| Onorevoli Deputati! -- Con questa proposta di legge
di iniziativa popolare, promossa dalla CGIL, viene offerta una
risposta organica, il più possibile compiuta, nell'attuale
quadro ordinamentale - pur tenendo conto della necessità di
modificare anche l'articolo 39 della Costituzione - al
problema, ormai indifferibile, della ricostruzione o creazione
ex novo di regole certe ed adeguati strumenti di
democrazia sindacale, sia nei luoghi di lavoro sia nelle
relazioni collettive intercategoriali; ed ancora al problema
della fissazione di regole e strumenti di trasparenza e
verificabilità da parte degli interessati dell'azione
sindacale di rappresentanza; di rafforzamento della presenza
sindacale nel mondo delle piccole e piccolissime imprese; di
riordino ed estensione dell'efficacia della contrattazione; di
controllo, infine, della reale
rappresentatività delle confederazioni ed orgarizzazioni
sindacali.
Il superamento dell'attuale disciplina legislativa, che ha
uno dei suoi fondamenti nell'articolo 19 della legge 20 maggio
1970, n. 300, e nel concetto di maggiore rappresentatività in
essa contenuto - presunta e non verificata - costituisce, in
vista di questi scopi, una sorta di precondizione che non
comporta, di per sè, alcun giudizio negativo sulle scelte
storicamente adottate, venti anni or sono, dal legislatore. Si
trattò, allora, di una scelta di sostegno selettivo a quelle
organizzazioni sindacali, anzitutto confederali, che
l'evidenza dei risultati di una grande stagione rivendicativa
indicava come sicuramente rappresentative degli interessi e
della volontà di emancipazione delle classi lavoratrici; di
tale scelta va sottolineata la grande
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valenza ed effettiva portata di progresso, ma è altrettanto
necessario riconoscere, ora, che il suo essere incompleta -
non specificando le modalità di accertamento della
rappresentatività - può fare insorgere pericoli di
degenerazioni, in prosieguo di tempo, in corrispondenza del
mutare della situazione sociale, economica e politica.
In questa mutata situazione, che ha costretto le
organizzazioni sindacali ad alternare alla tradizionale
contrattazione acquisitiva accordi aziendali di tipo
gestionale e nazionali di riequilibrio e contenimento, ma
anche di accettazione di sacrifici, la maggiore
rappresentatività "presunta" può finire con il costituire,
infatti, il vettore ed il simbolo di un potere paranormativo
(spesso anche esplicitamente affermato da non poche leggi) di
disposizione di diritti ed interessi di lavoratori, sia
iscritti sia anche non iscritti, che si è tradotto, nella
assenza di regole certe di conferimento e verifica del mandato
negoziale, in un logoramento dei rapporti di fiducia con la
base dei rappresentati.
Per altro verso, quel criterio legislativo, invece di
favorire l'unità di azione ed organizzativa dei sindacati,
l'ha spesso minata, togliendo credibilità, certezza e la
necessaria irrevocabilità alle intese negoziali dirette a
ricostruire modelli di rappresentanza unitari, in ragione del
permanente diritto legale di ogni sindacato maggiormente
rappresentativo, di ridar vita, in ogni momento, alla
"propria" rappresentanza aziendale. E' purtroppo accaduto,
invero, che numerosi consigli di fabbrica siano entrati in
grave crisi di rappresentanza, o abbiano finito addirittura
per decadere a causa della decisione di una delle
organizzazioni sindacali, che pur ne aveva propugnato la
formazione, di ricostituire, ai sensi dell'articolo 19, la
loro rappresentanza sindacale aziendale (RSA).
