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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


1277
DDL0075-0002
Progetto di legge Camera n. 75 - testo presentato - (DDL12-75)
(suddiviso in 9 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C75. TESTIPDL
...C75.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC75 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Colleghi! -- "E' da tempo che l'opinione pubblica
  si mostra particolarmente sensibile ai profili della
  produttività dell'apparato giudiziario e del suo massimo
  impegno nella resa della giustizia.  Si esprime, cioè,
  l'esigenza, condivisa da un ampio schieramento di forze
  politiche, che i componenti dell'ordine giudiziario non
  assumano incarichi suscettibili di incidere... negativamente
  sulle esigenze del servizio.  Si aggiunga che l'assunzione di
  incarichi extragiudiziari può anche compromettere i valori
  della indipendenza e della imparzialità del giudice".
    Con queste parole, ormai nel lontano giugno 1988, il
  Ministro di grazia e giustizia dell'epoca, onorevole Vassalli,
  iniziava la relazione al disegno di legge (atto Camera n.
  2912) sulla nuova disciplina degli incarichi extragiudiziari
  conferiti ai magistrati ordinari, focalizzando così le due
  precipue esigenze che il progetto normativo intendeva
  soddisfare.
    Da allora entrambe le esigenze sono indubbiamente divenute
  più pressanti: da una parte, alla luce degli innumerevoli
  episodi, qualche volta anche di rilievo penale, denunciati
  dalla stampa nazionale a proposito di collaudi, arbitrati ed
  altri incarichi di vario genere affidati a magistrati e della
  inopportunità - a dir poco - del loro conferimento (sugli
  effetti negativi dell'affidamento di siffatti incarichi ai
  magistrati si tratta ampiamente nella relazione della
  Commissione Scalfaro sui finanziamenti per la ricostruzione
  nelle zone terremotate); dall'altra, per l'aggravarsi
  dell'arretrato in tutti i settori di competenza delle varie
  magistrature (si pensi in particolare ai tempi medi del
  giudizio civile, di quello sul pubblico impiego e di quello
  pensionistico).
    Per contro il Parlamento non è riuscito ad approvare
  definitivamente una precisa disciplina in tema di incarichi
  dei magistrati che aveva già trovato un ampio consenso dei
  gruppi parlamentari.
 
                               Pag. 2
 
    Un testo unificato (dei disegni di legge governativi n.
  1996 e n. 2912 e di altri progetti di legge di iniziativa
  parlamentare), che aveva ad oggetto anche la responsabilità
  disciplinare dei magistrati, era stato approvato dalla
  Commissione giustizia della Camera dei deputati nel marzo 1991
  ed era in esame presso la Commissione giustizia del Senato (n.
  2714) al momento dello scioglimento delle Camere.
    Con la presente iniziativa ci si propone di portare a
  compimento il lavoro parlamentare intrapreso nella X e
  proseguito nella XI legislatura e di dare finalmente una
  compiuta disciplina degli incarichi extraistituzionali e della
  connessa materia delle incompatibilità dei magistrati.
    Il percorso notevolmente accidentato del precedente
  progetto di legge ci suggerisce di legare l'iniziativa in due
  diverse proposte di legge, una, nella materia concernente le
  incompatibilità e gli incarichi, e l'altra in quella inerente
  alla responsabilità disciplinare ed al relativo procedimento.
  Il ridotto articolato che si propone per la disciplina delle
  incompatibilità e degli incarichi dovrebbe infatti renderne
  possibile una rapida approvazione; le esigenze richiamate
  all'inizio rendono evidente come la regolamentazione
  legislativa appaia oramai non più procrastinabile.
    Anche al fine di favorire un  iter  parlamentare in
  tempi brevi, la presente proposta riproduce in larga parte
  proprio il testo sul quale si era già ottenuto un vasto
  accordo tra i gruppi parlamentari nella X legislatura.
    Tra le poche modifiche di rilievo vi è la previsione di un
  unico regime delle incompatibilità di funzioni per tutte le
  magistrature; si ripropone così la scelta adottata
  originariamente col testo unificato.  Una disciplina unitaria
  si impone per più di un motivo: per coerenza e armonia del
  disegno normativo; per evitare sperequazioni tra categorie di
  magistrati - sul punto l'Associazione nazionale magistrati
  aveva già avanzato le sue rimostranze - col rischio altresì
  della proposizione di questioni di legittimità costituzionale;
  infine, per allontanare ogni sospetto di inquinamento del
  controllo di legalità nell'assolvimento delle funzioni
  giurisdizionali e di controllo da parte dei magistrati
  amministrativi e contabili, con troppa frequenza attualmente
  designati a lucrosi incarichi di collaudo o di arbitrato.
    La proposta reca in dettaglio le seguenti disposizioni.
    L'articolo 1 individua le situazioni di incompatibilità con
  la funzione di magistrato, allargandone il ventaglio rispetto
  alla tralaticia previsione dell'articolo 16 dell'ordinamento
  giudiziario, nonché i limiti all'eleggibilità in relazione al
  luogo e al tempo di esercizio delle funzioni magistratuali;
  correlativamente vengono abrogate quelle disposizioni di legge
  che finora hanno regolato l'elettorato passivo dei
  magistrati.
    Vengono poi sanciti l'incompatibilità con l'esercizio di
  libere professioni o di attività imprenditoriali, il divieto
  di cumulo degli impieghi pubblici previsto dall'articolo 65
  del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto
  degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del
  Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, nonché il
  divieto di insegnamento retribuito, fatta eccezione per quello
  universitario.
    Altre incompatibilità colpiscono la partecipazione a
  commissioni di collaudo e l'assunzione di incarichi di
  arbitrato.  Si tratta di un punto decisivo del provvedimento.
  Infatti proprio l'affidamento di tali incarichi ha suscitato i
  più grandi problemi, sia interni che esterni alle
  magistrature, con grave perdita di immagine e con effetti
  spesso di scandalo nell'opinione pubblica, e qualche volta di
  vero e proprio allarme sociale.
    Infine è inibito ai magistrati in generale l'esercizio di
  funzioni amministrative, con alcune eccezioni oltre a quelle
  espressamente previste da disposizioni di legge: addetti al
  segretariato generale della Presidenza della Repubblica e agli
  uffici legislativi ministeriali, componenti degli uffici degli
  organi di autogoverno delle magistrature e addetti al
  Ministero di grazia e giustizia con l'opportuna limitazione ai
  compiti incidenti sullo stato giuridico dei magistrati e sulla
  funzione giurisdizionale.
 
