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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


11330
DDL0971-0002
Progetto di legge Camera n. 971 - testo presentato - (DDL12-971)
(suddiviso in 3 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C971. TESTIPDL
...C971.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC971 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli  Colleghi! -- La legge 11 febbraio 1992, n.
  157 ("Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
  e per il prelievo venatorio"), approvata frettolosamente
  nottetempo allo scadere della X legislatura, pare condizionata
  da irrazionali pregiudizi, aprioristicamente contrari
  all'esercizio della attività venatoria.
    La previsione più incongrua, gravemente penalizzante anche
  per tutte le attività economiche che ruotano attorno alla
  caccia, riguarda la limitazione dei "periodi di attività
  venatoria" (articolo 18) dalla "terza domenica di settembre al
  31 gennaio".
    Entro tale data deve cessare pertanto ogni prelievo, anche
  della fauna migratoria.
    L'illogicità e l'ingiustizia del dettato normativo si
  configurano proprio con riferimento al divieto di esercitare
  la caccia alla migratoria dopo il 31 gennaio.
    Sotto un duplice profilo:
        a)  perché in altri Stati dell'Europa e della stessa
  Comunità Europea (come la Francia, la Spagna, eccetera) i
  calendari venatori spostano anche a metà marzo il termine
  finale del prelievo degli uccelli migratori che spesso sono
  gli stessi che sostano e transitano nel nostro territorio
  nazionale;
        b)  perché il divieto riguarda, indiscriminatamente,
  tutte le regioni d'Italia, prescindendosi dalla loro ben
  differenziata posizione geografica che, per i diversi
  contesti
 
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  ambientali e climatici, comporta, come è risaputo e non
  contestabile, tempi di "passaggio" della fauna migratoria
  marcatamente non coincidenti.
    Orbene i "periodi di attività venatoria" introdotti dalla
  legge n. 157 del 1992 consumano un grave pregiudizio ed una
  evidente discriminazione per chi pratica la caccia in Sardegna
  e, segnatamente, per i cacciatori residenti.
    Invero le specificità ambientali e venatorie della
  Sardegna, quelle stesse che avevano indotto il legislatore
  costituzionale ad attribuire alla Regione autonoma competenza
  esclusiva o primaria in materia di caccia (articolo 3 dello
  Statuto speciale), sono state del tutto dimenticate e
  trascurate nel corso del lungo  iter  della
  leggequadro.
    La consultazione dei voluminosi atti preparatori evidenzia
  infatti come mai, neppure una volta, si sia fatto riferimento
  a situazioni peculiari al contesto venatorio sardo e come mai,
  neppure in una occasione e neppure incidentalmente, si sia
  parlato della Sardegna come realtà atipica sulla quale la
  legge in gestazione avrebbe comunque operato.
    Eppure la Sardegna, sia perché isola al centro del
  Mediterraneo, più vicina all'Africa del Nord che all'Europa
  continentale, sia per le sue caratteristiche ambientali,
  climatiche, orografiche e geografiche, "uniche" e certamente
  singolari, è interessata da "periodi di passaggio" dei
  migratori del tutto sfasati e non sincroni rispetto a quelli
  relativi al resto del territorio nazionale.
    In Sardegna, pur volendosi determinare i periodi di
  migrazione attraverso il riferimento ai "valori medi annuali",
  secondo le regole comunitarie, tali periodi, per quanto
  riguarda il tordo bottaccio, il tordo sassello, la beccaccia e
  il colombaccio, solo raramente possono avere inizio
  nell'ultima decade di febbraio.
    Tanto più che tale arco di tempo, correlativamente al
  mutare delle condizioni climatiche ed agli sbalzi di
  temperatura, è caratterizzato spesso tanto da migrazioni in
  salita dall'Africa, (con successiva lunga sosta negli oliveti,
  nei mirteti e nei boschi della Sardegna, ancora ricchi delle
  bacche e dei frutti di cui tordi e colombacci sono ghiotti:
  edera, corbezzolo, lentischio, ginepro, ghiande, eccetera)
  quanto da arrivi dal Nord, dalla Corsica, dalla Francia e
  dalla Spagna.
    Relativamente poi alla presenza della beccaccia in Sardegna
  per tutto il mese di marzo, ancora non in fase di migrazione,
  varrà rilevare che fino a non molti anni orsono ne veniva
  autorizzata la caccia, nell'isola di La Maddalena, tra il 1^ e
  il 10 aprile!
    Ecco perché, attraverso l'introduzione nel testo
  dell'articolo 18 della legge n. 157 del 1992 del comma
  2- bis  si propone di portare, in Sardegna, alla seconda
  domenica di marzo il termine di cessazione del prelievo
  venatorio del tordo bottaccio, tordo sassello, beccaccia e
  colombaccio.
    Analogo,  mutatis mutandis,  è il discorso relativo
  alla tortorta.
    Questo volatile arriva in Sardegna dall'Africa, solitamente
  in quantità rilevante, tra la fine di aprile e l'inizio di
  maggio.
    Nidifica in genere entro metà giugno e, dopo aver pasturato
  nelle stoppie di grano, negli erbai e nei campi di cardo
  selvatico, riparte verso il sud, di solito verso il 10 di
  settembre.
    La caccia alla tortora si pratica esclusivamente alla posta
  ed è, per tradizione, insieme alla caccia al cinghiale,
  particolarmente apprezzata negli ambienti venatori sardi.
    Negli anni recenti, prima della emanazione della legge n.
  157 del 1992, tale tipo di attività venatoria agostana ha
  avuto un'utile ricaduta sul piano della prevenzione degli
  incendi che, come è notorio, stanno incenerendo molti boschi
  della Sardegna: la presenza dei cacciatori nelle campagne,
  anche nei giorni precedenti la giornata di caccia, ha
  funzionato spesso da deterrenza per i piromani e, di
  frequente, ha consentito l'immediato spegnimento di pericolosi
  focolai o il rapido allertamento delle squadre antincendio.
    Entrata in vigore la legge n. 157 del 1992 la caccia alla
  tortora è stata aperta
 
