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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XI Legislatura

Documento


4408
DDL1095-0002
Progetto di legge Camera n. 1095 - testo presentato - (DDL11-1095)
(suddiviso in 10 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C1095. TESTIPDL
...C1095.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC1095 ZZ11 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Colleghi! -- L'Italia non ha nessuna legge che
  regolamenti la produzione, il commercio e l'uso dei
  clorofluorocarburi (CFC) e delle altre sostanze chimiche che
  distruggono lo strato di ozono e che contribuiscono al
  surriscaldamento del nostro pianeta.  Inoltre, nel nostro
  Paese, vige il segreto industriale su tutta la materia, per
  cui non solo l'opinione pubblica, ma neanche il Parlamento può
  verificare effettivamente la quantità delle sostanze dannose
  che viene prodotta ogni anno nel nostro Paese.
    L'Associazione ambientalista internazionale  Greenpeace
  stima che nel 1991, in
  Italia, sono state prodotte circa 32.000 tonnellate di CFC e
  22.000 di HCFC.
    Mentre la Germania cesserà la produzione dei CFC entro la
  fine del 1993, l'Italia segue passivamente le scadenze decise
  dalla CEE, cioè l'arresto della produzione dei CFC entro il
  1997.
    Ogni anno di produzione in più ci costa cinquant'anni di
  eccessiva concentrazione di cloro nell'atmosfera, e da qui al
  2000, secondo gli accordi internazionali, sarà consentito di
  immettere nell'atmosfera altri 7 milioni di tonnellate di CFC
  (la produzione dal 1930 ad oggi ammonta a 17 milioni di
  tonnellate).
 
                               Pag. 2
 
    Milioni di persone soffriranno gli effetti della
  distruzione dell'ozono: secondo una recente stima dell'Unep
  (il Programma ONU per l'ambiente) la perdita di ozono causerà
  un aumento di 300.000 casi di tumori alla pelle e 1.500.000 di
  casi di cataratta ogni anno.
    Fare a meno dei CFC è possibile.
      Greenpeace  ha presentato nei giorni scorsi un modello
  di frigorifero studiato e realizzato dal Politecnico del South
  Bank a Londra che utilizza come gas refrigerante 29 grammi di
  gas propano al posto dei CFC 12, usati solitamente per i
  frigoriferi.
    Lo scienziato che ha scoperto nel 1985 il buco nell'ozono
  in Antartide, Joseph Farman, ha avvertito che
  l'assottigliamento dello strato d'ozono in Europa potrebbe
  raggiungere nel 2000 il 30 per cento.
    Nel corso della X legislatura sono state presentate 4
  proposte di legge dai deputati Rutelli (novembre 1987), Strada
  (maggio 1989), D'Addario (novembre 1989) e Matulli (febbraio
  1990) che non sono mai state nemmeno dibattute dalla
  Commissione Ambiente della Camera dei deputati, alla quale
  sono state assegnate.
    Noi riteniamo ormai improcrastinabile che anche il
  Parlamento italiano arrivi ad emanare una legge su questa
  materia e che anzi questo sia uno dei primi temi che veda
  impegnate le Commissioni parlamentari competenti.  Noi crediamo
  possibile (e le firme della presente proposta di legge stanno
  lì a testimoniarlo) che esista una maggioranza e una volontà
  politica molto ampia in grado di sostenere e raggiungere
  questo obiettivo.
    Questa relazione introduttiva alla proposta di legge vuole
  essere, al contempo, fuori dai soliti rituali, occasione per
  fare il punto sul problema "buco dell'ozono" e materiale
  scientifico di approfondimento indispensabile per una seria
  analisi del problema stesso.  A questo proposito utilissimo è
  stato (e speriamo continui molto a lungo anche per il futuro)
  il lavoro di documentazione e ricerca svolto da  Greenpeace,
  a cui va il nostro ringraziamento.
  1.  L'ozono cos'è e dove si trova.
    Tradizionalmente il sole è fonte di luce, di vita; nello
  scorrere del tempo ha permesso che il nostro pianeta
  diventasse una splendida sfera azzurra.
    La luce e le radiazioni invisibili all'occhio umano hanno
  scaldato la terra, provocato reazioni chimiche, innescato i
  processi che hanno portato alla evoluzione di animali e
  piante, al mondo che conosciamo.  Ma la luce è soltanto una
  delle forme attraverso le quali l'energia prodotta dal sole si
  diffonde nello spazio e giunge anche sulla terra.
    Oltre alla luce percepibile all'occhio umano, il sole
  emette anche i raggi infrarossi, i raggi ultravioletti, i
  raggi gamma, i raggi X, le onde radio, i neutrini e le
  particelle elettricamente cariche.
    Non tutte queste radiazioni giungono sulla terra, il campo
  magnetico terrestre ne deflette gran parte e l'atmosfera
  filtra questo flusso schermando soprattutto i raggi
  ultravioletti e lasciando passare soltanto la luce visibile e
  le onde radio.
    L'ozono, un gas instabile di colore azzurro, si trova
  diffuso tra i 15 ed i 25 chilometri di altitudine, concentrato
  in quella parte di atmosfera terrestre chiamata
  stratosfera.
    Solo un effimero strato di ozono di 3 millimetri ci difende
  dalla parte più pericolosa delle radiazioni solari.
    E' la stessa luce solare che lo produce naturalmente,
  grazie a reazioni fotochimiche con radiazioni che dissociano
  l'ossigeno molecolare in due atomi liberi; quando uno di
  questi atomi si lega con una molecola di ossigeno inalterata
  si forma una molecola instabile costituita da tre atomi di
  ossigeno, l'ozono.
    L'energia assorbita da queste reazioni viene restituita
  come calore all'atmosfera contribuendo così in maniera
  significativa a determinare il profilo delle temperature, che
  al di sopra dello strato di ozono subisce un riscaldamento.
    La distribuzione dell'ozono varia anche in relazione
  all'attività solare, alle stagioni e alla sua tendenza a
  reagire con molte sostanze presenti nell'atmosfera.
 
