| Onorevoli Deputati! -- Il provvedimento reitera le
disposizioni contenute nel decreto-legge 30 dicembre 1993, n.
553, non convertito in legge nei termini costituzionali, con
talune modifiche di carattere tecnico rese necessarie per
tener conto degli effetti già prodotti dal provvedimento che
si intende reiterare.
L'articolo 1, in particolare, attiene agli eventi sismici
verificatisi il 29 aprile 1984
in Umbria e il 7 e l'11 maggio dello stesso anno in Abruzzo,
Molise, Lazio e Campania, in conseguenza dei quali erano state
accordate ai soggetti residenti nelle zone terremotate
particolari agevolazioni in materia di pagamento di imposte
sul reddito.
In particolare la legge 24 luglio 1984, n.363 (di
conversione del decreto-legge 26 maggio 1984, n.159), ha
stabilito, al primo comma dell'articolo 13- quinquies, la
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sospensione, fino al 31 dicembre 1985, del pagamento dei
tributi diretti erariali dovuti dai soggetti menzionati
nonché, al secondo comma, la ripresa della riscossione dei
carichi sospesi in nove rate trimestrali senza interessi o
altri oneri a partire dal febbraio 1986.
Successivamente, la sospensione avente scadenza il 31
dicembre 1985 è stata prorogata al 30 giugno 1986, mentre la
ripresa della riscossione è stata fissata con iscrizione a
ruolo in venti rate, scadenti a circa un anno di distanza
l'una dall'altra, in base alla liquidazione delle
dichiarazioni dei redditi presentate dagli interessati per le
annualità 1984, 1985 e 1986 (sei mesi), così come previsto
dall'articolo 1- ter del decreto-legge 30 giugno 1986,
n.309, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto
1986, n.472.
Lo sviluppo delle iscrizioni a ruolo in venti rate (con
riscossione in circa quattro anni per ogni periodo d'imposta)
determinava però l'accavallamento dei ratei e conseguentemente
dei pagamenti con un aggravio finanziario non indifferente per
imprese e persone fisiche, le cui disponibilità economiche
erano in effetti compromesse dalla gravità degli eventi
sismici in parola.
Al fine di ovviare, almeno parzialmente, a tali
inconvenienti - che hanno formato oggetto di numerosi
interventi da parte di operatori economici, rappresentanti
delle varie associazioni sindacali nonché parlamentari delle
zone terremotate - è stata approvata la legge 2 febbraio 1990,
n.18, recante un ulteriore differimento per la riscossione dei
carichi di cui trattasi.
L'articolo 1 di tale legge ha infatti previsto che le
scadenze delle rate relative al 1984 dovevano essere stabilite
evitando sovrapposizioni con le rate relative alle iscrizioni
a ruolo afferenti le annualità 1985 e 1986 (primo semestre) ed
inoltre (in deroga al termine previsto dall'articolo 17 del
decreto del Presidente della Repubblica n.602 del 1973) che i
relativi ruoli fossero formati e consegnati alle competenti
intendenze di finanza entro il 31 dicembre 1993.
Successivamente la legge 26 giugno 1990, n.165, ha variato il
menzionato articolo 1 della legge n.18 del 1990 ampliando
ulteriormente la portata della norma con la previsione che
fossero evitate sovrapposizioni anche fra le rate relative al
1985 e quelle relative al 1986 (primo semestre).
A seguito di imprevisti disguidi, dovuti in gran parte
all'applicazione della disposizione contenuta nell'articolo 1
della legge n.18 del 1990 ed alla sua riformulazione di cui
alla legge n.165 del 1990, che hanno comportato sospensioni
della riscossione e ricompilazione di ruoli già formati, non è
possibile, per i competenti uffici finanziari, operare nel
rispetto del termine del 31 dicembre 1993, stabilito dalla
cennata normativa.
In tale situazione è opportuno che, per poter pervenire ad
una regolare formazione e consegna dei ruoli alle competenti
intendenze di finanza, venga modificato l'articolo 1 della
legge 2 febbraio 1990, n.18, prevedendo che i ruoli relativi
ai periodi d'imposta 1985 e 1986 vengano formati e consegnati
all'intendente di finanza, rispettivamente, entro il 31
dicembre 1994 e il 31 dicembre 1998, e si susseguano senza
soluzione di continuità mediante una riscossione dilazionata
in effettive venti rate complessive.
