| Onorevoli Deputati! -- L'accluso decreto-legge, che
viene sottoposto all'esame del Parlamento ai fini della sua
conversione in legge, reitera il precedente decreto-legge 7
gennaio 1994, n. 12, a sua volta reiterante il decreto-legge 9
novembre
1993, n. 443, decaduti per mancata conversione nel
termine costituzionale. A distanza ormai di anni dalla
sentenza n. 312 del 1990 con la quale la Corte costituzionale
ha dichiarato la parziale illegittimità del decreto
ministeriale 26 gennaio
Pag. 2
1990, i problemi relativi al regime giuridico delle
materie prime secondarie non sono stati ancora risolti.
L'indirizzo recentemente espresso dalle Sezioni unite penali
della Corte di cassazione con la sentenza 27 marzo 1992,
secondo il quale le materie prime secondarie devono essere
considerate rifiuti, ha anzi determinato la pressoché completa
paralisi dell'impiego nei cicli produttivi delle cosidette
materie prime secondarie.
Questa situazione di stallo ha riflessi particolarmente
negativi sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo
economicoproduttivo: infatti, da un lato si viene a
determinare un maggior flusso di rifiuti verso gli impianti di
smaltimento che, oltre a far lievitare i costi, determina
anche gravi problemi di funzionalità degli impianti stessi e
favorisce il ricorso a forme illecite di smaltimento;
dall'altro, obbliga le imprese a sostenere maggiori oneri sia
per lo smaltimento dei residui sia per l'approvvigionamento
delle materie prime, con conseguenze intuibili soprattutto in
considerazione dell'attuale congiuntura economica.
Il nodo centrale del problema delle materie prime
secondarie, sul quale sono naufragati i numerosi tentativi di
dare una regolamentazione certa al loro impiego, è di
principio in quanto attiene alla qualificazione giuridica
delle stesse e cioè: le materie prime secondarie sono rifiuti
oppure devono essere considerate sottoprodotti.
Si tratta di una questione di principio di difficilissima,
se non impossibile, soluzione sotto il profilo concettuale, e,
visti i risultati conseguiti, l'averla voluta elevare a
presupposto essenziale ed irrinunciabile per la definizione
del regime giuridico cui sottoporre le attività finalizzate a
riutilizzare i residui derivanti da cicli di produzione o di
consumo, ha significato affrontare il problema in una
prospettiva sbagliata.
Alla luce di quanto esposto l'unica via percorribile in
tempi brevi, che risponde alle esigenze di un intervento ormai
indilazionabile in materia e non compromette affatto
l'ulteriore evoluzione in atto nella materia stessa, ma
presenta, anzi, una camaleontica omogeneità con le opposte
soluzioni in corso di elaborazione a livello comunitario, è
quella di sottoporre ad una disciplina specifica ed agevolata
il riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione e
di consumo che sono individuati in relazione a determinate
caratteristiche tipologiche, prescindendo da qualsiasi
qualificazione concettuale degli stessi.
Si consente in tal modo all'operatore economico di agire in
un regime di certezza e con procedure amministrative
notevolmente semplificate, che rispettano le esigenze di
tutela dell'ambiente e gli obiettivi e le finalità stabiliti
dalle norme comunitarie di settore. La disciplina proposta è
immediatamente operativa per alcune più importanti tipologie
di residui destinati al riutilizzo in un processo produttivo
come materia prima, in considerazione dell'esigenza di non
creare in modo aprioristico e senza adeguato approfondimento
improvvise soluzioni di continuità nell'impiego di quelle
materie prime seconde che, pur tra mille incertezze, hanno
continuato ad essere utilizzate in attività
economico-produttive. Successivamente si procederà ad una
puntuale individuazione e definizione dei residui utilizzabili
con le procedure agevolate, nonché delle relative norme
tecniche.
Viene inoltre prevista una disciplina semplificata per
l'utilizzazione dei residui come fonte di energia, che ha
indubbiamente una grossa valenza economica.
Nel dettaglio l'articolo 1 del decretolegge circoscrive il
campo di applicazione del provvedimento alle attività
finalizzate al riutilizzo di residui derivanti dai cicli di
produzione e di consumo, specificando che si tratta di una
disciplina transitoria in attesa dell'attuazione delle
direttive comunitarie nn. 156 del 1991 e 689 del 1991 e
dell'applicazione del regolamento CEE n. 259/93 e di una più
puntuale definizione e classificazione dei rifiuti derivante
dall'attuazione delle direttive predette. Lo stesso articolo,
inoltre, individua i criteri in base ai quali un residuo è
qualificabile come tossico e nocivo.
L'articolo 2 esclude dal campo di applicazione del
provvedimento i residui di lavorazione
Pag. 3
dell'industria alimentare disciplinati da
specifiche norme igienico-sanitarie, i semilavorati non
costituenti residui di produzione e di consumo e, in linea di
principio, i materiali quotati in listini e mercuriali e
comunicati al Ministero dell'ambiente prima dell'11 novembre
1993.
