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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


374
DDL0022-0002
Progetto di legge Camera n. 22 - testo presentato - (DDL12-22)
(suddiviso in 19 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C22. TESTIPDL
...C22.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC22 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Deputati! -- L'accluso decreto-legge, che
  viene sottoposto all'esame del Parlamento ai fini della sua
  conversione in legge, reitera il precedente decreto-legge 7
  gennaio 1994, n. 12, a sua volta reiterante il decreto-legge 9
  novembre
  1993, n. 443, decaduti per mancata conversione nel
  termine costituzionale.  A distanza ormai di anni dalla
  sentenza n. 312 del 1990 con la quale la Corte costituzionale
  ha dichiarato la parziale illegittimità del decreto
  ministeriale 26 gennaio
 
                               Pag. 2
 
  1990, i problemi relativi al regime giuridico delle
  materie prime secondarie non sono stati ancora risolti.
  L'indirizzo recentemente espresso dalle Sezioni unite penali
  della Corte di cassazione con la sentenza 27 marzo 1992,
  secondo il quale le materie prime secondarie devono essere
  considerate rifiuti, ha anzi determinato la pressoché completa
  paralisi dell'impiego nei cicli produttivi delle cosidette
  materie prime secondarie.
    Questa situazione di stallo ha riflessi particolarmente
  negativi sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo
  economicoproduttivo: infatti, da un lato si viene a
  determinare un maggior flusso di rifiuti verso gli impianti di
  smaltimento che, oltre a far lievitare i costi, determina
  anche gravi problemi di funzionalità degli impianti stessi e
  favorisce il ricorso a forme illecite di smaltimento;
  dall'altro, obbliga le imprese a sostenere maggiori oneri sia
  per lo smaltimento dei residui sia per l'approvvigionamento
  delle materie prime, con conseguenze intuibili soprattutto in
  considerazione dell'attuale congiuntura economica.
    Il nodo centrale del problema delle materie prime
  secondarie, sul quale sono naufragati i numerosi tentativi di
  dare una regolamentazione certa al loro impiego, è di
  principio in quanto attiene alla qualificazione giuridica
  delle stesse e cioè: le materie prime secondarie sono rifiuti
  oppure devono essere considerate sottoprodotti.
    Si tratta di una questione di principio di difficilissima,
  se non impossibile, soluzione sotto il profilo concettuale, e,
  visti i risultati conseguiti, l'averla voluta elevare a
  presupposto essenziale ed irrinunciabile per la definizione
  del regime giuridico cui sottoporre le attività finalizzate a
  riutilizzare i residui derivanti da cicli di produzione o di
  consumo, ha significato affrontare il problema in una
  prospettiva sbagliata.
    Alla luce di quanto esposto l'unica via percorribile in
  tempi brevi, che risponde alle esigenze di un intervento ormai
  indilazionabile in materia e non compromette affatto
  l'ulteriore evoluzione in atto nella materia stessa, ma
  presenta, anzi, una camaleontica omogeneità con le opposte
  soluzioni in corso di elaborazione a livello comunitario, è
  quella di sottoporre ad una disciplina specifica ed agevolata
  il riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione e
  di consumo che sono individuati in relazione a determinate
  caratteristiche tipologiche, prescindendo da qualsiasi
  qualificazione concettuale degli stessi.
    Si consente in tal modo all'operatore economico di agire in
  un regime di certezza e con procedure amministrative
  notevolmente semplificate, che rispettano le esigenze di
  tutela dell'ambiente e gli obiettivi e le finalità stabiliti
  dalle norme comunitarie di settore.  La disciplina proposta è
  immediatamente operativa per alcune più importanti tipologie
  di residui destinati al riutilizzo in un processo produttivo
  come materia prima, in considerazione dell'esigenza di non
  creare in modo aprioristico e senza adeguato approfondimento
  improvvise soluzioni di continuità nell'impiego di quelle
  materie prime seconde che, pur tra mille incertezze, hanno
  continuato ad essere utilizzate in attività
  economico-produttive.  Successivamente si procederà ad una
  puntuale individuazione e definizione dei residui utilizzabili
  con le procedure agevolate, nonché delle relative norme
  tecniche.
    Viene inoltre prevista una disciplina semplificata per
  l'utilizzazione dei residui come fonte di energia, che ha
  indubbiamente una grossa valenza economica.
    Nel dettaglio l'articolo 1 del decretolegge circoscrive il
  campo di applicazione del provvedimento alle attività
  finalizzate al riutilizzo di residui derivanti dai cicli di
  produzione e di consumo, specificando che si tratta di una
  disciplina transitoria in attesa dell'attuazione delle
  direttive comunitarie nn. 156 del 1991 e 689 del 1991 e
  dell'applicazione del regolamento CEE n. 259/93 e di una più
  puntuale definizione e classificazione dei rifiuti derivante
  dall'attuazione delle direttive predette.  Lo stesso articolo,
  inoltre, individua i criteri in base ai quali un residuo è
  qualificabile come tossico e nocivo.
    L'articolo 2 esclude dal campo di applicazione del
  provvedimento i residui di lavorazione
 