                               Pag. 3
 
    Queste sostanze derivano dall'emissione di fumi
  industriali, dalle esplosioni nucleari, dalla semplice
  combustione per riscaldamento o per incendi delle foreste, dai
  gas di combustione degli aerei a reazione e, soprattutto,
  dalla produzione ed uso dei clorofluorocarburi (CFC) e delle
  altre sostanze chimiche contenenti il cloro, come il
  metilcloroformio ed il tetracloruro di carbonio.
  2.  La produzione mondiale dei CFC (CFC 11 + CFC 12) (in
  tonnellate accumulate dal 1930).
      1930: 100.000;
      1940: 200.000;
      1950: 400.000;
      1960: 1.000.000;
      1970: 4.000.000;
      1980: 10.000.000;
      1990: 16.000.000;
      2000: 24.000.000 (stima sulla base degli accordi dalla
  conferenza di Londra).
  Chi sono i produttori di CFC.
      CEE: 550.000 milioni di tonnellate, pari al 39,9 per
  cento;
      USA: 520.000 milioni di tonnellate, pari al 37,7 per
  cento;
      Giappone: 170.000 milioni di tonnellate, pari al 12,3 per
  cento;
      Est Europa: 100.000 milioni di tonnellate, pari al 7,2
  per cento;
      Cina e Paesi in via di sviluppo: 40.000 milioni di
  tonnellate, pari al 2,9 per cento.
  3.  Dove si utilizzano i CFC.
  CFC 11:
      Schiume espanse 55 per cento;
      Aerosol 31 per cento;
      Refrigerazione 7 per cento;
      Solventi 7 per cento.
  CFC 113-114-115:
      Solventi 75 per cento;
      Schiume espanse 10 per cento;
      Refrigerazione 10 per cento;
      Aerosol 5 per cento.
  CFC 12:
      Refrigerazione 50 per cento;
      Aerosol 29 per cento;
      Schiume espanse 15 per cento;
      Altri 6 per cento.
    Il metilcloroformio ed il tetracloruro di carbonio sono
  utilizzati essenzialmente per i solventi delle apparecchiature
  elettroniche.
  4.  Gli effetti dei CFC sulla vita del pianeta e sulla
  salute umana.
    I raggi ultravioletti causano una serie di alterazioni sui
  sistemi ecologici acquatici, sulle piante e sull'uomo.
    La melanina ha lo scopo di proteggere la pelle umana dai
  raggi UV ma, in presenza di un loro forte aumento, non riesce
  ad impedire la formazione di cellule cancerogene.  La
  diminuzione dell'1 per cento dello strato d'ozono porta ad un
  incremento del 4 per cento dei casi di cancro.
    Le proiezioni fornite dall'EPA (l'Agenzia statunitense per
  la protezione ambientale) sono contenute in quanto considerano
  un progressivo assottigliamento dello strato di ozono minore
  di quello già riscontrato negli ultimi anni.
    Questi dati prevedono 200.000 morti per cancro tra gli
  americani che nasceranno entro il 2075.  Oltre ai tumori alla
  pelle, l'aumento dei raggi UV provoca con più facilità
  disturbi genetici, nutrizionali ed oculari, soprattutto alla
  cataratta: 2 milioni di casi tra gli americani che nasceranno
  nei prossimi 100 anni.
    L'UNEP lo scorso febbraio ha confermato la previsione di un
  aumento di oltre 300.000 casi di tumori alla pelle, 150.000
  casi di cecità e 1.500.000 casi di cataratta ogni anno in
  tutto il mondo.
 