Con particolare riferimento ai listini e mercuriali è poi
previsto che i materiali quotati restino provvisoriamente
esclusi dal campo di applicazione del decreto, in attesa,
cioè, di procedere alla loro ricognizione positiva con decreto
del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in base al
cui esito verranno individuati quelli che, in relazione alle
loro specifiche merceologiche ed alle loro caratteristiche,
potranno essere definitivamente esclusi dal campo di
applicazione del decreto.
L'articolo 3 definisce il concetto di riutilizzo,
stoccaggio, trasporto, trattamento, frantumazione di inerti e
materie prime corrispondenti.
L'articolo 4 prevede che le operazioni di raccolta o
trasporto di residui destinati al riutilizzo siano soggette,
senza alcun onere finanziario, a comunicazione all'albo
nazionale degli smaltitori di cui all'articolo 10 del
decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, e alla
regione territorialmente competente almeno trenta giorni prima
dell'inizio dell'attività e che i residui stessi durante il
trasporto debbano essere identificati dal documento di
accompagnamento dei beni viaggianti. Tali attività non sono
sottoposte alla garanzia finanziaria di cui all'articolo 10,
comma 2, della legge 29 ottobre 1987, n. 441.
L'articolo 5 sottopone a semplice comunicazione le
operazioni di trattamento, stoccaggio e riutilizzo come
materia prima o come fonte di energia dei residui che dovranno
essere individuati in relazione alla tipologia, alle
caratteristiche e alle condizioni alle quali tale procedura è
applicabile con decreto del Ministro dell'ambiente, di
concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato da adottarsi entro il termine di sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto-legge. In attesa dell'adozione del suddetto decreto
ministeriale vengono sottoposte con effetto immediato al
semplice obbligo di comunicazione solo le operazioni di
trattamento, stoccaggio e riutilizzo dei residui individuati,
con riferimento alla provenienza ed alla destinazione,
nell'elenco di cui all'allegato 1 al decreto ministeriale 26
gennaio 1990. E' poi prevista la possibilità di un
aggiornamento periodico di tale elenco e la predisposizione di
un apposito modulo da utilizzare per le comunicazioni
richieste, al fine di acquisire i dati in modo uniforme.
L'articolo 6 precisa che allo stoccaggio, trasporto e
riutilizzo dei residui sottoposti al regime della
comunicazione continuano comunque ad applicarsi le norme
tecniche di sicurezza e le procedure autorizzative previste
dalla normativa vigente per le attività industriali e
commerciali relative alla materia prima corrispondente, e
stabilisce che in mancanza delle suddette norme tecniche di
sicurezza si applicano quelle vigenti per i rifiuti speciali
ovvero tossici e nocivi.
Sono poi previste alcune disposizioni di coordinamento con
il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
203, in riferimento alle attività di riutilizzo dei residui
sottoposti a regime di comunicazione in un processo di
combustione per la produzione di energia.
Infine, lo stoccaggio dei residui tossici e nocivi, anche
se interno allo stabilimento di produzione, viene limitato in
centottanta giorni, salvo motivata proroga da parte della
regione.
L'articolo 7 disciplina l'esportazione e l'importazione dei
residui sottoposti al regime della comunicazione.
L'articolo 8 sottopone al regime autorizzatorio e giuridico
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
1984, n. 915, e al decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 203, le attività di trattamento, stoccaggio e
riutilizzo dei residui non individuati ai sensi del presente
decreto, ai quali, pertanto, non si applica il regime della
comunicazione.
Pag. 4
L'articolo 9 impone l'obbligo della tenuta dei registri di
carico e scarico ai soggetti che svolgono attività di raccolta
e trasporto dei residui tossici e nocivi destinati al
riutilizzo, nonché ai soggetti che effettuano attività di
produzione, di stoccaggio, di importazione, di esportazione,
di trattamento e di riutilizzo dei residui sottoposti al
regime della comunicazione.
L'articolo 10 prevede l'obbligo di informazione a carico
dei soggetti di cui al precedente articolo 9.
L'articolo 11 disciplina, in linea con le disposizioni
della legge 8 giugno 1990, n. 142, le attività di controllo
sulle attività finalizzate al riutilizzo dei residui derivanti
da cicli di produzione o di consumo.
L'articolo 12 prevede specifiche sanzioni per la violazione
degli adempimenti cui sono sottoposte le attività finalizzate
al riutilizzo dei residui cui si applica il regime della
comunicazione, ed inoltre esclude la punibilità per i
comportamenti conformi alle disposizioni del decreto
ministeriale 26 gennaio 1990 e delle leggi regionali vigenti
posti in essere prima della data di entrata in vigore del
presente decreto-legge.
L'articolo 13 abroga l'articolo 2 del decreto-legge 9
settembre 1988, n. 397, convertito con modificazioni, dalla
legge 9 novembre 1988, n. 475, facendo salve le leggi
regionali in materia, conformi alle prescrizioni del presente
decreto-legge.
L'articolo 14 definisce un regime transitorio per i residui
sottoposti a riutilizzo in base a specifici atti regionali,
che in attesa dell'aggiornamento dell'elenco allegato al
decreto ministeriale 26 gennaio 1990, sono sottoposti al
regime previsto dall'articolo 5 del decreto.
| |