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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


16736
DDL1402-0002
Progetto di legge Camera n. 1402 - testo presentato - (DDL12-1402)
(suddiviso in 9 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C1402. TESTIPDL
...C1402.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC1402 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Colleghi! -- Da un anno a questa parte molte
  regioni d'Italia, specialmente quelle del centro-nord, cioè
  quelle più influenzate dall'arco alpino ed appenninico, sono
  state ripetutamente colpite da eventi alluvionali di
  particolare violenza che hanno provocato ingentissimi
  danni.
    E' il caso delle alluvioni del settembredicembre 1993 in
  cui intere aree del Piemonte, della Liguria, della Valle
  d'Aosta furono duramente colpite.
    In quell'occasione anche altre regioni, come la Lombardia,
  la Toscana, il Friuli, la Sicilia, la Sardegna, la Puglia,
  subirono danni, seppure meno ingenti.
    Questi enormi danni sarebbero stati sicuramente di entità
  molto inferiore se si fosse provveduto ad eseguire
  l'indispensabile manutenzione dell'alveo dei fiumi che,
  invece, sia per la mancanza di adeguati stanziamenti che per
  una certa inefficienza burocratica, è stata praticamente
  inesistente.
    Conseguenza: straripamenti distruttivi, frane che incombono
  pericolosamente su centri abitati e strutture pubbliche, danni
  a strutture ed infrastrutture pubbliche e private, come
  strade, ponti, fognature, opere idrauliche.  Con una serie di
  decretilegge, via via reiterati fino al decreto-legge n. 328
  del 1994 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 471 del
  1994, il Governo ha provveduto ad ingenti stanziamenti di
  somme che però hanno solo in parte coperto il costo dei danni
  verificatisi.
    Proprio in sede di conversione del citato decreto-legge n.
  328 del 1994, l'Assemblea del Senato ed il Governo hanno
 
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  congiuntamente valutato e dichiarato l'impegno a provvedere
  ulteriormente per gli altri eventi e danni che nelle more
  della conversione del citato decreto-legge n. 328 del 1994, si
  sono nuovamente verificati.
    Va rilevato che il Governo, consapevole che molte aree
  avevano subìto danni, al momento della conversione in legge
  del decreto-legge n. 328 del 1994, espresse parere favorevole
  su molti ordini del giorno che richiedevano ulteriori
  interventi per le aree colpite da tali danni.  Infatti, nel
  primo semestre del 1994, molte regioni sono state nuovamente
  flagellate da questi eventi:
      è il caso delle precipitazioni del maggio e giugno
  scorso.
    Qui di seguito si andrà ad illustrare le situazioni di
  danno prodottesi in ciascuna delle regioni citate.
  Piemonte.
    L'attuale situazione di dissesto generalizzato di molte
  zone della regione Piemonte, ed in particolare della provincia
  di Torino, dipende in gran parte dall'alluvione dell'autunno
  1993 che ha condotto a degenerazione uno stato di apparente e
  delicato equilibrio idrogeologico ed idraulico.
    Sostanzialmente si sono verificati due ordini di problemi
  principali:
      1) dissesto idraulico nelle zone alpine lungo l'alto
  corso dei torrenti e dei fiumi con conseguenti rischi per le
  popolazioni e gravi danni per erosione, distruzione di argini,
  edifici, ponti, strade ed altre infrastrutture a queste
  collegate;
      2) alluvionamenti ed allagamenti diffusi sui territori
  pianeggianti, con grave disagio per le popolazioni e
  danneggiamento a proprietà private.
    Il contributo economico dello Stato si è dimostrato
  palesemente insufficiente ed è stato impiegato esclusivamente
  per le opere urgenti a garanzia della pubblica incolumità ed
  igiene.  Non si nascondono, tuttavia, gravi preoccupazioni per
  i possibili effetti del periodo autunnale sulle opere già
  eseguite e forzatamente incomplete.
    Le piogge del maggio e del giugno 1994, infatti, ancorché
  per nulla eccezionali né per durata né per intensità, hanno
  riproposto il problema in tutta la sua drammatica evidenza,
  confermando da un un lato la vulnerabilità del territorio e
  dall'altro il rischio per le popolazioni in caso di piogge di
  notevole intensità.
    Sebbene il territorio sia stato abbondantemente e
  diffusamente colpito, si possono evidenziare alcune situazioni
  particolarmente gravi che vengono di seguito analiticamente
  trattate.