                               Pag. 4
 
    Nelle popolazioni marine viene diminuita la fecondità e la
  crescita, con aumenti di infezioni e tumori cutanei per le
  specie che passano molto tempo al sole come foche e leoni
  marini.
    Il fitoplancton, unica risorsa di cibo per larve di
  numerose specie di pesci, in presenza di una diminuzione di
  ozono del 25 per cento, si ridurrà del 35 per cento.  Per
  alcune specie di molluschi, una riduzione dell'ozono pari al
  10 per cento farebbe aumentare del 18 per cento il numero
  delle larve anormali.
    Nelle piante sono state osservate riduzioni di crescita,
  diminuzione dell'area delle foglie e minore resistenza ai
  parassiti ed agli attacchi degli insetti.
  5.  Il legame tra CFC e ozono.
    La presenza di freon nell'atmosfera fu ipotizzata per la
  prima volta nel 1971 da James Lovelock.
    Nel 1974 Sherwood Rowland e Mario Molina, dell'Università
  di California ad Irvine, per primi avanzarono l'ipotesi che i
  clorofluorocarburi prodotti industrialmente potessero avere
  effetti distruttivi sull'ozono.
    La loro ipotesi, basata su misure di laboratorio, era che
  tali composti, inerti a bassa quota, una volta trasportati a
  quote stratosferiche potevano essere scissi nei loro
  componenti elementari dall'azione della radiazione
  ultravioletta.
    Nel 1978 viene lanciato il satellite  Nimbus 7,  che
  realizza per la prima volta una mappatura totale dello strato
  d'ozono rivelando una diminuzione globale del 3 per cento.
    Qualche anno dopo la NASA coordina un esperimento con un
  costo vicino ai 10 milioni di dollari, che conferma
  l'esistenza di una forte smagliatura nello strato d'ozono
  antartico, rilevando che a certe quote il 95 per cento di esso
  era scomparso.
    Nella stessa zona l'ossido di cloro era presente in
  concentrazioni 1.000 volte superiori a quelle del suolo,
  confermando così l'ipotesi che l'ozono venisse distrutto da
  queste molecole.
  6.  I primi ed unilaterali provvedimenti per la protezione
  dello strato di ozono e la scoperta del buco
  sull'Antartide.
    Già dal 1976 alcuni Paesi (Germania e poi Svezia)
  cominciano a limitare l'uso dei CFC negli  spray.
    Nel 1978 è la volta degli USA, e negli anni successivi
  anche Olanda, Norvegia, Canada, Belgio, Portogallo e Danimarca
  prenderanno provvedimenti limitativi nella produzione e nel
  consumo dei CFC 11 e 12.
    Nel 1985 Joe Farman del British Antarctic Survey denunciò
  una riduzione del 40 per cento dello strato d'ozono
  sull'Antartide.
    La rilevazione avvenne usando attrezzature che risalivano
  agli anni venti e da un'indagine successiva e più meticolosa
  dagli archivi computerizzati emerse che l'anno prima il buco
  d'ozono era più vasto degli Stati Uniti.
  7.  Il protocollo di Montreal.
    A seguito di forti mobilitazioni dell'opinione pubblica e
  all'impegno delle forze ambientaliste di tutto il mondo oltre
  50 nazioni hanno siglato nel 1985 la Convenzione di Vienna e
  nel 1987 il Protocollo di Montreal.
    L'accordo di Montreal, firmato da alcuni dei principali
  consumatori di CFC, gli USA (30 per cento del totale), il
  Giappone (12 per cento) e i Paesi della CEE (20 per cento),
  prevedeva una riduzione del 50 per cento della produzione e
  dei consumi dei CFC entro il 1999.
    L' ex  Unione Sovietica e i Paesi dell'Est (15 per
  cento), chiesero ulteriori ricerche ed approfondimenti del
  fenomeno ed i paesi del terzo mondo (15 per cento), guidati da
  Cina, India e Brasile, si dichiararono disposti ad accettare
  il passaggio a tecnologie sostitutive purché i Paesi
  industrializzati fossero disposti ad elargire i necessari
  aiuti finanziari, ribadendo sostanzialmente la stessa
  posizione già assunta sul problema delle foreste tropicali.
 
