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Monza nel quadro della "prima" Italia medioevale.
Il prestigio internazionale della città di Monza si
associa, nei secoli, alla suggestione storica e civile di ciò
che fu la prima monarchia italiana in senso proprio, quella
dei longobardi. Infatti, il regnum longobardico non fu
soltanto uno Stato insediato in terra italica, ma una realtà
radicata nell'Europa romano-germanica: un organismo
politico-culturale complesso, più "europeo" che mediterraneo e
peninsulare. Il regnum longobardico spostò il peso
specifico di ciò che allora era chiamato "Italia" verso il
cuore del continente europeo (da dove, del resto, i longobardi
erano venuti attraverso le Alpi). Se nel
secolo XIX la pubblicistica neo-guelfa, con tutto il diritto
di mantenere i propri punti di vista, vide nella monarchia
longobardica un corpo sostanzialmente estraneo almeno per due
secoli a partire dall'invasione del 568 d.C. (si pensi al
Discorso su alcuni punti della storia longobardica in
Italia di Alessandro Manzoni), uno storiografo come il
francese Augustin Thierry vide invece nell'amministrazione
regia dei longobardi la fase storica in cui la nazione
italiana, unificandosi tra il VI e l'VIII secolo grazie alla
fusione di italico-romani e di "vìnili" del Nord, acquistò
autonomia rispetto alla pur benemerita teocrazia prima
bizantina e poi papale, secondo le ragioni proprie di uno
Stato laico. Del resto, lo stesso Manzoni dà prova di
riconoscerlo, nelle scene finali della sua tragedia
Adelchi.
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Questa funzione la ebbero i longobardi per primi: non gli
Eruli o gli Ostrogoti, che nei brevissimi periodi del loro
dominio considerarono l'Italia come una terra da spartire tra
i capi delle loro genti, né tanto meno i bizantini, che
occuparono l'Italia come si occupa una lontana provincia o, in
termini moderni, una colonia d'Oltremare. In grandissima
parte, gli italiani hanno in sé tracce incancellabili di
quella difficile, tormentata ma fertilissima fusione.
L'eredità longobardica fu presente in Arnaldo da Brescia,
in Dante, in Irnerio fondatore dell'università di Bologna,
nelle stesso Manzoni. Vive in capolavori come il Tempietto di
Cividale, in San Michele di Pavia, e, naturalmente, nel Duomo
di Monza e nei suoi tesori. Vive nel primo monumento
storiografico dell'Italia postantica e post-romana, la
Historia Langobardorum di Paolo Diacono; nelle poesie di
Paolino d'Aquileia; nella musica di sequenze liturgiche come
il Planctus Mariae di Cividale del Friuli o il canto
veronese O admirabile Veneris idolum.
Fu incultura e barbarie, la presenza dei longobardi?
Autari, Teodolinda, Agilulfo, Liutprando, sono figure senza le
quali la civiltà italiana risulterebbe più povera nelle sue
radici storiche. Non si dimentichi che i Placiti cassinesi,
considerati da molti il primo "vero" documento scritto di una
lingua già definibile come "italiana" furono redatti in terra
longobardica, il ducato di Benevento, per mano di un giudice
il cui nome, Arechis, ha un suono longobardico
inequivocabile.
La civiltà longobardica è in noi italiani, nel nostro modo
di essere, di parlare, di ricorrere a proverbi, di reagire
come cittadini all'interno del patto sociale: sono tracce
spesso segrete, sotterranee, forse misteriose, e per questo
tanto più incancellabili. In tale contesto di memorie
storiche, Monza spicca con particolare rilievo, come custode
di uno dei massimi tesori d'arte e di cultura nati in quella
civiltà. Fra essi, ha una luce particolare l'oggetto-simbolo
per eccellenza, riconosciuto come tale anche dagli stranieri o
da coloro che, per metà italiani come Napoleone, vollero
conservargli tutto il suo valore simbolico: la Corona
Ferrea.
Monza nella storia italiana ed europea.
