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Onorevoli Deputati! - Il contenuto della direttiva
82/501/CEE, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi
con determinate attività industriali, è stato, come noto,
recepito nel nostro Paese con il decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, il cui grado di attuazione,
a distanza di oltre un quinquennio, si è purtroppo rivelato
tutt'altro che soddisfacente.
Si è assistito, nel breve volgere degli anni,
all'accumularsi di un insostenibile coacervo di pratiche
giacenti ma non ancora concluse che, al di là dei negativi
aspetti sul piano meramente amministrativo, ha indotto e
continua ad indurre uno stato di grave disagio e di
preoccupazione per le deleterie implicazioni sulla sicurezza
di molte aree industriali distribuite, con varia densità, su
tutto il territorio nazionale.
Le numerose situazioni di rischio, non ancora adeguatamente
controllate secondo le disposizioni del citato decreto
presidenziale, generano infatti condizioni di notevole
pericolo per i lavoratori all'interno degli stabilimenti, ma
ancor più verso le aree esterne dove, nella quasi generalità
dei casi, coesistono zone densamente popolate, spesso con la
presenza di scuole, ospedali, edifici ad uso pubblico e
collettivo.
Il censimento a suo tempo effettuato a cura dei Ministeri
dell'ambiente e della sanità ha portato ad individuare 720
attività industriali soggette a notifica e circa 5.000
soggette a dichiarazione.
Il Ministero dell'ambiente ha poi caratterizzato in
particolare ben 18 aree a maggior rischio di incidente
rilevante e, dal complesso di tali risultanze generali e
specifiche, è facile desumere una preoccu-
pante mappa di distribuzione del pericolo, più o meno
incombente, a carico di qualche milione di cittadini. Per di
più, tali situazioni di pericolo non sempre sono rimaste allo
stato potenziale, ma hanno già dato luogo ad incidenti, alcuni
dei quali particolarmente gravi con danni anche mortali e
gravissime perdite, dirette e indirette, a carico dei beni
materiali e patrimoniali.
Le cause della insufficiente applicazione del decreto sono
state da più parti ormai individuate nella complessità di
talune procedure ivi previste, scarsamente idonee a
fronteggiare l'intrinseca delicatezza della materia che
richiede interventi valutativi e decisionali tempestivi e di
elevato contenuto specialistico.
I principali motivi di inadeguatezza della vigente
normativa sono riconducibili essenzialmente al meccanismo
della istruttoria nell'ambito della quale sono distinguibili
varie fasi tra loro dipendenti e mutuamente subordinate,
talché il rallentamento in corrispondenza di una sola di esse
si ripercuote sull'intera procedura.
Rispetto alle finalità proprie della direttiva CEE, di
natura prevalentemente conoscitiva e valutativa dei rischi, il
procedimento previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica n. 175 del 1988 assume anche aspetti di tipo
autorizzativo. L'estrema lentezza con cui si sviluppa
l'istruttoria secondo l'attuale normativa ostacola da un lato
la tempestiva valutazione degli aspetti prevenzionali e, al
tempo stesso, sospende, spesso senza attendibili previsioni
temporali, la definizione del quadro prescrittivo e degli atti
autorizzativi che consentirebbero al fabbricante
l'acquisizione di più chiari indirizzi nella gestione della
sicurezza.
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La mancata conclusione delle istruttorie entro ragionevoli
limiti di tempo produce poi effetti dannosi per lo svolgimento
degli adempimenti relativi alla pianificazione di emergenza
esterna, particolarmente rilevante per le riverberazioni
dirette sulla sicurezza delle popolazioni che vivono ed
operano in prossimità di attività industriali o in ambito di
aree ad elevata concentrazione di rischio.
L'esperienza maturata ha ormai largamente dimostrato gli
inconvenienti dovuti alla eccessiva frammentazione e viscosità
dell' iter istruttorio, in special modo per le attività
soggette a notifica. In tale settore è stato possibile avviare
le istruttorie per 240 impianti ma solo in pochissimi casi è
stato possibile giungere alle conclusioni.
A ciò deve aggiungersi che le stesse procedure per le
attività soggette a semplice dichiarazione, affidate alle
regioni, non hanno subìto migliore sorte e ciò per le
complicazioni del percorso valutativo ed autorizzativo,
peraltro in una fattispecie di rischio sempre molto complessa
ed insidiosa.
