| Onorevoli Colleghi! -- Da un anno a questa parte molte
regioni d'Italia, specialmente quelle del centro-nord, cioè
quelle più influenzate dall'arco alpino ed appenninico, sono
state ripetutamente colpite da eventi alluvionali di
particolare violenza che hanno provocato ingentissimi
danni.
E' il caso delle alluvioni del settembredicembre 1993 in
cui intere aree del Piemonte, della Liguria, della Valle
d'Aosta furono duramente colpite.
In quell'occasione anche altre regioni, come la Lombardia,
la Toscana, il Friuli, la Sicilia, la Sardegna, la Puglia,
subirono danni, seppure meno ingenti.
Questi enormi danni sarebbero stati sicuramente di entità
molto inferiore se si fosse provveduto ad eseguire
l'indispensabile manutenzione dell'alveo dei fiumi che,
invece, sia per la mancanza di adeguati stanziamenti che per
una certa inefficienza burocratica, è stata praticamente
inesistente.
Conseguenza: straripamenti distruttivi, frane che incombono
pericolosamente su centri abitati e strutture pubbliche, danni
a strutture ed infrastrutture pubbliche e private, come
strade, ponti, fognature, opere idrauliche. Con una serie di
decretilegge, via via reiterati fino al decreto-legge n. 328
del 1994 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 471 del
1994, il Governo ha provveduto ad ingenti stanziamenti di
somme che però hanno solo in parte coperto il costo dei danni
verificatisi.
Proprio in sede di conversione del citato decreto-legge n.
328 del 1994, l'Assemblea del Senato ed il Governo hanno
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congiuntamente valutato e dichiarato l'impegno a provvedere
ulteriormente per gli altri eventi e danni che nelle more
della conversione del citato decreto-legge n. 328 del 1994, si
sono nuovamente verificati.
Va rilevato che il Governo, consapevole che molte aree
avevano subìto danni, al momento della conversione in legge
del decreto-legge n. 328 del 1994, espresse parere favorevole
su molti ordini del giorno che richiedevano ulteriori
interventi per le aree colpite da tali danni. Infatti, nel
primo semestre del 1994, molte regioni sono state nuovamente
flagellate da questi eventi:
è il caso delle precipitazioni del maggio e giugno
scorso.
Qui di seguito si andrà ad illustrare le situazioni di
danno prodottesi in ciascuna delle regioni citate.
Piemonte.
L'attuale situazione di dissesto generalizzato di molte
zone della regione Piemonte, ed in particolare della provincia
di Torino, dipende in gran parte dall'alluvione dell'autunno
1993 che ha condotto a degenerazione uno stato di apparente e
delicato equilibrio idrogeologico ed idraulico.
Sostanzialmente si sono verificati due ordini di problemi
principali:
1) dissesto idraulico nelle zone alpine lungo l'alto
corso dei torrenti e dei fiumi con conseguenti rischi per le
popolazioni e gravi danni per erosione, distruzione di argini,
edifici, ponti, strade ed altre infrastrutture a queste
collegate;
2) alluvionamenti ed allagamenti diffusi sui territori
pianeggianti, con grave disagio per le popolazioni e
danneggiamento a proprietà private.
Il contributo economico dello Stato si è dimostrato
palesemente insufficiente ed è stato impiegato esclusivamente
per le opere urgenti a garanzia della pubblica incolumità ed
igiene. Non si nascondono, tuttavia, gravi preoccupazioni per
i possibili effetti del periodo autunnale sulle opere già
eseguite e forzatamente incomplete.
Le piogge del maggio e del giugno 1994, infatti, ancorché
per nulla eccezionali né per durata né per intensità, hanno
riproposto il problema in tutta la sua drammatica evidenza,
confermando da un un lato la vulnerabilità del territorio e
dall'altro il rischio per le popolazioni in caso di piogge di
notevole intensità.
Sebbene il territorio sia stato abbondantemente e
diffusamente colpito, si possono evidenziare alcune situazioni
particolarmente gravi che vengono di seguito analiticamente
trattate.
In particolare le aree colpite maggiormente sono:
Basso Canavese (TO): comuni di S. Benigno, Montanaro,
Foglizzo, eccetera.