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  La delicatezza di tale attività ministeriale e la sua stretta
  connessione con la funzione magistratuale giustificano la
  deroga alla regola generale.
    E' prevista poi la facoltà per il Governo di proporre
  magistrati per reggere alcune direzioni generali del Ministero
  di grazia e giustizia.
    Gli ultimi tre commi dell'articolo 1 recano norme relative
  all'equiparazione delle funzioni dei magistrati addetti alla
  Corte costituzionale, all'emanazione di un regolamento
  attuativo delle disposizioni sui limiti al servizio
  ministeriale e al ricollocamento in ruolo dei magistrati già
  in servizio presso il Ministero di grazia e giustizia.
    L'articolo 2 introduce il divieto di iscrizione ai partiti
  politici e l'obbligo della comunicazione agli organi di
  autogoverno circa l'appartenenza ad associazioni o
  organizzazioni di qualsiasi natura, con conseguente
  pubblicazione nei bollettini ufficiali.
    Prevede infine l'irrogazione della sanzione disciplinare
  della censura per le violazioni delle disposizioni di cui ai
  commi 1 e 2 del medesimo articolo.
    Tali disposizioni cercano di contemperare il principio
  costituzionale della libertà di associazione, che vale anche
  per il magistrato, con la sua attenuazione prevista
  dall'articolo 98 della Costituzione, con la duplice esigenza
  della salvaguardia dell'immagine di imparzialità e della
  conoscibilità esterna della posizione del magistrato.
    L'articolo 3 disciplina gli incarichi consentiti,
  disponendone in ogni caso il conferimento, o almeno
  l'autorizzazione, da parte degli organi di autogoverno.
    Sono dettate poi norme sulla loro durata (al massimo cinque
  anni, con una proroga per particolari e gravi esigenze per non
  più di due anni), sul limite temporale (cinque anni) per
  l'assunzione di un ulteriore incarico - così tra l'altro si
  eviterà il deprecabile fenomeno del cumulo degli incarichi,
  frequentemente denunciato dagli
  organi di informazione, con casi limite di oltre dieci
  incarichi - e sul collocamento fuori ruolo.
    Una disposizione transitoria fa salve alcune situazioni
  pregresse.
    L'articolo 4 prevede la formazione di elenchi pubblici e
  liberamente consultabili di tutti gli incarichi rivestiti e
  dei compensi per essi percepiti dai magistrati.
    Anche questa disposizione risponde all'esigenza della
  conoscibilità esterna della posizione del magistrato e perciò
  di una piena trasparenza come garanzia per il cittadino utente
  del servizio "giustizia".
    L'articolo 5 statuisce la non erogabilità della cosiddetta
  indennità giudiziaria ai magistrati collocati fuori ruolo e a
  quegli altri cui comunque vengono corrisposti compensi o
  indennità per l'espletamento di attività istituzionali.
    La previsione è perfettamente in linea con la  ratio
  della norma istitutiva dell'indennità, che ne giustificava la
  corresponsione in relazione agli oneri dello svolgimento
  dell'attività istituzionale e che la escludeva per i periodi
  di congedo ordinario, di aspettativa, di astensione anche
  obbligatoria per maternità e di sospensione dal servizio.  Solo
  un'opinabile interpretazione ne ha reso possibile finora la
  corresponsione ai magistrati collocati fuori ruolo, i quali
  con evidenza non svolgono attività istituzionale; nell'ipotesi
  di incarico retribuito si prevede il diritto di opzione fra la
  stessa e il compenso o l'indennità derivanti dall'incarico
  stesso.
    L'articolo 6 introduce un divieto di conferimento di
  incarichi da parte del Governo, delle amministrazioni e degli
  enti pubblici, delle regioni e degli enti locali ai magistrati
  nel biennio successivo alla cessazione dalle loro funzioni.
    L'indispensabilità di quest'ultima disposizione non ha
  bisogno di illustrazione; basti richiamare le non remote
  vicende di cui la stampa ha riferito, come i casi "Sammarco" e
  "Conti".
    L'articolo 7 infine abroga l'articolo 16 dell'ordinamento
  giudiziario e le altre disposizioni incompatibili.
 
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