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  solo virtualmente, a partire dalla terza domenica di
  settembre quando, ormai, il volatile ha lasciato l'isola.
    Ecco perché appare necessario, come si propone, consentire
  la caccia alla tortora anticipandone i tempi e fissandoli tra
  la seconda domenica di agosto e la prima di settembre.
    Al doloroso fenomeno del moltiplicarsi degli incendi, che
  nell'agosto del 1993 ha raggiunto punte di tragica notorietà,
  si è aggiunto il fenomeno, pur esso preoccupante per le
  negative implicazioni economiche, di tanti cacciatori che,
  dalla Sardegna, vanno nei Paesi dell'Africa del Nord per
  praticarvi la caccia alle tortore; si tratta, spesso, delle
  stesse tortore nate e alimentate nell'isola.
    Si propone anche l'allungamento dei tempi di caccia alla
  volpe la cui presenza in Sardegna è in continuo, allarmante
  aumento, forse anche in conseguenza dello spopolarsi delle
  campagne e della perdurante pratica del pascolo brado in fondi
  chiusi nei quali il bestiame ovino e caprino viene lasciato
  senza custodia.
    Le volpi seguono le greggi, pronte a divorare i piccoli e,
  di frequente, anche ad azzannare e scannare gli animali
  adulti.
    Responsabile della sistematica distruzione della fauna
  selvatica, la volpe è dunque diventata ultimamente in Sardegna
  un grave fattore di danno economico per gli allevatori ed i
  pastori che lamentano sensibili perdite.
    Si sottolinea che la modifica non implica un allungamento
  generalizzato del periodo di attività venatoria, ma si limita
  a dilatare in termini non rilevanti i tempi di caccia a poche
  specie migratorie, secondo i princìpi del prelievo "per
  specie".
    Si soggiunge che il tordo bottaccio, il tordo sassello, la
  beccaccia, il colombaccio e la tortora sono specie ritenute, a
  livello europeo, in "buono stato di conservazione".
    D'altro canto la modifica che si auspica non confligge con
  le direttive comunitarie e, segnatamente, con la direttiva
  79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979 il cui articolo 7
  paragrafo 4 prevede che le "specie migratrici... non vengono
  cacciate... durante il ritorno al luogo di nidificazione".
    Non sempre infatti tordi, beccacce e colombacci
  raggiungono, nella loro migrazione verso sud, i territori del
  nord Africa.
    Spesso, per tali volatili, la Sardegna rappresenta l'ultima
  tappa dello spostamento alla ricerca del cibo e di un clima
  più temperato.
    Talché il ritorno al luogo di nidificazione - le isole
  britanniche, attraverso la Francia e la Germania, seguendo la
  valle del Rodano, e la Siberia, attraverso il Tirreno,
  l'Adriatico e i Balcani - ha inizio proprio quando le specie
  migratrici in argomento lasciano la Sardegna, e non prima.
    Ad ogni buon conto in sede comunitaria, a seguito di nuovi
  e più approfonditi studi e di più puntuali verifiche, è ormai
  maturata una lettura molto più realistica e molto meno fiscale
  dei limiti alla attività venatoria che si è ritenuto talvolta
  di ricollegare alle previsioni di cui all'articolo 7,
  paragrafo 4 della direttiva 79/409/CEE.
    Al riguardo è sufficiente por mente alla portata ed ai
  contenuti della recentissima "Proposta di direttiva del
  Consiglio che modifica la direttiva 79/409/CEE del Consiglio
  concernente la conservazione degli uccelli selvatici"
  presentata dalla Commissione il 1^ marzo 1994 (94/C
  100/07).
    Ebbene, attraverso tale proposta si sollecita la
  sostituzione del paragrafo 4 dell'articolo 7 e, in
  particolare, si prevede, fermo il divieto di caccia delle
  specie migratrici "durante il periodo della riproduzione", che
  "gli stati membri provvedono anche a che tali specie siano
  PROTETTE durante il ritorno al luogi di nidificazione; a tal
  fine fissano i periodi di caccia per le varie specie
  conformandosi ai criteri indicati nell'allegato VI".
    Laddove, per un verso, con riferimento alla fase del
  "ritorno al luogo di nidificazione" non si ribadisce il
  divieto di caccia, ma si prospetta l'esigenza di una generica
  protezione e, per altro verso, attraverso l'allegato VI, -
  "criteri per fissare la durata massima del periodo di caccia"
  - si introduce, come "fine del periodo di caccia" una scadenza
  che, "per le specie che
 