Il fenomeno più evidente è stato quello di estesi
allagamenti che hanno provocato danni ad infrastrutture
pubbliche, in specie acquedotti e fognature, a moltissime
proprietà private (sia a beni mobili che immobili) ed
aggravato il disordine del regime idraulico dei torrenti, dei
canali, dei rii e degli scoli.
Valli di Lanzo (TO).
Le tre Valli di Lanzo, e specialmente la Valgrande, sono
state pesantemente colpite dall'alluvione dell'autunno scorso,
provocando, tra l'altro, lo sgretolamento della morena
glaciale di testata della Stura con conseguente trasporto a
valle di grandi quantità di detriti.
Con le precipitazioni del 25-26 giugno scorso, il fenomeno
si è accentuato con effetti devastanti di grande portata.
Valle Soana (TO).
La Valle Soana, e specialmente i comuni di Ronco
Canavese e Valprato Soana,
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ha subìto un gravissimo dissesto idrogeologico nell'autunno
scorso, che ha letteralmente sconvolto il regime idraulico del
Torrente Soana.
Le carattestiche morfologiche della Valle, con ampia
testata e tratto intermedio profondo ed incassato, e le
alluvioni del maggio-giugno scorso, hanno contribuito ad
aumentare il conto finale dei danni che sono stati gravissimi
per la viabilità provinciale e comunale (in genere adiacente
al corso d'acqua) e per il patrimonio abitativo dei comuni.
Comune di Borgofranco d'Ivrea (TO).
Nel territorio comunale esistono tre frane che creano
grave rischio per le popolazioni.
Frana nella frazione di Baio Dora.
La località di Baio Dora è interessata da un ampio corso di
frana con superficie di circa 15 ettari e volume stimabile a
parecchi milioni di metri cubi. Il dissesto, nel suo
complesso, è stato attivo lungo un arco di tempo di alcune
migliaia di anni. Si hanno riattivazioni continue di porzioni
del corpo di frana, ampiamente documentate in epoca storica,
che hanno come conseguenze colate di fango, detriti e crolli
di massi isolati. Il nucleo abitato di Baio Dora, ubicato
presso il piede del corpo di frana, è stato ripetutamente
colpito o sfiorato da tali fenomeni. L'abitato è stato
dichiarato "Abitato da consolidare con decreto-legge n. 299
del 2 marzo 1916".
L'ultima riattivazione si è verificata nel maggio 1994, ed
ha comportato l'evacuazione temporanea della frazione
abitata.
Frana nella frazione Biò.
Questa frana, seppure di dimensioni minori, incombe
pericolosamente sull'abitato della frazione (Borgata
Paratore).
Frana nella frazion di San Germano.
Anche questa frana, seppure di dimensioni più ridotte, sta
incombendo sull'abitato.
Comune di Bollengo (TO).
Le piogge alluvionali del maggio-giugno scorso hanno
smosso una frana in località Broglina. La pericolosità è tale
da richiedere un urgente piano di intervento risolutorio.
Comune di Vische (TO).
In seguito ai reiterati esondamenti della Dora Baltea sono
state segnalate dal Magistrato del Po necessità di urgenti
interventi di arginatura e regimazione su km. 2,500 di costa
fluviale per un costo indicativo di lire 2,5 miliardi.
Comune di Novalesa (TO).
Frana presso la frazione Campo della Vigna.
Nel giugno 1992 si verificava il distacco di un blocco di
350 metri cubi (circa 1.000 tonnellate) dalla parete rocciosa
che sovrasta la frazione. Il blocco distruggeva un piccolo
fabbricato e sfiorava una delle tre abitazioni poste presso il
piede della parete stessa. Gli studi effettuati nel periodo
immediatamente successivo dal settore geologico regionale
evidenziavano come tutta la parete presentava condizioni di
stabilità precaria, con numerosi dissesti consimili anche in
epoca storica. Le recenti piogge hanno ulteriormente aumentato
i rischi.
A riguardo sono stati stanziati 921 milioni di lire con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
Dipartimento della protezione civile, con ordinanza n. 556 del
23 agosto 1993. Questo struumento non è sufficiente per
completare l'opera di messa in sicurezza dall'area.
Torrente Mardarello.
