso
l'industria nazionale, mantenendo invece in servizio personale
di livello decisamente inferiore. L'intera materia dovrà
essere verificata con le organizzazioni sindacali del settore,
che hanno ben presente il problema.
Quanto al comitato difesa-industria, nel quale sono
rappresentati tutti i dicasteri interessati alla politica
industriale del Paese ed al commercio di materiali
d'armamento, fa presente che attualmente si tratta di uno
strumento profondamente ridisegnato in senso di maggiore
snellezza ed operatività. D'altronde occorre una sede idonea
ad assicurare valutazioni organiche e complessive in tempi
decisionali congrui con quelle degli altri Paesi europei, e
questa funzione può essere assolta dal comitato. Né ritiene
fondato il dubbio, talora sollevato, di una prevalenza della
difesa nel comitato, perché tutti i ministeri sono
pariteticamente presenti, anche se alla difesa è affidata la
presidenza, in considerazione del contenuto e della finalità
dell'attività del comitato stesso.
Conclude ribadendo la necessità di realizzare i due
presupposti della ristrutturazione dell'area
tecnico-industriale della difesa, il primo rappresentato dalla
ristrutturazione dell'area tecnico-amministrativa, il secondo
relativo alla ridefinizione di un nuovo quadro del'industria
nazionale della difesa. Soltanto attraverso un significativo e
costruttivo sforzo di razionalizzazione l'Italia potrà infatti
assolvere al proprio ruolo nell'ambito del processo di
integrazione europea e nelle sedi internazionali alle quali
aderisce.
Il deputato Nino SOSPIRI (gruppo del MSI-destra
nazionale), intervenendo sui lavori della Commissione, rileva
di esersi accorto solo a seduta iniziata dell'assenza degli
stenografi, la cui opera gli risulta essere stata richiesta
dal Presidente per l'audizione odierna. Per prassi costante,
audizioni importanti come questa godono quasi sempre del più
ampio regime di pubblicità, e spesso anche della
resocontazione simultanea. Tra l'altro deve notare che quella
in corso è l'ultima audizione dedicata al nuovo modello di
difesa, e non potrà godere della resocontazione stenografica,
al pari delle precedenti. Chiede quindi al Presidente della
Commissione quali ragioni abbiano portato a questo
incoveniente, e comunque lo esorta a partecipare al Presidente
della Camera l'opportunità che siano create condizioni idonee
a garantire la resocontazione stenografica per le audizioni di
maggior contenuto, di cui quella attuale è un esempio
significativo.
Il Presidente Gastone SAVIO precisa che il resoconto
stenografico è espressamente previsto dal regolamento per sedi
diverse da quella nella quale la Commissione attualmente
opera; concorda però con l'opportunità di mantenere inalterata
la prassi secondo la quale le audizioni di più spiccata
rilevanza godano dello stesso regime di pubblicità delle
indagini conoscitive, alle quali il regolamento assicura
sempre tale resocontazione. D'altronde non è pensabile
selezionare il valore delle attività conoscitive in relazione
alla loro definizione procedurale, siano esse indagini
conoscitive o audizioni. Tale valutazione va fatta invece in
base a requisiti di urgenza, di delicatezza e di importanza
degli argomenti trattati mediante i vari strumenti. Nel caso
odierno, l'indisponibilità degli stenografi deriva però da
necessità sopravvenute dell'amministrazione, in particolare
dal sovraccarico derivante dall'attività della Commissione
bicamerale per le riforme istituzionali e della Commissione
antimafia, quest'ultima operante fuori sede. Riconoscendo però
Pag. 40
la fondatezza della questione sollevata dal collega Sospiri,
si riserva di approfondire l'argomento con il Presidente della
Camera.
Il generale Antonio VIESTI, comandante generale dell'Arma
dei carabinieri porge alla Commissione il suo saluto più
cordiale e grato per l'opportunità offertagli di esprimere il
pensiero dell'Arma dei carabinieri sull'importante problema
del nuovo modello di difesa. Premette che il ministro della
difesa ha già autorevolmente delineato il quadro strategico di
riferimento ed illustrato i princìpi informatori del progetto
di ristrutturazione delle forze armate. Rileva in primo luogo
che, nel nuovo modello di difesa, deve essere riconfermato ai
carabinieri il ruolo attivo che hanno sempre svolto
nell'ambito delle Forze armate, quale arma combattente e quale
organismo preposto ad altri compiti militari: difesa del
territorio, mobilitazione e polizia militare.
Non per nulla la struttura dell'Arma ben si attaglia
all'assolvimento dei compiti appena enunciati, disponendo di
ben 13 battaglioni carabinieri, di 4.659 stazioni
capillarmente distribuite sul territorio, nonché di numerosi
reparti di polizia militare presso le tre Forze armate.