                               Pag. 5
 
    All'accordo venne attribuito un grande valore politico: per
  la prima volta, in un consesso internazionale, venivano
  ufficialmente banditi dei prodotti chimici dannosi
  all'atmosfera ed alla salute pubblica.
    Dopo pochi mesi, però, molti dei Governi firmatari, oltre a
  scienziati ed ambientalisti, lo dichiararono insufficiente ed
  inadeguato alla dimensione ed alla gravità che il problema
  andava assumendo.
  8.  La conferenza di Londra.
    Ciò nonostante ci sono voluti tre anni prima che l'UNEP
  riuscisse ad organizzare un nuovo incontro per la sua
  revisione.
    Si è svolto nel giugno del 1990 a Londra, ma l'industria ha
  ancora una volta vinto, sconfiggendo scienza, ambiente e buon
  senso.
    Le decisioni prese, infatti, prevedono queste scadenze:
               RIDUZIONE PERCENTUALE NEL TEMPO
   ...  (omissis) ...
      Greenpeace  ha stimato che saranno prodotti altri 7
  milioni di tonnellate di CFC: quasi il 50 per cento in più di
  quelli finora prodotti.  Va ricordato, inoltre, che dei 17
  milioni di tonnellate di CFC prodotti sino ad oggi, 7 milioni
  si sono già liberati nell'atmosfera ed altri 10 sono presenti
  nei prodotti ancora non utilizzati.
    Lo scontro più duro, alla conferenza, si è avuto
  sull'istituzione di un fondo per la riconversione tecnologica
  e l'utilizzo dei futuri sostituti dei CFC per i Paesi in via
  di sviluppo.
    Scontro che, vista l'esiguità della cifra stanziata, 240
  milioni di dollari, verteva sul precedente che si andava a
  costituire, anche in vista della convenzione internazionale
  sui cambiamenti climatici e sul riconoscimento del principio
  "chi inquina, paga".
    Gli Stati Uniti, principali oppositori, rimasti isolati,
  hanno dovuto cedere ed accettare la costituzione del fondo,
  partecipandovi per il 25 per cento del finanziamento.
    Ma cosa sono 60 milioni di dollari a fronte dei 2 miliardi
  e mezzo (sempre di dollari), guadagno della sola ICI (una
  delle grandi imprese produttrici di CFC) nell'ultimo anno?
    L'accordo di Londra è stato quindi sottoscritto da 53 dei
  98 Paesi partecipanti al  meeting,  ma molti dei Paesi in
  via di sviluppo, Cina ed India in testa, essendo
  sostanzialmente soddisfatti degli accordi presi, assicurarono
  la loro adesione e la loro ratifica.
  9.  Cosa può fare l'Italia.
    Come già in occasione di altri importanti appuntamenti
  internazionali, le avanzate posizioni di partenza del nostro
  Paese nel corso della conferenza di Londra del giugno 1990 si
  sono perse per strada.
    La CEE, infatti, aveva proposto l'eliminazione totale dei
  CFC entro il 1997.
    Quando l'accordo veniva, invece, siglato con scadenza al
  2000, Australia, Canada, Nuova Zelanda e altri 11 Paesi
  europei (compresi Germania e Gran Bretagna) dichiararono
  congiuntamente che intendevano, comunque, ravvicinare la
  scadenza al 1997.  Come mai non c'era l'Italia tra questi
  Paesi?  Che fine fece l'avanguardismo di Ruffolo?  Il nostro
  Ministro dell'ambiente, che definì la conferenza "una presa di
  coscienza davvero positiva", perse un'altra occasione per far
  sì che l'Italia assumesse nella comunità internazionale un
  ruolo di traino per la salvaguardia ambientale.
    D'altronde sarebbe stato incoerente, visto che l'Italia non
  solo non ha nessuna
 
