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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


289
DDL0014-0002
Progetto di legge Camera n. 14 - testo presentato - (DDL12-14)
(suddiviso in 8 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C14. TESTIPDL
...C14.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC14 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli  Deputati! -- Il presente provvedimento è
  volto ad adeguare la disciplina tributaria del reddito
  d'impresa alle disposizioni concernenti i conti annuali delle
  società introdotte dal decreto legislativo 9 aprile 1991,
  n.127, e a quelle per gli enti creditizi e finanziari
  introdotte dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.87.
    La necessità di un intervento di adeguamento - da tempo
  fortemente richiesto ed atteso dagli operatori - si è ora
  manifestata, in tutta la sua urgenza, considerato
  che, alla recente approvazione da parte del Senato
  del disegno di legge delega per la revisione del reddito
  d'impresa, all'esame della Camera (atto Camera n.3543), devono
  poi fare seguito, dopo la relativa definitiva approvazione da
  parte della Camera, la redazione da parte del Governo del
  conseguente schema di decreto legislativo e l'acquisizione
  sullo stesso del prescritto parere della Commissione
  parlamentare di cui all'articolo 17, terzo comma, della legge
  9 ottobre 1971, n.825.  L'espletamento di tale  iter
  procedurale
 
                               Pag. 2
 
  non avrebbe permesso di offrire agli operatori un quadro
  normativo fiscale certo in tempi utili per la tempestiva
  predisposizione dei bilanci relativi all'esercizio 1993.  Un
  eventuale ritardo nell'adeguamento della disciplina tributaria
  determinerebbe gravi incertezze applicative - considerate le
  rilevanti divergenze tra i criteri civilistici e quelli
  fiscali vigenti soprattutto in materia di registrazione e
  valutazione dei titoli e delle partecipazioni, dei crediti e
  delle operazioni "fuori bilancio" - e potrebbe, quindi,
  indurre gli operatori a scelte di bilancio contrastanti con il
  principio della corretta rappresentazione della situazione
  patrimoniale, di quella finanziaria e del risultato economico
  dell'esercizio, e cioè, in sintesi, con l'esigenza del "quadro
  fedele".
    In tale situazione è sembrato, quindi, al Governo, oltre
  che urgente, anche doveroso intervenire tempestivamente nella
  complessa materia del reddito d'impresa, con modifiche
  peraltro limitate all'adeguamento dell'attuale sistema con i
  nuovi princìpi di redazione dei bilanci, lasciando ad un
  secondo momento revisioni di più ampia portata.
    Il provvedimento si compone di tre articoli che riguardano
  specificamente:
        a)  le modifiche all'attuale disciplina del testo
  unico delle imposte sui redditi connesse con la determinazione
  del reddito d'impresa (articolo 1);
        b)  le disposizioni transitorie (articolo 2);
        c)  l'entrata in vigore (articolo 3).
  1.  Modifiche ai criteri di individuazione del valore
  normale (articolo 9 del testo unico delle imposte sui
  redditi).
    Le modifiche introdotte nelle lettere  a)  e  c)
  del comma 4 dell'articolo 9 - che è norma di carattere
  generale per la determinazione dei redditi e delle perdite e,
  quindi, riguardante anche le disposizioni sul reddito
  d'impresa - sono in parte di carattere formale e, in parte, di
  carattere sostanziale.  Con la prima, si è modificata, con
  riferimento ai titoli, l'espressione "quotati in borsa o
  negoziati al mercato ristretto" con quella "negoziati nei
  mercati regolamentati italiani o esteri".  Si è in tal modo
  adeguata la terminologia, ormai desueta, adottata nel testo
  unico - e, quindi, anche quella del reddito d'impresa che si
  riferisce alla valutazione dei titoli (articoli 61 e 66) e
  delle operazioni "fuori bilancio" rappresentate da contratti a
  termine e da contratti derivati su titoli (articolo
  103- bis)  - con quella utilizzata nei provvedimenti
  riguardanti il mercato mobiliare.  Con la nuova espressione, si
  è altresì chiarito che i titoli presi in considerazione sono
  anche quelli negoziati nei mercati regolamentati esteri.
    Con la seconda modifica, di carattere sia terminologico sia
  sostanziale, anch'essa connessa alle norme sul reddito
  d'impresa, si è sostituito il riferimento "alla media dei
  prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell'ultimo trimestre"
  con quello "alla media aritmetica dei prezzi rilevati
  nell'ultimo mese".  In tal modo si è inteso, da un lato, fare
  riferimento ai prezzi "rilevati" nei detti mercati,
  considerate le varie modalità di quotazione a seconda dei
  diversi sistemi di trattazione dei titoli (in questo senso la
  norma tiene conto che l'introduzione della liquidazione "a
  contante" comporterà che non verranno più rilevati i prezzi di
  compenso), dall'altro, tener conto che la media mensile dei
  prezzi (operazione che comporta di per sé costi amministrativi
  per gli operatori) è sufficientemente ampia per consentire di
  dare garanzia di espressività ai prezzi, quali valori
  "normali".
    La sostituzione nella lettera  c)  dell'espressione "in
  base ad altri elementi certi" con quella "in base ad altri
  elementi determinabili in modo obiettivo" è intesa a chiarire
  che, qualora si tratti di titoli i cui prezzi non sono
  rilevati nei mercati regolamentati, il valore normale dei
  titoli stessi può essere desunto in base ad indicatori di
  mercato finanziario che abbiano caratteristiche di
  obiettività, e quindi sottratti alla valutazione soggettiva di
  chi determina il valore normale.
 