Da qui la necessità attuale di eliminare dati normativi
ormai contraddittori con gli stessi scopi avuti di mira dal
legislatore statutario, e di dare un nuovo fondamento
universale, neutrale e certo - quale solo può essere
assicurato dalla legge - alla rappresentanza e democrazia
sindacale; riconoscendo, peraltro, lo spessore delle esigenze
poste in luce dalle vicende sociopolitiche dell'ultimo
decennio, che non consentono più di risolvere il problema
dell'investitura di poteri dell'organo rappresentativo e
negoziale in termini meramente associativi.
Ciò è sopratutto vero nella dimensione aziendale, dove la
natura dei problemi affrontati non consente di eludere la
questione dell'universalità degli effetti, siano positivi o
negativi, dell'azione sindacale, e dove, quindi, risulta
politicamente, ma anche giuridicamente, necessario passare ad
un'investitura elettiva dell'organo di rappresentanza.
La scelta primaria che così si compie è quella della
previsione per legge dell'elezione di un organismo unitario di
rappresentanza, cui demandare i diritti di contrattazione
aziendale con efficacia generale, nonché di informazione, di
consultazione e, in prospettiva, di codeterminazione (articoli
2 e 5 della proposta).
Questo, tuttavia, non significa, e non può significare,
negazione del diritto di esistenza ed attività nei luoghi di
lavoro del sindacato come associazione, perché, anzi, questo
diritto può e deve essere garantito (ad esso è dedicato
l'articolo 1 della proposta) in modo più certo ed ampio di
quanto avvenisse con lo stesso Statuto dei lavoratori.
Quella scelta, poi, non significa neppure monopolio della
fonte legislativa ad esclusione di quella negoziale nella
disciplina delle rappresentanze unitarie nei luoghi di lavoro:
la legge, in sintesi, costituisce solo una garanzia per i
lavoratori di poter comunque contare su un organo di
rappresentanza da loro eletto, senza impedire all'autonomia
collettiva di creare essa, in via negoziale, altri modelli, il
cui unico limite è, ovviamente, di non contraddire i princìpi
di universalità democrazia, esigibilità della rappresentanza
postulati dalla disciplina legale.
Logico corollario del pieno recupero da parte dei
lavoratori del diritto di nominare i propri rappresentanti è,
nella proposta di legge, l'introduzione di regole certe circa
il controllo sulle modalità di esercizio del loro potere
rappresentativo, controllo che
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si esercita non solo a posteriori, con la possibilità
di sottoporre gli accordi a verifiche con voto personale e
segreto, ma anche in via preventiva e partecipativa, mediante
l'approvazione delle piattaforme rivendicative e la
determinazione dei limiti del mandato a stipulare.
Analoga ispirazione segue la proposta di legge con riguardo
ai contratti di livello superiore a quello aziendale (articolo
8): ferma la possibilità di verifica successiva per
l'espletamento della quale un ruolo importante è riconosciuto,
nei luoghi di lavoro, alle rappresentanze unitarie elettive, è
prevista l'innovativa possibilità di elezione di un comitato
nazionale di delegati dei lavoratori, con compiti di
affiancamento della delegazione trattante e di cura
dell'effettivo apporto dei lavoratori interessati nella messa
a punto della piattaforma rivendicativa e del mandato a
sottoscrivere l'accordo.
Va ancora ricordato, per completare l'illustrazione
generale e sintetica della proposta che la "maggiore
rappresentatività" di confederazioni e sindacati resta
prevista, per i più diversi fini e casi di interlocuzione tra
forze sociali, in una miriade di leggi: per tale motivo la
presente proposta si preoccupa (articolo 10) di trasformare la
rappresentatività di una confederazione o di un sindacato da
"presunta" in concreta e verificabile, ancorandola al positivo
riscontro di un effettivo radicamento tra i lavoratori,
dimostrato da indici di tipo elettivo, costituiti dai
risultati ottenuti in determinate elezioni, o,
secondariamente, di tipo associativo.
