| Onorevoli Deputati! -- Il presente provvedimento è
volto ad adeguare la disciplina tributaria del reddito
d'impresa alle disposizioni concernenti i conti annuali delle
società introdotte dal decreto legislativo 9 aprile 1991,
n.127, e a quelle per gli enti creditizi e finanziari
introdotte dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.87.
La necessità di un intervento di adeguamento - da tempo
fortemente richiesto ed atteso dagli operatori - si è ora
manifestata, in tutta la sua urgenza, considerato
che, alla recente approvazione da parte del Senato
del disegno di legge delega per la revisione del reddito
d'impresa, all'esame della Camera (atto Camera n.3543), devono
poi fare seguito, dopo la relativa definitiva approvazione da
parte della Camera, la redazione da parte del Governo del
conseguente schema di decreto legislativo e l'acquisizione
sullo stesso del prescritto parere della Commissione
parlamentare di cui all'articolo 17, terzo comma, della legge
9 ottobre 1971, n.825. L'espletamento di tale iter
procedurale
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non avrebbe permesso di offrire agli operatori un quadro
normativo fiscale certo in tempi utili per la tempestiva
predisposizione dei bilanci relativi all'esercizio 1993. Un
eventuale ritardo nell'adeguamento della disciplina tributaria
determinerebbe gravi incertezze applicative - considerate le
rilevanti divergenze tra i criteri civilistici e quelli
fiscali vigenti soprattutto in materia di registrazione e
valutazione dei titoli e delle partecipazioni, dei crediti e
delle operazioni "fuori bilancio" - e potrebbe, quindi,
indurre gli operatori a scelte di bilancio contrastanti con il
principio della corretta rappresentazione della situazione
patrimoniale, di quella finanziaria e del risultato economico
dell'esercizio, e cioè, in sintesi, con l'esigenza del "quadro
fedele".
In tale situazione è sembrato, quindi, al Governo, oltre
che urgente, anche doveroso intervenire tempestivamente nella
complessa materia del reddito d'impresa, con modifiche
peraltro limitate all'adeguamento dell'attuale sistema con i
nuovi princìpi di redazione dei bilanci, lasciando ad un
secondo momento revisioni di più ampia portata.
Il provvedimento si compone di tre articoli che riguardano
specificamente:
a) le modifiche all'attuale disciplina del testo
unico delle imposte sui redditi connesse con la determinazione
del reddito d'impresa (articolo 1);
b) le disposizioni transitorie (articolo 2);
c) l'entrata in vigore (articolo 3).
1. Modifiche ai criteri di individuazione del valore
normale (articolo 9 del testo unico delle imposte sui
redditi).
Le modifiche introdotte nelle lettere a) e c)
del comma 4 dell'articolo 9 - che è norma di carattere
generale per la determinazione dei redditi e delle perdite e,
quindi, riguardante anche le disposizioni sul reddito
d'impresa - sono in parte di carattere formale e, in parte, di
carattere sostanziale. Con la prima, si è modificata, con
riferimento ai titoli, l'espressione "quotati in borsa o
negoziati al mercato ristretto" con quella "negoziati nei
mercati regolamentati italiani o esteri". Si è in tal modo
adeguata la terminologia, ormai desueta, adottata nel testo
unico - e, quindi, anche quella del reddito d'impresa che si
riferisce alla valutazione dei titoli (articoli 61 e 66) e
delle operazioni "fuori bilancio" rappresentate da contratti a
termine e da contratti derivati su titoli (articolo
103- bis) - con quella utilizzata nei provvedimenti
riguardanti il mercato mobiliare. Con la nuova espressione, si
è altresì chiarito che i titoli presi in considerazione sono
anche quelli negoziati nei mercati regolamentati esteri.
Con la seconda modifica, di carattere sia terminologico sia
sostanziale, anch'essa connessa alle norme sul reddito
d'impresa, si è sostituito il riferimento "alla media dei
prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell'ultimo trimestre"
con quello "alla media aritmetica dei prezzi rilevati
nell'ultimo mese". In tal modo si è inteso, da un lato, fare
riferimento ai prezzi "rilevati" nei detti mercati,
considerate le varie modalità di quotazione a seconda dei
diversi sistemi di trattazione dei titoli (in questo senso la
norma tiene conto che l'introduzione della liquidazione "a
contante" comporterà che non verranno più rilevati i prezzi di
compenso), dall'altro, tener conto che la media mensile dei
prezzi (operazione che comporta di per sé costi amministrativi
per gli operatori) è sufficientemente ampia per consentire di
dare garanzia di espressività ai prezzi, quali valori
"normali".