Gli inconvenienti brevemente tratteggiati e la conseguente
situazione di stallo creatasi nell'applicazione del decreto
del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988 hanno
stimolato, anche negli anni scorsi, iniziative del Governo e
del Parlamento, intese ad introdurre possibili correttivi.
Sono stati emanati in materia vari decreti-legge che però, più
volte reiterati, non sono stati mai convertiti. Disegni e
proposte di legge sull'argomento sono stati esaminati dal
Parlamento, sinora però senza concreti risultati.
Attualmente, è all'esame delle Commissioni XIII e X del
Senato il testo del progetto di legge recante nuove norme per
l'attuazione delle direttive 82/501/CEE e 88/610/CEE relative
ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate
attività industriali.
L' iter approvativo di tale progetto di legge, che
presenta elementi di indubbia validità e in relazione al quale
sono stati presentati numerosissimi emendamenti, non consente
tempi compatibili con l'urgenza di una rapida soluzione
legislativa atta a restituire il necessario grado di sicurezza
nel delicato settore dei rischi di incidenti rilevanti.
Ciò stante si è ritenuto indispensabile promuovere un
intervento urgente del Governo attraverso la proposta di un
apposito decreto-legge che modifichi o sostituisca, nel
decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988,
quelle parti non più idonee ad assicurare una rapida ed
efficace conclusione delle istruttorie per le attività
soggette a notifica.
Nella messa a punto del decreto-legge, si è posta
particolare attenzione affinché l'impianto fondamentale
dell'attuale normativa non ne risultasse stravolto ma, anzi,
si è cercato di operare le minori possibili modifiche in uno
sforzo di ottimizzazione del quadro fondamentale su cui il
decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988 è
basato. Ciò anche per non divergere dal dettato della
direttiva CEE, da mantenersi in ogni caso impregiudicato.
La materia del decreto-legge trae poi principale
ispirazione dalle ponderose elaborazioni parlamentari, con
speciale riguardo a quelle del cennato testo attualmente
all'esame del Senato, nell'ambito del quale si è fatto tesoro
anche di taluni emendamenti che hanno formato oggetto di
intese preliminari con le Amministrazioni maggiormente
interessate alla materia e segnatamente con il Dipartimento
della protezione civile e con i Ministeri dell'interno,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità
(oltre a quello dell'ambiente). Per gli aspetti finanziari,
con particolare riguardo alle modalità di assunzione,
utilizzazione e remunerazione del personale, è stato tenuto
presente quanto concordato con il Ministero del tesoro e con
il Dipartimento della funzione pubblica.
Alcune delle modifiche proposte sono state invero dettate
da particolari esigenze di coordinamento della normativa
vigente con le linee innovative che si intendevano perseguire
e ciò specialmente per evitare, nei limiti del possibile,
ridondanze e sovrapposizioni di procedure, il tutto a van-
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vantaggio della chiarezza e dell'efficacia degli atti in
armonia anche agli attuali disposti legislativi nella
specifica materia del procedimento amministrativo.
Il provvedimento è inteso, soprattutto, ad attuare un
decentramento della procedura per le attività soggette a
notifica che rappresentano sempre l'aspetto più critico della
delicata disciplina. L'istruttoria viene affidata infatti ai
comitati tecnici regionali di prevenzione incendi,
preesistenti ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577.
L'indispensabile controllo di uniformità dei criteri
attuativi della normativa è assicurato in sede centrale dal
Ministero dell'ambiente attraverso una apposita conferenza di
servizi nella quale confluiscono le necessarie competenze
istituzionali e specialistiche. E' stato invece abolito il
ricorso agli organi tecnici ed a quelli consultivi.
E' stata esclusa altresì la figura del responsabile di
istruttoria nella convinzione che ciò gioverà alla fluidità
dell'istruttoria, anche attraverso un opportuno potenziamento
dei comitati tecnici regionali.
Si è ritenuto, più in generale, che l'affidamento della
istruttoria ad un organismo operante in sede decentrata
consegua il vantaggio di meglio aderire alla realtà locale.