Per quanto concerne il gettito si fa presente che la
disposizione non comporta oneri a carico del bilancio dello
Stato, atteso che la disposizione di cui trattasi mira
soltanto ad evitare, sotto l'aspetto meramente tecnico,
l'accavallarsi delle rate.
L'articolo 2 abroga il comma 3- bis dell'articolo 56
del testo unico delle imposte sui redditi, introdotto
dall'articolo 26, comma 8, del decreto-legge 2 marzo 1989,
n.69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile
1989, n.154.
Il comma 3- bis sopra citato dispone che gli interessi
derivanti da prestiti fatti in qualsiasi forma e sotto
qualsiasi denominazione, se la misura non è determinata o è
inferiore, si computano in misura corrispondente al tasso
ufficiale di sconto medio vigente nel periodo d'imposta. Detto
comma contiene una presunzione assoluta di onerosità dei
prestiti medesimi, la quale è operante anche quando risulti
convenzionalmente esclusa tale onerosità. Essa
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pertanto costituisce un correttivo e una deroga al comma 2
dell'articolo 42, secondo cui le parti, nell'ambito della
propria autonomia contrattuale, possono escludere l'onerosità
dei capitali dati a mutuo ovvero prevedere un tasso di
interesse inferiore al tasso legale e tali previsioni assumono
rilevanza anche ai fini fiscali.
La norma in questione ha suscitato, sin dalla sua
introduzione, notevoli perplessità in ordine sia
all'individuazione del suo ambito oggettivo di applicazione
sia alle concrete modalità di applicazione della stessa.
L'ampia formulazione della norma (che sembrerebbe
ricomprendere anche la generalità dei depositi bancari e i
prestiti effettuati mediante emissione di titoli
obbligazionari) ha, in pratica, dilatato a dismisura la sua
portata applicativa, creando effetti distorsivi e penalizzanti
sicuramente estranei alla originaria finalità di colpire il
fenomeno elusivo, mediante il quale il trasferimento di utili
da un soggetto ad un altro può essere attuato tramite la
concessione di finanziamenti con un tasso di interesse
inferiore a quello sopportato dall'imprenditore per procurarsi
le corrispondenti risorse finanziarie. Le difficoltà
interpretative della disposizione in parola, nonché di
introdurre idonee correzioni della stessa, sono peraltro
comprovate dal fatto che la norma non ha trovato mai
applicazione, in quanto l'efficacia del comma 3- bis
dell'articolo 56 del testo unico delle imposte sui redditi è
stata procrastinata: a) al periodo d'imposta avente
inizio dopo il 31 dicembre 1989, dall'articolo 2, comma 1, del
decreto-legge 2 giugno 1989, n.212, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 luglio 1989, n.267; b) al
periodo d'imposta avente inizio dopo il 31 dicembre 1990,
dall'articolo 8, comma 6, del decreto-legge 27 aprile 1990,
n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno
1990, n.165; c) al periodo d'imposta avente inizio dopo
il 31 dicembre 1991, dall'articolo 9, comma 5, della legge 29
dicembre 1990, n.408; d) al periodo d'imposta avente
inizio dopo il 31 dicembre 1993, dall'articolo 11, comma 3,
della legge 30 dicembre 1991, n.413.
Pertanto, nell'articolo 2 si è ritenuto opportuno
prevedere, anziché l'ulteriore differimento dell'efficacia
della norma, la sua soppressione.
L'articolo 3 concerne gli sgravi contributivi per le
imprese industriali operanti nel Mezzogiorno. A tal proposito,
con la sentenza della Corte costituzionale n.261, del 3-12
giugno 1991 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale
dell'articolo 18, secondo comma, del decreto-legge 30 agosto
1968, n.918, convertito, con modificazioni, dalla legge 25
ottobre 1968, n.1089, nella parte in cui esclude dal beneficio
degli sgravi contributivi le imprese industriali operanti nel
Mezzogiorno, relativamente al personale dipendente le cui
retribuzioni non siano assoggettate a contribuzione contro la
disoccupazione involontaria. In conseguenza di tale sentenza
le imprese industriali escluse dagli sgravi contributivi
avrebbero potuto vantare nei confronti dell'INPS il diritto al
rimborso dei relativi contributi già versati. Tuttavia
l'articolo 16, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n.412,
in considerazione della rilevanza dell'onere complessivo a
carico dell'INPS per l'esecuzione di tali rimborsi a favore
delle imprese aventi diritto e delle conseguenze che ne
sarebbero derivate sull'equilibrio del sistema previdenziale,
stabilì che la regolamentazione degli effetti della sentenza
della Corte costituzionale sarebbe stata effettuata con
provvedimento legislativo nel quadro della disciplina degli
sgravi degli oneri sociali per le imprese operanti nel
Mezzogiorno. Ed infatti il decreto-legge 22 marzo 1993, n.71,
convertito dalla legge 20 maggio 1993, n.151, stabilisce,
all'articolo 1, comma 3, che il rimborso in questione è
effettuato in dieci rate annuali di pari importo, senza alcun
aggravio per rivalutazioni o interessi, entro il 31 dicembre
di ciascun anno.