La sostituzione nella lettera c) dell'espressione "in
base ad altri elementi certi" con quella "in base ad altri
elementi determinabili in modo obiettivo" è intesa a chiarire
che, qualora si tratti di titoli i cui prezzi non sono
rilevati nei mercati regolamentati, il valore normale dei
titoli stessi può essere desunto in base ad indicatori di
mercato finanziario che abbiano caratteristiche di
obiettività, e quindi sottratti alla valutazione soggettiva di
chi determina il valore normale.
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2. Modifiche alla disciplina generale di determinazione
del reddito d'impresa (articolo 52 del testo unico delle
imposte sui redditi)
La modifica al comma 1 è di carattere terminologico,
essendo stato sostituito il riferimento al risultato netto del
conto dei profitti e delle perdite con quello all'utile o alla
perdita, menzionato al numero 26 dello schema di conto
economico, previsto dalla nuova formulazione dell'articolo
2425 del codice civile.
Nel contempo, si è provveduto ad adeguare la locuzione
"conto dei profitti e delle perdite" a quella "conto
economico", utilizzata dalla nuova disciplina civilistica.
3. Modifiche alla disciplina dei ricavi (articolo 53 del
testo unico delle imposte sui redditi).
Le modifiche, apportate nell'articolo 53 con la nuova
formulazione della lettera c) del comma 1 e con
l'introduzione del comma 2- bis, rispecchiano
l'impostazione di bilancio adottata dal legislatore nazionale
con riguardo alla classificazione delle partecipazioni. In
particolare, si è provveduto a differenziare i titoli e le
partecipazioni non aventi natura di immobilizzazioni
finanziarie rispetto a quelli che, in quanto destinati ad
essere utilizzati durevolmente, costituiscono immobilizzazioni
finanziarie.
In conseguenza di ciò, si è ritenuto opportuno
riconsiderare la presunzione assoluta in forza della quale le
azioni, le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa
sono assimilati ai beni alla cui produzione o al cui scambio è
diretta l'attività dell'impresa, ai fini della qualificazione
come ricavi dei corrispettivi delle relative cessioni.
Tale presunzione, che viene mantenuta ferma con riferimento
al comparto dei titoli non immobilizzati, riguarda anche le
quote di partecipazione in società ed enti indicati nelle
lettere a), b) e d) del comma 1 dell'articolo 87
non rappresentate da titoli.
Pertanto, diversamente dal precedente regime, i
corrispettivi delle cessioni di partecipazioni non
rappresentate da titoli sono considerati ricavi
indipendentemente dalla circostanza che la cessione di dette
partecipazioni formi oggetto dell'attività propria
dell'impresa.
Viceversa, per i titoli azionari ed obbligazionari, nonché
per le quote di partecipazione al capitale di società od enti
non rappresentate da titoli, appartenenti al comparto delle
immobilizzazioni finanziarie, viene prevista l'applicazione
del regime proprio dei beni relativi all'impresa suscettibili
di produrre, ai sensi degli articoli 54 e 66, plusvalenze o
minusvalenze patrimoniali.
Dalla formulazione normativa emerge, altresì, che
configurano ricavi anche le cessioni di partecipazioni in
imprese non residenti, ancorché non assoggettate ad
imposizione sul reddito in Italia.
4. Modifiche alla disciplina delle plusvalenze
patrimoniali (articolo 54 del testo unico delle imposte sui
redditi).
La modifica alla lettera c) chiarisce che rilevano,
quali plusvalenze tassabili, gli eventuali maggiori valori dei
beni iscritti nello stato patrimoniale e sono quindi
irrilevanti quelli evidenziati soltanto nella nota
integrativa.
Il comma 2- bis disciplina la valutazione delle
immobilizzazioni finanziarie rappresentate da partecipazioni
in imprese controllate o collegate, effettuata ai sensi
dell'articolo 2426, numero 4), del codice civile o di leggi
speciali e cioè secondo il cosiddetto "metodo del patrimonio
netto" (equity method), stabilendo che le plusvalenze
delle immobilizzazioni stesse, iscritte in applicazione di
detto metodo, non concorrono a formare il reddito.
L'irrilevanza di tali plusvalenze, che in mancanza della norma
in esame sarebbero tassate per la parte eccedente il costo
fiscale, è, peraltro, riconosciuta limitatamente
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alla parte eccedente le minusvalenze dedotte ai
sensi dell'articolo 66 e, comunque, fino a quando non siano
realizzate (ad esempio cessione della partecipazione, incasso
di dividendi, eccetera).