                               Pag. 4
 
  si trovano in buono stato di conservazione" dovrà coincidere,
  a seconda che la migrazione inizi "prima del 20 febbraio" o
  "dopo" tale data, con la "decade che segue la decade in cui ha
  inizio il passaggio" ovvero "nella stessa decade in cui ha
  inizio il passaggio".
    Donde, anche alla stregua degli orientamenti comunitari, il
  fondamento, la proponibilità e la liceità della proposta
  estensione, quanto alla attività venatoria in Sardegna, dei
  periodi di caccia al tordo bottaccio, al tordo sassello, alla
  beccaccia, al colombaccio, alla tortora e alla volpe.
    Tanto più che tale estensione - non sarebbe giusto
  accantonare tale dimensione del problema - non comporterebbe
  nessun privilegio in termini di giornate di caccia.
    Da oltre vent'anni infatti l'attività venatoria può
  praticarsi in Sardegna solo per due giorni fissi alla
  settimana, la domenica
  e il giovedì, mentre in tutte le altre regioni d'Italia si
  può andare a caccia almeno in tre occasioni settimanali.
    Per cui, anche recuperando 2-3 giornate in agosto, 7-8
  giornate in febbraio e 2-3 in marzo, le giornate complessive
  di caccia in Sardegna sarebbero comunque di numero inferiore
  rispetto al numero delle giornate nelle quali l'attività
  venatoria è praticabile nel resto d'Italia.
    Si confida che la Camera vorrà speditamente approvare la
  presente proposta di legge, eliminando una stortura sentita e
  vissuta come una vessazione.
    La caccia ha, in Sardegna, un profondo radicamento sociale
  e culturale.
    Praticata da circa 60.000 cittadini l'attività venatoria
  rappresenta, nell'isola, per chi lavora e per molti giovani,
  una soluzione valida e civile dei problemi del tempo
  libero.
 
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