In base al disposto dell'articolo 75, comma 1, del testo
unico delle imposte sui redditi l'intero importo dei
contributi per i quali spetta il rimborso dovrebbe concorrere
a formare il reddito d'imposta nel corso del quale la
sopravvenienza attiva assume i requisiti della certezza e
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oggettiva determinabilità. In tal modo si verrebbe, però, a
creare un grave pregiudizio per i contribuenti, che si
troverebbero a dover anticipare l'onere fiscale mentre per
l'incasso delle somme è stato previsto dalla legge un lungo
termine ed è stato escluso il pagamento sia degli interessi
che della rivalutazione monetaria.
Al fine di non vanificare nella sostanza il beneficio
derivante dalla sentenza della Corte costituzionale,
l'articolo 3 prevede che gli oneri sociali da rimborsare alle
imprese industriali concorrono alla formazione del reddito
d'impresa dei vari periodi d'imposta limitatamente
all'ammontare di ciascuna rata annuale.
L'articolo 4 attiene al rimborso dell'imposta a seguito di
decisioni delle commissioni tributarie. A tal proposito,
l'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica
n.602 del 1973 stabilisce che, quando l'imposta iscrivibile a
ruolo a seguito della decisione della commissione tributaria è
inferiore a quella già iscritta a ruolo ai sensi dell'articolo
15 dello stesso decreto, l'ufficio delle imposte dispone il
rimborso entro i sessanta giorni dal ricevimento della
decisione. Dalla formulazione della norma sopracitata si
evince che i rimborsi in questione possono essere eseguiti
solo in presenza di iscrizioni a ruolo a titolo provvisorio e
non anche di iscrizioni a ruolo a titolo definitivo. In tal
modo viene, però, a crearsi una disparità di trattamento dei
contribuenti iscritti a ruolo e ciò sia per le imposte dirette
(soprattutto con riferimento alle iscrizioni a ruolo eseguite
ai sensi dell'articolo 36- bis del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n.600) sia per le imposte
indirette. Si è pertanto ritenuto opportuno modificare la
disposizione in questione eliminando il riferimento
all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica
n.602 del 1973, che riguarda, appunto, le sole iscrizioni nei
ruoli a titolo provvisorio, in base ad accertamenti non
definitivi.
L'articolo 5 prevede lo slittamento al 30 giugno 1994 dei
termini per l'emanazione del decreto del Ministro delle
finanze che fissa princìpi e criteri di bilancio per la tenuta
della contabilità. Infatti, il comma 1 dell'articolo
62- quater del decreto-legge 30 agosto 1993, n.331,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993,
n.427, stabilisce tra l'altro che all'articolo 12 del
decreto-legge 2 marzo 1989, n.69, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n.154, il comma 4 è
sostituito da un nuovo comma che, riproducendo sostanzialmente
il precedente, prevede che con decreto del Ministro delle
finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il
31 dicembre 1993, sono stabiliti i criteri e i princìpi di
bilancio che attengono ad una normale tenuta della
contabilità, nonché i criteri e le condizioni procedurali per
l'applicazione dei coefficienti di cui all'articolo 11 del
decretolegge n.69 del 1989, ai fini della determinazione del
reddito e dell'IVA anche nei confronti dei soggetti che hanno
optato per il regime di contabilità ordinaria. Ai fini
dell'emanazione dei predetti decreti è prevista l'istituzione
di un apposito comitato di studio con il compito di
individuare i criteri per la tenuta della contabilità mancando
i quali si applicheranno i coefficienti anche nei confronti di
coloro che hanno optato per il regime di contabilità
ordinaria.