                               Pag. 3
 
  2.  Modifiche alla disciplina generale di determinazione
  del reddito d'impresa (articolo 52 del testo unico delle
  imposte sui redditi)
    La modifica al comma 1 è di carattere terminologico,
  essendo stato sostituito il riferimento al risultato netto del
  conto dei profitti e delle perdite con quello all'utile o alla
  perdita, menzionato al numero 26 dello schema di conto
  economico, previsto dalla nuova formulazione dell'articolo
  2425 del codice civile.
    Nel contempo, si è provveduto ad adeguare la locuzione
  "conto dei profitti e delle perdite" a quella "conto
  economico", utilizzata dalla nuova disciplina civilistica.
  3.  Modifiche alla disciplina dei ricavi (articolo 53 del
  testo unico delle imposte sui redditi).
    Le modifiche, apportate nell'articolo 53 con la nuova
  formulazione della lettera  c)  del comma 1 e con
  l'introduzione del comma 2- bis,  rispecchiano
  l'impostazione di bilancio adottata dal legislatore nazionale
  con riguardo alla classificazione delle partecipazioni.  In
  particolare, si è provveduto a differenziare i titoli e le
  partecipazioni non aventi natura di immobilizzazioni
  finanziarie rispetto a quelli che, in quanto destinati ad
  essere utilizzati durevolmente, costituiscono immobilizzazioni
  finanziarie.
    In conseguenza di ciò, si è ritenuto opportuno
  riconsiderare la presunzione assoluta in forza della quale le
  azioni, le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa
  sono assimilati ai beni alla cui produzione o al cui scambio è
  diretta l'attività dell'impresa, ai fini della qualificazione
  come ricavi dei corrispettivi delle relative cessioni.
    Tale presunzione, che viene mantenuta ferma con riferimento
  al comparto dei titoli non immobilizzati, riguarda anche le
  quote di partecipazione in società ed enti indicati nelle
  lettere  a), b)  e  d)  del comma 1 dell'articolo 87
  non rappresentate da titoli.
    Pertanto, diversamente dal precedente regime, i
  corrispettivi delle cessioni di partecipazioni non
  rappresentate da titoli sono considerati ricavi
  indipendentemente dalla circostanza che la cessione di dette
  partecipazioni formi oggetto dell'attività propria
  dell'impresa.
    Viceversa, per i titoli azionari ed obbligazionari, nonché
  per le quote di partecipazione al capitale di società od enti
  non rappresentate da titoli, appartenenti al comparto delle
  immobilizzazioni finanziarie, viene prevista l'applicazione
  del regime proprio dei beni relativi all'impresa suscettibili
  di produrre, ai sensi degli articoli 54 e 66, plusvalenze o
  minusvalenze patrimoniali.
    Dalla formulazione normativa emerge, altresì, che
  configurano ricavi anche le cessioni di partecipazioni in
  imprese non residenti, ancorché non assoggettate ad
  imposizione sul reddito in Italia.
  4.  Modifiche alla disciplina delle plusvalenze
  patrimoniali (articolo 54 del testo unico delle imposte sui
  redditi).
    La modifica alla lettera  c)  chiarisce che rilevano,
  quali plusvalenze tassabili, gli eventuali maggiori valori dei
  beni iscritti nello stato patrimoniale e sono quindi
  irrilevanti quelli evidenziati soltanto nella nota
  integrativa.
    Il comma 2- bis  disciplina la valutazione delle
  immobilizzazioni finanziarie rappresentate da partecipazioni
  in imprese controllate o collegate, effettuata ai sensi
  dell'articolo 2426, numero 4), del codice civile o di leggi
  speciali e cioè secondo il cosiddetto "metodo del patrimonio
  netto"  (equity method),  stabilendo che le plusvalenze
  delle immobilizzazioni stesse, iscritte in applicazione di
  detto metodo, non concorrono a formare il reddito.
  L'irrilevanza di tali plusvalenze, che in mancanza della norma
  in esame sarebbero tassate per la parte eccedente il costo
  fiscale, è, peraltro, riconosciuta limitatamente
 