Peraltro, tale sistema comporta anche che la plusvalenza da
realizzo, eventualmente "rateizzabile", secondo quanto
previsto dal comma 4 dell'articolo 54, deve essere computata
con riferimento al costo fiscale originario (cioè al lordo
delle svalutazioni precedentemente dedotte).
Per quanto concerne la possibilià di differire la
tassazione per quote costanti fino ad un massimo di cinque
esercizi - prevista dal comma 4 dell'articolo 54 e riservata,
a seguito di recenti provvedimenti normativi, soltanto alle
plusvalenze realizzate in relazione a beni posseduti da almeno
tre anni - è stabilito in via generale un criterio oggettivo
di riferibilità delle plusvalenze realizzate alle
immobilizzazioni finanziarie acquisite in epoca più recente,
in modo da evitare possibili incertezze applicative nel caso
di cessione parziale di una partecipazione acquisita
frazionatamente nel corso di più anni. Poiché tale criterio
integra, in sostanza, una sorta di "LIFO" per quantità, esso
non è incompatibile con l'applicazione di uno dei metodi di
determinazione del costo di tali beni ammesso dall'articolo
2426, numero 10), del codice civile.
Nell'articolo 2, comma 4, è prevista una disposizione
transitoria volta ad evitare che l'applicazione della regola
contenuta nel secondo periodo del comma 4 dell'articolo 54
comporti una penalizzazione relativamente alle partecipazioni
non rappresentate da titoli la cui cessione dava luogo a
plusvalenze patrimoniali in applicazione della disciplina
vigente anteriormente al 30 dicembre 1993.
5. Modifiche alla disciplina delle sopravvenienze attive
(articolo 55 del testo unico delle imposte sui redditi).
La modifica introdotta nell'articolo 55 è solo di carattere
terminologico, essendo volta a sostituire la locuzione "fondo"
con quella di "riserva".
6. Disciplina delle operazioni "pronti contro termine"
(articoli 56 e 61 del testo unico delle imposte sui
redditi).
L'aggiunta del comma 3- ter all'articolo 56 e quella
del comma 1- bis all'articolo 61 sono volte a
disciplinare compiutamente il trattamento tributario delle
operazioni "pronti contro termine", in modo sostanzialmente
conforme alla loro rappresentazione in bilancio prevista per
gli enti creditizi e finanziari dal decreto legislativo n.87
del 1992.
Le modifiche introdotte consentono di rendere applicabile,
nei confronti della generalità delle imprese, i criteri di
esposizione in bilancio dettati dal citato decreto
legislativo, atteso che, quantunque destinatari di detti
criteri siano gli enti creditizi e finanziari, l'adozione
della medesima impostazione da parte delle altre imprese è pur
sempre compatibile con la normativa recata dal decreto
legislativo 9 aprile 1991, n.127.
Detta disciplina, come chiarisce il comma 3- ter
aggiunto all'articolo 56, riguarda il regime degli interessi
maturati sui titoli oggetto del contratto nel periodo di
valenza dello stesso, che restano imputabili all'acquirente "a
pronti" (cessionario), come già previsto dall'articolo 41,
lettera b- bis), per i soggetti non titolari di
reddito d'impresa persone fisiche.
La normativa recata dal citato decreto legislativo n.87 del
1992 sancisce l'equiparazione ai riporti (peraltro
espressamente menzionati nel comma 1- bis dell'articolo
61) delle operazioni di "pronti contro termine" che comportano
l'obbligo per il cessionario di rivendita a termine. Ciò
significa che le attività trasferite continuano a figurare nel
bilancio dell'impresa cedente e non sono, quindi, iscritte nel
bilancio del cessionario, che si limiterà a registrare un
credito pari al prezzo pagato (cui farà riscontro un debito
del cedente).
Con il comma 1- bis introdotto nell'articolo 61, si è
inteso pertanto evitare che le cessioni effettuate nell'ambito
dei predetti contratti siano considerate produttive di costi e
ricavi fiscalmente rilevanti e che
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influiscono sulle consistenze e sul valore delle
rimanenze.
Poiché, come detto, la nuova impostazione non comporta il
disconoscimento degli effetti giuridici prodotti dalla doppia
compravendita, si è stabilito, ai fini dell'attribuzione delle
componenti reddituali derivanti dai titoli oggetto del
contratto, che i dietimi di interesse maturati dal momento
della cessione (a pronti) fino alla data di riacquisto (a
termine) sono di pertinenza del primo cessionario, ancorché i
titoli oggetto dello scambio non figurino tra le attività
patrimoniali di quest'ultimo.
