Banche dati professionali (ex 3270)
Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


111094
STC0056-0083
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL FENOMENO DELLA MAFIA Resoc. Stenogr. n. 56 del 27 giugno 1995 (STC12-MAF-56)
(suddiviso in 83 Unità Documento)
Unità Documento n.83 (che inizia a pag.1475 dello stampato)
...ALLEGATI
...ALLEGATI
Conclusioni
ZZSTC ZZSTC270695 ZZSTC950627 ZZSTC000695 ZZSTC000095 ZZSTC56 ZZMAF ZZMAF270695 ZZMAF950627 ZZMAF000695 ZZMAF000095 ZZMAF56 ZZ12
    La vicenda che ha interessato, e tutt'ora interessa, il
  comune di Niscemi è emblematica ed offre spunti di riflessione
  per il Parlamento  che, sulla base delle esperienze maturate
  in quel territorio, è chiamato  a riconoscere la validità e
  l'efficacia degli strumenti normativi dei  quali ha dotato gli
  organi competenti per la lotta alla criminalità
  organizzata.
     Inoltre, costituisce occasione per il Ministero degli
  Interni e per le Prefetture per rivedere i criteri di ordine
  generale e le misure di carattere organizzatorio da adottare
  nei confronti dei Consigli Comunali  nei quali vengono
  registrate infiltrazioni mafiose.
     Si nota, infatti, una carenza di coordinamento e di
  direttive che  possono rendere uniforme l'attività delle
  Prefetture nelle decisioni di  scioglimento degli organi
  elettivi degli Enti locali.  Non è possibile -  ancor prima che
  sul piano giuridico, dal punto di vista politico - che
  provvedimenti così delicati di sospensione degli strumenti e
  delle  garanzie di democrazia e degli organi di
  rappresentanza, vengano  lasciati a valutazioni troppo
  discrezionali di organi di polizia.
     La uniformità di decisioni non solo garantisce tutti gli
  Enti locali  senza penalizzare o premiare chi cade sotto la
  giurisdizione di un  prefetto più o meno "severo" od
  "attento", ma vale soprattutto ad  individuare, con criteri di
  obiettività, gli indici di riconoscimento  di presenze mafiose
  che impongono, senza sospetti di voler delegittimare  alcuna
  forza politica, i provvedimenti di scioglimento.
     Dopo così gravi sanzioni non possono a lungo proporsi
  interrogativi e dubbi sulla opportunità o no dello
  scioglimento.
     Peraltro, una volta sciolto il Consiglio comunale l'Ente
  locale deve essere dotato di una gestione commissariale
  efficiente ed al di sopra di
 
                             Pag. 1476
 
  ogni sospetto o vicinanza con l'amministrazione, in grado,
  non solo di ben amministrare, ma soprattutto di restituire
  prima fiducia, anzi  certezza nelle istituzioni.
     Ciò non è avvenuto per Niscemi.  E ciò non tanto per
  dirette responsabilità della gestione commissariale ma perchè
  la scelta dei commissari non è stata pienamente oculata e non
  ha tenuto conto della imprescindibile esigenza non solo di
  "essere" ma anche di "sembrare"  lontana da interessi ed
  amicizie locali.
     L'inopportunità della scelta coinvolge dirette
  responsabilità dell'autorità che ha provveduto alla
  designazione.
    Dopo lo scioglimento di ben 80 Consigli comunali e dopo
  il rinnovo di .....Consigli, a distanza di circa cinque anni
  dalla legge n. 55 del 1990, le esperienze di questa
  Commissione antimafia e quelle delle  Commissioni della
  trascorsa legislatura, portano a considerare che tutti  i
  Consigli collusi presentano caratteri distintivi e ricorrenti
  che  consentono di individuare gli "indici di mafiosità" che
  consigliano lo  scioglimento.
     Con impegno da parte di questa Commissione di tornare con
  maggiore approfondimento sul tema dei Consigli comunali
  disciolti, può osservarsi che, in modo pressochè costante, in
  ogni Ente interessato si  riscontrano:
       1) una carenza di organico con ricorso a gran numero di
  personale precario assunto in maniera clientelare e quindi
  legato agli organi di direzione politica;
       2) una diffusa tendenza degli amministratori a non
  curare gli adempimenti connessi alla riscossione dei tributi
  sicchè - a parte il  sempre più grave indebitamento dell'Ente
  - si diffonde, anche nella  cittadinanza, la pratica
  dell'illegalità ed intorno ai mancati  esborsi a titolo di
  imposte, si forma una sorta di "consenso sociale"  sulla
  attività degli amministratori ed una sorta di resistenza al
  ripristino della legalità da parte dei cittadini
  "beneficati";
       3) una pressochè totale mancanza di normative secondarie
  (piani regolatori, regolamenti della polizia urbana,
  regolamenti per  l'esercizio delle attività artigianali e del
  commercio) che obbliga  la cittadinanza a ricercare la
  protezione o la collusione anzichè  revendicare i propri
  diritti;
       4) una situazione di sostanziale monopolio (od
  oligopolio) tra poche famiglie nella gestione degli appalti e
  dei servizi comunali;
       5) una eccessiva onerosità dei servizi municipali che
  presentano costi normalmente più elevati della media e qualità
  di beni e servizi modestissimi;
       6) l'assunzione in prima persona, da parte della
  criminalità organizzata del governo del Comune, mediante la
  diretta partecipazione alla vita politica di soggetti facenti
  parte o collegati ad organizzazioni mafiose.  L'assunzione,
  cioè, da parte della mafia del ruolo di  autonomo soggetto
  politico che interagisce e concorre alla pari, con  gli altri
  soggetti politici, tendendo ad identificarsi con le forze  al
  potere.
 
                             Pag. 1477
 
     Queste sembrano essere le principali "regole" del
  governare mafioso; il  collaudato sistema per impadronirsi di
  una intera città.
    Un'ultima riflessione si impone per il Parlamento.
     Lo strumento dello scioglimento degli Enti locali e quello
  della certificazione antimafia nel settore degli appalti,
  sembrano avere fatto  il loro tempo.
     Dopo le esigenze di sospensione degli organi elettivi e di
  commissariamento, il più delle volte si è ripristinata la
  situazione quo ante, con il sostanziale ritorno della vecchia
  classe dirigente collusa  al governo della città.
     Le burocrazie comunali hanno assicurato continuità al
  sistema mafioso e, di fatto, spesso con veri e propri
  boicottaggi, hanno fatto naufragare i tentativi di ripristino
  delle regole del bene amministrare.
     Ciò ha generato (e genera) nei cittadini la convinzione
  della ineluttabilità della presenza mafiosa; della
  impossibilità di accedere  al mondo dei diritti senza dovere
  richiedere benefito favori.
     Ne è riprova che, a parte alcune situazioni locali, quasi
  sempre, quando si torna a votare nei comuni disciolti, tendono
  a riaffermarsi le stesse forze che sorreggevano i consigli
  disciolti.  Nella stessa Niscemi - a parte la personale
  affermazione del Sindaco - nel nuovo consiglio  comunale vi è
  una maggioranza che sostanzialmente si rifà alle forze in
  passato presenti.
     Tale circostanza deve indurre il Parlamento a
  riconsiderare con  attenzione la intera normativa,
  verificandone la sua validità ed  individuando nuovi strumenti
  di contrasto che, senza mortificare i  momenti di democrazia
  ed i sistemi di rappresentanza, siano idonei a  colpire
  efficacemente la criminalità organizzata.
  RELAZIONE SULLA SITUAZIONE DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA NEI
            COMUNI DI SAN GIUSEPPE JATO E CORLEONE
    Una delegazione della Commissione, guidata dal
  Presidente onorevole Tiziana Parenti e composta dal V.
  Presidente onorevole Giuseppe Arlacchi. dal Segretario
  onorevole Nicola Vendola, dai Commissari onorevole Flavio
  Caselli, onorevole Michele Caccavale, onorevole Antonio Del
  Prete, onorevole Giovanni Zen, onorevole Gaetano Grasso,
  onorevole Giuseppe Scozzari, nonchè dal Vice Presidente
  senatore Luigi Ranponi e dai Commissari senatore Pietro
  Giurickovic, senatore Cesare Mariani e senatore Ferdinando
  Imposimato, al fine di avere una diretta conoscenza della
  situazione criminale e della pressione mafiosa insistente sui
  luoghi, il giorno 6 dicembre 1994 si è recata in missione
  presso i comuni di San Giuseppe Jato e Corleone ove sono stati
  ascoltati i rispettivi sindaci, alcuni amministratori e
  consiglieri comunali, i comandanti dei presidi delle forze
  dell'ordine competenti territorialmente, appartenenti alle
  categorie produttive, tra cui alcuni colpiti da azioni
  intimidatorie di matrice mafiosa, nonchè i sacerdoti operanti
  nelle parrocchie del corleonese.
 