Importanza tutt'altro che secondaria hanno, ancora, alcune
previsioni dirette a rafforzare la presenza sindacale nel
settore delle piccole imprese, garantire la applicazione a
tutti i lavoratori dei contratti nazionali, e a rafforzare
l'efficacia della stessa contrattazione: si allude, da una
parte, all'articolo 6 che disciplina la costituzione di
rappresentanze unitarie interaziendali tra lavoratori
dipendenti da imprese con meno di 15 addetti, e, dall'altra,
all'articolo 7 che riformula in modo ampio e comprensivo
discipline settoriali riguardanti l'obbligo di applicazione
dei contratti collettivi a carico degli imprenditori che
fruiscano di benefici ed incentivi pubblici di qualsiasi tipo,
e all'articolo 9 che stabilisce un principio legale di
ultrattività dei contratti collettivi.
Deve, infine, esser sottolineato come la proposta di legge
si iscriva nella direttiva politica, adottata dal movimento
sindacale confederale, di riunificazione del mondo del lavoro:
le sue discipline, invero, si applicano, in linea di
principio, non solo alle imprese, ma anche ai datori di lavoro
privati non imprenditori e agli enti pubblici ed
amministrazioni dello Stato.
Si comprende, dunque, alla luce di quanto ora esposto sugli
scopi e sulla struttura d'insieme della proposta di legge,
perché il suo articolo 1, che modifica formalmente l'articolo
14 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei
lavoratori), sia dedicato ad una rinnovata e più ampia
garanzia dell'associazionismo sindacale nei luoghi di lavoro.
Nel sistema dello Statuto dei lavoratori si contrapponevano,
da un lato, la "nuda libertà" costituzionale di
associazionismo sindacale, garantita dalle sole norme
antidiscriminatorie (articolo 15) e, dall'altro, i diritti e
le garanzie positive a sostegno della presenza e attività
sindacale, riservate però, ai soli soggetti contemplati
nell'articolo 19, ossia alle RSA costituite nell'ambito di
sindacati aderenti a confederazioni maggiormente
rappresentative, o, comunque firmatarie di accordi nazionali o
territoriali applicati nell'unità produttiva: diritti e
garanzie sulla cui importanza è inutile soffermarsi e che
riguardano principalmente il potere di indire assemblee,
retribuite e non retribuite, il diritto di usufruire di una
sede e di un albo sindacale, nonché di permessi ed aspettative
per i dirigenti delle RSA, e notevoli garanzie in tema di
trasferimenti e licenziamenti.
Questo sistema di sostegno (fortemente) selettivo che
privilegia la maggior rappresentatività (presunta) di
confederazioni e sindacati, viene con l'articolo 1 della
proposta completamente superato, perché la soglia del
passaggio dalla garanzia della sola libertà associativa al suo
positivo sostegno da parte dell'ordinamento, con
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l'attribuzione di quei poteri, diritti e garanzie, è ora
costituita soltanto dalla sussistenza di un minimo di
radicamento associativo tra gli addetti all'unità produttiva:
ogni associazione sindacale, anche autonoma o meramente
aziendale, che conti un numero di iscritti non inferiore al 5
per cento degli addetti, può costituire una rappresentanza
associativa fornita di poteri e diritti e garanzie
qualitativamente uguali a quelli già previsti dal titolo III
dello Statuto dei lavoratori, anche se quantitativamente
proporzionati, con riferimento ai permessi sindacali,
all'ampiezza della base associativa.
Si ha, dunque, con il superamento del criterio selettivo,
della maggiore rappresentatività presunta, un notevolissimo
ampliamento delle garanzie positive dell'associazionismo
sindacale, che, tra l'altro, risulta sicuramente idoneo a
soddisfare la richiesta insita nelle proposte di
referendum abrogativo dell'articolo 19, così da evitare
la celebrazione.