Il bacino del Torrente Mardarello, ubicato in quota sul
versante sinistro della Val Cenischia, presenta una diffusa
situazione di dissesto con presenza di enormi
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masse di detriti sciolti facilmente mobilizzabili durante gli
eventi piovosi. Tali fattori fanno sì che, con estrema
frequenza, il tratto di torrente a monte della confluenza con
il torrente Cenischia venga percorso da colate devastanti di
fango e detriti. Tutti i lavori di scavo realizzati per
riaprire l'alveo vengono invalidati dalle piene successive.
Gli ultimi eventi datano all'autunno 1993 ed alla primavera
1994.
Sussiste continuamente il rischio che, colmatosi
rapidamente l'alveo di materiale detritico, le colate di fango
possano divagare per la piana e raggiungere il punto
abitato.
Bacino della Dora Riparia
Come già più volte segnalato l'intero comprensorio
dell'Alta Valle è interessato da fenomeni di instabilità
dovuti alla fragilità geologica del bacino costituito
prevalentemente da calcescisti con un alto grado di
degradazione fisico-chimica.
Alcuni interventi sono già in corso di esecuzione con
stralci funzionali finanziati con la legge n. 183 del 1990, a
fronte di un presunto impegno finanziario pari a circa 45
miliardi di lire, sono stati impegnati 7,5 miliardi.
Le aree individuate ed a maggior rischio su cui necessita
intervenire definitivamente sono:
area di Serre la Voute;
area Torrente Frejus;
area Bacino Torrente la Rho;
area Bacino Torrente Dora Melezet;
area Bacino Torrente Perrilleux;
area di Claviere;
area Bacino piccola Dora (Cesaria).
A drammatica conferma di quanto esposto, l'ultima ondata di
maltempo tra il 13 e il 22 settembre 1994 ha nuovamente
colpito il Canavese scatenando la furia delle acque
torrentizie e fluviali su Pont, Castellamonte, Rivarolo,
Ivrea, Volpiano, San Benigno, Caselle, Vische, Valli di Lanzo,
Groscavallo, Chialamberto, Forno Alpi Graie, Val d'Ara,
Foglizzo, Lorazzè, Valle Soana, Pavone.
Le autorità comunali sono subissate di proteste. La gente
vive nell'incubo costante di perdere case, beni e forse la
vita, mentre continua a essere assai carente l'intervento di
regione e magistrato del Po.
La colpa di tali e tante drammatiche vicende viene
addebitata a precise responsabilità fra cui, preminente,
l'assoluta mancanza di manutenzione degli alvei di fiumi e
torrenti del Piemonte e cioè di un'area valutata in oltre 2000
chilometri quadrati dell'arco alpino.
Gli straripamenti ed i sovralluvionamenti deriverebbero
dalla sedimentazione di imponenti quantità di materiali
inerti, sabbiosi e terrosi, di origine morenica o alluvionale
accumulatesi negli anni insieme alla crescita abnorme di
alberi e cespugli nei letti fluviali. Alberi ed arbusti
divelti dalle onde di piena, costituiscono micidiali
sbarramenti nei punti ove emergono le arcate dei ponti,
solitamente a ridosso delle zone abitate. Da anni le
amministrazioni locali invocano interventi di pulizia e
bonifica degli alvei, ma inutilmente.
Da qui esondazioni, frane, crolli, danni e disagi sempre
più gravi e frequenti. Si impone una revisione della politica
ambientale ed un piano di bonifica e manutenzione della zona
ad evitare futuri gravissimi costi, ben più elevati di quelli
necessari alla prevenzione.
Emilia Romagna.
Nei giorni 11, 12 e 13 giugno 1994 in seguito a piogge
di intensità e continuità eccezionali, le piene straordinarie
dei fiumi Serchia, Panaro e Reno e dei loro affluenti nelle
province di Bologna, Modena e Reggio-Emilia, hanno determinato
diffusi allagamenti nelle zone di pianura nonché numerosissime
frane nelle zone collinari e montanare, interessando le opere
e le infrastrutture pubbliche, le attività produttive
industriali, artigianali e commerciali, i beni e le abitazioni
private. Immediatamente
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l'amministrazione regionale e quelle locali, in accordo
con le prefetture e con i vigili del fuoco hanno provveduto a
fronteggiare la situazione disponendo pronti interventi e
anticipazioni finanziarie per la tutela della pubblica
incolumità e un primo ripristino della funzionalità delle
infrastrutture danneggiate.