                             Pag. 1478
 
  San Giuseppe Jato
    1) Il comune di San Giuseppe Jato conta circa 10.000
  abitanti.  Incentra la propria economia sull'agricoltura e
  sull'allevamento del bestiame.  Altre attività economiche sono
  nel commercio e nell'artigianato.  Si tratta, tuttavia, di
  presenze non rilevanti e che non riescono ad assorbire
  l'occupazione locale (25 per cento circa di disoccupati sulla
  popolazione totale con 2.500 iscritti all'ufficio di
  collocamento).
     L'amministrazione fa attualmente capo ad una giunta
  guidata dal sindaco Maria Vitaliana MANISCALCO (PDS), eletta a
  seguito delle consultazioni elettorali amministrative del
  dicembre 1993 ottenendo, in ballottaggio con altro candidato
  (centro destra), oltre il 70 per cento dei voti.
     Prima di tale competizione elettorale, all'inizio del
  1993, le opposizioni di sinistra avevano sollecitato al
  Ministro dell'Interno una inchiesta amministrativa al fine di
  accertare eventuali infiltrazioni mafiose nel consiglio
  comunale, all'epoca quasi interamente composto da esponenti
  della Democrazia Cristina.  A seguito di ciò - nelle more
  dell'inchiesta ministeriale attuata dal Prefetto di Palermo
  con un accesso ispettivo - 10 consiglieri su 20 si dimisero
  provocando lo scioglimento dell'organo e quindi il
  commissariamento dello stesso, avvenuto il 17 luglio.
     La trasmissione del rapporto redatto dagli ispettori
  prefettizi ha indotto la Procura della Repubblica del
  Tribunale di Palernmo, in data 2 marzo 1994, a disporre il
  sequestro di tutta la documentazione esistente presso quel
  Municipio relativa a un certo numero di lavori di pubblico
  interesse: realizzazione della scuola media e del centro
  diurno per anziani; ripristino del salone parrocchiale;
  completamento degli impianti sportivi; ristrutturazione del
  Corso Umberto, delle scuole elementari, della rete fognaria e
  della discarica dei rifiuti.  Il relativo procedimento penale
  risulta tuttora pendente.
     L'assenza di delitti ascrivibili a contrasti tra gruppi
  criminali, registrata sia nel 1993 che nel 1994, induce a
  ritenere che permanga una situazione di indiscusso dominio dei
  "corleonesi" all'interno del tessuto delinquenziale locale,
  prevalentemente dedito all'estorsione.  Anche per quanto
  concerne le condizioni della sicurezza pubblica, si contrasta
  un'apparente tranquillità e un apparentemente ordinato
  svolgersi della vita sociale, che sono tipici. di ambienti
  soggetti a una forte pressione di potere mafioso.
     Gli unici episodi, riconducibili ad un contesto di
  criminalità organizzata sono rappresentati dal sequestro di
  Francesco REDA, che il 13 agosto 1994 è stato prelevato nella
  propria abitazione da tre persone armate che si sono poi
  dileguate a bordo di una autovettura, e dalla scomparsa
  dell'imprenditore edile Girolamo PALAZZOLO, allontanatosi da
  San Giuseppe Jato con la propria auto il 23 ottobre 1994.  I
  due episodi potrebbero essere collegati in quanto entrambi gli
  scomparsi erano ritenuti amici di Baldassarre Dl MAGGIO,
  collaboratore della giustizia, anch'egli di San Giuseppe
  Jato.
     Circa le altre manifestazioni delittuose, nel 1994 si sono
  verificati due attentati dinamitardi, 6 attentati incendiari
  ed una rapina, mentre nel 1993 è stato registrato un solo caso
  di attentato incendiario.  Nel quadriennio 1989-1992,
  complessivamente considerato, si sono invece
 
                             Pag. 1479
 
  registrate solo quattro rapine e un attentato dinamitardo.
  Per gli anni precedenti il quadro statistico è il seguente:
       anno 1989: una rapina;
       anno 1990: una rapina;
       anno 1991: due rapine ed un attentato dinamitardo;
       anno 1992: nessun fatto delittuoso di rilievo.
    Alcuni episodi criminosi, riconducibili a tentativi di
  condizionamento di natura mafiosa, si sono verificati nel
  corso del 1994 nei confronti di amministratori pubblici.  E
  precisamente:
       il 20 febbraio 1994, ignoti hanno incendiato
  l'autovettura del sindaco MANISCALCO Maria Vitaliana;
       il 23 aprile 1994, ignoti sono penetrati nell'abitazione
  di campagna di Gioacchino LO GIUDICE, Presidente del Consiglio
  comunale, ed hanno collocato in una stanza un involucro
  contenente polvere esplodente, privo di detonatore;
       il 17 giugno 1994, la predetta MANISCALCO Maria ha
  ricevuto minacce di morte con una lettera anonima pervenuta
  presso l'agenzia ANSA di Palermo.
    Per quanto concerne la condizione della sicurezza
  pubblica, si registra il tranquillo ed ordinato svolgersi
  della vita sociale tipici di ambienti fortemente condizionati
  dal potere mafioso.  Nonostante la presenza di vari attentati
  ad impianti produttivi, segnale inequivocabile di una intensa
  attività estorsiva, le aggressioni ai beni non vengono
  denunciate.  La delinquenza minorile è praticamente nulla e gli
  unici episodi che vedono protagonisti i giovani, sono in una
  diffusa evasione scolastica.
     A San Giuseppe Jato, per tradizione considerato mandamento
  di primo piano nel panorama della cosca dei "corleonesi", lo
  scettro del comando mafioso è attualmente detenuto dalla
  famiglia BRUSCA, una delle più autorevoli nell'ambito
  dell'organizzazione criminale "Cosa Nostra", che estende il
  suo dominio anche sulle famiglie di San Cipriello, Altofonte,
  Piana degli Albanesi e Monreale.
     I BRUSCA succedono, con il loro esponente Bernardo, a capo
  del mandamento all'indomani dell'emigrazione in Brasile di
  SALAMONE Antonino, capofamiglia e componente della commissione
  provinciale del ventennio compreso tra gli anni sessanta e gli
  anni ottanta.
     Già vice del citato SALAMONE, BRUSCA Bernardo, grazie alle
  sue imprese criminali, riesce a consolidare un incontrastato
  potere sul proprio territorio, ad estendere le proprie
  illecite attività economiche creando un impero finanziario,
  nonchè ad intessere sempre più stretti rapporti con le
  famiglie di Corleone - RIINA, BAGARELLA, PROVENZANO -
  guadagnandosi un solido collocamento nelle alte gerarchie
  mafiose fino a far parte della cosiddetta "Cupola".
     A seguito dell'arresto di BRUSCA Bernardo, le redini sono
  passate nelle mani del figlio Giovanni, attualmente rientrante
  nel gruppo dei più pericolosi latitanti e coinvolto negli
  episodi di via Fauro a Roma e via dei Georgofili a Firenze,
  nella strage di Capaci, negli
 
                             Pag. 1480
 
  omicidi del finanziere Ignazio SALVO e dell'europarlamentare
  Salvo LIMA.
     In particolare, Giovanni BRUSCA, già condannato a 6 anni
  di reclusione per associazione di stampo mafioso in data 10
  dicembre 1990 dalla Corte di Assise di appello di Palermo e
  poi raggiunto da diverse misure restrittive per lo stesso
  reato e per vari omicidi, il 14 marzo 1994 e divenuto
  destinatario di una ulteriore ordinanza di custodia cautelare
  in carcere per l'omicidio dell'eurodeputato Salvo LIMA.  Con
  lui sono state rinviate a giudizio, in data 12 aprile 1994,
  altre 29 persone tutte appartenenti, con funzioni di
  organizzazione e direzione, dell'associazione mafiosa "Cosa
  Nostra".  Nell'ambito delle indagini sugli attentati di Roma,
  Milano e Firenze, inoltre, il BRUSCA è stato colpito da due
  ordinanze di custodia cautelare In carcere per il reato di
  strage, in qualità di mandante, emesse il 7 luglio 1994 ed il
  6 febbraio 1995.
     Egli viene attualmente considerato capo della famiglia di
  San Giuseppe Jato in sostituzione del padre Bernardo,
  arrestato.
    2) Il comune di San Giuseppe Jato si inserisce a pieno
  titolo nella cerchia di quei centri dell'entroterra
  palermitano le cui vicende storiche si legano e si intrescano
  inevitabilmente con l'evoluzione del fenomeno mafioso.
     Nonostante, infatti, si registrino numerosi e
  significativi elementi che indicano la presenza di "forze"
  uname estrinsecanti buone potenzialità e sane energie, non si
  può sottacere che San Giuseppe Jato ha conquistato gli onori
  delle cronache sia per aver dato i natali ad alcuni esponenti
  delle cosche siciliane che colà hanno anche vissuto e vivono
  organizzando, promuovendo e gestendo tutte le molteplici
  attività criminali, sia per essere il luogo ove hanno trovato
  rifugio latitanti di spicco del passato e del presente.
     Fino al 1993, sebbene a San Giuseppe Jato la vita, in ogni
  sua espressione pubblica o privata, venisse sostanzialmente
  dominata dalla presenza mafiosa, nessun fatto eclatante era
  stato denunciato.
     Per contro, all'indomani dell'insediamento del nuovo
  consiglio comunale, avvenuto il 5 dicembre 1993, sono stati
  compiuti gravi atti intimidatori, rivolti sia ad
  amministratori comunali che ad imprenditori, artigiani e
  commercianti: oltre all'incendio dell'autovettura del sindaco,
  alle minacce commesse a mezzo telefono nei suoi confronti, al
  rinvenimento di una rudimentale bomba nella casa di campagna
  del presidente del consiglio comunale, va rammentato il taglio
  a forma di croce del vitigno appartenente al padre del
  capogruppo del PDS con contemporanea deposizione di una
  girlanda di fiori sulla porta di casa; nonchè gli incendi
  dolosi ai danni di un magazzino adibito a deposito di legname,
  di un negozi o di pasticceria e di varie attrezzature
  meccaniche appartenenti a un imprenditore edile.
     Nel corso delle audizioni sia i pubblici amministratori
  che gli imprenditori hanno mostrato una certa comprensibile
  resistenza a fornire plausibili motivazioni sulla natura e
  matrice  di tali attentati.  Non sussistono, infatti, prima
  facie, elementi chiari ed univoci cui siano direttamente
  riconducibili le azioni criminose sopra descritte.  Ma, al di
  là di questo, le evidenze emergenti da una lettura globale
  delle audizioni, viste alla luce del complesso delle
  condizioni materiali, sociali e
 