                               Pag. 4
 
  alla parte eccedente le minusvalenze dedotte ai
  sensi dell'articolo 66 e, comunque, fino a quando non siano
  realizzate (ad esempio cessione della partecipazione, incasso
  di dividendi, eccetera).
    Peraltro, tale sistema comporta anche che la plusvalenza da
  realizzo, eventualmente "rateizzabile", secondo quanto
  previsto dal comma 4 dell'articolo 54, deve essere computata
  con riferimento al costo fiscale originario (cioè al lordo
  delle svalutazioni precedentemente dedotte).
    Per quanto concerne la possibilià di differire la
  tassazione per quote costanti fino ad un massimo di cinque
  esercizi - prevista dal comma 4 dell'articolo 54 e riservata,
  a seguito di recenti provvedimenti normativi, soltanto alle
  plusvalenze realizzate in relazione a beni posseduti da almeno
  tre anni - è stabilito in via generale un criterio oggettivo
  di riferibilità delle plusvalenze realizzate alle
  immobilizzazioni finanziarie acquisite in epoca più recente,
  in modo da evitare possibili incertezze applicative nel caso
  di cessione parziale di una partecipazione acquisita
  frazionatamente nel corso di più anni.  Poiché tale criterio
  integra, in sostanza, una sorta di "LIFO" per quantità, esso
  non è incompatibile con l'applicazione di uno dei metodi di
  determinazione del costo di tali beni ammesso dall'articolo
  2426, numero 10), del codice civile.
    Nell'articolo 2, comma 4, è prevista una disposizione
  transitoria volta ad evitare che l'applicazione della regola
  contenuta nel secondo periodo del comma 4 dell'articolo 54
  comporti una penalizzazione relativamente alle partecipazioni
  non rappresentate da titoli la cui cessione dava luogo a
  plusvalenze patrimoniali in applicazione della disciplina
  vigente anteriormente al 30 dicembre 1993.
  5.  Modifiche alla disciplina delle sopravvenienze attive
  (articolo 55 del testo unico delle imposte sui redditi).
    La modifica introdotta nell'articolo 55 è solo di carattere
  terminologico, essendo volta a sostituire la locuzione "fondo"
  con quella di "riserva".
  6.  Disciplina delle operazioni "pronti contro termine"
  (articoli 56 e 61 del testo unico delle imposte sui
  redditi).
    L'aggiunta del comma 3- ter  all'articolo 56 e quella
  del comma 1- bis  all'articolo 61 sono volte a
  disciplinare compiutamente il trattamento tributario delle
  operazioni "pronti contro termine", in modo sostanzialmente
  conforme alla loro rappresentazione in bilancio prevista per
  gli enti creditizi e finanziari dal decreto legislativo n.87
  del 1992.
    Le modifiche introdotte consentono di rendere applicabile,
  nei confronti della generalità delle imprese, i criteri di
  esposizione in bilancio dettati dal citato decreto
  legislativo, atteso che, quantunque destinatari di detti
  criteri siano gli enti creditizi e finanziari, l'adozione
  della medesima impostazione da parte delle altre imprese è pur
  sempre compatibile con la normativa recata dal decreto
  legislativo 9 aprile 1991, n.127.
    Detta disciplina, come chiarisce il comma 3- ter
  aggiunto all'articolo 56, riguarda il regime degli interessi
  maturati sui titoli oggetto del contratto nel periodo di
  valenza dello stesso, che restano imputabili all'acquirente "a
  pronti" (cessionario), come già previsto dall'articolo 41,
  lettera  b- bis),  per i soggetti non titolari di
  reddito d'impresa persone fisiche.
    La normativa recata dal citato decreto legislativo n.87 del
  1992 sancisce l'equiparazione ai riporti (peraltro
  espressamente menzionati nel comma 1- bis  dell'articolo
  61) delle operazioni di "pronti contro termine" che comportano
  l'obbligo per il cessionario di rivendita a termine.  Ciò
  significa che le attività trasferite continuano a figurare nel
  bilancio dell'impresa cedente e non sono, quindi, iscritte nel
  bilancio del cessionario, che si limiterà a registrare un
  credito pari al prezzo pagato (cui farà riscontro un debito
  del cedente).
    Con il comma 1- bis  introdotto nell'articolo 61, si è
  inteso pertanto evitare che le cessioni effettuate nell'ambito
  dei predetti contratti siano considerate produttive di costi e
  ricavi fiscalmente rilevanti e che
 
