| Onorevoli Deputati! -- La presente proposta di legge
d'iniziativa popolare risponde alla necessità di rielaborare
una materia che, per la connotazione peculiarmente giuridica
che qualifica e caratterizza il rapporto di lavoro, nonché per
la valenza che assume nell'ambito delle relazioni industriali,
richiede una adeguata sistemazione normativa che contemperi,
da un lato, l'esigenza di garantire adeguate soglie di tutela
del salario reale e la necessità, dall'altro, di valutare,
nella prospettiva europeistica, le ragioni di competitività
addotte dalla imprenditorialità.
In questo quadro di riferimento, la retribuzione deve
essere ristrutturata secondo regole che attribuiscano ad essa
un valore funzionale e coerente sia con il carattere oggettivo
della prestazione di
lavoro (in connessione cioè con la qualità e la quantità di
lavoro) sia con il carattere soggettivo della prestazione
medesima (con riferimento cioè alla necessità di vita del
lavoratore e della propria famiglia).
In rapporto a ciò, deve essere stabilita una tipologia di
retribuzione minima garantita (altrimenti detta di quantità),
uguale per tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, pari
al livello medio di copertura del precedente sistema di
indicizzazione conglobato con il livello medio dei minimi
tabellari in vigore, da indicizzare mediante un sistema di
predeterminazione di erogazioni, con cadenza annuale,
rapportate al tasso programmato di inflazione per l'anno di
riferimento, salva la possibilità di conguaglio entro la fine
dello stesso anno di riferimento, in caso
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di un probabile scostamento del tasso programmato di
inflazione da quello reale.
Alla retribuzione minima come sopra determinata deve essere
aggiunta la cosiddetta retribuzione di qualità o
professionale, individuata nella quota eccedente la stessa
retribuzione minima garantita e caratterizzata dal suo
articolarsi secondo una scala parametrale coerente con i
valori professionali afferenti alle mansioni proprie dei
singoli settori produttivi, nonché ad altri elementi
qualificanti del rapporto di lavoro come la complessiva
anzianità di servizio, il servizio di cassa, le prestazioni di
lavoro a rischio ecc.
Anche per siffatta tipologia retributiva è previsto un
sistema di indicizzazione analogo a quello riferito alla
retribuzione di quantità.
Le misure dell'80 per cento e del 20 per cento delle
valutazioni riferite, rispettivamente, alla retribuzione di
quantità ed a quella professionale si giustificano, da un
lato, con la opportunità che il meccanismo di garanzia del
salario reale eserciti il ruolo significativo di protezione di
uno "zoccolo" retributivo proprio dei redditi più bassi e,
dall'altro, con la opportunità che, in rapporto alla
retribuzione di qualità sia previsto un sistema di
salvaguardia della spinta inflattiva, che comunque abbia
l'effetto di neutralizzare, in misura apprezzabile, il
livellamento delle retribuzioni.
Il sistema di indicizzazione proposto ha il pregio di
garantire un coerente raccordo tra politiche retributive e
dinamica inflattiva; nella fattispecie, la determinazione a
tre anni della periodicità della contrattazione collettiva
nazionale è giustificata dalle varie agevolazioni concesse da
ultimo agli imprenditori e dalla riduzione di fatto del
presente sistema di indicizzazione delle retribuzioni, la cui
attivazione è opportunamente concretata attraverso la
previsione di "scatti" della relativa indennità aventi cadenza
annuale.
Beninteso, il nuovo sistema di indicizzazione delle
retribuzioni tiene conto della necessità imprescindibile di
aggiornare il
"paniere" contenente, com'è noto, l'indicazione dei beni e
dei servizi i cui prezzi incidono sul costo della vita.
Per quanto concerne lo strumento giuridico proposto (la
legge), è da osservare che l'intervento legislativo in materia
che tradizionalmente ricade nella competenza normativa delle
parti sociali non è improprio, così come ha avuto modo di
affermare la Corte Costituzionale nel 1980 (sentenza n. 141
del 1980) con riferimento al decreto-legge n. 12 del 1977
relativo alle "scale mobili" anomale) e nel 1985 (sentenza n.
34 del 1985 a proposito della legge n. 219 del 1984 relativa
al taglio dei tre punti di scala mobile).
In particolare, la Corte ha recentemente affermato
(sentenza n. 124 del 1991) che l'autonomia collettiva non è
immune dai limiti legali, in quanto il legislatore può
stabilire criteri direttivi e vincolo di compatibilità con
obiettivi generali di politica economica.
Non solo, ma è significativo come la stessa Corte - in
logica coerenza con i cennati princìpi - avesse già sostenuto,
sulla base del principio che è da escludere che l'articolo 39
della Costituzione riservi in via assoluta al sindacato la
regolamentazione dei rapporti di lavoro, sin dal 1962
(sentenza n. 1906), che la Costituzione non solo consente, ma
impone al legislatore di emanare norme che direttamente o meno
incidono sul rapporto di lavoro e che (sentenza n. 60 del
1968) il legislatore può, per tutelare superiori interessi
generali, limitare l'ambito della contrattazione collettiva
con norme da questa inderogabili.
Ragioni imposte dalla opportunità di rendere agevole e
"morbido" l'impatto della nuova disciplina sulla "scala
mobile" con la realtà del mondo del lavoro e della produzione
consigliano di prevedere il ripristino del meccanismo di scala
mobile previsto dalla legge n. 38 del 1986 e dal decreto del
Presidente della Repubblica n. 13 del 1986 sino
all'approvazione della proposta di legge de qua.
L'applicazione della disciplina vigente fino a che non sia
attuato il nuovo meccanismo
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di "scala mobile" ha, inoltre, il pregio di coprire il
vuoto normativo che si è determinato per effetto della legge
n.191 del 1990 che ha limitato al 31 dicembre 1991 le
disposizioni di cui alla richiamata legge n.38 del 1986 e al
decreto del Presidente della Repubblica n.13 del 1986.
In connessione con la proposta periodicità triennale della
contrattazione collettiva, sono infine disciplinate da
apposita previsione normativa le modalità procedurali per
l'attivazione della negoziazione sia nel settore pubblico che
in quello privato.
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