                             Pag. 1481
 
  culturali del luogo, forniscono dati sufficienti a
  ricostruire un quadro logico-consequenziale degli
  avvenimenti.
    Il programma di governo comunale è stato improntato s
  posizioni vigorosamente antimafiose ed in netto contrasto con
  le pregresse gestioni.
     Di questa nuova impostazione sono rappresentanti e
  promotori in modo inequivoco il sindaco, il presidente del
  consiglio comunale e il capogruppo del partito di maggioranza
  in seno allo stesso.  Su di loro si è appuntata l'attenzione
  degli "oscuri oppositori" e contro di loro dovevano essere
  intraprese le azioni intimidatorie: colpendo i simboli si è
  voluto realizzare un pubblico monito finalizzato a porre un
  freno ai tentativi di contrapposizione al potere mafioso.
     A giustificare la preoccupazione in capo ai gruppi mafiosi
  emerge anche la vitalità con cui imprenditori, commercianti,
  artigiani e liberi cittadini hanno espresso il loro consenso a
  questa classe politica manifestando, nel contempo, un profondo
  desiderio di liberazione e di cambiamento.
     In questo contesto, trovano una loro ben precisa
  collocazione che gli attentati portati a questa fascia di
  popolazione che altra responsabilità non ha se non quella di
  aver proferito in pubblico parole di condanna nei confronti
  dei gravi atti criminosi accaduti, o di aver sostenuto con
  affermazioni ed atteggiamenti l'operatività antimafiosa della
  nuova amministrazione.
     In effetti, le nuove presenze politiche ed il diverso
  atteggiarsi delle forze politiche non potevano essere
  "tollerate" da un sistema di potere che prevede il controllo
  totale ed assoluto sul territorio di competenza e che non può
  consentire di essere messo in discussione da alcun soggetto
  ivi operante pena la sua stessa esistenza.  Di qui la rabbiosa
  reazione contro la nuova amministrazione ed i suoi
  sostenitori.
     La palese intensificazione dell'attività intimidatoria
  abbisogna, però, di una interpretazione ulteriore.
     Gli atti sopra menzionati vanno infatti inseriti in un
  ambito assai più vasto che comprende numerosi episodi
  delittuosi analoghi mai denunciati, le cui vittime formano
  quel corpo dei "silenziosi esempi" strategicamente voluto per
  seminare terrore e soggezione.  La consumazione di reati ad
  effetto ammonitivo manifesta, altresì, una reazione
  incontrollata delle organizzazioni criminali di stampo mafioso
  le quali, orfane di molti capi storici caduti nelle maglie
  della giustizia e rimpiazzati da sostituti non altrettanto
  "capaci", non hanno saputo conservare quello "status quo"
  fondato su antiche condizioni di omertà ed hanno dovuto di
  fronte ai primi colpi di riscossa sociale, ricorrere ad atti
  di intimidazione diretta più o meno "mirati".
     Sono inoltre da sottolineare alcune emergenze che si
  connettono direttamente alla serie di attentati registratisi
  nei comuni e che ineriscono agli atteggiamenti assunti dalle
  società assicuratrici e dagli istituti di credito.
     Le prime non mostrano più disponibilità a coprire i danni
  provocati dagli attentati mafiosi ed a stipulare nuove
  polizze, con evidenti ripercussioni negative sullo sviluppo
  dell'imprenditoria.  Dal conto loro, le banche frappongono
  crescenti ostacoli alla concessione di crediti nei confronti
  di coloro che, colpiti nel patrimonio, tentano di sollevarsi
 
                             Pag. 1482
 
  e ripristinare le loro attività economiche.  Peraltro,
  dalle audizioni è emersa, che il sostegno finanziario degli
  istituti di credito, non viene a mancare nei confronti delle
  persone legate al sistema di potere mafioso.
    3) Il comune di San Giuseppe Jato appare essere
  gravemente deficitario in quanto a presenza di organi di
  polizia.  Vi è materialmente ubicata solo una stazione dei
  Carabinieri che riceve rinforzo, all'occorrenza, dai più
  consistenti presidi collocati nei paesi vicini, mentre, per
  quanto concerne la Polizia di Stato e la Guardia di Finanz,
  queste garantiscono nei limiti del possibile alcuni servizi
  predisposti rispettivamente dal Commissariato e dalla Tenenza
  siti a Partinico e competente territorialmente.
     Il Commissariato di pubblica sicurezza di Partinico
  estende la propria giurisdizione in un ambito assai vasto che
  comprende 13 comuni, nessuno dei quali immune da attività
  criminali riferibili al potere mafioso.
    4) I minimi accenni ad una contrapposizione da parte di
  amministratori e cittadini hanno ricevuto una immediata ed
  efficace risposta da parte del potere mafioso: il capogruppo
  del PDS in seno al consiglio comunale ha ritenuto di
  dimettersi a seguito dell'intimidazione esperita nei confronti
  del padre; gli imprenditori colpiti nel patrimonio si sono
  trovati in gravi difficoltà finanziarie e alcuni di essi, pur
  essendo forse in grado di identificare i mafiosi, sembrano
  attestarsi in un atteggiamento di sfiducia e di silenzio.
     Viene difficile attribuire agli attentati dell'ultimo
  periodo un significato diverso da quello di un severo
  ammonimento, valido  erga omnes,  a non contrastare, con
  qualsiasi comportamento, il potere esercitato dalla cosa.
     L'operatività criminale della "famiglia" si estrinseca,
  come ormai esaurientemente riferito da numerosi collaboratori
  di giustizia e comprovato da intense indagini giudiziarie, nel
  controllo di tutte le attività economiche presenti sul
  territorio e dalle quali prevengono enormi profitti;
  soprattutto, dagli appalti pubblici, dal traffico di sostanze
  stupefacenti, dalle estorsioni.  Profitti che, poi vengono
  riciclati in altre attività economiche, talvolta lecite con
  una preoccupante alterazione del sistema economico,
  squilibrato da investimenti di denaro non proveniente dai
  canali finanziari e da un mercato non governato dalle regole
  della concorrenza.
     Con riguardo ai pubblici appalti, alcuni elementi
  interessanti sono stati riscontrati in sede di accesso presso
  il comune di San Giuseppe Jato dai commissari prefettizi nel
  giugno del 1993.  Le risultanze degli accertamenti non hanno
  condotto ad univoche decisive conclusioni.  Tuttavia, è stato
  rilevato come sia assai limitata la concorrenzialità nelle
  procedure di aggiudicazione delle gare d'appalto e come sia
  pressochè sistematico il ricorso alla redazione di perizie di
  variante, con il risultato di rendere più oneroso il costo
  delle opere da realizzarsi, con indubbio vantaggio per le
  imprese appaltatrici.
     A ciò si aggiungano i problemi derivanti da una forte
  carenza dell'apparato amministrativo e da una lunga tradizione
  di acquiescenza
 