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  influiscono sulle consistenze e sul valore delle
  rimanenze.
    Poiché, come detto, la nuova impostazione non comporta il
  disconoscimento degli effetti giuridici prodotti dalla doppia
  compravendita, si è stabilito, ai fini dell'attribuzione delle
  componenti reddituali derivanti dai titoli oggetto del
  contratto, che i dietimi di interesse maturati dal momento
  della cessione (a pronti) fino alla data di riacquisto (a
  termine) sono di pertinenza del primo cessionario, ancorché i
  titoli oggetto dello scambio non figurino tra le attività
  patrimoniali di quest'ultimo.
    Si è pure stabilito che alla differenza, positiva o
  negativa, tra il corrispettivo a pronti e quello a termine
  (depurato degli interessi anzidetti) viene riservato il
  trattamento proprio dei proventi o degli oneri finanziari, che
  concorrono a formare il reddito per la quota maturata
  nell'esercizio.
    Va, infine, rilevato che con la disposizione transitoria
  contenuta nel comma 3 dell'articolo 2 si è inteso
  salvaguardare le imprese che per il periodo d'imposta in corso
  alla data di entrata in vigore del presente decreto abbiano
  adottato criteri di contabilizzazione differenti da quelli
  assunti a presupposto della disciplina degli articoli 56,
  comma 3- ter,  e 61, comma 1 bis.
    Tali imprese non sono tenute a modificare i criteri
  contabili adottati.  Tuttavia, per le operazioni della specie
  in essere alla fine del 1993 non è consentita ai cessionari a
  pronti la deducibilità della eventuale svalutazione dei titoli
  acquisiti nonostante che essi rientrino nelle rimanenze
  finali; e ciò al fine di evitare una possibile duplicazione
  con quella effettuabile dai cedenti a pronti.
  7.  Modifiche della disciplina delle rimanenze di merci, di
  opere, forniture e servizi di durata ultrannuale e di titoli e
  partecipazioni (articoli 59, 60 e 61 del testo unico delle
  imposte sui redditi).
    Le modifiche introdotte sono innanzitutto indirizzate,
  sotto un profilo puramente formale, ad adeguare la disciplina
  fiscale a quella civilistica, che prevede per le merci e i
  lavori in corso su ordinazione l'indicazione nel conto
  economico delle sole variazioni delle rimanenze: in tal senso
  dispongono i riformulati commi 1 dell'articolo 59 e
  dell'articolo 60.
    Anche le modifiche apportate alle disposizioni che
  disciplinano la valutazione del "magazzino" si muovono nella
  direzione dell'armonizzazione del regime tributario con le
  regole dettate dalla normativa civilistica sul bilancio
  d'esercizio, in quanto tendono ad eliminare, ove possibile, o
  comunque a limitare sensibilmente gli scostamenti dalle
  risultanze del bilancio che possono derivare da esigenze di
  certezza e cautela per l'Amministrazione finanziaria.
    Sotto l'aspetto sostanziale, preso atto che tanto il
  decreto legislativo n.127 del 1991 quanto il decreto
  legislativo n.87 del 1992 consentono esplicitamente, ai fini
  della determinazione del costo dei beni fungibili, l'adozione
  dei metodi conosciuti dalla tecnica contabile (costo medio
  ponderato, FIFO, LIFO o varianti di tali metodi), si è
  ritenuto (vedi il comma 3- bis,  aggiunto all'articolo 59,
  richiamato dall'articolo 61, comma 1) di poter assumere, quale
  valore minimo riconosciuto nella determinazione del reddito
  imponibile, lo stesso valore attribuito in bilancio alle
  rimanenze dei beni e dei titoli in base al criterio di
  valutazione in concreto prescelto, senza necessità di dover
  comparare il valore così calcolato con quello risultante
  dall'applicazione del metodo LIFO a scatti, attualmente
  contemplato dall'articolo 59.
    Quest'ultimo criterio conserva, peraltro, piena validità
  nei riguardi di quelle imprese che non adottino alcuno degli
  altri ricordati metodi di valutazione, nel senso che ad esso
  occorrerà, in tal caso, riferirsi per stabilire il valore
  finale delle rimanenze.
    La revisione, in tal modo compiuta, della disciplina
  tributaria in tema di valutazione dei beni di magazzino tiene
  conto anche del fatto che la riconosciuta libertà di scelta
  del metodo di valutazione deve, pur sempre, esplicarsi nel
  rispetto dell'obbligo
 