E' da rilevare che allo stato attuale si appalesano
notevolmente ristretti i tempi necessari per adempiere a
quanto previsto dall'articolo 62- quater del
decreto-legge 30 agosto 1993, n.331; di conseguenza sono
materialmente impossibili sia la costituzione del comitato
suindicato, sia la regolamentazione di una materia tanto
complessa quale è quella dei criteri e princìpi di bilancio
che attengono a una normale tenuta della contabilità. Per tali
motivi con la norma in rassegna si è differito al 30 giugno
1994 il termine del 31 dicembre 1993 per l'emanazione del
decreto del Ministro delle finanze che fissa i princìpi e i
criteri di bilancio per la tenuta della contabilità.
L'articolo 6 apporta modificazioni alla disciplina
dell'attività dei centri autorizzati di assistenza fiscale
alle imprese ed ai lavoratori dipendenti e pensionati,
eliminando e correggendo le disposizioni che hanno, di fatto,
impedito l'apposizione dei
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visti di conformità sulle ultime dichiarazioni.
In particolare la lettera a) modifica l'articolo 78,
comma 2, per consentire alle organizzazioni nazionali di
operare un effettivo controllo sull'attività dei centri
costituiti dalle loro organizzazioni territoriali e di
categoria in virtù di specifica delega. Eliminando la
irrevocabilità della predetta delega viene consentito,
infatti, alle organizzazioni nazionali di effettuare controlli
efficaci che assicurino un corretto funzionamento dell'intero
sistema di assistenza fiscale alle imprese.
La lettera b), al fine di assicurare che in tutti i
centri sia operata una accurata revisione contabile interna,
ribadisce, per le società a responsabilità limitata, l'obbligo
di nomina del collegio sindacale, tenuto conto che, in base
all'articolo 2488 del codice civile, così come sostituito
dall'articolo 19 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n.127,
la nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale
sociale non è inferiore a duecento milioni di lire o se è
stabilita nell'atto costitutivo.
La lettera c) prevede inoltre la eliminazione
dell'obbligo di certificazione del bilancio dei centri di
assistenza per non gravare la loro gestione di costi
particolarmente gravosi ed il cui sostenimento non si appalesa
strettamente necessario al fine di garantire il corretto
funzionamento dei centri stessi. Al riguardo va anche tenuto
presente che le esigenze di garanzia per gli utenti e per
l'Amministrazione finanziaria sono già sufficientemente
soddisfatte dall'obbligo di assicurazione e dalla previsione
di un capitale minimo.
La lettera d) sopprime il secondo periodo del comma 5
dell'articolo 78, che prevedeva la responsabilità diretta del
direttore tecnico del centro di assistenza fiscale nella
apposizione dei visti di conformità. Con l'eliminazione di
tale disposizione vengono superate le difficoltà create dalla
impossibilità di stipulare assicurazioni per ipotesi di
responsabilità diretta e non già di responsabilità civile nei
confronti dell'utente. Contemporaneamente la lettera e)
provvede a riformulare il comma 7 dell'articolo 78,
prevedendo la responsabilità indiretta del centro di
assistenza anche in riferimento alle sanzioni amministrative
irrogate al contribuente in conseguenza di errori formali
commessi dal centro o dai professionisti in sede di
apposizione del visto di conformità. Viene, inoltre, chiarito
che resta ferma la responsabilità del contribuente per il
pagamento sia del tributo che degli interessi, anche se
l'iscrizione a ruolo dipende da irregolarità commesse dal
centro di assistenza; ciò in quanto l'obbligazione tributaria
non può che riferirsi al soggetto passivo d'imposta. Viene
eliminata la disposizione che prevede l'irrogazione di
un'autonoma sanzione nei confronti dei direttori tecnici che
commettono irregolarità nell'apposizione del visto di
conformità. Tale sanzione, di difficile applicabilità,
risultava, peraltro, non strettamente necessaria, atteso che
per i contribuenti e per l'Amministrazione può ritenersi
sufficiente la garanzia fornita dal centro e dalla copertura
assicurativa delle sue responsabilità.
La lettera f) estende al 1994 il regime transitorio
introdotto nel 1993 per consentire ai CAAF di apporre i visti
di conformità. Con l'estensione del predetto regime
transitorio si intende rimuovere le difficoltà create, anche
nel 1993, dalle disposizioni legislative modificate con il
presente decreto, consentendo un più agevole avvio
dell'assistenza fiscale alle imprese, nel primo anno di
effettiva attività dei centri di assistenza.