                             Pag. 1483
 
  a pressioni provenienti da forze politiche fortemente
  condizionante (e, talvolta espressione) del potere mafioso.
      Da rilevare che 8 opere pubbliche oggetto di appalto dal
  1990 nessuna è stata ancora terminata ed i relativi fondi
  stanziati sono rimasti assolutamente insufficienti.
    5) Un contributo non trascurabile al consolidamento del
  potere mafioso vien fornito anche dalle condizioni
  economico-sociali in cui versa la zona.
     Cultura ed occupazione sono ancora ben lontani dal
  raggiungere una soglia di sufficienza.  Le strutture
  scolastiche sono pressochè inesitenti, mentre la
  disoccupazione si alza a livelli assai preoccupanti (la
  provincia di Palermo possiede un tasso di disoccupazione pari
  al 25 per cento della popolazione rispetto ad una media
  nazionale dell'11 per cento) con un reddito procapite che
  scende a circa 17 milioni rispetto ai 30 milioni delle regioni
  settentrionali.
     Tale substrato socio-economico costituisce un humus ideale
  da cui la mafia attinge la "manovalanza": la arruola, la
  addestra, la utilizza e fra essa sceglie i "migliori"
  premiandoli con facili guadagni e con la concessione di
  potere.
     In tale contesto non può meravigliare il fatto che sui
  10.000 abitanti, le famiglie mafiose (i Brusca, i Di Maggio,
  gli Enca, i Ganci, i Genovese, i Tolizzi ed i Pullara),
  contino di un forza pari a circa il 7 per cento della
  popolazione.
     E' una forza considerevole e di cui non si può non tenere
  conto perchè, come si evince dalle varie audizioni, è presunte
  dalle più importanti manifestazioni economiche: banche,
  assicurazioni, imprese, pubblica amministrazione.
     Dalla viva voce del sindaco sono state rappresentate le
  preoccupazioni inerenti alla massiccia presenza, nell'organico
  del personale in servizio presso il municipio, di soggetti
  vicini alla mafia per ragioni di parentela, di amicizia o
  comunque di interesse.  Tra gli stessi componenti della
  precedente amministrazione, ve ne erano alcuni aventi
  collegamenti con soggetti mafiosi ritenuti addirittura facenti
  parte della "Cupola".
    6) Tuttavia non mancano segnali incoraggianti.  Un vivo
  spirito di solidarietà e di rivincita antimafiosa è stato
  dimostrato dalla cittadinanza in occasione dell'incendio
  dell'automobile del sindaco, nella quale circostanza è stata
  promossa una colletta il cui ricavato è stato utilizzato per
  l'acquisto di una autoambulanza.  Inoltre, i recenti successi
  ottenuti dallo Stato hanno inferto sicuramente duri colpi
  all'organizzazione mafiosa: l'arresto di Bernardo BRUSCA e di
  vari suoi affiliati (i figli Emanuele ed Enzo Salvatore, il
  cugino BRUSCA Mariuccio ed il figlio di quest'ultimo
  Calogero), unitamente al sequestro di beni appartenenti
  direttamente o indirettamente alla famiglia, hanno certamente
  indebolito la forza del gruppo criminale dominante.
     Vanno menzionate, a questo proposito, alcune positive
  operazioni che testimoniano anche come gli interessi delle
  famiglie mafiose originari di San Giuseppe Jato, esulano dal
  contesto strettamente "paesano", per rivolgersi alla città di
  Palermo e ad altre provincie siciliane con collegamenti con
  altre organizzazioni criminali.
 
                             Pag. 1484
 
  3 settembre 1992 - Palermo - Sequestro beni.
    Il Tribunale di Palermo, ha disposto nei confronti di
  Cataldo FARINELLA, appartenente alla cosca mafiosa di San
  Giuseppe Jato, sequestro di beni costituiti da circa 300
  ettari di terreno, siti nel comune di Ganci (PA) e
  Caltanissetta; 12 autoveicoli; numerose azioni della società
  "Costruzioni Farinella S.p.a." di Catania, "Cataldo Farinella
  s.p.a." di Catania, "Cataldo Farinella s.p.a." di Ganci e "La
  Pineta s.p.a." di Nicosia (EN), nonchè quote del capitale
  sociale della "Cooperativa Agricola Portelle s.c.r.l.", delle
  ditte "S.l.F. e.c.r.l." e "Presidiana S.c.r.l." di Palermo,
  della "Azienda Agricola Mimiani S.D.F." di Caltanissetta,
  "F.A.G. s.c.r.l." di Catania e "Savaff s.r.l." di Nicosia.
  21 marzo 1994 - Palermo - Sequestro di beni nella
  disponibilità di elementi di spicco della mafia
  palermitana.
    La Polizia di Stato ha eseguito 41 decreti di sequestro
  beni emessi dal Tribunale di Palermo nei confronti di
  altrettante persone appartenenti alle cosche "San Giuseppe
  Jato", "Noce" ed "Altofonte", operanti nel palermitano, tra le
  quali figurano Giuseppe AGRIGENTO, Giuseppe BRUSCA, Santo DI
  MATTEO e Raffaele GANCI.
     I beni oggetto del provvedimento sono costituiti da
  appartamenti, magazzini, fabbricati rurali, lotti di terreno,
  autoveicoli, depositi bancari, società e ditte individuali,
  per un valore complessivo di oltre 100 miliardi di lire.
     Nel corso dell'operazione è stata sequestrata, anche,
  documentazione bancaria afferente alla concessione di prestiti
  e di finanziamenti da parte di vari istituti di credito.
    7) Per controverso, è a tutti nota la formidabile
  capacità della mafia di risollevarsi, di trasformarsi, di
  adattarsi costantemente alle nuove situazioni.
     Così come non possono ignorarsi le difficoltà operative
  incontrate dalle forze dell'ordine (e denunciate nel corso
  delle audizioni) nel condurre una indagine sul territorio:
  impossibilità di espletare servizi riservati, rigide norme
  procedurali da rispettare, assoluta mancanza di collaborazione
  da parte dei cittadini ed in particolare di quelli danneggiati
  da reati di mafia, i quali, peraltro, a causa della loro
  omertà, non possono neppure ottenere i risarcimenti in denaro
  previsti dalle leggi dello Stato in caso di fattiva
  collaborazione con gli organi inquirenti.
     La latitanza di Giovanni BRUSCA costituiscono l'esempio
  della perdurante vitalità di "Cosa Nostra" e sono di oggettivo
  ostacolo nella ricerca di fattive collaborazioni da parte
  della cittadinanza che non avverte una reale forza dello
  Stato.
     Certo la Commissione non può non rilevare come il coraggio
  e la volontà mostrati dalla nuova giunta abbiano incrinato il
  sistema di potere mafioso.  Hanno prodotto un varco nel
  delicato intreccio tra mafia e pubbliche istituzioni riponendo
  un vecchio e radicato equilibrio.
     E' da rilevare, tuttavia, che - perchè tale opera non sia
  vana - occorre un forte sostegno da parte dello Stato da
  concretarsi non solo con una maggior presenza delle forze
  dell'ordine, ma anche e soprattutto
 
                             Pag. 1485
 
  con una convinta e credibile opera di risanamento
  sociale, economico e culturale.  Nella sua accorata audizione
  il sindaco ha dichiarato che i concetti di libertà e
  democrazia debbono ancora affermarsi in San Giuseppe Jato.
     A tutt'oggi, nonostante i segnali di nuova presa di
  coscienza sociale e l'impegno delle forze dell'ordine mancano
  ancora elementi concreti e tangibili su cui riporre fiducia e
  speranza.
    8) Il quadro emerso dall'analisi della realtà di San
  Giuseppe Jato porta la Commissione antimafia a svolgere le
  seguenti considerazioni:
         a)  è fonte di grave preoccupazione l'apparente
  pace sociale ed ordinato svolgersi della vita cittadina che
  regna nel comune.  Nonostante la mancanza di denunce sui
  delitti più gravi vi sono indubbie manifestazioni di una
  intensa attività estorsiva che controlla tutte le attività
  economiche.
     Il clima omertoso che caratterizza i rapporti tra vittime
  ed estorsori, non sembra derivare da una radicata mentalità
  collusiva negli abitanti ma, piuttosto, da un diffuso timore
  di ritorsione.  La schiacciante vittoria del nuovo gruppo
  dirigente del comune, che ha condotto la campagna elettorale
  all'insegna della lotta alla mafia "l'attuale sindaco fa parte
  del direttivo dell'Associazione delle Donne Siciliane per la
  lotta alla mafia), dimostra la volontà della popolazione di
  liberarsi dal potere mafioso.  Tuttavia manca ancora un
  corretto raccordo con le istituzioni ed un clima di fiducia
  nei confronti delle forze dell'ordine e della magistratura;
         b)  le forze del cambiamento presenti nella nuova
  amministrazione si scontrano contro una burocrazia comunale
  formatasi sotto una classe politica fortemente condizionata
  dal potere mafioso.  Alcuni dipendenti comunali, tra i quali lo
  stesso comandante dei vigili urbani, risultano avere leggi di
  parentela con le famiglie mafiose.  Ne derivano incrostazioni e
  resistenza ad un modo di amministrare che vorrebbe
  caratterizzare la sua attività più sulla rivendicazione del
  "diritto" che sulla ricerca del "favore".  Peraltro, la
  vicinanza (se non immedesimazione) che, soprattutto nel
  passato, ha caratterizzato potere legale e potere illegale, ed
  il diretto coinvolgimento della impresa criminale nelle
  attivita economiche finanziate con pubblico denaro,
  costituiscono inequivocabili segnali che la mafia di San
  Giuseppe Jato non si limita al controllo delle attività
  economiche che si realizzano nel territorio, ma è, essa
  stessa, soggetto politico ed economico;
         c)  per altro verso, lo stesso potere illegale nel
  passato, ha ricercato forme di consenso presso la popolazione
  assicurando un regime di diffusa illiceità mediante la
  concessione di vantaggi costituenti veri e propri
  benefit  (abusivismo edilizio; mancato pagamento delle
  tasse di circolazione; mancato pagamento delle utenze acqua e
  luce) che, in qualche modo, sono stati interpretati dai
  cittadini come vere e proprie forme risarcitorie del pagamento
  di tangenti e "pizzi" vari.  All'attualità, l'opera di
  risanamento della giunta municipale, che giustamente non può
  più tollerare tali "vantaggi risarcitori", (ad esempio
  l'attività relativa all'abusivismo edilizio è pressochè
  scomparsa: 114 casi nel 1993 8 casi nel 1994 e 3 nel
 