                               Pag. 6
 
  del mantenimento in bilancio dell'invarianza dei
  criteri di valutazione da un esercizio all'altro, nel senso
  che, una volta adottato un criterio di valutazione, questo non
  potrà essere mutato negli esercizi successivi, se non in casi
  eccezionali, da motivare adeguatamente nella nota integrativa,
  e comunque dandone comunicazione all'Ufficio delle imposte
  competente (articolo 76, comma 4).
    La modifica al comma 4, ultimo periodo, dell'articolo 59 è
  volta a chiarire la rilevanza fiscale degli eventuali maggiori
  valori solo se iscritti nello stato patrimoniale.
    Per quanto più in particolare concerne la valutazione dei
  titoli, va precisato che le novità introdotte nell'articolo
  61, mediante la sostituzione del comma 3, sono strettamente
  correlate alle modifiche, già illustrate, apportate negli
  articoli 9 e 53.
    Per le quote di partecipazioni non rappresentate da titoli
  che non siano destinate all'investimento duraturo, viene
  sancita espressamente, mediante l'aggiunta nell'articolo 61
  del comma 5- bis,  l'applicabilità delle stesse regole di
  valutazione previste per le azioni non aventi natura di
  immobilizzazioni finanziarie, essendo dette quote (così come
  le azioni) assimilate ai beni al cui scambio è diretta
  l'attività dell'impresa.
    Infine, si è ritenuto opportuno integrare la norma di cui
  al comma 3, lettera  b),  che consente la svalutazione dei
  titoli azionari non quotati sulla base delle diminuzioni
  patrimoniali della società partecipata risultanti dal
  bilancio, con la previsione (comma 3- bis)  secondo la
  quale, ove la società partecipata abbia sede in uno Stato
  estraneo alla Comunità europea, la deduzione è ammessa
  soltanto a condizione che l'Amministrazione finanziaria sia in
  grado - in forza di appositi accordi in vigore - di acquisire
  dalle competenti autorità dello Stato estero le informazioni
  necessarie ad assicurare il corretto accertamento delle
  condizioni previste dalla disposizione interna.
    In tal modo, si è inteso limitare la rilevanza fiscale
  delle svalutazioni relative ad azioni di società situate al di
  fuori della Comunità europea ai soli casi in cui
  l'Amministrazione finanziaria possa, come detto, verificare
  l'attendibilità e l'affidabilità delle risultanze del bilancio
  della società stessa.
  8.  Modifiche alla disciplina delle minusvalenze (articolo
  66 del testo unico delle imposte sui redditi).
    L'articolo in commento è stato integrato con la previsione
  di specifiche norme (commi 1- bis  e 1- ter)
  preordinate a disciplinare la deducibilità delle minusvalenze
  relative alle immobilizzazioni finanziarie, rilevate in sede
  di valutazione di fine esercizio in applicazione dei criteri
  previsti dall'articolo 2426 del codice civile o da altre
  disposizioni di leggi speciali (articoli 18 e 19 del decreto
  legislativo n.87 del 1992), che impongono di svalutare
  allorquando la perdita di valore sia di carattere duraturo.
    Per effetto del comma 1- bis  introdotto nell'articolo
  66 le minusvalenze delle immobilizzazioni finanziarie, ove
  imputate al conto economico, costituiscono componenti negative
  del reddito d'impresa alle condizioni e nei limiti previsti.
  In particolare, per i titoli quotati in mercati regolamentati
  italiani o esteri, viene assunta la media dei prezzi rilevati
  nell'ultimo semestre dell'esercizio quale valore minimo cui
  raffrontare il valore fiscalmente riconosciuto dei titoli
  stessi per verificare la sussistenza delle condizioni per la
  svalutazione.  Per le azioni, per le partecipazioni non
  rappresentate dai titoli e per gli altri titoli diversi da
  quelli azionari quotati nei suddetti mercati, si rendono
  invece applicabili i criteri stabiliti dall'articolo 61, comma
  3, lettere  b)  e  c).
    Nel comma in esame è stata, infine, introdotta una norma
  analoga a quella già attualmente prevista dall'ultimo periodo
  del comma 4 dell'articolo 59, volta a ricondurre a tassazione
  le riprese di valore che si rendessero obbligatorie in
  applicazione della disciplina civilistica.
    Il comma 1- ter  disciplina i limiti di deducibilità
  delle minusvalenze relative a immobilizzazioni finanziarie
  rappresentate
 