Si è pure stabilito che alla differenza, positiva o
negativa, tra il corrispettivo a pronti e quello a termine
(depurato degli interessi anzidetti) viene riservato il
trattamento proprio dei proventi o degli oneri finanziari, che
concorrono a formare il reddito per la quota maturata
nell'esercizio.
Va, infine, rilevato che con la disposizione transitoria
contenuta nel comma 3 dell'articolo 2 si è inteso
salvaguardare le imprese che per il periodo d'imposta in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto abbiano
adottato criteri di contabilizzazione differenti da quelli
assunti a presupposto della disciplina degli articoli 56,
comma 3- ter, e 61, comma 1 bis.
Tali imprese non sono tenute a modificare i criteri
contabili adottati. Tuttavia, per le operazioni della specie
in essere alla fine del 1993 non è consentita ai cessionari a
pronti la deducibilità della eventuale svalutazione dei titoli
acquisiti nonostante che essi rientrino nelle rimanenze
finali; e ciò al fine di evitare una possibile duplicazione
con quella effettuabile dai cedenti a pronti.
7. Modifiche della disciplina delle rimanenze di merci, di
opere, forniture e servizi di durata ultrannuale e di titoli e
partecipazioni (articoli 59, 60 e 61 del testo unico delle
imposte sui redditi).
Le modifiche introdotte sono innanzitutto indirizzate,
sotto un profilo puramente formale, ad adeguare la disciplina
fiscale a quella civilistica, che prevede per le merci e i
lavori in corso su ordinazione l'indicazione nel conto
economico delle sole variazioni delle rimanenze: in tal senso
dispongono i riformulati commi 1 dell'articolo 59 e
dell'articolo 60.
Anche le modifiche apportate alle disposizioni che
disciplinano la valutazione del "magazzino" si muovono nella
direzione dell'armonizzazione del regime tributario con le
regole dettate dalla normativa civilistica sul bilancio
d'esercizio, in quanto tendono ad eliminare, ove possibile, o
comunque a limitare sensibilmente gli scostamenti dalle
risultanze del bilancio che possono derivare da esigenze di
certezza e cautela per l'Amministrazione finanziaria.
Sotto l'aspetto sostanziale, preso atto che tanto il
decreto legislativo n.127 del 1991 quanto il decreto
legislativo n.87 del 1992 consentono esplicitamente, ai fini
della determinazione del costo dei beni fungibili, l'adozione
dei metodi conosciuti dalla tecnica contabile (costo medio
ponderato, FIFO, LIFO o varianti di tali metodi), si è
ritenuto (vedi il comma 3- bis, aggiunto all'articolo 59,
richiamato dall'articolo 61, comma 1) di poter assumere, quale
valore minimo riconosciuto nella determinazione del reddito
imponibile, lo stesso valore attribuito in bilancio alle
rimanenze dei beni e dei titoli in base al criterio di
valutazione in concreto prescelto, senza necessità di dover
comparare il valore così calcolato con quello risultante
dall'applicazione del metodo LIFO a scatti, attualmente
contemplato dall'articolo 59.
Quest'ultimo criterio conserva, peraltro, piena validità
nei riguardi di quelle imprese che non adottino alcuno degli
altri ricordati metodi di valutazione, nel senso che ad esso
occorrerà, in tal caso, riferirsi per stabilire il valore
finale delle rimanenze.
La revisione, in tal modo compiuta, della disciplina
tributaria in tema di valutazione dei beni di magazzino tiene
conto anche del fatto che la riconosciuta libertà di scelta
del metodo di valutazione deve, pur sempre, esplicarsi nel
rispetto dell'obbligo
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del mantenimento in bilancio dell'invarianza dei
criteri di valutazione da un esercizio all'altro, nel senso
che, una volta adottato un criterio di valutazione, questo non
potrà essere mutato negli esercizi successivi, se non in casi
eccezionali, da motivare adeguatamente nella nota integrativa,
e comunque dandone comunicazione all'Ufficio delle imposte
competente (articolo 76, comma 4).
La modifica al comma 4, ultimo periodo, dell'articolo 59 è
volta a chiarire la rilevanza fiscale degli eventuali maggiori
valori solo se iscritti nello stato patrimoniale.
Per quanto più in particolare concerne la valutazione dei
titoli, va precisato che le novità introdotte nell'articolo
61, mediante la sostituzione del comma 3, sono strettamente
correlate alle modifiche, già illustrate, apportate negli
articoli 9 e 53.