                             Pag. 1486
 
  1995) viene denunciata come dannosa dalle forze di
  opposizione ancora legate al vecchio sistema di potere.
    Si teme che, in assenza di altri accadimenti,
  principalmente un nuovo impulso alle attività economiche con
  la disponibilità di maggiore occupazione, la popolazione sia
  nuovamente indotta a scegliere i nuovi amministratori tra
  coloro legati al sistema di potere illegale.
  Corleone
    1) Il comune di Corleone ha poco più di 11.000 abitanti
  e una economia prevalentemente agricola e pastorale.  E' un
  centro che si estende per circa 23.000 ettari sito in una
  depressione montana distante da Palermo 60 Km.  E' sede di un
  commissariato di Pubblica sicurezza, di una compagnia di
  Carabinieri e di una brigata della Guardia di Finanza.  Ospita
  una Pretura e scuole superiori dei principali indirizzi.
     La crisi occupazionale esistente, specie nel campo
  dell'edilizia, ha determinato, negli anni passati, una
  massiccia emigrazione verso la Germania, la Svizzera ed il
  Belgio.  La popolazione attuale, di conseguenza, è
  rappresentata in gran parte da anziani.  Altra fonte di
  occupazione è rappresentata dagli Ospedali ubicati a Corleone
  e nel vicino paese di Palazzo Adriano.  Un serbatoio
  professionale è costituito dalla locale scuola per infermieri
  professionali che diploma ogni anno circa 25 allievi.
     Negli ultimi anni larghi strati della popolazione, per lo
  più giovani, sono stati impegnati in un'azione di
  contrapposizione politica ai vecchi amministratori della
  Democrazia Cristiana che, guidati dal sindaco Michele La
  Torre, hanno gestito il municipio per lunghissimi anni. 1
  questo contesto, nel febbraio del 1993, i progressisti tra i
  quali Giuseppe Cipriani poi diventato sindaco, promossero una
  raccolta di firme al fine di sollecitare una inchiesta
  sull'amministrazione locale volta ad evidenziarne le
  infiltrazioni mafiose e proporre il commissariamento della
  stessa.  Senonchè, nelle more dell'inchiesta amministrativa poi
  disposta dal Prefetto di Pale", 15 consiglieri si dimisero
  provocando automaticamente la caduta del consiglio comunale e
  quindi il commissariamento del comune, durato fino alle
  elezioni del 1993.
     Dall'accesso ispettivo disposto dal Prefetto di Palermo è
  comunque risultato che alcuni amministratori comunali erano in
  rapporto di parentela e di frequentazione con esponenti, anche
  di rilievo, di "Cosa Nostra".
     A seguito delle consultazioni del dicembre 1993, è stato
  eletto Sindaco Giuseppe Cipriani, che guida una giunta
  progressista.
     Le opposizioni sono rappresentate da ex consiglieri della
  Democrazia Cristiana e del Partito Socialista Italiano legai
  all'ex sindaco La Torre.
    2) Nella Corleone dell'inizio secolo, caratterizzata dal
  latifondo, dove i proprietari assenteisti affidavano
  l'amministrazione dei beni a campieri e gabellotti, si assiste
  ad un'ascesa di questi ultimi che finirono per assumere un
  rilievo sociale tale da diventare arbitri di una convivenza
  civile basata su privilegi, ingiustizie e soprusi.  Accanto ad
 
                             Pag. 1487
 
  essi vi erano i contadini poveri e i salariati agricoli che
  coltivavano le terre del ricchi "massari", che vivevano in
  condizioni di assoluta miseria essi erano, pertanto, soggetti
  alle prepotenze di campieri e gabellotti, che spesso
  riuscivano a raggiungere alti gradi nell'amministrazione
  comunale.
     Questo è l'assetto sociale in cui si inseriscono le prime
  lotte agrarie capeggiate da Bernardino Verro, che aveva
  interpretato l'aspirazione e la volontà dei contadini di
  lottare contro lo sfruttamento mafioso che aggravava la loro
  condizione già precaria.  Proprio per aver dato coraggio e
  fiducia ad essi, il Verro venne ucciso nel 1915 da elementi
  legati alla mafia.
     La mafia di Corleone, rinata dopo le repressioni del
  Prefetto Mori, riprese potere nel dopoguerra infiltrandosi e
  ramificandosi nei più vari settori, tra cui quello della
  pubblica amministrazione, e legò a quell'epoca le sue vicende
  a quelle del medico capo-mafia Michele Navarra.
     Ben presto si assistette allo scontro di potere tra il
  Navarra ed i campieri, fra cui emergeva la figura di Luciano
  Leggio, campiere del feudo Strasatto.  L'ampia libertà d'azione
  e la protezione accordata dal Navarra al Leggio, quando questi
  era suo affiliato, unite alla natura prepotente ed ambiziosa
  di quest'ultimo, fecero si che costui mirasse a sostituirsi al
  suo stesso capo.  La conseguenza fu che da parte del Navarra si
  ricorresse ai ripari decretando l'eliminazione del Leggio e
  organizzando un attentato contro di lui, in località Piano di
  Scala, agli inizi dell'estate del 1958.  Il Leggio riuscì
  miracolosamente a sfuggire all'attentato e la sua reazione non
  tardò ad arrivare: infatti il Navarra venne ucciso nell'agosto
  dello stesso anno.
     Seguì una lotta sanguinosa tra i due gruppi rivali,
  contrassegnata da omicidi, sequestri e sparizioni di persone,
  che sii concluse con l'affermazione del Leggio come indiscusso
  capo della mafia locale.
     La spregiudicatezza sanguinaria del Leggio si era già
  manifestata sin dagli anni Quaranta.  Nel 1945, a soli
  vent'anni, egli aveva ucciso, nei pressi della sua abitazione
  in Corleone, una guardia giurata che l'aveva arrestato l'anno
  prima in flaganza di furto, mentre nel 1948 aveva partecipato
  al sequestro di persona ed alla successiva eliminazione del
  segretario della locale camera del lavoro Placido Rizzotto che
  si era prodigato a favore del movimento contadino per la
  revisione della politica agraria, incontrando la forte
  resistenza dei proprietari terrieri, e che si era impegnato
  decisamente contro lo strapotere mafioso.
     In seguito a tali omicidi, e più ancora 2 seguito
  dell'eliminazione del Navarra, il prestigio mafioso del Leggio
  crebbe notevolmente.  Con lui la mafia di Corleone spostò i
  suoi interessi verso Palermo agganciandosi agli esponenti
  mafiosi del capoluogo, dove la mafia, con un salto di qualità,
  era passata a forme speculative più redditizie legate ai
  mercati, ai trasporti, all'edilizia e al traffico degli
  stupefacenti.  E' così che, a Palermo, Leggio si allea con i La
  Barbera, Buscetta, Greco e con altre famiglie mafiose,
  diventando egli stesso un capo dell'associazione "Cosa
  Nostra".
     Pur riuscendo a uscire indenne dalla maggior parte del
  processi di mafia degli anni '60, il Leggio trascorse molti
  anni in carcere.  Dopo un primo periodo di detenzione dal 1964
  al 1969 seguii un quinquennio
 