                               Pag. 7
 
  da partecipazioni in imprese controllate o collegate,
  valutate ai sensi dell'articolo 2426, numero 4), del codice
  civile, e cioè secondo il cosiddetto "metodo del patrimonio
  netto"  (equity method);  tale previsione completa il
  regime fiscale di tale metodo di valutazione, in parte già
  illustrato con riguardo alle modifiche introdotte
  nell'articolo 54.
    Nel caso in cui le partecipazioni suddette siano iscritte
  nell'attivo dello stato patrimoniale ad un costo di
  acquisizione superiore alla corrispondente frazione del
  patrimonio netto dell'impresa controllata o collegata
  risultante dall'ultimo bilancio, tale maggior valore, pur
  essendo compreso nel costo fiscalmente riconosciuto, non
  assume autonoma rilevanza fiscale nella determinazione del
  reddito dell'esercizio (tale previsione riguarda espressamente
  anche le quote di ammortamento dei maggiori valori riferibili
  a beni ammortizzabili o ad avviamento della partecipata),
  mentre le minusvalenze imputate al conto economico per effetto
  dei criteri di valutazione sopra richiamati costituiscono
  componenti negative del reddito di impresa alle condizioni e
  nei limiti previsti dalle lettere  a)  e  b)  del
  comma 1- bis.
  9.  Modifica alla disciplina degli ammortamenti dei beni
  materiali (articolo 67 del testo unico delle imposte sui
  redditi).
    Le modifiche apportate all'articolo 67 riguardano la
  disciplina degli ammortamenti anticipati.  In base alla nuova
  formulazione del comma 3, detti componenti negativi, qualora
  in sede civile non siano stati imputati ad integrazione
  dell'ammortamento dei beni, sono deducibili a condizione che
  vengano accantonati in apposita riserva.
    L'innovazione, avente natura formale, consiste nella
  sostituzione dell'espressione "apposito fondo del passivo" con
  quella "apposita riserva", senza incidere sulla disciplina
  tributaria e ferma restando l'applicabilità della disciplina
  civilistica che deriva dagli articoli 6-35 e 39 della IV
  direttiva CEE.
  10.  Modifiche al regime di deducibilità delle svalutazioni
  dei crediti e degli accantonamenti per rischi su crediti
  (articolo 71 del testo unico delle imposte sui redditi).
    L'articolo 71 è stato riformulato per riconoscere la
  deducibilità fiscale delle rettifiche di valore operate a
  diretta riduzione dei crediti in ottemperanza alle nuove
  disposizioni civilistiche che non consentono la costituzione
  di fondi del passivo aventi natura di posta rettificativa.  E'
  stata mantenuta la possibilità di dedurre anche gli
  accantonamenti a fondi per rischi su crediti, qualora sia
  consentito da norme di legge, come ad esempio dall'articolo
  20, comma 6, del decreto legislativo n.87 del 1992 in materia
  di conti annuali degli enti creditizi e finanziari.
    A tal fine è previsto che, ai fini fiscali, la sommatoria
  delle svalutazioni e degli accantonamenti eventualmente
  operati non possa superare il limite annuale dello 0,50 per
  cento e quello complessivo del 5 per cento del valore nominale
  dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.
  Ovviamente, tale valore va computato al netto delle perdite
  fiscalmente dedotte ai sensi dell'articolo 66.
    Nell'individuazione dei crediti, a fronte dei quali è
  riconosciuta la deduzione delle svalutazioni e degli
  accantonamenti, è previsto che per gli enti creditizi possono
  essere ricompresi anche i crediti finanziari concessi a Stati
  e a banche centrali estere destinati al finanziamento delle
  esportazioni e delle attività ad esse collegate.  Viene altresì
  stabilito che, per gli enti creditizi e finanziari, è
  ricompresa, nella base di commisurazione ai fini delle
  svalutazioni e degli accantonamenti deducibili, la
  contropartita contabile iscritta nell'attivo dello stato
  patrimoniale dei maggiori valori delle operazioni "fuori
  bilancio" di cui all'articolo 103- bis  che costituiscono
  il cosiddetto "costo di sostituzione" di tali operazioni nel
  caso di inadempimento delle controparti.  Anche in queste
  ultime operazioni, infatti, è insito un rischio creditizio e,
  d'altronde, detti maggiori valori
 