Nell'VIII secolo, lo storico longobardo Paolo Diacono
ricordò in un passo della Historia Langobardorum che la
regina Teodolinda aveva fatto erigere a Monza un palazzo e la
basilica del Beato Giovanni Battista, che "guarnì di molti
preziosi d'oro e d'argento e dotò in misura bastante di
terreni". Già in questa notizia, il nome della città si lega
con quello della benefica sovrana. In realtà, Monza era più
antica, e il re ostrogotico Teodorico l'aveva eletta come una
delle sue residenze. Più tardi, Teodolinda scelse Monza come
luogo di villeggiatura. Ma la tradizione vuole - e l'errore è
pur sempre significativo - che sia stata proprio Teodolinda a
fondare la città. Del resto, soltanto nel 768 il nome della
città è documentato per la prima volta, nella forma originaria
Modicia poi trasformata in Monza secondo il
modello analogo di Palatia divenuta Pallanza. Il
nome originario sembra risalire alla famiglia dei
Modiciates, antichi proprietari terrieri della zona
nella fase tarda del basso impero romano. Documentata è anche
la forma Modoetia.
Teodolinda, principessa bavara, divenne regina dei
longobardi nel 589 grazie al suo matrimonio con il giovane re
Autari. Alla morte di lui, la regina ottenne, caso unico nella
storia di quei tempi, il privilegio di scegliere il successore
al trono longobardico. Sposò così in seconde nozze Agilulfo, e
da lui ebbe Adaloaldo che fece battezzare nel 603 nella
basilica di Monza dall'abate Secondo di Trento. Ecco già una
significativa fusione politica e culturale tra l'elemento
italico-romano e quello longobardico, così come, quarant'anni
dopo, fu segno di convergenza culturale l' Edictum del re
Rotari (643), che voleva essere in origine un'orgogliosa
affermazione del diritto longobardico, non scritto e
consuetudinario, contro la giurisprudenza romana, ma essendo
scritto con l'indispensabile consulenza di giuristi italici
conoscitori del latino e dell'antico ius fini per essere
qualcosa di completamente nuovo, in cui il fatto stesso di
essere scritto costituiva un fattore di "italicità".
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Teodolinda, dal canto suo, strinse rapporti con la Santa
Sede, ottenne la stima e la riconoscenza del Papa Gregorio I
(detto tradizionalmente san Gregorio Magno, promotore
culturale dell'immenso patrimonio della musica liturgica
cattolica), e da Monza intraprese la conversione del popolo
longobardico al cattolicesimo.
Da allora la città di Monza e il suo Duomo ricevettero
importanti riconoscimenti e cospicui privilegi da re e
imperatori: dal carolingio Carlo il Grosso (881), da
Berengario I re d'Italia dopo la dissoluzione del Sacro Romano
Impero retto dalla monarchia franca (920), dall'imperatore
sassone Ottone III (1000), dal sassone anch'egli imperatore
Lotario II di Supplimburg (1136), dallo svevo Federico I
Barbarossa (1159) e da suo figlio Enrico VI il Crudele
(1186-1191), e dall'imperatore Enrico VII di Lussemburgo.
Riconoscimenti e privilegi vennero concessi a Monza anche dai
Visconti: Azzone (1335), Galeazzo II (1359, 1376, 1378),
Giovanni Galeazzo (1379, 1391, 1396), Filippo Maria (1413), e
dagli Sforza: Francesco I (1450), Giovanni Galeazzo Maria
(1481), Francesco II (1523).
Nel concedere privilegi a Monza intervennero anche gli
arcivescovi Ariberto d'Intimiano (1044), Giovanni da Clivio
(1119) e Guido di Somma (1149), e i papi Callisto II (1120),
Innocenzo II (1135), Celestino II (1148), Alessandro III
(1169), Clemente III (1180) e Sisto V (1535). Scrisse in
proposito Callisto II: "La chiesa del Beato Giovanni Battista
( ...) la muniamo del patrocinio del beato Pietro. Poiché il
medesimo luogo, edificato dalla regina Teodolinda di nobile
memoria, dotato altresì di ampie prerogative, di possessi e di
tesoro, è ritenuto illustre e degno di venerazione".
Nei secoli dal IX al XIII, le incoronazioni a re d'Italia
ebbero luogo nell'antica capitale del regno longobardico,
Pavia. Dopo la distruzione di quest'ultima nel 1004, divennero
sedi delle incoronazioni Milano e Monza. Perciò nel 1156
Landolfo di San Paolo juniore poteva scrivere, nella
Historia Mediolanensis: "... a Monza, che è il primo
luogo della corona d'Italia" e nel 1158 notava Radevico di
Frisinga nel De rebus gestis Friderici I imperatoris:
"...Monza, dov'è, com'è noto, la sede del Regno Italico".