                               Pag. 6
 
  legge che regolamenta la produzione, il commercio e l'uso dei
  CFC e delle altre sostanze chimiche che distruggono l'ozono,
  ma ancora fino a due anni fa il 40 per cento delle oltre 300
  milioni di bombolette  spray  contenevano CFC.
    E', invece, estremamente importante ed urgente una legge
  nazionale che elimini subito gli alcani completamente
  alogenati (CFC,  halon,  eccetera), il tetracloruro di
  carbonio e il metilcloroformio dal settore produttivo e da
  quello distributivo; una legge che regolamenti le pericolose
  sostanze sostitutive (HCFC, HBFC, NFC) e che, inoltre,
  istituisca un rigoroso controllo per il recupero, lo
  stoccaggio delle scorte, dei materiali e dei macchinari
  contenenti le sostanze nocive.
    L'approvazione di una simile legge nel nostro paese avrebbe
  un duplice significato e darebbe un segno tangibile che
  intervenire è possibile, sfidando quell'assurda legge per cui
  sulla bilancia dei governi il piatto degli interessi
  industriali pesa sempre molto di più di quello della tutela
  della nostra salute e della salvaguardia del nostro pianeta.
  Soprattutto in un paese che ha problemi minori di quelli che
  hanno, ad esempio, gli Stati Uniti con i loro 160 milioni di
  frigoriferi, 80 milioni di impianti di aria condizionata negli
  edifici e ben 130 milioni nelle automobili.
  10.  Le prossime scadenze.
    Il  meeting  tra i firmatari del Protocollo di Montreal
  per la protezione dello strato di ozono, che si è svolto a
  Nairobi dal 19 al 21 giugno 1991, non ha portato a nessun
  accordo per anticipare la scadenza del divieto di produzione
  dei CFC e delle altre sostanze, contenenti cloro, dannose
  all'ozono.  Vani tentativi per anticipare la scadenza al 1997,
  così come ha deciso la Comunità europea approvando un apposito
  regolamento nel marzo scorso, sono stati fatti soprattutto da
  alcuni Paesi dell'EFTA (Svezia, Finlandia, Austria, Svizzera,
  Norvegia ed Islanda) e dalla Germania che, da parte sua, due
  mesi fa ha deciso di cessare la produzione dei CFC e di tutte
  le sostanze alogenate entro il 1993.
    In vista del prossimo appuntamento per la revisione del
  Protocollo di Montreal, fissato per il 23-25 novembre a
  Copenaghen, si è svolta a Ginevra, dal 6 al 15 aprile, la
  riunione preparatoria dei tecnici.
    Nel loro rapporto conclusivo si legge che i tempi previsti
  dal Protocollo di Montreal per l'eliminazione delle sostanze
  che "uccidono" lo strato d'ozono devono essere accelerati.  Se
  si vuole evitare il peggio i CFC e gli altri gas responsabili
  di questo fenomeno dovranno essere totalmente eliminati già
  entro il primo gennaio 1996.
    "Non c'è più tempo da perdere - ha dichiarato il direttore
  esecutivo dell'Unep, Mustafa Tolba - se non vogliamo pagare
  cara la nostra follia in termini di malati di cancro e di casi
  di cecità, l'eliminazione dei CFC deve e può essere
  accelerata".
    Ma alla prossima riunione di Copenaghen si arriva in una
  situazione paradossale: le decisioni prese a Londra, infatti,
  entreranno in vigore solo il 10 agosto, cioè tre mesi dopo
  aver raggiunto le necessarie ratifiche da parte di almeno 20
  Paesi: Canada, Cina, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda,
  Giappone, Maldive, Messico, Olanda, Norvegia, Svezia, Regno
  Unito, USA, Francia, Italia, Russia, Cile, Nuova Zelanda e Sud
  Africa.
    Secondo un recente rapporto del segretariato del Protocollo
  di Montreal sull'uso dei CFC e dei gas alogenati, alcuni Paesi
  hanno addirittura aumentato la propria produzione dalla firma
  del Protocollo: ad esempio, i 12 Paesi della Comunità europea
  hanno aumentato l'uso dei gas alogenati del 27 per cento tra
  il 1986 e il 1989 e la Thailandia ha incrementato di oltre il
  300 per cento i consumi di CFC tra il 1986 ed il 1991: da
  2.500 a 8.400 tonnellate.
    Il fondo monetario di 240 milioni di dollari per la
  riconversione tecnologica a favore dei Paesi in via di
  sviluppo è ancora in via di costituzione, visto che la maggior
  parte dei Paesi finanziatori è morosa.
 