                               Pag. 8
 
  assumono rilevanza fiscale come componenti positive del
  reddito del periodo di imposta nel quale vengono rilevate.
    Nel comma 3 è stata introdotta una nuova disposizione che
  consente al Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri
  del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, di
  variare l'aliquota annuale di accantonamento deducibile fino
  allo 0,75 per cento, con riguardo anche a specifici settori
  economici o a particolari categorie di crediti.  Si tratta di
  una innovazione che introduce margini di manovrabilità della
  disciplina, contemperando le esigenze di gettito con quelle di
  stabilità del sistema economico e finanziario.
    Nel comma 4 è stato mantenuto, riformulandolo
  opportunamente, il principio in base al quale le perdite,
  rispetto al valore nominale dei crediti, sono deducibili a
  norma dell'articolo 66 limitatamente alla parte che eccede
  l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli
  accantonamenti dedotti in precedenti esercizi.
    E' stato pure confermato che, qualora l'importo complessivo
  delle rettifiche di valore dei crediti, effettuate in
  franchigia fiscale (svalutazioni e accantonamenti) ai sensi
  del comma 1, risulti superiore al  plafond  complessivo
  commisurato al valore nominale dei crediti, l'eccedenza
  concorre a formare il reddito dell'esercizio.
    Il comma 5 conferma il regime della valutazione dei crediti
  per interessi di mora disposto dal previgente comma 3,
  mediante il necessario adattamento tecnico formale di tale
  disposizione alle nuove regole di redazione del bilancio.
    La disciplina fiscale delineata dall'articolo in esame, che
  continua ad operare "per masse" sulla base del valore nominale
  dei crediti anziché del loro valore di bilancio, implica la
  necessità di riconciliare i dati di bilancio con quelli
  fiscali.  E' stato quindi previsto, al comma 6, che alla
  dichiarazione dei redditi vada allegato un apposito prospetto
  dal quale risultino i dati necessari per seguire le vicende
  relative al valore fiscalmente riconosciuto dei crediti e la
  corretta applicazione dei criteri previsti nei commi
  precedenti.
    Va infine rilevato che nell'articolo 2, comma 2, del
  provvedimento in esame viene stabilito che ai fini
  dell'applicazione dell'articolo 71 del testo unico delle
  imposte sui redditi si tiene conto dei fondi di copertura per
  rischi su crediti costituiti con accantonamenti che sono stati
  fiscalmente dedotti in precedenti periodi d'imposta.  In tal
  modo viene ad essere assicurata la continuità tra il
  precedente regime che prevedeva necessariamente la
  costituzione di appositi fondi nello stato patrimoniale e
  quello introdotto con le modifiche innanzi illustrate.
  11.  Modifiche alle spese relative a più esercizi (articolo
  74 del testo unico delle imposte sui redditi).
    Le modifiche introdotte al comma 3 dell'articolo 74 sono
  volte sia ad adeguare i riferimenti contenuti nel precedente
  testo normativo alla attuale disciplina dei conti annuali, sia
  a rendere più chiara la portata applicativa della disposizione
  in esame.
    Per quanto attiene al primo aspetto, si è ritenuto
  opportuno eliminare i riferimenti a specifiche disposizioni
  civilistiche, in considerazione del fatto che il regime delle
  spese in esame è ora contenuto in diversi articoli del codice
  civile (articoli 2424- bis,  2426, numero 5), e altri) o
  di leggi speciali.
    Relativamente, invece, al secondo aspetto, si è provveduto
  ad eliminare l'espressione "che non trovano contropartita
  nell'attivo di bilancio", che generava difficoltà
  interpretative.
  12.  Modifiche alle norme generali sulle valutazioni
  (articolo 76 del testo unico delle imposte sui redditi).
    E' stato, innanzitutto, modificato il riferimento al
  "bilancio" contenuto nella lettera  c)  del comma 1
  dell'articolo 76, con
 
                               Pag. 9
 
  quello più appropriato di "stato patrimoniale".  E' stata,
  inoltre, introdotta nello stesso articolo la lettera
  c- bis).  In base a tale disposizione per i titoli a
  reddito fisso che costituiscono immobilizzazioni finanziarie,
  la differenza positiva o negativa tra il costo e il valore di
  rimborso costituisce, rispettivamente, componente negativa o
  positiva di reddito, da imputare ai singoli periodi di
  imposta, fino a quello di scadenza del titolo, secondo una
  distribuzione temporale  pro rata temporis  analoga a
  quella degli interessi.
    Il costo fiscalmente riconosciuto, pertanto, si avvicinerà
  progressivamente al valore di rimborso dei titoli per effetto
  dell'imputazione al conto economico di tali componenti
  negative e positive di reddito e, nel caso in cui i titoli
  vengano alienati prima della scadenza, essi daranno luogo, per
  la differenza residua fra l'ultimo costo fiscalmente
  riconosciuto e il valore di cessione, a minusvalenze o
  plusvalenze da realizzo.
    L'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo in esame è stato
  sostituito da due periodi al fine di tener conto che, a
  seguito della liberalizzazione valutaria, qualunque impresa
  può detenere liberamente attività e passività denominate in
  valuta estera.
    Viene quindi consentita, in alternativa all'accantonamento
  per rischi di cambio, la valutazione della totalità dei debiti
  e dei crediti risultanti in bilancio, anche se rappresentati
  da obbligazioni o titoli similari, secondo il cambio rilevato
  alla data di chiusura dell'esercizio in luogo di quello
  storico.  La simmetrica valutazione dei rapporti creditori e
  debitori espressi in valuta assicura che concorrano alla
  formazione del reddito imponibile tanto i maggiori quanto i
  minori valori rilevati.  Viene, altresì, stabilito il principio
  della coerente valutazione delle operazioni di copertura.
    Viene infine confermata, attraverso una migliore
  formulazione della norma, la ulteriore possibilità, per le
  imprese che intrattengono in modo sistematico rapporti in
  valuta estera, della contabilità plurimonetaria.
  13.  Disciplina delle operazioni "fuori bilancio" (articolo
  103- bis  del testo unico delle imposte sui
  redditi).
    Con l'articolo 103- bis  vengono disciplinati, per gli
  enti creditizi e finanziari, i criteri di concorso alla
  formazione del reddito delle componenti positive e negative
  derivanti dalla valutazione delle cosiddette operazioni "fuori
  bilancio".  Quest'ultima espressione, correntemente usata dagli
  operatori e dalla dottrina aziendalistica, ha assunto ormai
  rilevanza normativa per effetto del decreto legislativo n.87
  del 1992.  Per operazioni "fuori bilancio" (espressione
  equivalente a quella anglosassone  off balance sheet)  si
  intendono quei contratti o negozi già perfezionati ma che non
  siano stati eseguiti da alcuna delle controparti o che,
  comunque, diano luogo a diritti ed obblighi non immediatamente
  iscrivibili fra le attività e le passività dello stato
  patrimoniale.
    Il comma 1 dell'articolo 103- bis  individua l'ambito
  oggettivo della norma, stabilendo che le operazioni "fuori
  bilancio", alle quali si applica la disciplina fiscale
  contenuta nei commi seguenti, sono quelle derivanti da
  contratti che hanno per oggetto titoli, valute o tassi di
  interesse, o che assumono come parametri di riferimento per la
  determinazione della prestazione la quotazione di titoli o
  valute ovvero l'andamento di un indice su titoli, valute o
  tassi di interesse.
    Il comma 2 fissa i criteri di valutazione di dette
  operazioni "fuori bilancio" mediante rinvio a quelli stabiliti
  dal decreto legislativo n.87 del 1992 in materia di conti
  annuali degli enti creditizi e finanziari.  Tali criteri si
  fondano sull'uniformità di trattamento delle operazioni "in
  bilancio" e "fuori bilancio" appartenenti alla medesima
  categoria funzionale, in relazione alla ripartizione del
  patrimonio aziendale tra quelli che costituiscono
  "immobilizzazioni" e quelli che costituiscono "circolante".  In
  particolare, oltre al richiamo del principio della coerente
  valutazione delle operazioni economicamente
 