Gedefrido Viterbense scrive nel suo Chronicon (1190):
"A volere scrivere il vero su quanti siano i primi luoghi
della Corona, scorgo nell'ordine quattro sedi dell'Impero: il
primo luogo è Aquisgrana, in seconda sede Arles, indi è nella
regia sede di Monza che s'usa conferire la somma corona
d'Italia; quando Cesare vuol rivestirsi del romano diadema,
dev'essere reverentemente unto per mano dell'Apostolica
autorità". Nella pagina di Gedefrido, Monza precede così la
quarta sede in ordine d'importanza, Worms, dove si tenevano le
"diete" o assemblee dei princìpi dell'Impero a partire
dall'VIII secolo.
Nel 1230, Giovanni Codagnello ribadì, negli Annali
Piacentini: "... il regno d'Italia. La sua corona è detta
ferrea, dalla fiera durezza della gente che la lasciò alla
basilica di San Giovanni sita in Monza". Nel 1260, Rolandino
da Padova annotò nel Chronicon che Ezzelino da Romano
"cercò altresì di entrare nel borgo di Monza, con l'intenzione
forse di spogliarlo del noto privilegio della corona ferrea,
la quale fu lì posta dai nostri avi, in omaggio alla libertà
di Lombardia, per il seguente motivo: perché cioè, ogni qual
volta vi fosse un imperatore dei Romani, questi medesimo, dopo
la sua elezione a re d'Alemannia, dovesse in primo luogo
cingersi della corona ferrea, indi recarsi a Roma a ricevervi
la corona d'oro da Sua Dignità Apostolica".
Nel 1311, Enrico VII di Lussemburgo cinse in Milano una
corona di ferro fatta appositamente per quell'occasione,
poiché in quegli anni le corone di Monza erano in pegno presso
gli umiliati di Sant'Agata. Così dovette fare Ludovico il
Bavaro nel 1327. Invece Carlo IV di Lussemburgo, nel 1355,
ricevette la corona ferrea del Regno Italico a Milano, e
possiamo affermare che essa fu la Corona Ferrea di Monza. Così
pure Sigismondo di Lussemburgo nel 1431.
Federico III d'Asburgo fu incoronato re d'Italia con la
Corona Ferrea di Monza a Roma, poiché a Milano imperversava la
peste. Carlo V d'Asburgo cinse la Corona ferrea di Monza a
Bologna, per sua scelta.
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Vennero poi l'incoronazione a re d'Italia di Napoleone I nel
1805 a Milano, e nel 1838, sempre a Milano, quella di
Ferdinando I d'Asburgo-Lorena, imperatore d'Austria.
Nel 1878 la Corona Ferrea di Monza seguì il feretro di
Vittorio Emanuele I, re d'Italia; nel 1900, quello di suo
figlio Umberto I.
Attualmente, la Corona Ferrea è conservata in un altare
realizzato sul finire del secolo XIX da Luca Beltrami, nella
cappella dedicata alla regina Teodolinda nel Duomo di
Monza.
Il Duomo di Monza.
Nei 1400 anni della sua storia, il Duomo di Monza, oltre
che custode della corona del Regno Italico e per questo motivo
sede illustre di beni culturali e centro di rilievo lombardo,
italiano ed europeo, è stato, per i cittadini di Monza e della
Brianza, un riferimento costante di alta memoria storica e di
radicamento delle proprie tradizioni e della propria
riconoscibilità e identità civile. In tale memoria storica,
grazie a quel segno illustre di tradizione, le memorie
lombarde coincidono con la forte coscienza dell'essere
italiani e con il significato che il carattere d'italianità
assume nella comune memoria europea intesa come forma di vita
e di civiltà.
Nel 1617, Bartolomeo Zucchi riprese la tradizione storica
tramandata dal cronista trecentesco Bonincontro Morigia nel
Chronicon Modoetiense ("Cronaca monzese") e da
storiografi precedenti, e fissò al 1^ ottobre 595 la data in
cui si sarebbero svolte le solenni cerimonie per la
dedicazione della basilica a San Giovanni Battista. E' un atto
di devozione nei confronti del santo del battesimo la figura
per eccellenza di iniziazione alla fede che testimonia l'opera
di conversione al cattolicesimo dei longobardi avviata da
Teodolinda.