La lettera g) apporta, invece, modifiche alla
disciplina dell'assistenza fiscale ai lavoratori dipendenti e
pensionati. Viene sostituito il primo periodo del comma
13- bis dell'articolo 78, in particolare, in base al
quale i datori di lavoro non erano obbligati a svolgere
l'attività di assistenza fiscale nei riguardi dei propri
dipendenti qualora avessero stipulato convenzioni, tra gli
altri, con i centri di assistenza fiscale dei lavoratori
dipendenti e pensionati costituiti dalle organizzazioni
sindacali degli stessi rappresentate nel CNEL.
Tale disposizione recepisce l'esigenza, rappresentata anche
in sede parlamentare, di non turbare le relazioni sindacali,
essendo i predetti centri costituiti dalle
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stesse organizzazioni che assumono la veste di controparti in
sede di stipula dei contratti di lavoro. Tale esigenza è stata
salvaguardata eliminando la possibilità di stipulare le
predette convenzioni tra datori di lavoro e centri di
assistenza costituiti dalle organizzazioni sindacali. Resta,
invece, ferma la facoltà per i datori di lavoro di liberarsi
dall'obbligo di prestare l'assistenza costituendo un centro di
assistenza ovvero convenzionandosi con i centri che prestano
assistenza alle imprese e con quelli costituiti da soggetti
abilitati ad istituire patronati.
Il secondo comma dell'articolo in rassegna modifica il
comma 8- bis dell'articolo 4 del decreto-legge 23 gennaio
1993, n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 1993, n.75, rendendo facoltativa l'assistenza fiscale ai
propri dipendenti per tutti i sostituti d'imposta con non più
di cento dipendenti (e non soltanto per le imprese, come
prevedeva la disposizione che viene modificata). Ciò in quanto
appare ingiustificata la disparità di trattamento tra le
imprese ed altri sostituti per lo più privi di adeguata
organizzazione (quali gli enti non esercenti attività
commerciali, professionisti, eccetera). Per evitare le
incertezze interpretative viene, altresì, specificato che il
superamento del limite dei cento dipendenti va verificato al
31 dicembre dell'anno precedente a quello nel corso del quale
dovrebbe essere prestata l'assistenza.
L'articolo 7 concerne disposizioni per il funzionamento
degli uffici distrettuali delle imposte dirette. Infatti,
l'articolo 62, comma 17, del decreto-legge 30 agosto 1993,
n.331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre
1993, n.427, ha prorogato al 31 dicembre 1993 il termine per
il funzionamento di taluni uffici distrettuali delle imposte
dirette, la cui soppressione era già prevista dal programma di
revisione delle circoscrizioni territoriali degli uffici
finanziari originariamente delineato dal decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.644. Allo scopo
di coordinare tale programma con la radicale ristrutturazione
dell'apparato periferico dell'Amministrazione finanziaria,
prevista dalla legge 29 ottobre 1991, n.358, appare necessario
il differimento del termine in questione, disposto con la
norma in rassegna, in modo da far coincidere la soppressione
dei detti uffici con l'attivazione dei nuovi uffici delle
entrate, nei quali verranno a unificarsi le competenze degli
attuali uffici delle imposte dirette, degli uffici IVA e degli
uffici del registro.
La legge comunitaria per l'anno 1993, approvata dal
Parlamento, prevede l'abrogazione dalla data di entrata in
vigore della legge stessa della disposizione contenuta al
comma 5 dell'articolo 2 della legge 22 luglio 1982, n. 467,
che prevede l'obbligo per l'Amministrazione autonoma dei
monopoli di Stato di commercializzare i sali da essa prodotti
attraverso una società partecipata dall'Azienda tabacchi
italiani (A.T.I.) con produttori a prevalente partecipazione
pubblica. Tale disposizione è in evidente contrasto con
direttive comunitarie. Di conseguenza, con l'articolo 8 del
presente provvedimento si è inteso mantenere al 31 dicembre
1993 la decorrenza dell'abrogazione della predetta
disposizione già stabilita dal decreto-legge 30 dicembre 1993,
n. 553, in quanto l'Amministrazione autonoma dei monopoli di
Stato ha già posto in essere le procedure per ottemperare agli
obblighi comunitari. Infatti, è stata sciolta, con
deliberazione assembleare, la società riservataria della
commercializzazione del sale, che ora avviene in forma
concorrenziale.