Tanto premesso, al solo scopo di fornire un quadro il più
esauriente possibile, ritiene opportuno tracciare i passaggi
nel tempo delle varie disposizioni normative che hanno dato
all'Arma, sin dalle origini, un assetto istituzionale
particolare con dipendenze e funzioni non riscontrabili in
altre organizzazioni dell'apparato statale.
Dopo le regie patenti del 1814, nelle quali è detto che il
Corpo è considerato nell'armata "per il primo fra gli altri" e
che i carabinieri "non potranno essere distolti dalle Autorità
civili o militari dalle loro funzioni", nel 1815 è istituito
il "buon governo" (organismo paragonabile all'attuale
dipartimento della pubblica sicurezza), la cui direzione è
affidata ai carabinieri; nell'anno successivo, è sostituito
dal ministero di polizia, poi denominato "Segreteria di Stato
per gli interni". Sempre nel 1816 è sancito che il colonnello
comandante del Corpo "avrà, sotto l'autorità rispettivamente
dei primi segretari di guerra e di polizia" (gli attuali
ministri della difesa e dell'interno), "l'ispezione e la
direzione di tutto ciò che concerne il servizio".
Nel 1822, con regie patenti del 12 ottobre (articolo 30),
viene ribadita la duplice dipendenza del Corpo dalla
segreteria di guerra e marina (oggi Ministero della difesa)
per gli aspetti logistico-ordinativi e di polizia militare e
dalla segreteria di Stato (oggi Ministero dell'interno) per i
compiti di polizia.
La denominazione di "Arma", con la conseguente
riorganizzazione, risale alla legge 30 settembre 1873, n.
1514, sull'ordinamento dell'esercito, ribadita dai regolamenti
organici del 1892 e del 1911, sostanzialmente derivati dal
precedente regolamento generale del 1822.
Successivamente, il regio decreto del 1922 conferisce
all'Arma la qualifica di "unica Forza armata in servizio
permanente di pubblica sicurezza", formulazione che è poi
ripresa dalla legge 1^ aprile 1981, n. 121 (articolo 16).
Con il regio decreto del 14 giugno 1934, n. 1169, è
adottato l'attuale regolamento organico, che riafferma la
duplice dipendenza dai Ministri della guerra (poi della
difesa) e dell'interno, già sancita nei precedenti
regolamenti.
Coerentemente gli articoli 1 e 24 del vigente regolamento
organico rispettivamente recitano: "I carabinieri fanno parte
dell'esercito di cui sono la prima Arma con le speciali loro
prerogative e, in caso di guerra, concorrono con le altre
truppe alle operazioni militari. Attendono inoltre, presso
l'esercito, al disimpegno di quei servizi di cui sono più
particolarmente incaricati. Il Comandante generale, per quanto
si riferisce all'ordinamento, al reclutamento, alla
disciplina, all'amministrazione, al governo dei quadri,
all'equipaggiaento, all'armamento, alla rimonta e per quantoha
tratto al servizio militare, dipende direttamente dal
Ministero della difesa. Per quanto riflette il servizio
d'ordine e di sicurezza pubblica, l'accasermamento ed il
casermaggio, dipende dal Ministero dell'interno al quale dovrà
previamente sottoporre - prima di riferire al Ministero della
Pag. 41
difesa - anche ogni progetto o studio che interessi, comunque,
l'efficienza numerica dell'Arma, od il relativo
scompartimento, onde ottenere l'assenso. Per il servizio
d'istituto dipende, oltre che dal Ministero dell'interno,
anche dai Ministeri nella cui competenza rientra l'azione
dell'Arma".
Nell'immediato dopoguerra (decreto luogotenenziale 26
aprile 1945), è infine fissato il vigente principio che il
comandante generale dell'Arma sia prescelto tra i generali di
corpo d'armata , grado non previsto per gli ufficiali dei
carabinieri, il cui sviluppo di carriera non va oltre il grado
di generale di divisione.
Il decreto presidenziale del 18 marzo 1963, n. 679, ha poi
conferito all'Arma l'amministrazione dei capitoli di
competenza, nell'ambito del bilancio della Difesa, attribuendo
al Comandante generale poteri di direttore generale, in quanto
facultato ad assumere impegni di spesa su delega del ministro
della difesa.
Nel 1967, con circolare del ministro della difesa,
successiva al riordino del Dicastero, il comando generale è
inserito tra gli enti programmatori (stati maggiori, direzioni
generali e uffici centrali) e, come tale, autorizzato a
formulare proprie previsioni si spesa.
Per quanto concerne poi gli aspetti connessi all'area
tecnico-amministrativa, l'Arma fa capo alle direzioni generali
del Ministero della difesa e, analogamente al Corpo della
guardia di finanza, si avvale nella propria struttura di
personale delle forze armate per i settori amministrtativo,
sanitario e tecnico-logistico.