    In particolare le aree colpite maggiormente sono:
  Basso Canavese (TO):  comuni di S. Benigno, Montanaro,
  Foglizzo, eccetera.
    Il fenomeno più evidente è stato quello di estesi
  allagamenti che hanno provocato danni ad infrastrutture
  pubbliche, in specie acquedotti e fognature, a moltissime
  proprietà private (sia a beni mobili che immobili) ed
  aggravato il disordine del regime idraulico dei torrenti, dei
  canali, dei rii e degli scoli.
  Valli di Lanzo (TO).
      Le tre Valli di Lanzo, e specialmente la Valgrande, sono
  state pesantemente colpite dall'alluvione dell'autunno scorso,
  provocando, tra l'altro, lo sgretolamento della morena
  glaciale di testata della Stura con conseguente trasporto a
  valle di grandi quantità di detriti.
    Con le precipitazioni del 25-26 giugno scorso, il fenomeno
  si è accentuato con effetti devastanti di grande portata.
  Valle Soana (TO).
      La Valle Soana, e specialmente i comuni di Ronco
  Canavese e Valprato Soana,
 
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  ha subìto un gravissimo dissesto idrogeologico nell'autunno
  scorso, che ha letteralmente sconvolto il regime idraulico del
  Torrente Soana.
    Le carattestiche morfologiche della Valle, con ampia
  testata e tratto intermedio profondo ed incassato, e le
  alluvioni del maggio-giugno scorso, hanno contribuito ad
  aumentare il conto finale dei danni che sono stati gravissimi
  per la viabilità provinciale e comunale (in genere adiacente
  al corso d'acqua) e per il patrimonio abitativo dei comuni.
  Comune di Borgofranco d'Ivrea (TO).
      Nel territorio comunale esistono tre frane che creano
  grave rischio per le popolazioni.
      Frana nella frazione di Baio Dora.
    La località di Baio Dora è interessata da un ampio corso di
  frana con superficie di circa 15 ettari e volume stimabile a
  parecchi milioni di metri cubi.  Il dissesto, nel suo
  complesso, è stato attivo lungo un arco di tempo di alcune
  migliaia di anni.  Si hanno riattivazioni continue di porzioni
  del corpo di frana, ampiamente documentate in epoca storica,
  che hanno come conseguenze colate di fango, detriti e crolli
  di massi isolati.  Il nucleo abitato di Baio Dora, ubicato
  presso il piede del corpo di frana, è stato ripetutamente
  colpito o sfiorato da tali fenomeni.  L'abitato è stato
  dichiarato "Abitato da consolidare con decreto-legge n. 299
  del 2 marzo 1916".
    L'ultima riattivazione si è verificata nel maggio 1994, ed
  ha comportato l'evacuazione temporanea della frazione
  abitata.
      Frana nella frazione Biò.
    Questa frana, seppure di dimensioni minori, incombe
  pericolosamente sull'abitato della frazione (Borgata
  Paratore).
      Frana nella frazion di San Germano.
    Anche questa frana, seppure di dimensioni più ridotte, sta
  incombendo sull'abitato.
  Comune di Bollengo (TO).
      Le piogge alluvionali del maggio-giugno scorso hanno
  smosso una frana in località Broglina.  La pericolosità è tale
  da richiedere un urgente piano di intervento risolutorio.
  Comune di Vische (TO).
    In seguito ai reiterati esondamenti della Dora Baltea sono
  state segnalate dal Magistrato del Po necessità di urgenti
  interventi di arginatura e regimazione su km. 2,500 di costa
  fluviale per un costo indicativo di lire 2,5 miliardi.
  Comune di Novalesa (TO).
      Frana presso la frazione Campo della Vigna.
    Nel giugno 1992 si verificava il distacco di un blocco di
  350 metri cubi (circa 1.000 tonnellate) dalla parete rocciosa
  che sovrasta la frazione.  Il blocco distruggeva un piccolo
  fabbricato e sfiorava una delle tre abitazioni poste presso il
  piede della parete stessa.  Gli studi effettuati nel periodo
  immediatamente successivo dal settore geologico regionale
  evidenziavano come tutta la parete presentava condizioni di
  stabilità precaria, con numerosi dissesti consimili anche in
  epoca storica.  Le recenti piogge hanno ulteriormente aumentato
  i rischi.
    A riguardo sono stati stanziati 921 milioni di lire con
  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
  Dipartimento della protezione civile, con ordinanza n. 556 del
  23 agosto 1993.  Questo struumento non è sufficiente per
  completare l'opera di messa in sicurezza dall'area.