Con l'articolo 9 si è ritenuto opportuno proporre il
superamento della disposizione di cui all'articolo 23, comma
3, lettera c), della legge 30 dicembre 1991, n.413, a
causa delle numerose difficoltà pratiche e tecniche
manifestatesi nell'applicazione del sistema di
autoliquidazione dei tributi successori (specificità della
normativa civilistica e tributaria successoria, devoluzione
ereditaria, attivo, passività ammissibili, eccetera;
macchinosa normativa riguardante l'INVIM, connessa al tributo
successorio e alle varie imposte: ipotecaria, catastale, bollo
e accessori, tributi speciali, Cassa del notariato, Archivio
notarile, che globalmente interessano la liquidazione
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dell'imposta di successione, attualmente affidata alla
notevole esperienza di funzionari liquidatori del ruolo degli
uffici del registro). Ciò appare contraddittorio rispetto
all'esigenza di semplificazione degli adempimenti imposti ai
contribuenti e si è, pertanto, ritenuto opportuno lasciare
tale incombenza a carico degli uffici dell'Amministrazione
finanziaria.
Infatti, sulla base delle predette considerazioni, è stato
abrogato il provvedimento originario recante
l'autoliquidazione dei tributi successori. Per esigenze di
tecnica legislativa si è ritenuto di pervenire a tale
abrogazione mediante ricorso al ripristino della normativa
successoria preesistente negli articoli contenuti nel testo
unico sulle successioni e donazioni, approvato con decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n.346, successivamente modificati
dall'articolo 23, comma 3, lettera c), della legge 30
dicembre 1991, n.413.
L'articolo 10 prevede talune disposizioni per
l'applicazione dell'addizionale regionale all'imposta erariale
di trascrizione e dell'imposta provinciale per l'iscrizione
dei veicoli nel pubblico registro automobilistico.
Al fine di alleggerire il lavoro degli uffici del registro
il legislatore dispose, con legge 23 dicembre 1977, n.952, che
le scritture private, con sottoscrizione autenticata o
accertata giudizialmente, da prodursi al pubblico registro
automobilistico per le formalità di trascrizione, iscrizione
ed annotazione, fossero esonerate dall'obbligo della
registrazione ed assoggettate all'imposta erariale di
trascrizione.
Per non creare disparità di trattamento con gli atti
pubblici e gli atti giudiziari di pari contenuto, che sono
rimasti nell'ambito di applicazione dell'imposta di registro
(già decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n.634, ed attualmente decreto del Presidente della Repubblica
26 aprile 1986, n.131), il legislatore ha sempre cercato di
armonizzare le variazioni subìte nel tempo dall'imposta
erariale di trascrizione con quelle previste per l'imposta di
registro relativa al trasferimento di veicoli. Soltanto di
recente questo coordinamento è venuto meno con l'istituzione
dell'addizionale regionale alla IET (articolo 1 del decreto
legislativo 21 dicembre 1990, n.398) e dell'imposta
provinciale per l'immatricolazione dei nuovi veicoli (articolo
20 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.504) che
normativamente vengono applicate agli atti sottoposti
all'imposizione IET (scritture private con sottoscrizione
autenticata o accertata giudizialmente) e non anche agli atti
pubblici ed agli atti giudiziari.
In assenza del necessario richiamo all'articolo 7, lettere
a), b), c), d) ed e), della tariffa, parte prima,
del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,
n.131, si è verificata l'elusione dell'addizionale regionale
dell'imposta erariale di trascrizione e dell'imposta
provinciale per l'immatricolazione dei nuovi veicoli in
occasione della registrazione degli atti pubblici di pari
contenuto, che scontano l'imposta di registro anziché
l'imposta erariale di trascrizione.
Pertanto, la norma in rassegna è diretta a ricondurre ad
una pari imposizione fiscale sia gli atti pubblici sia le
scritture private, con sottoscrizione autenticata o accertata
giudizialmente.
L'articolo 11 prevede modifiche alle tasse di concessione
comunale e regionale. La legge 28 marzo 1991, n. 112, recante
norme in materia di commercio su aree pubbliche, ha
profondamente innovato il sistema delle autorizzazioni per
l'esercizio del commercio su aree pubbliche e, quindi, del
connesso regime delle tasse di concessione comunale.
L'articolo 7, comma 3, della richiamata legge n. 112 del 1991
ha previsto che fino all'emanazione dell'apposito regolamento
di esecuzione continuavano ad applicarsi in merito le
disposizioni precedentemente in vigore.