In sintesi, è inequivocabile che le leggi vigenti
stabiliscono l'appartenenza dell'Arma all'esercito e la
dipendenza dei carabinieri direttamente dal ministro della
difesa in materia di ordinamento, addestramento e
amministrazione del personale.
Per quanto attiene ai compiti militari esiste, poi, una
interconnessione e, quindi, una dipendenza chiara dallo stato
maggiore dell'esercito per il concorso che l'Arma ha sempre
fornito in sede di pianificazione e di conseguenti
predisposizioni connesse alla difesa militare del Paese,
comprese la leva e la mobilitazione. Fino a due anni fa alcuni
battaglioni carabinieri erano perfettamente integrati nei
corpi d'armata e nei comandi di regione per la difesa delle
frontiere e delle retrovie. Attualmente soltanto il 1^
battaglione carabinieri paracadutisti "Tuscania" opera
inquadrato nella brigata paracadutisti "Folgore", al pari
delle unità similari della forza armata.
Circa le attribuzioni di polizia militare, che i
carabinieri svolgono nell'ambito dell'esercito, della marina e
dell'aeronautica, esistono comandi a ciò preposti, che
ricevono direttive dai capi di stato maggiore di forza
armata.
Per quanto riguarda, infine, i compiti d'istituto, la
dipendenza funzionale dell'Arma dal ministro dell'interno è
chiaramente riscontrabile nelle norme in vigore.
Il quadro finora esposto, ritiene abbia sufficientemente
chiarito il significato dell'"appartenenza" dell'Arma
all'esercito e le molteplici dipendenze che caratterizzano
l'istituzione. Infatti, il legislatore sabaudo prima ed il
Parlamento della Repubblica poi, con felice intuizione, hanno
attribuito all'Arma un particolare ruolo che si è rivelato di
estrema efficacia sul piano operativo e che ha riscosso
l'apprezzamento delle autorità e la stima della
popolazione.
Sono di questi ultimi tempi settoriali tentativi di
stravolgere la fisionomia dell'Arma, ricorrendo a strumentali
argomentazioni, da una parte per sollecitarne la
smilitarizzazione e dall'altra per sostenere improprie
dipendenze che mai il legislatore ha inteso introdurre.
Ritiene invece che il ministro della difesa, preannunciando
una nuova legge organica, abbia voluto dare un primo segnale
di chiarezza per riaffermare la militarità dell'Arma e la sua
collocazione nel comparto della difesa, senza stravolgerne
assetto, compiti e dipendenze.
In tale quadro ribadisce la necessità che il nuovo modello
di difesa tenga conto delle potenzialità dell'Arma, al fine di
confermarne l'impiego nella difesa del territorio, in quanto
Pag. 42
dispone di reparti di elevata prontezza operativa e di una
insostituibile rete di avvistamento sul territorio; nella
polizia militare, per l'esclusiva e consolidata
professionalità in materia; nella mobilitazione, per il
collaudato e determinante apporto della sua struttura
capillare; e nelle missioni internazionali di pace, per
l'elevata affidabilità del personale, unanimemente
riconosciuta anche all'estero.
A completamento della sua esposizione, consegna agli atti
due schemi grafici, nei quali sono riassunte le linee di
dipendenza dell'Arma dei carabinieri e del comandante
generale.
Il Presidente Gastone SAVIO chiede al generale Viesti la
sua opinione in ordine al rafforzamento nelle forze armate
della componente volontaria.
Il generale Antonio VIESTI, comandante generale dell'Arma
dei carabinieri, dopo aver ricordato l'impegno profuso dalla
propria istituzione nell'ambito del provvedimento a tal fine
predisposto dal ministro (l'Arma, unica tra le forze di
polizia, dovrà riservare ai volontari in ferma prolungata il
100 per cento dei posti per l'arruolamento in qualità di
carabinieri), auspica che la riforma abbia possibilità di
riuscita in modo che l'operatività delle forze armate risulti
esaltata. Anzi non ne dubita. Aggiunge, tuttavia, che la
riserva dei posti non può essere estesa alle altre categorie
di personale. Per quanto concerne, infatti gli ufficiali e i
sottufficiali, l'attuale reclutamento dai civili deve essere
mantenuto, tenuto conto della lunga e complessa preparazione
di base necessaria: 5 anni di corso per gli ufficiali, i primi
due dei quali presso l'Accademia militare di Modena, per la
comune formazione con gli ufficiali dell'esercito, e i
restanti tre presso la scuola ufficiali dei carabinieri; due
anni di corso per i sottufficiali, interamente svolti presso
la scuola dell'Arma loro riservata. Entrambe le scuole,
ufficiali e sottufficiali, così come le scuole allievi
carabinieri, sono istituti d'istruzione di altissima qualità,
che anzi invita la Commissione a visitare. Il generale Viesti,
ricorda, poi, che l'Arma arruola annualmente circa 14-15 mila
carabinieri ausiliari, i quali, mentre assolvono agli obblighi
di leva, offrono un prezioso contributo per il soddisfacimento
dei compiti istituzionali. Pertanto, qualora detta forma di
reclutamento dovesse venir meno, i carabinieri ausiliari
dovrebbero essere sostituiti con altrettanti carabinieri
effettivi. Al riguardo risulta interessante evidenziare che
mentre il personale effettivo dei carabinieri per il 62 per
cento proviene dal sud e dalle isole, per i carabinieri
ausiliari la proporzione è esattamente contraria. Dunque per i
primi si tratta di assicurarsi un qualificato posto di lavoro,
nel secondo caso di far una importante esperienza di vita,
scelta alla quale egli attribuisce un grande valore.