Per le quote di partecipazioni non rappresentate da titoli
che non siano destinate all'investimento duraturo, viene
sancita espressamente, mediante l'aggiunta nell'articolo 61
del comma 5- bis, l'applicabilità delle stesse regole di
valutazione previste per le azioni non aventi natura di
immobilizzazioni finanziarie, essendo dette quote (così come
le azioni) assimilate ai beni al cui scambio è diretta
l'attività dell'impresa.
Infine, si è ritenuto opportuno integrare la norma di cui
al comma 3, lettera b), che consente la svalutazione dei
titoli azionari non quotati sulla base delle diminuzioni
patrimoniali della società partecipata risultanti dal
bilancio, con la previsione (comma 3- bis) secondo la
quale, ove la società partecipata abbia sede in uno Stato
estraneo alla Comunità europea, la deduzione è ammessa
soltanto a condizione che l'Amministrazione finanziaria sia in
grado - in forza di appositi accordi in vigore - di acquisire
dalle competenti autorità dello Stato estero le informazioni
necessarie ad assicurare il corretto accertamento delle
condizioni previste dalla disposizione interna.
In tal modo, si è inteso limitare la rilevanza fiscale
delle svalutazioni relative ad azioni di società situate al di
fuori della Comunità europea ai soli casi in cui
l'Amministrazione finanziaria possa, come detto, verificare
l'attendibilità e l'affidabilità delle risultanze del bilancio
della società stessa.
8. Modifiche alla disciplina delle minusvalenze (articolo
66 del testo unico delle imposte sui redditi).
L'articolo in commento è stato integrato con la previsione
di specifiche norme (commi 1- bis e 1- ter)
preordinate a disciplinare la deducibilità delle minusvalenze
relative alle immobilizzazioni finanziarie, rilevate in sede
di valutazione di fine esercizio in applicazione dei criteri
previsti dall'articolo 2426 del codice civile o da altre
disposizioni di leggi speciali (articoli 18 e 19 del decreto
legislativo n.87 del 1992), che impongono di svalutare
allorquando la perdita di valore sia di carattere duraturo.
Per effetto del comma 1- bis introdotto nell'articolo
66 le minusvalenze delle immobilizzazioni finanziarie, ove
imputate al conto economico, costituiscono componenti negative
del reddito d'impresa alle condizioni e nei limiti previsti.
In particolare, per i titoli quotati in mercati regolamentati
italiani o esteri, viene assunta la media dei prezzi rilevati
nell'ultimo semestre dell'esercizio quale valore minimo cui
raffrontare il valore fiscalmente riconosciuto dei titoli
stessi per verificare la sussistenza delle condizioni per la
svalutazione. Per le azioni, per le partecipazioni non
rappresentate dai titoli e per gli altri titoli diversi da
quelli azionari quotati nei suddetti mercati, si rendono
invece applicabili i criteri stabiliti dall'articolo 61, comma
3, lettere b) e c).
Nel comma in esame è stata, infine, introdotta una norma
analoga a quella già attualmente prevista dall'ultimo periodo
del comma 4 dell'articolo 59, volta a ricondurre a tassazione
le riprese di valore che si rendessero obbligatorie in
applicazione della disciplina civilistica.
Il comma 1- ter disciplina i limiti di deducibilità
delle minusvalenze relative a immobilizzazioni finanziarie
rappresentate
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da partecipazioni in imprese controllate o collegate,
valutate ai sensi dell'articolo 2426, numero 4), del codice
civile, e cioè secondo il cosiddetto "metodo del patrimonio
netto" (equity method); tale previsione completa il
regime fiscale di tale metodo di valutazione, in parte già
illustrato con riguardo alle modifiche introdotte
nell'articolo 54.
Nel caso in cui le partecipazioni suddette siano iscritte
nell'attivo dello stato patrimoniale ad un costo di
acquisizione superiore alla corrispondente frazione del
patrimonio netto dell'impresa controllata o collegata
risultante dall'ultimo bilancio, tale maggior valore, pur
essendo compreso nel costo fiscalmente riconosciuto, non
assume autonoma rilevanza fiscale nella determinazione del
reddito dell'esercizio (tale previsione riguarda espressamente
anche le quote di ammortamento dei maggiori valori riferibili
a beni ammortizzabili o ad avviamento della partecipata),
mentre le minusvalenze imputate al conto economico per effetto
dei criteri di valutazione sopra richiamati costituiscono
componenti negative del reddito di impresa alle condizioni e
nei limiti previsti dalle lettere a) e b) del
comma 1- bis.