Nelle sole unità produttive con meno di 200 addetti è
previsto il diritto di costituire rappresentanze associative
anche ad iniziativa dei sindacati firmatari dei contratti
collettivi applicati nella unità produttiva, indipendentemente
dal requisito della consistenza associativa, e ciò si spiega
per la esigenza, che talvolta si presenta nella piccola
impresa, di un innesco "esterno" all'inizio della presenza e
attività sindacale nel luogo di lavoro.
Questa prima innovazione legislativa va raccordata, come si
è sopra avvertito, con quella, fondamentale, contenuta
nell'articolo 2, che sostituisce l'articolo 19 della legge n.
300 del 1970, vero baricentro della proposta di legge, che
introduce nel nostro ordinamento l'istituto della
rappresentanza unitaria elettiva, organo di rappresentanza
eletto da tutti gli addetti e per questo abilitato a gestire,
anzitutto negozialmente, i loro interessi con atti ad
efficacia generale.
Di centrale rilievo è la legittimazione attiva a pretendere
l'elezione della rappresentanza unitaria: è sufficiente che lo
richieda o una delle rappresentanze associative di cui
all'articolo 1, o un sindacato firmatario di contratto
collettivo applicato nel luogo di lavoro, o, comunque, il 5
per cento dei lavoratori.
La costituzione della rappresentanza unitaria nei luoghi di
lavoro è immediatamente esigibile da parte di uno qualunque
dei soggetti previsti dalla proposta di legge e quindi la
richiesta, corredata dalla presentazione di una lista di
candidati, attiva la procedura elettorale, senza possibilità
di intralcio o veto da parte di chicchessia.
Non vi è, naturalmente, alcun obbligo da parte di
rappresentanze associative già costituite di partecipare
all'elezione con la presentazione di una propria lista
concorrente, ma, evidentemente, ciò comporterebbe
autoesclusione dalla rappresentanza unitaria, dalla sua
attività, dai suoi specifici e peculiari poteri e diritti.
Per converso, la presentazione di una lista da parte di una
rappresentanza associativa già costituita comporta, salvo
disposizione contraria dell'associazione interessata, il
trasferimento dei suoi poteri contrattuali ai rappresentanti
eletti.
In sintesi, l'ampiezza e le multiformità della
legittimazione attiva a pretendere la elezione, costituisce
una convincente risposta al problema, decisivo, della sua
effettiva "esigibilità", che viene ancora rafforzata dalla
previsione dell'articolo 3, che rende perseguibile con il
rapido ed incisivo procedimento dell'articolo 28 dello Statuto
dei lavoratori, ogni comportamento ostativo da chiunque posto
in essere, e - innovazione importante - a richiesta di
qualunque interessato.
Dal punto di vista strutturale, la fisionomia della
rappresentanza unitaria si configura come un organo
collegiale, eletto con sistema proporzionale, ma con possibile
articolazione di collegi per categorie di lavoratori (operai,
impiegati, quadri) e per gruppi professionali, con la
importante innovazione della presenza garantita di personale
femminile.
La consistenza numerica delle rappresentanze unitarie
elettive varia a seconda del livello occupazionale dell'unità
produttiva o amministrativa, ed è conformato in modo da
equivalere, dal punto di vista degli oneri economici ricadenti
sul datore
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di lavoro, a quelli discendenti attualmente dalla presenza
nell'unità produttiva di sei RSA.
Non si tratta, a ben vedere, di un onere eccessivo per le
imprese, se si pensa che la consistenza numerica della
rappresentanza unitaria è comunque definita, mentre
attualmente, il numero delle possibili RSA, con relativi
diritti e garanzie, è "aperto", tanto che in alcune aziende
pubbliche il loro numero ha superato la decina.
Va ancora ripetuto che la disciplina legislativa delle
rappresentanze unitarie, completata dai regolamenti di
elezione e funzionamento, è, bensì autosufficiente a garanzia
di una vera esigibilità da parte dei lavoratori, ma non
esclude intese negoziali rispettose dei suoi princìpi, che
troveranno terreno fertile proprio nella esigenza di disegnare
la struttura della rappresentanza nel modo più congruo alle
caratteristiche dei singoli settori ed unità produttive.