                               Pag. 7
 
  11.  Le decisioni e la politica della CEE.
    La Comunità economica europea dopo aver deciso, nel 1980,
  il congelamento della capacità di produzione e la progressiva
  riduzione degli usi per gli  spray,  due anni dopo elabora
  dei "codici di buona condotta" per le schiume, i solventi ed i
  prodotti refrigeranti.
    Nel marzo 1991 la CEE approva un regolamento (n. 594/91)
  che prevede l'eliminazione totale dei CFC e del tetracloruro
  di carbonio rispettivamente entro giugno e dicembre 1997 e
  degli  halons  entro il 2000.
    A seguito delle recenti rivelazioni della NASA il
  Commissario CEE per l'Ambiente, Carlo Ripa di Meana, ha
  proposto nel febbraio scorso ad Estoril, in Portogallo,
  durante una riunione informale dei Ministri dell'ambiente
  della CEE, una serie di emendamenti per anticipare le scadenze
  fissate nel regolamento dello scorso anno.
    Il Parlamento europeo, il 12 marzo 1992, accoglieva queste
  indicazioni ed approvava una risoluzione in cui invitava la
  Comunità a cessare la produzione ed il consumo dei CFC, degli
  halons,  del tetracloruro di carbonio e del tricloroetano
  entro il 31 dicembre 1993.
    Per la prima volta in un atto istituzionale veniva chiesta
  anche la regolamentazione delle sostanze sostitutive, anche se
  con una formula ambigua: "...gli HCFC e gli HBFC
  (idrobromofluorocarburi) debbono essere gradualmente sospesi
  al più tardi entro il 31 dicembre 1995".
    Il successivo Consiglio dei Ministri dell'ambiente della
  CEE (23 marzo), oltre a non prendere in considerazione la
  proposta di regolamentazione dei pericolosi sostituti, dava
  mandato alla Commissione di formulare la revisione del
  regolamento del marzo 1991, allungando nuovamente i termini di
  due anni (su richiesta del Governo inglese, appoggiata da
  Spagna, Irlanda e Grecia).
    Se queste scadenze saranno confermate dal Parlamento
  europeo al momento del dibattito sulla revisione del
  regolamento 1991 (che probabilmente si terrà nel prossimo
  maggio), le industrie europee saranno libere di immettere
  nell'atmosfera ancora oltre un milione di tonnellate di
  CFC.
    Con il 40 per cento della produzione mondiale i Paesi della
  Comunità sono i maggiori produttori delle sostanze dannose
  allo strato di ozono.
  12.  Il buco anche sull'Artico.
    Le previsioni, fatte già alcuni anni fa, di alcuni
  scienziati per cui il buco sull'Antartico, non potendo
  diventare più profondo, si sarebbe presto allargato sopra
  altre parti del pianeta, paiono fondate.  Una riduzione sul
  Polo Artico era già stata denunciata nel corso della
  conferenza di Londra (giugno 1990) ed all'inizio del 1991 il
  Governo inglese rese nota una ricerca che documentava un
  assottigliamento dell'8 per cento dello strato di ozono su
  parte dell'Europa.
    In questi primi mesi del 1992, da più parti, si sono avute
  gravi conferme.
    I risultati di due gruppi di ricerca, l'AASE II (Airbone
  Arctic Stratospheric Expedition) della NASA e l'EASOE
  (European Arctic Stratospheric Ozone Experiment) della
  Comunità economica europea), resi noti contemporaneamente nel
  febbraio 1992, hanno denunciato "che si sta aprendo un buco
  nell'ozono anche sull'emisfero nord", documentando, inoltre,
  l'indebolimento della capacità di recupero da parte
  dell'atmosfera dopo i periodi di esaurimento dell'ozono.
    Questo aumenta l'urgenza per azioni immediate volte alla
  messa al bando dei CFC e delle altre sostanze chimiche che
  causano la distruzione dello strato di ozono.
    Lo studio AASE II ha rilevato le più alte concentrazioni di
  monossido di cloro (1,5 parti per miliardo per volume), mai
  registrate nelle due regioni polari.
    La gravità della situazione, secondo il dottor Jim Anderson
  dell'Università di Harvard, responsabile della ricerca
  statunitense, è da collocarsi a livello otto su una scala di
  gravità da uno a dieci.
 