9. Modifica alla disciplina degli ammortamenti dei beni
materiali (articolo 67 del testo unico delle imposte sui
redditi).
Le modifiche apportate all'articolo 67 riguardano la
disciplina degli ammortamenti anticipati. In base alla nuova
formulazione del comma 3, detti componenti negativi, qualora
in sede civile non siano stati imputati ad integrazione
dell'ammortamento dei beni, sono deducibili a condizione che
vengano accantonati in apposita riserva.
L'innovazione, avente natura formale, consiste nella
sostituzione dell'espressione "apposito fondo del passivo" con
quella "apposita riserva", senza incidere sulla disciplina
tributaria e ferma restando l'applicabilità della disciplina
civilistica che deriva dagli articoli 6-35 e 39 della IV
direttiva CEE.
10. Modifiche al regime di deducibilità delle svalutazioni
dei crediti e degli accantonamenti per rischi su crediti
(articolo 71 del testo unico delle imposte sui redditi).
L'articolo 71 è stato riformulato per riconoscere la
deducibilità fiscale delle rettifiche di valore operate a
diretta riduzione dei crediti in ottemperanza alle nuove
disposizioni civilistiche che non consentono la costituzione
di fondi del passivo aventi natura di posta rettificativa. E'
stata mantenuta la possibilità di dedurre anche gli
accantonamenti a fondi per rischi su crediti, qualora sia
consentito da norme di legge, come ad esempio dall'articolo
20, comma 6, del decreto legislativo n.87 del 1992 in materia
di conti annuali degli enti creditizi e finanziari.
A tal fine è previsto che, ai fini fiscali, la sommatoria
delle svalutazioni e degli accantonamenti eventualmente
operati non possa superare il limite annuale dello 0,50 per
cento e quello complessivo del 5 per cento del valore nominale
dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.
Ovviamente, tale valore va computato al netto delle perdite
fiscalmente dedotte ai sensi dell'articolo 66.
Nell'individuazione dei crediti, a fronte dei quali è
riconosciuta la deduzione delle svalutazioni e degli
accantonamenti, è previsto che per gli enti creditizi possono
essere ricompresi anche i crediti finanziari concessi a Stati
e a banche centrali estere destinati al finanziamento delle
esportazioni e delle attività ad esse collegate. Viene altresì
stabilito che, per gli enti creditizi e finanziari, è
ricompresa, nella base di commisurazione ai fini delle
svalutazioni e degli accantonamenti deducibili, la
contropartita contabile iscritta nell'attivo dello stato
patrimoniale dei maggiori valori delle operazioni "fuori
bilancio" di cui all'articolo 103- bis che costituiscono
il cosiddetto "costo di sostituzione" di tali operazioni nel
caso di inadempimento delle controparti. Anche in queste
ultime operazioni, infatti, è insito un rischio creditizio e,
d'altronde, detti maggiori valori
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assumono rilevanza fiscale come componenti positive del
reddito del periodo di imposta nel quale vengono rilevate.
Nel comma 3 è stata introdotta una nuova disposizione che
consente al Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri
del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, di
variare l'aliquota annuale di accantonamento deducibile fino
allo 0,75 per cento, con riguardo anche a specifici settori
economici o a particolari categorie di crediti. Si tratta di
una innovazione che introduce margini di manovrabilità della
disciplina, contemperando le esigenze di gettito con quelle di
stabilità del sistema economico e finanziario.
Nel comma 4 è stato mantenuto, riformulandolo
opportunamente, il principio in base al quale le perdite,
rispetto al valore nominale dei crediti, sono deducibili a
norma dell'articolo 66 limitatamente alla parte che eccede
l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli
accantonamenti dedotti in precedenti esercizi.
E' stato pure confermato che, qualora l'importo complessivo
delle rettifiche di valore dei crediti, effettuate in
franchigia fiscale (svalutazioni e accantonamenti) ai sensi
del comma 1, risulti superiore al plafond complessivo
commisurato al valore nominale dei crediti, l'eccedenza
concorre a formare il reddito dell'esercizio.
Il comma 5 conferma il regime della valutazione dei crediti
per interessi di mora disposto dal previgente comma 3,
mediante il necessario adattamento tecnico formale di tale
disposizione alle nuove regole di redazione del bilancio.