Gli articoli 4 e 5 sono dedicati ai principali poteri e
diritti delle rappresentanze unitarie elettive: diritti di
contrattazione e diritti di informazione, consultazione e
codeterminazione.
L'articolo 4 rende la rappresentanza unitaria elettiva
titolare del potere di stipulare contratti aziendali con
efficacia verso tutti i lavoratori occupati nell'impresa o
unità produttiva ed amministrativa.
Una simile efficacia erga omnes, che riguarda non
solo le clausole favorevoli, ma eventualmente anche quelle
sfavorevoli, si giustifica, appunto, per la riconducibilità
delle determinazioni della rappresentanza unitaria all'insieme
dei lavoratori, in base al doppio vincolo della elettività
della rappresentanza e della possibilità dell'insieme dei
lavoratori di metter eventualmente nel nulla il contratto con
votazione referendaria - a maggioranza - richiesta da un terzo
dei lavoratori o dei rappresentati eletti.
Il potere negoziale riconosciuto alla rappresentanza
unitaria non significa, però, estromissione dell'associazione
sindacale dalla contrattazione aziendale, perché, anzi, esso
può assistere la rappresentanza e, ove si tratti di clausole
aziendali di specificazione o esecuzione di accordi nazionali,
essere cofirmatario dell'accordo aziendale.
Più in generale, si è reso necessario, stante ormai la
diversità strutturale degli agenti negoziali, regolare il
rapporto tra contrattazione aziendale e quella nazionale,
attraverso il riconoscimento a quella nazionale
dell'inderogabilità in peius da parte della
contrattazione aziendale, di cui la prima può determinare
anche i possibili ambiti e competenze.
La possibilità, più teorica che pratica, invero, di
concorso-conflitto tra il potere contrattuale della
rappresentanza unitaria elettiva e quello di rappresentanze
associative le quali, in ipotesi, non abbiano voluto prender
parte alle elezioni, conservando il potere di stipulare
contratti con efficacia limitata agli iscritti, è regolato con
la previsione del diritto di ogni lavoratore di richiedere
l'estensione dei benefici eventualmente ottenuti dalla
rappresentanza associativa, e ciò allo scopo di impedire che
essa possa agire da diversivo rispetto alle linee
rivendicative della rappresentanza unitaria.
Nell'articolo 5 è contenuto l'elenco-base dei diritti di
informazione e consultazione spettanti alla rappresentanza
unitaria. Si tratta di un elenco che non vuole in alcun modo
essere esaustivo, ma solo suppletivo e integrativo delle
previsioni contrattuali presenti e future sulle medesime
materie, anche se notevole caratteristica della disposizione è
di non porre soglie occupazionali per la fruizione di quei
diritti, come invece normalmente avviene nella contrattazione
collettiva.
Con l'articolo 6 si apre, per così dire, la seconda parte
della legge, quella che si occupa della dimensione e di
problematiche "inter" e "super aziendali". Lo stesso articolo
6 detta una regolamentazione, solo all'apparenza complessa,
per l'elezione di rappresentanze unitarie eletive, in ambiti
composti da una pluralità di piccole imprese o unità
produttive, ognuna con meno di 15 addetti, il che comporta
anche l'esistenza di responsabilità solidali tra il datore di
lavoro per la
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sopportazione dell'onere economico di permessi, aspettative,
assemblee retribuite.
L'articolo 7 riproduce e sintetizza princìpi e discipline
già sperimentati, con alterni esiti, al fine di estendere
l'efficacia soggettiva dei contratti nazionali di lavoro,
attraverso l'imposizione di tale specifico onere ai datori di
lavoro che intrattengano rapporti contrattuali con le
pubbliche amministrazioni o fruiscano di qualsivoglia
incentivo e beneficio a carico della finanza pubblica.