Da quell'anno lontano, il Duomo di Monza fu arricchito di
tesori inestimabili. Nei secoli della sua storia, il Duomo
attrasse la cupidigia di vincitori e dominatori, ma le sue
ricchezze, pur se notevolmente ridotte rispetto alle origini,
costituiscono ancora oggi un insieme di eccezionale
importanza: preziose oreficerie medievali, arazzi
rinascimentali, dipinti su tavola, su tela e su muro dal
secolo XIV al XVIII. La biblioteca del Duomo è ricca di
documenti unici, fra cui codici miniati medioevali e volumi
databili tra il secolo XV e il XVIII.
Il fine delle manifestazioni e il loro rilievo in un
quadro europeo.
Si è detto con sufficiente ampiezza del rilievo nazionale e
internazionale che la città di Monza, con i suoi monumenti e i
suoi beni culturali, ha avuto e continua ad avere in una
prospettiva storica e civile. D'altra parte, il fine delle
manifestazioni che abbiamo in programma è anche quello di
valorizzare sempre più questo patrimonio della tradizione
lombarda, che affonda le sue radici nel medioevo ma ha
ricevuto nel corso dei secoli testimonianze d'alto rilievo da
parte di tutta l'Europa colta e civile.
Ma parlare di patrimonio della tradizione lombarda non
significa ridurre la finalità che ci proponiamo in una
dimensione localistica e provinciale. Nostro intento è quello
di dare alle manifestazioni il forte rilievo che esiste di per
sé, nelle loro premesse. Se vogliamo che, in tale circostanza
commemorativa, Monza divenuti un centro di rapporti culturali
(e nel testo legislativo che segue noi proponiamo l'intervento
di artisti e di studiosi europei in momenti salienti delle
manifestazioni), tali rapporti non dovranno avere il tono di
una scampagnata culturale, ma dovranno pur sempre sottolineare
come in passato la storia europea sia stata spesso un nodo di
prevaricazioni, di ribellioni e di sangue, di lotte durissime
e di sofferenze imposte alle generazioni che ci hanno
preceduto.
Si aggiunga che, nel quadro delle manifestazioni proposte,
l'aspetto regionale guarda a un futuro - e dagli spiriti più
illuminati auspicato - quadro europeo in
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cui le regioni dovranno costituire gli elementi fondamentali
della grande costruzione comune. Non è possibile costruire
l'Europa come casa comune dei popoli se ciò non avviene sotto
il segno di un'identità. In tale segno, i caratteri nazionali
devono essere conservati e soprattutto potenziati in ciò che
hanno di costruttivo, ma occorre mirare con attenzione
all'intima struttura di tali caratteri, a quella "nucleare",
in cui a loro volta le identità regionali siano potenziate in
ciò che esse hanno di europeo.
Possiamo ben dire che dal Duomo di Monza, antico di 1400
anni di storia, non soltanto s'irradia il più forte legame
della tradizione culturale monzese, e non solo assume risalto
il legame inscindibile con le radici lombarde, ma si
diffondono le memorie storiche d'Europa che, nel bene e nel
male, danno significato alla comune appartenenza dei popoli
del nostro continente a un'unica area culturale.
Con la nostra proposta di legge, considerato il carattere
nazionale dell'evento a cui si fa riferimento, si richiede la
partecipazione finanziaria dello Stato a favore delle
celebrazioni per l'anniversario della consacrazione della
Basilica di San Giovanni Battista.
E' doveroso sottolineare che, a questo scopo, a fronte di
una quota di spesa sostenuta da risorse pubbliche, si colloca
un rilevante contributo in denaro messo a disposizione per
iniziativa di istituti di credito e di privati cittadini.
Le manifestazioni previste sono progettate sia a livello
scientifico (convegni e conferenze, concorsi di studi e borse
di studio, eccetera) perché si intende onorare un evento
significativo per la storia della nostra civiltà con un
contributo di conoscenze e un incremento degli studi storici;
sia a livello invece più festosamente celebrativo con
iniziative che intendono coinvolgere un più numeroso pubblico
in forme di maggiore immediatezza comunicativa come quelle
teatrali.
A questo fine tende la serie di spettacoli per musica e
teatro da allestire nella bella piazza di Monza e alcune
attività editoriali e di divulgazione da proporre soprattutto
ai giovani.
Spicca poi, fra le iniziative, l'idea di un'opera musicale
in onore di Teodolinda che intende essere, per livello
culturale e artistico, un momento importante dell'intero
progetto dei festeggiamenti e un'occasione per consegnare al
patrimonio musicale un contributo alto e memorabile.
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