La disciplina fiscale delineata dall'articolo in esame, che
continua ad operare "per masse" sulla base del valore nominale
dei crediti anziché del loro valore di bilancio, implica la
necessità di riconciliare i dati di bilancio con quelli
fiscali. E' stato quindi previsto, al comma 6, che alla
dichiarazione dei redditi vada allegato un apposito prospetto
dal quale risultino i dati necessari per seguire le vicende
relative al valore fiscalmente riconosciuto dei crediti e la
corretta applicazione dei criteri previsti nei commi
precedenti.
Va infine rilevato che nell'articolo 2, comma 2, del
provvedimento in esame viene stabilito che ai fini
dell'applicazione dell'articolo 71 del testo unico delle
imposte sui redditi si tiene conto dei fondi di copertura per
rischi su crediti costituiti con accantonamenti che sono stati
fiscalmente dedotti in precedenti periodi d'imposta. In tal
modo viene ad essere assicurata la continuità tra il
precedente regime che prevedeva necessariamente la
costituzione di appositi fondi nello stato patrimoniale e
quello introdotto con le modifiche innanzi illustrate.
11. Modifiche alle spese relative a più esercizi (articolo
74 del testo unico delle imposte sui redditi).
Le modifiche introdotte al comma 3 dell'articolo 74 sono
volte sia ad adeguare i riferimenti contenuti nel precedente
testo normativo alla attuale disciplina dei conti annuali, sia
a rendere più chiara la portata applicativa della disposizione
in esame.
Per quanto attiene al primo aspetto, si è ritenuto
opportuno eliminare i riferimenti a specifiche disposizioni
civilistiche, in considerazione del fatto che il regime delle
spese in esame è ora contenuto in diversi articoli del codice
civile (articoli 2424- bis, 2426, numero 5), e altri) o
di leggi speciali.
Relativamente, invece, al secondo aspetto, si è provveduto
ad eliminare l'espressione "che non trovano contropartita
nell'attivo di bilancio", che generava difficoltà
interpretative.
12. Modifiche alle norme generali sulle valutazioni
(articolo 76 del testo unico delle imposte sui redditi).
E' stato, innanzitutto, modificato il riferimento al
"bilancio" contenuto nella lettera c) del comma 1
dell'articolo 76, con
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quello più appropriato di "stato patrimoniale". E' stata,
inoltre, introdotta nello stesso articolo la lettera
c- bis). In base a tale disposizione per i titoli a
reddito fisso che costituiscono immobilizzazioni finanziarie,
la differenza positiva o negativa tra il costo e il valore di
rimborso costituisce, rispettivamente, componente negativa o
positiva di reddito, da imputare ai singoli periodi di
imposta, fino a quello di scadenza del titolo, secondo una
distribuzione temporale pro rata temporis analoga a
quella degli interessi.
Il costo fiscalmente riconosciuto, pertanto, si avvicinerà
progressivamente al valore di rimborso dei titoli per effetto
dell'imputazione al conto economico di tali componenti
negative e positive di reddito e, nel caso in cui i titoli
vengano alienati prima della scadenza, essi daranno luogo, per
la differenza residua fra l'ultimo costo fiscalmente
riconosciuto e il valore di cessione, a minusvalenze o
plusvalenze da realizzo.
L'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo in esame è stato
sostituito da due periodi al fine di tener conto che, a
seguito della liberalizzazione valutaria, qualunque impresa
può detenere liberamente attività e passività denominate in
valuta estera.
Viene quindi consentita, in alternativa all'accantonamento
per rischi di cambio, la valutazione della totalità dei debiti
e dei crediti risultanti in bilancio, anche se rappresentati
da obbligazioni o titoli similari, secondo il cambio rilevato
alla data di chiusura dell'esercizio in luogo di quello
storico. La simmetrica valutazione dei rapporti creditori e
debitori espressi in valuta assicura che concorrano alla
formazione del reddito imponibile tanto i maggiori quanto i
minori valori rilevati. Viene, altresì, stabilito il principio
della coerente valutazione delle operazioni di copertura.
Viene infine confermata, attraverso una migliore
formulazione della norma, la ulteriore possibilità, per le
imprese che intrattengono in modo sistematico rapporti in
valuta estera, della contabilità plurimonetaria.
13. Disciplina delle operazioni "fuori bilancio" (articolo
103- bis del testo unico delle imposte sui
redditi).