                             Pag. 1488
 
  di latitanza che terminò con il suo arresto definitivo,
  avvenuto a Milano il 17 maggio 1974.  Leggio morrà in carcere
  nel 1993 essendo ormai raggiunto da due condanne definitive:
  quella all'ergastolo irrogatagli a Bari per l'omicidio Navarra
  e quella a vent'anni di reclusione irrogatagli a Milano per
  associazione per delinquere e sequestri di persona a scopo di
  estorsione.
     Il naturale successore di Luciano Leggio nella guida della
  mafia Corleonese fu Salvatore Riina, nato a Corleone il 16
  novembre 1930.
     Persona astuta, determinata e pronta a non perdere
  occasioni per dimostrare le sue qualità criminali, Riina è
  stato sicuro compagno di viaggio del Leggio nella
  realizzazione di programmi criminosi e nell'ascesa del gruppo
  di appartenenza ai vertici del sistema mafioso siciliano.
  Arrestato pure lui per molti dei delitti attribuiti al Leggio,
  tra cui gli omicidi del sindacalista corleonese Placido
  Rizzotto (10 marzo 1948) e del dottore Navarra (2 agosto 1958)
  viene scarcerato nel 1969 e fugge, il 7 luglio di quell'anno,
  dalla sede di soggiorno obbligato.
     Da quel momento, il Riina viene raggiunto da numerosi
  mandati di cattura, figurando imputato o sospettato di aver
  organizzato, spesso partecipandovi, numerosi omicidi
  verificatisi nell'ultimo ventennio nell'isola.  Protagonista
  dell'avanzata della cosca corleonese nel capoluogo palermitano
  è, via via, in contesti geografici sempre più ampi, è
  risultato coinvolto in gravi episodi, tra i quali vanno
  ricordati, in particolare, la strage di viale Lazio (10
  dicembre 1969), l'omicidio del Procuratore della Repubblica
  Pietro Scaglione (5 maggio 1971), il sequestro
  dell'imprenditore Luciano Cassina (16 agosto 1972).
     Il 16 aprile 1974 contrae matrimonio, mediante il solo
  rito religioso, con Antonina Bagarella, sorella dei noti
  "uomini d'onore" Leoluca e Calogero, che lo seguirà durante la
  latitanza.
     Nello stesso anno, l'arresto di Luciano Leggio gli
  consente di diventare membro effettivo e permanente della
  "commissione", organo supremo di decisione del consesso
  mafioso siciliano.  E dal 1974 in poi, il Riina viene indicato
  dai collaboratori Buscetta, Cantorno e Calderone come
  l'ispiratore ed il regista di tutte le imprese criminali e dei
  rapporti con la malavita campana (clan "Nuvoletta") e nord
  americana ("Cosa Nostra").  Contestualmente, è un sicuro
  negoziatore degli affari e della vita economica della cosca,
  sorretta da intese e condizionamenti riferiti dall'apparato
  politico-amministrativo siciliano (Vito Ciancimino).
     A partire dagli anni '80 dopo la conquista di spazi anche
  a livello internazionale, nella gestione dei traffici di
  droga, il Riina è conduttore del processo di rinnovamento del
  sistema mafioso palermitano, iniziato con le eliminazioni di
  Stefano Bantade (23 aprile 1981) e Salvatore Inzerillo (11
  maggio 1981).  Nella "guerra di mafia", il Riina viene
  coadiuvato da un altro personaggio di rilievo della cosca
  corleonese, Bernardo Provenzano, ed è considerato dagli
  investigatori il mandante di gravi omicidi, a partire da
  quello del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa (3 settembre
  1982).  L'affermazione della cosiddetta "mafia vincente"
  palermitana riconosciuta in sede investigativa e processuale,
  avrebbe portato il Riina a ridisegnare, nel 1986, la struttura
  di "Cosa Nostra", guidata fino ad allora da Michele Greco
  detto "il Papa", e, sempre sulla base delle dichiarazioni dei
  pentiti, egli viene considerato l'indiscusso capo
  dell'organizzazione criminale siciliana.
 
                             Pag. 1489
 
     3) Anche a Corleone, come a San Giuseppe Jato, si respira
  di fatto un'aria di apparente tranquillità sul piano
  dell'ordinato vivere civile e delle attività criminali.  Non
  circola droga, non si verificano molti furti nè grossi reati e
  gli ultimi omicidi per regolamenti di conti tra cosche mafiose
  sono avvenuti diversi anni fa.  Tutto induce a ritenere che
  questa singolare tranquillità si dovuta ad una situazione di
  ostentata compattezza interna dell'ambiente mafioso
  dominante.
     Così, nel 1990 c'è stato soltanto l'omicidio dovuto ad una
  lite di confine; il 1991 ha registrato un tentato omicidio 2
  attentati incendiari e due rapine; nel 1992 si è verificato un
  solo attentato incendiario, e così anche nel 1993.
     Peraltro, il 28 gennaio 1994 è stato ucciso un
  commerciante di articoli di abbigliamento, Giuseppe Giammola,
  fatto su cui sono in corso indagini e su cui non è stato
  ancora possibile far luce.
     Nel 1994 non si sono verificati altri reati di rilievo -
  salvo un attentato incendiario ed una rapina - ma appare
  significativo che il 4 novembre 1994 di quell'anno, durante la
  notte, ignoti abbiano asportato la targa toponomastica della
  piazza intitolata a Falcone e Borsellino, rinvenuta in pezzi
  una ventina di giorni dopo in un fondo sito dietro una scuola
  elementare.  Le indagini relative hanno consentito di deferire
  all'A.G. alcuni giovani del luogo tra i quali i figli di
  Salvatore Riina, Giovanni e Giuseppe.
     Altrettanto sintomatico e che la relativa "pax mafiosa"
  corleonese sia stata scandita, sempre nel 1994, da alcuni
  chiarissimi tentativi di condizionamento di natura mafiosa nei
  confronti di amministratori pubblici, in particolare del
  sindaco Giuseppe Cipriani, che è stato oggetto dei seguenti
  fatti delittuosi:
       nel febbraio e nel marzo del 1994 il sindaco ha ricevuto
  minacciose intimazioni telefoniche a dimettersi dalla
  carica;
       il 4 marzo 1994, la fidanzata del sindaco Miceli Maria
  Rita, ha rinvenuto, davanti la porta di ingresso della propria
  abitazione, una testa mozzata di vitello;
       il 9 marzo 1994, presso la sede provinciale della CGIL,
  di Palermo, è pervenuta una telefonata con la quale un anonimo
  ha proferito minacce di morte nei confronti del Cipriani;
       il 27 maggio 1994, con una telefonata giunta presso la
  redazione palermitana del quotidiano "La Sicilia", il predetto
  è stato nuovamente minacciato di morte;
       il 17 giugno 1994, presso l'agenzia "ANSA" di Palermo, e
  pervenuta una lettera anonima, su carta intestata del sindaco
  di Corleone, contenete minacce di morte nei confronti di
  magistrati, politici, sacerdoti, appartenenti alle forze di
  polizia ed altri;
       il 3 luglio 1994, ignoti hanno decapitato la statua di
  Bernardino Verro, sindacalista del PSI e sindaco del comune,
  ucciso dalla mafia nel 1915;
       il 13 dicembre 1994, presso il municipio di Corleone è
  pervenuta una lettera anonima contenete minacce di morte nei
  confronti del
 
                             Pag. 1490
 
  sindaco e di due funzionari del locale Commissariato di
  Pubblica sicurezza.
    Nel 1995 sembra riprendere vigore l'attività omicida.  Il
  25 febbraio 1995 vengono uccisi all'interno della propria
  autovettura i coniugi Giammona Giovanna e Saporito
  Francesco.
     Tutti questi episodi sono chiarissimi segnali di come
  "Cosa Nostra", oggi dominata dallo "schieramento" corleonese,
  tema la mobilitazione civile e l'azione di rinnovamento
  promossa dalla nuova amministrazione comunale.  E colpisce come
  a questa  escalation  di atti intimidatori, e carichi di
  simbolismi chiaramente mafiosi, parte dei consiglieri comunali
  - nelle dichiaraziani da loro rese a questa Cammissiane
  parlamentare - abbia mostrato di dare scarsissima importanza,
  sino al punto che alcuni di essi hanno tentato addirittura di
  negarne l'esistenza.
    4)  Per quanto riguarda gli attentati ai danni di
  imprenditori, i rappresentanti delle forze di polizia hanno
  riferito alla Commissione che la diffusa omertà sulle cause
  degli stessi rende assai difficile il lavoro di indagine.  Tra
  l'altro, si tratta molto spesso di attentati dalle modalità
  semplicissime, come l'incendio dell'automobile o del cantiere,
  che possono essere realizzati con pochissimo materiale a
  disposizione (una tanica di benzina e dei fiammiferi) ed in
  tempi brevissimi.
     Il titolare di una ditta di costruzioni di San Cipriello,
  che subì uno di questi attentati, riferì ai carabinieri di
  aver ricevuto qualche tempo prima la richiesta di aderire ad
  un determinato servizio di vigilanza.  Tuttavia, le indagini
  effettuate sulla ditta esercente il servizio di vigilanza - la
  cui attività non si estende a tutti i comuni interessati da
  questi attentati - non hanno dato esiti significativi.
    5) Quanto all'applicazione della normativa antimafia,
  infatti, si segnalano le seguenti operazioni positive.
     3 luglio 1993 - Palermo - sequestro di beni nei confronti
  di esponenti dell'organizzazione mafiosa dei "Corleonesi".  Il
  Tribunale di Palermo ha disposto, il sequestro dei beni nei
  confronti di Salvatore Riina, Bernardo Provenzano ed altri 12
  esponenti dell'organizzazione mafiosa dei "Corleonesi".  I
  beni, sono costituiti da numerosi immobili ubicati nel
  capoluogo, in Corleone, Monreale, Piana degli Albanesi, da
  quote azionarie di società operanti nel settore sanitario,
  agro-alimentari, chimico-farmaceutico e tessile, da ditte
  individuali intestati ad Arturo Lipari e Francesco Grizzaffi,
  nonchè da conti correnti e depositi bancari per oltre 700
  milioni di lire.  Il valore complessivo dei beni ammonta circa
  80 miliardi di lire.
  22 marzo 1994 - Palermo - sequestro beni.
    Nel corso del procedimento per l'applicazione della
  misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di Riina
  Salvatore ed altre 10 persone, sono stati eseguiti più
  provvedimenti di sequestro di beni, disposti dalla locale A.G.
  ai sensi della legge 575/65, risultati nella disponibilità dei
  prevenuti.  I beni oggetto del sequestro sono costituiti da due
 