A seguito dell'emanazione del previsto regolamento -
avvenuta con decreto del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato 4 giugno 1993, n.248 - si rende
necessario disciplinare la materia anche sotto il profilo
tributario. In proposito, tenuto conto che le autorizzazioni
in questione, secondo quanto dispone la citata legge n.112 del
1991, possono essere rilasciate sia dalla regione che dal
comune,
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in funzione del diverso ambito territoriale in cui le
attività in questione possono essere esercitate, si rende
necessario provvedere, oltre che ad una modifica del numero 22
della tabella allegata al decreto del Ministro delle finanze
29 novembre 1978 relativa alla tariffa delle tasse di
concessione comunale, all'istituzione di una corrispondente
voce della tassa di concessione regionale di cui al decreto
legislativo 22 giugno 1991, n.230, e successive
modificazioni.
Per quanto riguarda le tariffe, per la tassa di concessione
comunale si sono unificate in una sola tariffa le due
preesistenti relative all'autorizzazione per l'esercizio del
commercio ambulante nel territorio del comune che rilascia la
licenza. Per le due ipotesi di autorizzazioni regionali, è
stata prevista una tariffa leggermente superiore di quella
comunale, sulla base della considerazione che le
autorizzazioni in questione consentono, sia pure con diversa
articolazione, l'esercizio del commercio su tutto il
territorio della regione.
Con l'articolo 12 si provvede ad apportare talune
necessarie correzioni alla disciplina recata dal decreto-legge
30 agosto 1993, n.331, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 ottobre 1993, n.247, in materia di regime del
deposito fiscale, di prodotti soggetti ad accise e di altre
imposizioni indirette. Le modifiche che si introducono sono
dirette:
a ripristinare una norma (già prevista nel decreto-legge
n.513 del 1992, e nelle successive reiterazioni) che conferma
l'istituto dell'esonero dall'obbligo di prestare le cauzioni
in materia di accise, per le ditte di notoria solvibilità, da
tempo in vigore nel nostro ordinamento (legge 15 dicembre
1971, n.1161) e che risale alla legge istitutiva dell'imposta
di fabbricazione sugli oli minerali (articolo 7 del
decreto-legge 28 febbraio 1989, n.334, convertito dalla legge
2 giugno 1989, n.738). La disposizione attualmente vigente
(introdotta in sede di conversione del decreto-legge n.331 del
1993), recata dall'articolo 4, comma 3, lettera a),
determina una situazione di incertezza sulla vigenza
dell'istituto dell'esonero e non aggiunge nulla alla modalità
di prestazione delle cauzioni, in quanto la garanzia
fideiussoria bancaria o assicurativa è già ammessa dalle norme
vigenti. Né sembra che con la disposizione introdotta si sia
inteso sopprimere la facoltà di esonero, perché, in tal caso,
avrebbe dovuto essere espressamente abrogata la norma che
attualmente lo disciplina; d'altra parte, non sembra logico
sopprimere l'esonero per le cauzioni dovute in materia di
accise, che riguarda i prodotti nazionali e comunitari
soggetti a tale tributo, e, nello stesso tempo, lasciare in
vigore l'esonero per le cauzioni dovute in materia doganale
previsto dall'articolo 90 del testo unico delle disposizioni
legislative in materia doganale approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.43, che
interessa i medesimi prodotti di provenienza estera; ne
deriverebbe, infatti, una ingiustificata penalizzazione per i
prodotti nazionali;
a fissare in 125.000 tonnellate annue il contingente di
biodiesel in esenzione di accisa a decorrere dal 1^ gennaio
1994. Tale quantità corrisponde a quella della messa a coltura
di 100.000 ettari prevista dal protocollo d'intesa firmato tra
il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e
le categorie economiche interessate. Con un contingente
superiore a quello commisurato alla produzione nazionale di
oli vegetali provenienti da semi coltivati in regime di
set-aside, si finirebbe per dare spazio alla produzione
di altri Paesi comunitari con finanziamenti a carico del
nostro bilancio;
a sopprimere le disposizioni riguardanti la possibilità
di aumentare il predetto contingente fino a 500 mila
tonnellate annue, in via amministrativa, senza la previsione
di alcuna copertura finanziaria;
a precisare che fino al 31 dicembre 1993 l'imposta di
fabbricazione sui sacchetti di plastica (la cui soppressione è
prevista dal 1^ gennaio 1994) si applica con le aliquote e le
modalità stabilite nell'articolo 29 del decreto-legge n.331
del 1993.
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Con l'articolo 13 si provvede a ritardare l'entrata in
vigore della norma in materia di esclusiva per l'Ente poste
italiane nella distribuzione dei valori bollati di cui
all'articolo 13, comma 3, della legge n. 537 del 1993.