                              Pag. 10
 
  connesse (articolo 15, comma 1, lettera  c),  del decreto
  legislativo citato):
      per le operazioni "fuori bilancio", diverse da quelle su
  valute, che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, è
  prevista l'applicazione dei criteri di valutazione dettati per
  le immobilizzazioni finanziarie richiamati dal comma 3
  dell'articolo 18 del decreto legislativo n.87 del 1992, a
  seconda che siano o meno quotati nei mercati regolamentati;
      per le operazioni "fuori bilancio", diverse da quelle su
  valute, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, è
  prevista l'applicazione dei criteri di valutazione dettati per
  le attività che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie
  richiamati dal comma 3 dell'articolo 20 del decreto
  legislativo citato, a seconda che siano o meno quotati in
  mercati regolamentati;
  per le operazioni "fuori bilancio" in valuta, si applicano i
  criteri di valutazione di cui all'articolo 21, commi 2 e 3,
  del decreto legislativo citato, che prevedono che tali
  operazioni debbano essere valutate al tasso di cambio a pronti
  vigente alla data di chiusura dell'esercizio, ovvero, se si
  tratta di operazioni a termine diverse da quelle aventi
  carattere di "copertura" di attività e passività che generano
  interessi, al tasso di cambio a termine corrente alla medesima
  data per scadenze corrispondenti alla loro vita residua.
    Ovviamente, resta fermo, in base ai princìpi generali, che
  per i contratti chiusi o parzialmente eseguiti nel corso
  dell'esercizio assume rilevanza ai fini della formazione
  del reddito la differenza, positiva o negativa, fra il
  valore determinato in base ai parametri contrattuali
  (quotazione dei titoli, tassi di interesse o di cambio, valore
  degli indici), rilevati alle scadenze contrattuali (intermedie
  o finali), e il valore che i medesimi contratti assumono in
  base ai parametri stabiliti in contratto.
    Il comma 3 individua particolari criteri temporali per il
  concorso alla formazione del reddito di impresa per i
  proventi, gli oneri e i risultati delle valutazioni delle
  operazioni "fuori bilancio" poste in essere con finalità di
  copertura di attività e passività produttive di interessi.  In
  generale, le operazioni "di copertura" sono quelle che
  l'impresa pone in essere con l'obiettivo di proteggere da
  avversi andamenti di mercato (fluttuazioni dei prezzi, dei
  tassi di interesse o dei tassi di cambio) singole attività in
  bilancio o "fuori bilancio" (cosiddetta "copertura specifica":
  ad esempio di uno specifico finanziamento o titolo
  obbligazionario in portafoglio), o di insiemi di attività o
  passività in bilancio o "fuori bilancio" (cosiddetta
  "copertura generica": ad esempio "posizioni in cambio" e cioè
  la somma algebrica delle attività e delle passività in
  bilancio o "fuori bilancio" in una medesima valuta).
  14.  Modifica all'articolo 104.
    Si è integrato il comma 2, per prevedere l'applicazione
  anche nei confronti della Banca d'Italia e dell'Ufficio
  italiano dei cambi delle disposizioni di cui agli articoli 71,
  comma 2, e 103- bis.
 
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