                             Pag. 1491
 
  appezzamenti di terreno agricolo, uno edificabile, 145
  appartamenti, 20 villette, 39 cantine, 199 garages, 49 uffici,
  30 locali negozi, 60 automezzi, 15 conti correnti, 5 depositi
  titoli, 7 libretti al portatore, pacchetti di partecipazione
  relativi a n.33 imprese, crediti verso società e patrimoni
  societari per un valore complessivo di circa 153,726 miliardi
  di lire.
     In proposito, è utile rilevare came i beni oggetto di
  sequestro che sono nella disponibilità di personaggi di
  rilievo, originari di Corleone, si trovino allocati fuori dal
  suddetto centro, nel comprensorio palermitano.
     Questi provvedimenti sono il risultato di un preciso
  impegno da parte di vari uffici locali e nazionali, che teso
  principalmente al controllo del territorio ed alla ricerca dei
  latitanti, ha portato anche all'analisi dei rapporti economici
  e criminali esistenti tra le varie famiglie, ed ha inoltre,
  permesso grazie anche alle dichiarazioni di alcuni pentiti, di
  redigere un elenco di personaggi appartenenti alla famiglia di
  Corleone.
     La strategia di conquista del potere assoluto, messa in
  atto da Totò Riina, si è svolta in due momenti: il primo ha
  visto l'eliminazione di tutti gli esponenti più
  rappresentativi dello schieramento avversario alla coalizione
  dei Greco-Corleonesi; nel secondo si è svolta una graduale
  opera di selezione interna al gruppo dei Corleonesi,
  realizzata attraverso la progressiva eliminazione degli
  "uomini d'onore" non ritenuti più affidabili.
     Tali manovre hanno condotto alla formazione di una
  ristretti oligarchia costituita dalla famiglia di Corleone, da
  quella dei Madonia, dei Brusca, dei Ganci, dei Galatolo,
  nonchè da quelle guidate da Gambino Giacomo Giuseppe e da
  Pippo Calò che nel corso degli anni, ha gradatamente assorbito
  e neutralizzato i gruppi rivali.  A tutt'oggi,  nonostante la
  cattura dei suoi principali esponenti, lo schieramento
  creatosi intorno a Riina appare ancora in grado di far fronte
  all'azione repressiva dello Stato.  La forza dei corleonesi
  deriva anche dal fatto che, all'interno di Cosa Nostra, sembra
  non esistere alcun schieramento in grado di sfidare la
  coalizione guidata da Riina e di sostituirla nel "governo"
  della mafia, ne la "Stidda", insieme di gruppi criminali che
  in alcune situazioni potrebbero approfittare di momenti di
  crisi di Cosa nostra, può rappresentare un serio pericolo.
     L'impegno delle istituzioni si è manifestato anche in
  controlli sull'aspetto fiscale di un centinaio di attività
  economiche, controlli, che hanno consentito, tra l'altro, di
  focalizzare l'attenzione su alcuni imprenditori edili legati
  alla criminalità organizzata da vincoli di parentela o di
  altro genere.  Si è così scoperto che molte delle cooperative,
  nate per sviluppo agricolo e per dare nuovi posti di lavoro ai
  giovani non hanno mai raggiunto il loro scopo, nonostante
  l'erogazione dei contributi da parte della regione; chiaro
  sintomo di deviazione del denaro pubblico verso altri scopi.
  Il pubblico denaro, cioè, è stato dapprima stornato verso
  scopi non consentiti, successivamente sono mancati i dovuti
  controlli.
     Gli interessi tra imprenditoria, pubblica amministrazione
  e criminalità organizzata hanno quindi trovato coincidenza in
  questo che in altri affari riguardanti finanziamenti
  pubblici.
     La carenza di controlli e di sostanziale avvallo alla
  diffusa illiceità si riscontra in tutti i settori della vita
  cittadina dove vengono violate le
 
                             Pag. 1492
 
  più elementari norme del vivere civile, dal pagamento delle
  tasse a quello delle assicurazioni obbligatorie.
    6) Circa le infiltrazioni mafiose nell'ambito degli Enti
  locali, il sindaco di Corleone ha riferito che in passato si
  era verificata una spartizione dei centri di potere costituiti
  dalla USL e dal Comune, con gli uomini di Ciancimino che erano
  in possesso della USL ed altri, appartenenti a un gruppo
  diverso, che di fatto controllavano il Comune.  Lo stesso
  sindaco aveva chiesto l'invio di ispettori della Regione per
  effettuare una verifica sul personale del comune.
     Il sindaco, in particolare, ha richiamato l'attenzione
  della Commissione sulla mancata approvazione del piano
  regolatore e sul fatto che le assunzioni pubbliche siano
  rimaste bloccate per anni.
     Il comune, infatti, nonostante l'obbligo sancito nel 1978
  di dotarsi di piano regolatore, non ha provveduto.
  Nell' iter  burocratico previsto per l'approvazione dello
  stesso, iniziato, tra l'altro, solo nel 1988, si sono
  evidenziate gravi lentezze ed inerzie delle amministrazioni
  comunali che si sono succedute, nell'adozione dei
  provvedimenti necessari.  Per lungo tempo si mancò di fornire
  ai progettisti gli elementi indispensabili (cartografie,
  relazione sulle direttive di massima) per la realizzazione del
  piano medesimo".  Semplicemente, in passato la direttiva
  implicita è stata quella di non far approvare il piano
  regolatore perchè la sua assenza favorisce la speculazione ed
  il disordine edilizio.
     La mancata adozione del piano regolatore non ha consentito
  di disporre, nell'ambito del comune, di terreni edificabili
  che avrebbero dato a molti cittadini la possibilità di
  costruire le proprie case ed alla stessa amministrazione
  camunale di intervenire nel settore edilizio
  economico-popolare per sopperire alla carenza degli alloggi
  inoltre, tale inottemperanza ha fatto si che i prezzi delle
  poche aree edificabili aumentassero tanto da renderli
  inaccessibili al ceto medio.  Si è appurato, però, che nei
  terreni ubicati in queste aree, esistono edifici di civile
  abitazione di proprietà di soggetti indiziati di appartenere
  ad ambienti mafiosi.  Peraltro, il dato concernente
  l'abusivismo edilizio (1.100 domande per la sanatoria del 1985
  e 250 per la sanatoria del 1994) testimoniano che la mancata
  adozione del piano regolatore è stata interpretata dai
  cittadini non come la impossibilità di edificare ma come la
  mancanza di alcuni limiti alla realizzazione di opere.  La
  irregolare situazione ha reso complici i cittadini della
  diffusa illegalità.  La cattiva gestione si è trasformata in
  consenso.
     Nella stessa ottica si spiega anche la volontà di
  ostacolare le assunzioni pubbliche.  Infatti è strategia dei
  capi mafia impedire che posti di responsabilità vengano
  occupati da persone non "amiche".  In Corleone si ha così una
  situazione dell'organico comunale che, a fronte di una
  accentuata esigenza di organico di 150 unità prevede una forza
  effettiva di appena 84 dipendenti di ruolo.  La debolezza della
  struttura consente di adottare (e di giustificare) una
  politica improntata sulla ricerca del favore, anzichè sulla
  rivendicazione dei diritti.
    7) Le dichiarazioni rese alla Commisione antimafia dagli
  amministratori di Corleone hanno fatto emergere come
  l'equivalenza "corleonese" uguale "mafioso", scomodo retaggio
  storico che grava
 