Con l'articolo 103- bis vengono disciplinati, per gli
enti creditizi e finanziari, i criteri di concorso alla
formazione del reddito delle componenti positive e negative
derivanti dalla valutazione delle cosiddette operazioni "fuori
bilancio". Quest'ultima espressione, correntemente usata dagli
operatori e dalla dottrina aziendalistica, ha assunto ormai
rilevanza normativa per effetto del decreto legislativo n.87
del 1992. Per operazioni "fuori bilancio" (espressione
equivalente a quella anglosassone off balance sheet) si
intendono quei contratti o negozi già perfezionati ma che non
siano stati eseguiti da alcuna delle controparti o che,
comunque, diano luogo a diritti ed obblighi non immediatamente
iscrivibili fra le attività e le passività dello stato
patrimoniale.
Il comma 1 dell'articolo 103- bis individua l'ambito
oggettivo della norma, stabilendo che le operazioni "fuori
bilancio", alle quali si applica la disciplina fiscale
contenuta nei commi seguenti, sono quelle derivanti da
contratti che hanno per oggetto titoli, valute o tassi di
interesse, o che assumono come parametri di riferimento per la
determinazione della prestazione la quotazione di titoli o
valute ovvero l'andamento di un indice su titoli, valute o
tassi di interesse.
Il comma 2 fissa i criteri di valutazione di dette
operazioni "fuori bilancio" mediante rinvio a quelli stabiliti
dal decreto legislativo n.87 del 1992 in materia di conti
annuali degli enti creditizi e finanziari. Tali criteri si
fondano sull'uniformità di trattamento delle operazioni "in
bilancio" e "fuori bilancio" appartenenti alla medesima
categoria funzionale, in relazione alla ripartizione del
patrimonio aziendale tra quelli che costituiscono
"immobilizzazioni" e quelli che costituiscono "circolante". In
particolare, oltre al richiamo del principio della coerente
valutazione delle operazioni economicamente
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connesse (articolo 15, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo citato):
per le operazioni "fuori bilancio", diverse da quelle su
valute, che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, è
prevista l'applicazione dei criteri di valutazione dettati per
le immobilizzazioni finanziarie richiamati dal comma 3
dell'articolo 18 del decreto legislativo n.87 del 1992, a
seconda che siano o meno quotati nei mercati regolamentati;
per le operazioni "fuori bilancio", diverse da quelle su
valute, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, è
prevista l'applicazione dei criteri di valutazione dettati per
le attività che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie
richiamati dal comma 3 dell'articolo 20 del decreto
legislativo citato, a seconda che siano o meno quotati in
mercati regolamentati;
per le operazioni "fuori bilancio" in valuta, si applicano i
criteri di valutazione di cui all'articolo 21, commi 2 e 3,
del decreto legislativo citato, che prevedono che tali
operazioni debbano essere valutate al tasso di cambio a pronti
vigente alla data di chiusura dell'esercizio, ovvero, se si
tratta di operazioni a termine diverse da quelle aventi
carattere di "copertura" di attività e passività che generano
interessi, al tasso di cambio a termine corrente alla medesima
data per scadenze corrispondenti alla loro vita residua.
Ovviamente, resta fermo, in base ai princìpi generali, che
per i contratti chiusi o parzialmente eseguiti nel corso
dell'esercizio assume rilevanza ai fini della formazione
del reddito la differenza, positiva o negativa, fra il
valore determinato in base ai parametri contrattuali
(quotazione dei titoli, tassi di interesse o di cambio, valore
degli indici), rilevati alle scadenze contrattuali (intermedie
o finali), e il valore che i medesimi contratti assumono in
base ai parametri stabiliti in contratto.
Il comma 3 individua particolari criteri temporali per il
concorso alla formazione del reddito di impresa per i
proventi, gli oneri e i risultati delle valutazioni delle
operazioni "fuori bilancio" poste in essere con finalità di
copertura di attività e passività produttive di interessi. In
generale, le operazioni "di copertura" sono quelle che
l'impresa pone in essere con l'obiettivo di proteggere da
avversi andamenti di mercato (fluttuazioni dei prezzi, dei
tassi di interesse o dei tassi di cambio) singole attività in
bilancio o "fuori bilancio" (cosiddetta "copertura specifica":
ad esempio di uno specifico finanziamento o titolo
obbligazionario in portafoglio), o di insiemi di attività o
passività in bilancio o "fuori bilancio" (cosiddetta
"copertura generica": ad esempio "posizioni in cambio" e cioè
la somma algebrica delle attività e delle passività in
bilancio o "fuori bilancio" in una medesima valuta).
14. Modifica all'articolo 104.
Si è integrato il comma 2, per prevedere l'applicazione
anche nei confronti della Banca d'Italia e dell'Ufficio
italiano dei cambi delle disposizioni di cui agli articoli 71,
comma 2, e 103- bis.
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