Notevole è la espressa previsione del diritto dei singoli
lavoratori di far valere direttamente, in proprio favore, il
rispetto dell'obbligo datoriale.
Fortemente innovativa, e di grande momento per
l'affermazione di una democrazia sindacale che veda i
lavoratori protagonisti dell'azione rivendicativa, è la
disciplina prevista dall'articolo 8, riguardante la
conclusione e l'approvazione dei contratti collettivi di
livello superiore a quello aziendale, e, dunque, territoriale,
nazionale o interconfederale. Viene prevista una
partecipazione dei lavoratori alla elaborazione della
piattaforma e alla trattativa di rinnovo dei contratti
nazionali che si avvale della elezione di un comitato
nazionale di delegati, normalmente in ragione di un delegato
ogni 1.000 lavoratori appartenenti alla categoria, fino a
trecentomila addetti, e un delegato ogni 2.000, al di sopra di
trecentomila addetti.
Questo comitato, che nasce con l'obiettivo di affiancare le
organizzazioni sindacali per tutta la fase contrattuale e che
cessa di esistere con l'entrata in vigore del contratto, ha,
tra gli altri, il compito di dare il mandato alla delegazione
trattante per definire le ipotesi di accordo sulla base delle
indicazioni vincolanti della consultazione dei lavoratori.
A questa prima modalità di partecipazione e controllo
democratico, che riguarda la fase dall'elaborazione fino alla
stipula dell'accordo, ne segue, eventualmente, un'altra
successiva alla sottoscrizione dell'accordo stesso, la quale,
di per sé, non è più sufficiente a determinarne l'entrata in
vigore. Deve, infatti, trascorrere una vacatio di 20
giorni, entro la quale il 25 per cento dei delegati, o il 10
per cento dei lavoratori, può chiedere che si tenga, nei 30
giorni successivi, una verifica con voto personale e segreto
in tutti i luoghi di lavoro della categoria interessata. Il
contratto sottoscritto entra in vigore se la verifica non
viene richiesta nei 20 giorni o, se richiesta, ove il
contratto sia approvato dalla maggioranza dei lavoratori, e,
in questo caso, dal momento della proclamazione dei
risultati.
Nell'ipotesi che, per qualsiasi motivo, non si proceda alla
costituzione del comitato nazionale dei delegati, la verifica
successiva è non più solo eventuale, ma obbligatoria ed
automatica, essendo mancata la prima fase partecipativa.
L'articolo 9 nell'introdurre (o piuttosto reintrodurre)
nell'ordinamento una regola legale di ultrattività degli
accordi, tende a dare la necessaria stabilità al sistema delle
relazioni sindacali, che - come comprovato da recenti
esperienze - risulta gravemente lesionato e destabilizzato da
disdette negoziali che aprono vuoti improvvisi di disciplina
in importanti materie.
Infine, per quanto riguarda l'articolo 10 se la "maggiore
rappresentatività presunta" non può più essere fondante dei
diritti di associazione né, tantomeno, di quelli di
negoziazione, ciò non significa che il criterio di maggiore
rappresentatività non possa tornare utile in molti altri campi
e discipline, purché si tratti di rappresentatività misurata.
L'indice di verifica che si è, dunque, scelto per le
confederazioni, risulta tanto attendibile quanto
necessariamente severo: occorre almeno il 10 per cento dei
voti nella elezione dei membri sindacali degli organi futuri
di controllo dell'INPS e dell'INPDAP.
Diversi e più articolati sono invece gli indici previsti
per i sindacati di categoria: si combinano, invero, indici
elettivi, con riguardo alla elezioni delle rappresentanze
unitarie o del comitato dei delegati di cui all'articolo 8, la
cui soglia è fissata al 5 per cento dei voti, e indici
associativi ed organizzativi, attinenti al tasso di iscrizione
al sindacato e alla diffusione sul territorio nazionale.
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