                               Pag. 8
 
    Inoltre, l'11 gennaio 1992 il satellite UARS (Upper
  Atmosphere Research Satellite) della NASA ha misurato livelli
  eccezionalmente alti di monossido di cloro, comparabili a
  quelli riscontrati all'interno del buco dell'ozono in
  Antartide, sulla Scandinavia e sulle regione eurasiatica del
  nord, incluse le città di Mosca, Amsterdam e Londra.
    Poi è stata la volta di rilevazioni da parte di osservatori
  europei, che hanno diffuso dati preoccupanti soprattutto
  sull'Europa orientale.
    L'osservatorio dell'Istituto idrometeorologico boemo di
  Hradec Kralove ha riscontrato il 28 gennaio in Cecoslovacchia
  valori di ozono inferiori del 44 per cento rispetto alla media
  calcolata negli ultimi 30 anni.
    La riduzione è stata resa nota dal direttore dell'Istituto
  Karel Vanicek, che ha precisato che "per la prima volta il
  calo pronunciato non può spiegarsi con le oscillazioni
  naturali a cui è soggetto lo strato di ozono".
    Anche in Polonia si è registrato un affievolimento dello
  strato di ozono.
    L'Accademia polacca delle scienze ha reso noto che il
  livello dell'ozono stabile per tutto il 1991 è diminuito
  improvvisamente del 10 per cento in dicembre.  In gennaio vi è
  stata un'ulteriore caduta del 20 per cento, il più basso tasso
  mai toccato da quando sono cominciate le rilevazioni in
  Polonia.  Lo scienziato Joseph Farman ha avvertito che
  l'assottigliamento dello strato di ozono in Europa potrebbe
  raggiungere nel 2000 il 30 per cento.
  13.  Ausimont e le altre industrie produttrici di CFC del
  mondo.
    Esistono circa 40 industrie, situate in 25 Paesi del mondo,
  che producono i CFC e le altre sostanze che distruggono lo
  strato di ozono.
    Ben 5 delle prime dieci, compresa la maggiore, la DuPont,
  sono statunitensi.
    In Italia esiste un'unica azienda produttrice di queste
  sostanze chimiche: è l'Ausimont (ex-Montefluos) del gruppo
  Ferruzzi-Montedison.
    E' tra le prime dieci nel mondo, la quarta in Europa, dopo
  l'inglese ICI, la francese Atochem e la tedesca Hoechst.
    L'Ausimont ha due impianti produttivi: a Spinetta Marengo,
  in provincia di Alessandria, dove si producono i CFC 11 e 12,
  ed a Porto Marghera, a Venezia, dove è cominciata la
  produzione delle sostanze sostitutive, gli
  idroclorofluorocarburi (HCFC) e gli idrofluorocarburi (HFC),
  nel giro di due anni saranno in funzione impianti con capacità
  di 30.000 tonnellate all'anno.
    L'Ausimont, dopo aver dichiarato "che ha investito ingenti
  energie e risorse (60 miliardi di lire,  n.d.r.)  per la
  messa a punto di tutti questi prodotti che costituiscono oggi
  le soluzioni più avanzate in assoluto per la salvaguardia
  dell'atmosfera" (8 febbraio 1992), in occasione dell'informale
  Consiglio dei ministri dell'ambiente della CEE di Estoril (22
  febbraio 1992) ha diffuso un documento in cui si legge: "Con
  un incremento significativo delle risorse dedicate sia alla
  messa a punto della tecnologia di produzione che allo sviluppo
  delle applicazioni e con una accettazione di aumento del grado
  di rischio del programma, Ausimont ritiene di poter
  contribuire alla fattibilità di  phaseout  dei CFC al 1^
  gennaio 1996".
    Inoltre, nel documento del 12 marzo 1992 si legge: "Appare
  molto difficile e comunque da verificare in termini di
  fattibilità la proposta di riduzione dell'85 per cento delle
  produzioni al 1^ gennaio 1994".
  14.  Il segreto industriale e l'impossibilità del controllo
  dei dati.
    Le industrie ed i Paesi che riducono lo strato d'ozono sono
  autorizzati a farlo in assoluta segretezza.
    Anche se alcune istituzioni ed organizzazioni
  internazionali stanno cominciando a rilasciarli, i dati
  nazionali sulla produzione, l' import  e l' export
  sono segreti nella maggior parte dei Paesi.
 