                             Pag. 1493
 
  sui cittadini di questo centro, venga vissuto come fattore
  gravemente penalizzante.
     Alcuni membri del consiglio comunale hanno segnalato alla
  Commissione l'insensibilità di alcune amministrazioni
  precedenti, che non hanno saputo dare risposte adeguate alle
  molteplici richieste della cittadinanza, come investimenti
  corretti e mirati alla soluzione dei principali problemi del
  paese: mancano scuole, strade, posti di lavoro, strutture
  sportive e tutto ciò che potrebbe portare i giovani ad
  allontanarsi dalla mentalità mafiosa.
     Sulla questione della viabilità ha insistito il sindaco di
  Corleone, facendo alla Commissione la richiesta precisa di
  impegnarsi specificamente, e comunque rimettere allo studio
  una puntuale ricerca della soluzione più efficace, onde
  rendere finalmente possibile e sollecitamente attuabile senza
  condizionamenti mafiosi la costruzione della strada
  Corleone-Sciacca-Palermo, di vitale importanza per la comunità
  cittadina e la cui realizzazione è da lungo tempo bloccata.  La
  mafia si combatte anche costruendo strade e scuole,
  assicurando l'istruzione ed un lavoro ai giovani, dando
  fiducia ai cittadini e dimostrando loro can i fatti che le
  opere di interesse pubblico si possano realizzare rapidamente
  e tenendone rigorosamente fuori i mafiosi.
     E tanto maggiore sarà il vantaggio se un
  esperimento-pilota di questo genere si verificherà nella
  città-simbolo di "Cosa Nostra".
  Conclusioni
    L'esito delle audizioni rese alla Cammissione antimafia,
  l'esame dei documenti e degli altri elementi raccolti dalla
  Cammissione (in particolare la relazione sugli accertamenti
  disposti presso il comune di Corleone dal Prefetto di Salerno
  nel gennaio 1993), portano a svolgere le seguenti
  considerazioni:
         a)  la pur interessante volontà di rinnovamento
  manifestata dalla popolazione comunale, che nel dicembre del
  1993 si è liberata delle vecchie presenze politiche colluse (o
  acquiscienti) con la mafia, si scontra con una realtà
  amministrativa e con una radicata cultura di potere che, di
  fatto, ostacolano l'attività amministrativa promossa dalla
  giunta ed impostata ad una maggiore trasparenza ed alla
  cessazione del diffuso stato di illegalità che da anni
  caratterizza il rapporto tra cittadini e pubblici poteri.
     Da una parte, infatti, al rinnovamento degli
  amministratori non ha fatto luogo un pari rinnovamlento della
  burocrazia comunale che è tuttora espressione della vecchia
  classe dirigente e dei consolidati sistemi di "padrinati" e di
  clientele.
     L'inchiesta amministrativa ha messo in luce i rapporti dei
  vecchi amministratori (in gran parte appartenenti alla ex
  Democrazia Cristiana) con organizzazioni mafiose.
     A Corleone, la mafia oltre all'intimidazione al clima di
  terrore ha ricercato il consenso degli elettori coinvolgendo i
  cittadini in un clima di illegalità diffusa che in qualche
  modo ha "compensato" le vittime della prepotenza.
     E', quindi, il diffuso abusivismo edilizio e commerciale;
  la pressochè generale mancanza di pagamento delle tasse di
  circolazione e
 
                             Pag. 1494
 
  delle altre tasse statali e comunali; l'erogazione del
  favore; l'aiuto per la concessione del contributo pubblico; il
  lavoro nero e quant'altro.
     La Commissione antimafia segue con grande interesse il
  lavoro della nuova giunta; tuttavia, è vivamente preoccupata
  che l'intrapresa opera di risanamento dalla diffusa illegalità
  (il contenimento dell'abusivismo edilizio, il pagamento dei
  tributi) non porti la popolazione a sentirsi penalizzata dal
  "nuovo" sistema di amministrare.  Le forze dell'opposizione,
  ancora legate ai vecchi patronati politici, sembrano volere
  alimentare questo scontento.  Ne sono riprova le resistenze che
  si frappongano all'approvazione del piano regolatore che
  porterebbe ad un più ordinato (e legale) svolgersi della vita
  economica cittadina;
         b)  la Commissione auspica che il Parlamento ed il
  Governo riconsiderino con attenzione e responsabilità i
  problemi che derivano dalla sostanziale inamovibilità della
  burocrazia comunale nei comuni che si presentano ad alto
  rischio mafioso.
     Come primo elemento per rendere più efficiente e più
  trasparente l'attività amministrativa del comune andrebbe
  considerata la possibilità di poter integrare gli organi
  mancanti mediante lo svolgimento di concorsi pubblici condotti
  con rigorosissimi criteri che consentano serie selezioni di
  soggetti altamente professionali e non compromessi con sistemi
  di potere illegali.
     Nello stesso tempo la Commissione ritiene che debbano
  essere rese operativi - nel rispetto e con l'accordo delle
  organizzazioni di categoria - piani di progressiva mobilità
  (eventualmente limitata nell'ambito dei distretti) del
  personale appartenente alle forze dell'ordine, in quanto il
  radicarsi e l'operare troppo a lungo nello stesso comune
  genera, oggettivamente. un indebolimento dell'azione di
  contrasto dei dirigenti e degli agenti delle forze
  dell'ordine;
         c)  l'azione di contrasto non può rimanere
  monopolio delle sole forze dell'ordine e della magistratura.
  Oltre gli aspetti militari e giudiziari della lotta alla mafia
  occorre curare la crescita e la presa di coscenza della
  popolazione che si deve coinvolgere nella grande impresa.
     Ma per ottenere positivi risultati ed, anzi, per non
  regredire nella strada già intrapresa dal tormentato popolo
  dei corleonesi, occorre rompere la cerchia di isolamento in
  cui vive la città; promuovere ulteriori scambi; fare circolare
  idee; dare dimostrazione del forte ed operoso clima di
  solidarietà che vige nei confronti di coloro che sono
  assoggettati al potere mafioso.
     In primo luogo, dunque, è assolutamente necessario che
  questo paese, sito ad appena 60 Km dalla capitale siciliana,
  sia dotato di un sistema di collegamenti meno penalizzante di
  quello attuale.
     La strada statale Corleone-Sciacca-Palermo deve essere al
  più presto realizzata.  Debbono essere sbloccati i lavori e
  colpite le responsabilità di gravissimi ritardi.
     L'occasione di scambi più fitti e più agevoli produrrà
  certamente una più forte cultura antimafia; faciliterà i
  mercati; darà maggiore lavoro; renderà più indipendenti le
  coscienze; indebolirà lo stato omertoso che costituisce il
  terreno di coltura della mafia;
         d)  la audizione delle forze sociali operanti del
  territorio e gli elementi raccolti sulla presenza
  dell'associazionismo, inducono la Commissione
 
                             Pag. 1495
 
  a ritenere che nel corleonese al momento sussistono
  le condizioni per dare avvio ad un reale processo di
  liberazione.
    Vi sono, infatti, segnali che testimoniano come i
  cittadini stiano al momento cercando punti di riferimento
  intorno ai quali aggregarsi per combattere insieme la
  mafia.
     I parroci di Corleone e lo stesso Sindaco hanno
  riconosciuto che ormai sembrano essere cadute alcune barriere
  ideologiche che nel passato hanno impedito alle forze sane di
  unirsi nella lotta alla criminalità organizzata.  Le stesse
  convergenze di tanti consensi sul nuovo Sindaco da parte di
  una popolazione che sostanzialmente è rimasta ancorata ai
  valori cristiani, è segnale che le barriere e le divisioni di
  allora non esistono più.
     I nuovi punti di riferimento tuttavia, oltre ad essere
  credibili, debbono essere forti e debbono potere vivere senza
  condizionamenti di sorta.
     In questo la Commissione ritiene che da parte delle
  autorità regionali, debba essere intrapresa una attenta e
  responsabile politica di supporto (e di controllo) alle
  attività delle associazioni di volontariato aventi finalità
  culturali, educative sportive e assistenziali.
     Le occasioni educative e di solidarietà che scaturiscono
  da tali tipi di associazioni costituiscono, per i giovani e i
  meno giovani, occasioni di approfondimento, di crescita
  culturale, di presa di coscienza, di democrazia.  In presenza
  di tali valori il potere mafioso non può vivere.
 
DATA=950627 FASCID=STC12-MAF-56 TIPOSTA=STC LEGISL=12 NCOMM=MAF SEDE= NSTA=0056 TOTPAG=0059 TOTDOC=0083 NDOC=0083 TIPDOC=C DOCTIT=0000 COMM= PAGINIZ=0039 RIGINIZ=028 PAGFIN=0059 RIGFIN=029 UPAG=SI PAGEIN=1475 PAGEFIN=1495 SORTRES=9506272 SORTDDL= FASCIDC=12MAF 00056 ST SORTNAV=59506271MAF 00056 b00000 ZZMAF56 NDOC0083 TIPDOCC DOCTIT0083 NDOC0083



Ritorna al menu della banca dati