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  dell'industria alimentare disciplinati da
  specifiche norme igienico-sanitarie, i semilavorati non
  costituenti residui di produzione e di consumo e, in linea di
  principio, i materiali quotati in listini e mercuriali e
  comunicati al Ministero dell'ambiente prima dell'11 novembre
  1993.
    Con particolare riferimento ai listini e mercuriali è poi
  previsto che i materiali quotati restino provvisoriamente
  esclusi dal campo di applicazione del decreto, in attesa,
  cioè, di procedere alla loro ricognizione positiva con decreto
  del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro
  dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in base al
  cui esito verranno individuati quelli che, in relazione alle
  loro specifiche merceologiche ed alle loro caratteristiche,
  potranno essere definitivamente esclusi dal campo di
  applicazione del decreto.
    L'articolo 3 definisce il concetto di riutilizzo,
  stoccaggio, trasporto, trattamento, frantumazione di inerti e
  materie prime corrispondenti.
    L'articolo 4 prevede che le operazioni di raccolta o
  trasporto di residui destinati al riutilizzo siano soggette,
  senza alcun onere finanziario, a comunicazione all'albo
  nazionale degli smaltitori di cui all'articolo 10 del
  decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con
  modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, e alla
  regione territorialmente competente almeno trenta giorni prima
  dell'inizio dell'attività e che i residui stessi durante il
  trasporto debbano essere identificati dal documento di
  accompagnamento dei beni viaggianti.  Tali attività non sono
  sottoposte alla garanzia finanziaria di cui all'articolo 10,
  comma 2, della legge 29 ottobre 1987, n. 441.
    L'articolo 5 sottopone a semplice comunicazione le
  operazioni di trattamento, stoccaggio e riutilizzo come
  materia prima o come fonte di energia dei residui che dovranno
  essere individuati in relazione alla tipologia, alle
  caratteristiche e alle condizioni alle quali tale procedura è
  applicabile con decreto del Ministro dell'ambiente, di
  concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e
  dell'artigianato da adottarsi entro il termine di sessanta
  giorni dalla data di entrata in vigore del presente
  decreto-legge.  In attesa dell'adozione del suddetto decreto
  ministeriale vengono sottoposte con effetto immediato al
  semplice obbligo di comunicazione solo le operazioni di
  trattamento, stoccaggio e riutilizzo dei residui individuati,
  con riferimento alla provenienza ed alla destinazione,
  nell'elenco di cui all'allegato 1 al decreto ministeriale 26
  gennaio 1990.  E' poi prevista la possibilità di un
  aggiornamento periodico di tale elenco e la predisposizione di
  un apposito modulo da utilizzare per le comunicazioni
  richieste, al fine di acquisire i dati in modo uniforme.
    L'articolo 6 precisa che allo stoccaggio, trasporto e
  riutilizzo dei residui sottoposti al regime della
  comunicazione continuano comunque ad applicarsi le norme
  tecniche di sicurezza e le procedure autorizzative previste
  dalla normativa vigente per le attività industriali e
  commerciali relative alla materia prima corrispondente, e
  stabilisce che in mancanza delle suddette norme tecniche di
  sicurezza si applicano quelle vigenti per i rifiuti speciali
  ovvero tossici e nocivi.
    Sono poi previste alcune disposizioni di coordinamento con
  il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
  203, in riferimento alle attività di riutilizzo dei residui
  sottoposti a regime di comunicazione in un processo di
  combustione per la produzione di energia.
    Infine, lo stoccaggio dei residui tossici e nocivi, anche
  se interno allo stabilimento di produzione, viene limitato in
  centottanta giorni, salvo motivata proroga da parte della
  regione.
    L'articolo 7 disciplina l'esportazione e l'importazione dei
  residui sottoposti al regime della comunicazione.
    L'articolo 8 sottopone al regime autorizzatorio e giuridico
  di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
  1984, n. 915, e al decreto del Presidente della Repubblica 24
  maggio 1988, n. 203, le attività di trattamento, stoccaggio e
  riutilizzo dei residui non individuati ai sensi del presente
  decreto, ai quali, pertanto, non si applica il regime della
  comunicazione.
 
                               Pag. 4
 
    L'articolo 9 impone l'obbligo della tenuta dei registri di
  carico e scarico ai soggetti che svolgono attività di raccolta
  e trasporto dei residui tossici e nocivi destinati al
  riutilizzo, nonché ai soggetti che effettuano attività di
  produzione, di stoccaggio, di importazione, di esportazione,
  di trattamento e di riutilizzo dei residui sottoposti al
  regime della comunicazione.
    L'articolo 10 prevede l'obbligo di informazione a carico
  dei soggetti di cui al precedente articolo 9.
    L'articolo 11 disciplina, in linea con le disposizioni
  della legge 8 giugno 1990, n. 142, le attività di controllo
  sulle attività finalizzate al riutilizzo dei residui derivanti
  da cicli di produzione o di consumo.
    L'articolo 12 prevede specifiche sanzioni per la violazione
  degli adempimenti cui sono sottoposte le attività finalizzate
  al riutilizzo dei residui cui si applica il regime della
  comunicazione, ed inoltre esclude la punibilità per i
  comportamenti conformi alle disposizioni del decreto
  ministeriale 26 gennaio 1990 e delle leggi regionali vigenti
  posti in essere prima della data di entrata in vigore del
  presente decreto-legge.
    L'articolo 13 abroga l'articolo 2 del decreto-legge 9
  settembre 1988, n. 397, convertito con modificazioni, dalla
  legge 9 novembre 1988, n. 475, facendo salve le leggi
  regionali in materia, conformi alle prescrizioni del presente
  decreto-legge.
    L'articolo 14 definisce un regime transitorio per i residui
  sottoposti a riutilizzo in base a specifici atti regionali,
  che in attesa dell'aggiornamento dell'elenco allegato al
  decreto ministeriale 26 gennaio 1990, sono sottoposti al
  regime previsto dall'articolo 5 del decreto.
 
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