      Torrente Mardarello.
    Il bacino del Torrente Mardarello, ubicato in quota sul
  versante sinistro della Val Cenischia, presenta una diffusa
  situazione di dissesto con presenza di enormi
 
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  masse di detriti sciolti facilmente mobilizzabili durante gli
  eventi piovosi.  Tali fattori fanno sì che, con estrema
  frequenza, il tratto di torrente a monte della confluenza con
  il torrente Cenischia venga percorso da colate devastanti di
  fango e detriti.  Tutti i lavori di scavo realizzati per
  riaprire l'alveo vengono invalidati dalle piene successive.
  Gli ultimi eventi datano all'autunno 1993 ed alla primavera
  1994.
    Sussiste continuamente il rischio che, colmatosi
  rapidamente l'alveo di materiale detritico, le colate di fango
  possano divagare per la piana e raggiungere il punto
  abitato.
  Bacino della Dora Riparia
      Come già più volte segnalato l'intero comprensorio
  dell'Alta Valle è interessato da fenomeni di instabilità
  dovuti alla fragilità geologica del bacino costituito
  prevalentemente da calcescisti con un alto grado di
  degradazione fisico-chimica.
    Alcuni interventi sono già in corso di esecuzione con
  stralci funzionali finanziati con la legge n. 183 del 1990, a
  fronte di un presunto impegno finanziario pari a circa 45
  miliardi di lire, sono stati impegnati 7,5 miliardi.
    Le aree individuate ed a maggior rischio su cui necessita
  intervenire definitivamente sono:
      area di Serre la Voute;
      area Torrente Frejus;
      area Bacino Torrente la Rho;
      area Bacino Torrente Dora Melezet;
      area Bacino Torrente Perrilleux;
      area di Claviere;
      area Bacino piccola Dora (Cesaria).
    A drammatica conferma di quanto esposto, l'ultima ondata di
  maltempo tra il 13 e il 22 settembre 1994 ha nuovamente
  colpito il Canavese scatenando la furia delle acque
  torrentizie e fluviali su Pont, Castellamonte, Rivarolo,
  Ivrea, Volpiano, San Benigno, Caselle, Vische, Valli di Lanzo,
  Groscavallo, Chialamberto, Forno Alpi Graie, Val d'Ara,
  Foglizzo, Lorazzè, Valle Soana, Pavone.
    Le autorità comunali sono subissate di proteste.  La gente
  vive nell'incubo costante di perdere case, beni e forse la
  vita, mentre continua a essere assai carente l'intervento di
  regione e magistrato del Po.
    La colpa di tali e tante drammatiche vicende viene
  addebitata a precise responsabilità fra cui, preminente,
  l'assoluta mancanza di manutenzione degli alvei di fiumi e
  torrenti del Piemonte e cioè di un'area valutata in oltre 2000
  chilometri quadrati dell'arco alpino.
    Gli straripamenti ed i sovralluvionamenti deriverebbero
  dalla sedimentazione di imponenti quantità di materiali
  inerti, sabbiosi e terrosi, di origine morenica o alluvionale
  accumulatesi negli anni insieme alla crescita abnorme di
  alberi e cespugli nei letti fluviali.  Alberi ed arbusti
  divelti dalle onde di piena, costituiscono micidiali
  sbarramenti nei punti ove emergono le arcate dei ponti,
  solitamente a ridosso delle zone abitate.  Da anni le
  amministrazioni locali invocano interventi di pulizia e
  bonifica degli alvei, ma inutilmente.
    Da qui esondazioni, frane, crolli, danni e disagi sempre
  più gravi e frequenti.  Si impone una revisione della politica
  ambientale ed un piano di bonifica e manutenzione della zona
  ad evitare futuri gravissimi costi, ben più elevati di quelli
  necessari alla prevenzione.
  Emilia  Romagna.
      Nei giorni 11, 12 e 13 giugno 1994 in seguito a piogge
  di intensità e continuità eccezionali, le piene straordinarie
  dei fiumi Serchia, Panaro e Reno e dei loro affluenti nelle
  province di Bologna, Modena e Reggio-Emilia, hanno determinato
  diffusi allagamenti nelle zone di pianura nonché numerosissime
  frane nelle zone collinari e montanare, interessando le opere
  e le infrastrutture pubbliche, le attività produttive
  industriali, artigianali e commerciali, i beni e le abitazioni
  private.  Immediatamente
 
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  l'amministrazione regionale e quelle locali, in accordo
  con le prefetture e con i vigili del fuoco hanno provveduto a
  fronteggiare la situazione disponendo pronti interventi e
  anticipazioni finanziarie per la tutela della pubblica
  incolumità e un primo ripristino della funzionalità delle
  infrastrutture danneggiate.