L'articolo 14 attiene al conto fiscale. La nuova disciplina
istitutiva del conto fiscale operante dal 1^ gennaio 1994,
quale prevista dall'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991,
n.413, e dal relativo regolamento di esecuzione, in corso di
pubblicazione, comporta un complesso sistema contabile per
quanto riguarda l'esecuzione dei versamenti e dei rimborsi.
Tenuto conto che, per i ritardi fin qui verificatisi nella
predisposizione del regolamento e dei criteri ministeriali
attuativi, non tutte le aziende di credito sono materialmente
in grado di attuare le nuove procedure di versamenti. Con la
norma proposta si prevede che per un periodo di tre mesi è
riservata facoltà alle aziende di credito di limitare le
operazioni di riscossione soltanto all'imposta sul valore
aggiunto, utilizzando la modulistica vigente al 31 dicembre
1993. Si disciplina poi l'attività di riversamento secondo lo
schema previsto dal regolamento di attuazione del conto
fiscale. La disposizione in parola, inoltre, prevede che per
l'imposta sul valore aggiunto riscossa fino al 31 marzo 1994,
l'azienda di credito non deve trasmettere alcuna informazione
all'Amministrazione finanziaria sulle operazioni eseguite e
che vi provvede il concessionario secondo termini e modalità
stabiliti con decreto del Ministro delle finanze. Vengono
altresì stabiliti, in coerenza con la formulazione recata
dall'articolo 78 della legge n.413 del 1991, i limiti per le
richieste di rimborso da valere per i primi tre anni di
applicazione del conto fiscale. Tenuto conto, poi, dei tempi
di attuazione della nuova regolamentazione che deriva
dall'applicazione del conto fiscale, appare opportuno
mantenere fermo al giorno 20 del mese, limitatamente ai primi
due mesi di applicazione, il termine per il versamento
dell'IVA, al fine di consentire un ordinato avvio del
sistema.
L'articolo 15 prevede che, per l'anno 1994, lo stanziamento
del capitolo 5501 dello stato di previsione della Presidenza
del Consiglio dei ministri (fondo da ripartire per le spese di
organizzazione e di funzionamento nonché per le spese
riservate, da assegnare al Comitato esecutivo per i servizi di
informazione e di sicurezza, al Servizio per le informazioni e
la sicurezza militare e al Servizio per le informazioni e la
sicurezza democratica) è aumentato di lire 50 miliardi.
L'articolo 16, infine, provvede alla copertura degli oneri
derivanti dal presente provvedimento.
L'articolo 17 mira a chiarire la decorrenza
dell'applicazione delle disposizioni del decreto-legge 4
febbraio 1994, n. 90, concernente semplificazione di talune
disposizioni in materia tributaria.
Con l'articolo 18 si introduce una modifica alla legge
quadro sul volontariato. Infatti, l'articolo 4 della legge 11
agosto 1991, n. 266, prevede, al comma 1, che i proventi
derivanti da attività commerciali e produttive marginali non
costituiscono redditi imponibili ai fini dell'IRPEG e
dell'ILOR qualora sia documentato il loro totale impiego per i
fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. Il
secondo periodo del comma 4, inoltre, stabilisce che "sulle
domande di esenzione, previo accertamento della natura e
dell'entità delle attività, decide il Ministro delle finanze
con proprio decreto di concerto con il Ministro degli affari
sociali".
Premesso che la disposizione recata dal secondo periodo del
comma 4 è tecnicamente inesatta in quanto non può essere
considerata una esenzione la non imponibilità ex lege
dei proventi derivanti da attività commerciali e produttive
marginali poste in essere dalle organizzazioni di
volontariato, la norma stessa si rivela anomala per ciò che
attiene all'individuazione dell'organo al quale proporre
ricorso per i casi di diniego ovvero di revoca della
esenzione. Si ritiene, pertanto, che il secondo periodo del
comma 4 della citata legge vada modificato eliminando il
riconoscimento formale affidato al decreto
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interministeriale, cosicché viene automaticamente demandato
agli uffici finanziari il controllo istituzionale circa la non
imponibilità dei proventi in argomento, e introducendo la
previsione dell'emanazione di un decreto da parte del Ministro
delle
finanze, di concerto con il Ministro per gli affari sociali,
per stabilire i criteri relativi al concetto di marginalità
espresso al primo periodo del medesimo comma 4 dell'articolo 4
della legge 11 agosto 1991, n. 266.
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