Il generale Costantino BERLENGHI, comandante generale
della Guardia di finanza, richiama la posizione esposta in
questa Commissione il 13 novembre 1992, nel corso di
un'audizione non completata per lo scioglimento delle Camere,
posizione che ribadisce anche in questa sede. In
quell'occasione egli, infatti, sostenne che doveva essere
mantenuto per il Corpo il reclutamento diretto dai civili,
prospettando la disponibilità a riservare 1/3 dei posti a
concorso ai volontari delle forze armate ed a garantire agli
idonei in soprannumero, dopo il periodo di "volontariato",
l'incorporazione senza particolari formalità.
Il disegno di legge del Governo prevede oggi una riserva
annuale di 900 posti per i giovani, già selezionati dalla
Guardia di finanza, al termine di tre anni di servizio
volontario nelle forze armate.
Ritiene che si tratti di una norma che non possa destare
preoccupazioni poiché i meccanismi di reclutamento della
Guardia di finanza sono molto collaudati.
La Guardia di finanza seleziona infatti annualmente circa
100 mila giovani di cui 7-8 mila per l'Accademia, 30-40 mila
per la scuola sottufficiali e oltre 60 mila per le scuole
allievi finanzieri.
Pag. 43
Piuttosto segnala l'esigenza di definire idonee norme
transitorie fino al consolidamento della riforma.
Si riserva quindi di depositare agli atti della
Commissione una relazione espositiva in grado di specificare
meglio quanto da lui sinteticamente illustrato.
Il Presidente Gastone SAVIO auspica che il generale
Berlenghi voglia precisare il suo punto di vista in ordine
alle posizioni che sono state espresse, in una recente
audizione, dai delegati del COCER della Guardia di finanza sui
temi della attribuzione alla rappresentanza dei militari di un
ruolo negoziale e della smilitarizzazione.
Il generale Costantino BERLENGHI, comandante generale
della Guardia di finanza, dopo aver ricordato la sua
esperienza personale di collaborazione con questa Commissione
sul problema della rappresentanza, dichiara di essere
favorevole all'attribuzione al COCER Guardia di finanza di un
ruolo negoziale ampio, soprattutto in rapporto alla polizia di
Stato che dispone di un proprio sindacato.
Per quanto invece riguarda la smilitarizzazione, questo
tema a suo avviso è un falso problema: le richieste di
"democratizzazione" possono, infatti, essere ritenute valide e
compatibili con lo status militare, che non rappresenta
in alcun modo una compressione dei diritti inalienabili
dell'individuo; a meno che non si tratti di un pretesto per
avere più diritti e meno doveri.
Sottolinea, a questo proposito, le ragioni di
funzionalità, efficienza e manovrabilità che giustificano il
mantenimento dell'ordinamento militare.
In altre parole, non è favorevole alla smilitarizzazione
sia per ragioni di principio sia per ragioni pratiche, perché
questa soluzione produrrebbe, in questo particolare momento
che il Paese attraversa, una crisi profonda e di vasta
portata. In ogni caso, l'attuale modello organizzativo
consente alla Guardia di finanza di portare avanti con la
massima efficienza le proprie funzioni istituzionali - in
particolare la difesa dell'equità fiscale e la lotta alla
criminalità organizzata - conseguendo i risultati positivi che
sono sotto gli occhi di tutti.
Il Presidente Gastone SAVIO ringrazia i tre ospiti delle
loro illustrazioni, ribadendo al contempo l'interesse della
Commissione per poter esaminare al più presto il provvedimento
del Governo che riordina la leva. E' infatti viva l'attesa del
Parlamento nei confronti di un progetto del cui contenuto i
deputati sono stati resi edotti solo a mezzo stampa.
Dopo una breve richiesta di precisazioni del deputato
Romeo RICCIUTI (gruppo della DC), il seguito dell'audizione è
rinviato a martedì 9 febbraio, alle ore 15,30.
La seduta termina alle 16,50.
| |