    Con nota successiva del 29 giugno 1994 l'amministrazione
  regionale, notificava al Commissario del Governo ed alla
  Presidenza del Consiglio un inventario dettagliato, comune per
  comune, dei danni alle strutture ed alle opere pubbliche, che
  assommavano a oltre 100 miliardi di lire.  Chiedeva, altresì,
  la dichiarazione di pubblica columità e di eccezionali
  avversità atmosferiche ai sensi dell'articolo 4 della legge 15
  maggio 1954, n. 234, ai fini delle provvidenze di cui al
  decreto-legge 15 dicembre 1951, n. 1334, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 13 febbraio 1952, n 50, e altresì
  ai fini delle provvidenze previste dalla legge 14 febbraio
  1992, n. 185.
    Successivamente, un'ecezionale grandinata colpiva nella
  mattinata del 5 luglio 1994 la città di Reggio Emilia con
  danni ed allagamenti a strutture pubbliche e ad aziende
  private, per i quali il sottosegretario alla protezione civile
  decideva di recarsi personalmente a Reggio Emilia ove, presso
  la prefettura, stendeva un primo bilancio dei danni,
  inventariati poi evidenziati dal comune di Reggio Emilia in
  collaborazione con la prefettura presso l'amministrazione
  regionale.
    L'ammontare complessivo dei danni alle sole opere pubbliche
  è di molto superiore ai 100 miliardi di lire e non è
  assolutamente affrontabile dagli enti locali.
  Veneto.
      Dissesto idrogeologico provocato da precipitazioni
  torrenziali del 1^ giugno 1994 in Val Boite (Belluno) e dalle
  più recenti in settembre.  Tali precipitazioni hanno provocato
  vaste colate di fango, frane e smottamenti che hanno
  interrotto strade e che hanno prodotto enormi danni a
  strutture pubbliche e private.
    Nella giornata del 14 settembre 1994 su tutta la provincia
  di Belluno si sono registrate piogge particolarmente intense e
  persistenti che hanno causato notevoli danni, derivati
  soprattutto da episodi franosi sulle viabilità principali e
  minori e da inondazione di aree abitate nel Cadore,
  nell'Ampezzano e nell'Agordino.  Queste zone ne escono, una
  volta di più, con un gravissimo bilancio di danni alla
  viabilità ed alle strutture.
    Questa situazione, legata a precipitazioni per nulla
  eccezionali, dimostra la sconcertante vulnerabilità di un
  territorio montano, da sempre facile preda di calamità dovute
  in gran parte alla mancata tutela del suolo ed alla
  riattivazione di frane già note.
    I danni maggiori si sono verificati alla viabilità statale
  con l'interruzione della SS 203 Agordina in località
  Listolade, della SS 51 di Alemagna in località Acquabona e
  Saccomodan, della SS 251 della forcella Staulanza.  Queste
  ultime interruzioni sono dovute a colate detritiche
  provenienti dai conoidi ghiaiosi sovrastanti.
    Altri danni hanno interessato gli acquedotti con
  conseguente non potabilità dell'acqua, le fognature, le
  abitazioni, gli impianti sportivi e le strade provinciali,
  comunali e silvo-pastorali.  Vi sono stati, anche per il forte
  vento, numerosi abbattimenti di piante.
    I comuni interessati sono i seguenti:
    Agordo, Alleghe, Borca di Cadore, Calalzo di Cadore, Canale
  d'Agordo, Cencenighe Agordino, Cibiana di Cadore, Colle S.
  Lucia, Comelico Superiore, Cortina D'Ampezzo, Gosaldo, Valle
  Agordina, Livinallongo, Rocca Pietore, Rivamonte Agordino,
  Voltago, Frassene, San Nicolò Comelico, S. Pietro di Cadore,
  S. Tomaso Agordino, Sappada, Selva di Cadore, Taibon Agordino,
  Vodo di Cadore, Zoldo Alto, Feltre.
    I comuni di Talbon Agordino e di Cencenighe risultano
  essere i più colpiti.
    I danni relativi alle zone suddette, capillarmente indicate
  dal sopralluoghi regionali sono di circa 12 miliardi di lire
  salvo ulteriori verifiche.
 
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