Con nota successiva del 29 giugno 1994 l'amministrazione
regionale, notificava al Commissario del Governo ed alla
Presidenza del Consiglio un inventario dettagliato, comune per
comune, dei danni alle strutture ed alle opere pubbliche, che
assommavano a oltre 100 miliardi di lire. Chiedeva, altresì,
la dichiarazione di pubblica columità e di eccezionali
avversità atmosferiche ai sensi dell'articolo 4 della legge 15
maggio 1954, n. 234, ai fini delle provvidenze di cui al
decreto-legge 15 dicembre 1951, n. 1334, convertito, con
modificazioni, dalla legge 13 febbraio 1952, n 50, e altresì
ai fini delle provvidenze previste dalla legge 14 febbraio
1992, n. 185.
Successivamente, un'ecezionale grandinata colpiva nella
mattinata del 5 luglio 1994 la città di Reggio Emilia con
danni ed allagamenti a strutture pubbliche e ad aziende
private, per i quali il sottosegretario alla protezione civile
decideva di recarsi personalmente a Reggio Emilia ove, presso
la prefettura, stendeva un primo bilancio dei danni,
inventariati poi evidenziati dal comune di Reggio Emilia in
collaborazione con la prefettura presso l'amministrazione
regionale.
L'ammontare complessivo dei danni alle sole opere pubbliche
è di molto superiore ai 100 miliardi di lire e non è
assolutamente affrontabile dagli enti locali.
Veneto.
Dissesto idrogeologico provocato da precipitazioni
torrenziali del 1^ giugno 1994 in Val Boite (Belluno) e dalle
più recenti in settembre. Tali precipitazioni hanno provocato
vaste colate di fango, frane e smottamenti che hanno
interrotto strade e che hanno prodotto enormi danni a
strutture pubbliche e private.
Nella giornata del 14 settembre 1994 su tutta la provincia
di Belluno si sono registrate piogge particolarmente intense e
persistenti che hanno causato notevoli danni, derivati
soprattutto da episodi franosi sulle viabilità principali e
minori e da inondazione di aree abitate nel Cadore,
nell'Ampezzano e nell'Agordino. Queste zone ne escono, una
volta di più, con un gravissimo bilancio di danni alla
viabilità ed alle strutture.
Questa situazione, legata a precipitazioni per nulla
eccezionali, dimostra la sconcertante vulnerabilità di un
territorio montano, da sempre facile preda di calamità dovute
in gran parte alla mancata tutela del suolo ed alla
riattivazione di frane già note.
I danni maggiori si sono verificati alla viabilità statale
con l'interruzione della SS 203 Agordina in località
Listolade, della SS 51 di Alemagna in località Acquabona e
Saccomodan, della SS 251 della forcella Staulanza. Queste
ultime interruzioni sono dovute a colate detritiche
provenienti dai conoidi ghiaiosi sovrastanti.
Altri danni hanno interessato gli acquedotti con
conseguente non potabilità dell'acqua, le fognature, le
abitazioni, gli impianti sportivi e le strade provinciali,
comunali e silvo-pastorali. Vi sono stati, anche per il forte
vento, numerosi abbattimenti di piante.
I comuni interessati sono i seguenti:
Agordo, Alleghe, Borca di Cadore, Calalzo di Cadore, Canale
d'Agordo, Cencenighe Agordino, Cibiana di Cadore, Colle S.
Lucia, Comelico Superiore, Cortina D'Ampezzo, Gosaldo, Valle
Agordina, Livinallongo, Rocca Pietore, Rivamonte Agordino,
Voltago, Frassene, San Nicolò Comelico, S. Pietro di Cadore,
S. Tomaso Agordino, Sappada, Selva di Cadore, Taibon Agordino,
Vodo di Cadore, Zoldo Alto, Feltre.
I comuni di Talbon Agordino e di Cencenighe risultano
essere i più colpiti.
I danni relativi alle zone suddette, capillarmente indicate
dal sopralluoghi regionali sono di circa 12 miliardi di lire
salvo ulteriori verifiche.
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