                               Pag. 9
 
    Più della metà dei Paesi che avrebbero dovuto presentare
  all'ONU i dati sulla propria produzione delle sostanze
  incriminate non lo hanno fatto o hanno presentato dati
  incompleti: tra questi l'Italia, e altri tre Paesi membri
  della CEE.  Al nostro Ministero dell'ambiente affermano di non
  esserne mai entrati in possesso.
    La CEE, con il regolamento approvato nel marzo 1991, impone
  "a ciascun produttore, importatore e/o esportatore di
  comunicare alla Commissione, entro il 31 marzo di ogni anno, i
  dati concernenti la produzione, i quantitativi riciclati,
  quelli distrutti, le scorte, eccetera".
    Peccato che per stessa ammissione del Commissario CEE per
  l'ambiente, Carlo Ripa di Meana, la Commissione non ha nessuno
  strumento per il controllo e la verifica di questi dati.
  15.  Le sostanze sostitutive.
    Fare a meno dei CFC è possibile.
    Da anni esistono bombolette  spray  prive di CFC e
  proprio nei giorni scorsi  Greenpeace  ha presentato a
  Londra un modello di frigorifero, studiato e realizzato dal
  Politecnico londinese del South Bank, che non contiene CFC.
    Il frigorifero utilizza come gas refrigerante 29 grammi di
  gas propano al posto di 90 grammi di CFC 12 (il gas usato
  solitamente per i frigoriferi).
    Una delle grandi lacune del Protocollo di Montreal è stata
  l'esclusione delle sostanze sostitutive dei CFC.
    I due sostituti principali sui quali le industrie stanno
  sviluppando le loro ricerche sono gli HCFC
  (Idroclorofluorocarburi) e gli HFC (Idrofluorocarburi), meno
  dannosi dei CFC allo strato di ozono, ma che in compenso, se
  occuperanno metà del mercato dei CFC e poi cresceranno del 2,5
  per cento ogni anno, saranno responsabili del 10 per cento del
  riscaldamento globale nel prossimo secolo.
    Non sono solo le associazioni ambientaliste a lanciare
  moniti sulla loro pericolosità.
    Il segretario generale dell'Organizzazione mondiale
  meteorologica Obasi, ha recentemente dichiarato che "dobbiamo
  non solo accelerare la messa al bando di tutte le sostanze già
  incriminate, ma anche limitare l'impiego di alcuni sostituti,
  come il bromo ed il bromometano, allungando così la lista dei
  prodotti chimici regolamentati".
    In un documento congiunto diffuso il 16 aprile dall'ENEA e
  dall'ICF (Industria componenti frigoriferi) si legge: "Inoltre
  i fluidi frigorigeni sostitutivi (HFC 134ha e HCFC 123)
  presentano problematiche di tossicità ed hanno un impatto
  ambientale presente e futuro non soltanto legato
  all'impoverimento della fascia di ozono ma anche
  all'incremento dell'effetto serra".
    Il Commissario europeo per l'ambiente, Ripa di Meana, ha
  sottolineato più volte nei primi mesi di quest'anno
  l'importanza di una regolamentazione degli HCFC.
    Nonostante ciò le industrie hanno continuato a svolgere un
  ruolo pressante anche durante le ultime conferenze
  internazionali.
    La loro  lobby  ha preteso assicurazioni che fino al
  2040 non verranno decise riduzioni sulle sostanze
  sostitutive.
    Come già visto (punto 11) il tentativo del Parlamento
  europeo per allargare la regolamentazione anche a queste
  sostanze è sinora fallito.
    La questione posta all'attenzione dalle sostanze dannose
  per l'ozono è considerata sintomatica di altre possibili
  questioni che potranno proporsi in futuro, cosicché
  l'occasione viene colta per affermare princìpi generali,
  meccanismi di allarme preventivo, obblighi e incentivi.
    Viene affermato il principio per il quale sono da reputarsi
  in contrasto con l'utilità sociale nonché con la sicurezza
  umana le attività economiche che, per le tecnologie produttive
  utilizzate ovvero per le conseguenze deleterie connesse
  all'uso dei beni prodotti e immessi sul mercato, arrecano
  danni gravi e irreparabili a beni ambientali alla cui
  conservazione è interessata l'intera collettività
  internazionale.
    La proposta di legge (articolo 3) prevede la istituzione
  della Commissione di valutazione dell'impatto ambientale dei
  prodotti industriali lesivi dell'ozonosfera (COVAIPO).
 
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    A tale Commissione, da istituire presso il Ministero
  dell'ambiente, è affidato il compito di redigere appositi
  rapporti che individuino i prodotti e le tecnologie
  industriali nocivi all'ambiente o alla salute dell'uomo, di
  cui si rende indispensabile la eliminazione o la
  regolamentazione.
    Sono componenti della COVAIPO esperti in valutazioni di
  impatto ambientale e in sicurezza delle produzioni
  industriali; di tecnologie industriali e di materiali e
  prodotti industriali; di problemi della salubrità ambientale;
  nei settori della ricerca scientifica e tecnologica.
    E' compito della COVAIPO promuovere annualmente una
  Conferenza nazionale per la sicurezza ambientale dei prodotti
  e delle tecnologie industriali cui partecipino esperti e
  rappresentanti delle associazioni industriali e di quelle dei
  consumatori, università e centri di ricerca.
    Spetta altresì alla COVAIPO il compito di definire gli
  indirizzi programmatici per la utilizzazione annuale di fondi
  destinati all'innovazione tecnologica e alla riconversione di
  produzioni dannose per l'ambiente.
    Ai componenti della COVAIPO nell'esercizio delle proprie
  funzioni è riconosciuto il potere di accesso presso tutti gli
  stabilimenti industriali siti nel nostro territorio e di
  controllo della loro sicurezza ambientale.
    Sono reputati prodotti lesivi dell'ozonosfera e dannosi per
  l'ambiente quelli per i quali si renda necessario l'impiego
  delle sostanze individuate nella tabella A allegata alla
  presente proposta di legge: si tratta di sostanze nei
  confronti delle quali il giudizio negativo è ormai unanime sul
  piano mondiale e rispetto alle quali è già possibile
  prefigurare dei sostituti adeguati.
    Per i prodotti che contengono tali sostanze è previsto un
  severo regime di controllo sulle fasi di produzione,
  circolazione e smaltimento.
    Spetta alla COVAIPO individuare altresì altri prodotti
  dannosi, a partire dai prodotti che facciano uso delle
  sostanze individuate nella tabella B, prese in considerazione
  anche dal Comitato tecnicoscientifico dell'Unep, allegata alla
  presente proposta di legge.
    E' prevista, tra l'altro, l'istituzione, nel bilancio del
  Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
  tecnologica, di un apposito fondo per la ricerca finalizzata
  alla riconversione di produzioni dannose per l'ambiente.
 
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