La corretta valutazione dei rischi industriali e delle
conseguenti misure di prevenzione è certamente favorita dalla
diretta conoscenza del contesto socio-economico in cui le
attività pericolose si sviluppano e dal grado di esposizione e
di reattività, anche psicologica, delle popolazioni
considerate nella realtà ambientale.
D'altra parte, il contenuto della notifica e del correlato
rapporto di sicurezza non subisce variazioni sostanziali. Per
meglio assecondare, anche negli sviluppi temporali, il
processo di progettazione e di realizzazione delle attività
industriali, la formulazione del rapporto di sicurezza avviene
peraltro in due successivi momenti. La fase di nulla-osta di
fattibilità precede infatti quella delle conclusioni finali
dell'istruttoria, corrispondendovi anche l'emissione dei
diversi provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità
competenti.
Tale articolazione si inquadra nella finalità di
unificazione con alcune specifiche procedure di prevenzione
incendi, secondo la normativa vigente, che vengono sussunte
nella più generale disciplina sui rischi di incidenti
rilevanti, come modificata dal presente decreto-legge. Sempre
ai fini di una migliore fluidificazione dell' iter
istruttorio sono state previste anche opportune interfacce nei
riguardi delle attività soggette alla disciplina del settore
petrolifero.
Nell'ipotesi che il termine stabilito per il completamento
dell'istruttoria trascorra in mancanza di provvedimento
conclusivo, è anche prevista la facoltà del fabbricante di
dare inizio ad una nuova attività industriale, previa
presentazione di una perizia giurata redatta da professionista
abilitato che attesti e documenti la sicurezza degli
impianti.
Circa le procedure per le attività soggette a
dichiarazione, il cui esame continua ad essere affidato alle
regioni, è stato introdotto il metodo della
autocertificazione, da parte del fabbricante, relativa agli
elementi caratterizzanti l'attività industriale, realizzando
un indubbio elemento di semplificazione.
Il modificato assetto delle competenze induce la necessità
di un contenuto potenziamento delle risorse di personale delle
Amministrazioni maggiormente coinvolte e ciò per non
vanificare l'impianto procedurale posto in essere con il
presente decretolegge. Tale potenziamento è ottenuto in minima
parte con nuovi apporti, limitati agli ispettori antincendi,
mentre per il resto si farà ricorso alle vigenti procedure di
mobilità.
Punti di particolare rilievo riguardano le misure per il
controllo della applicazione della normativa, nonché
l'obbligo, a carico del fabbricante, circa l'aggiornamento
degli adempimenti di prevenzione a seguito di modifiche che
intervengano nella normativa tecnica e nelle conoscenze
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tecnico-scientifiche inerenti la materia dei rischi di
incidenti rilevanti. Opportune misure di raccordo sono
previste per le attività industriali esistenti per le quali è
stata già avviata l'istruttoria con le modalità previgenti al
decreto-legge.
E' stata infine individuata, per il triennio 1994-1996, la
copertura finanziaria a fronte dell'onere totale annuo di 4,4
miliardi di lire, risultante dall'analisi dei fabbisogni, come
meglio descritto nella relazione tecnica.
Rispetto al precedente, il presente decreto-legge contiene
le necessarie disposizioni di coordinamento con il
decreto-legge istituito dall'Agenzia nazionale per la
protezione dell'ambiente, abrogando le norme che affidavano
all'Agenzia stessa l'istruttoria sugli impianti a rischio.
Altre modifiche riguardano il coordinamento con le
normative stabilite con decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1982, n. 577, con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 31 marzo 1989 e con il decreto 20
maggio 1991 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il
Ministro della sanità (articoli 1, 2, 3 e 16).
Per agevolare il potenziamento del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco per far fronte ai compiti derivanti
dall'applicazione del decreto-legge, all'articolo 18, comma 2,
è prevista la possibilità di utilizzare, fino al 31 agosto
1994, la graduatoria degli idonei dei concorsi già espletati,
in vigore al 31 dicembre 1993. Allo stesso articolo 18, comma
3, sono state previste anche due posizioni di IX qualifica
nell'ambito delle 20 unità, da assegnarsi al Ministero
dell'ambiente mediante la già prevista procedura di mobilità;
in relazione a ciò, si è provveduto a diminuire di 2 unità il
contingente della VIII qualifica.
All'articolo 20, comma 3, è stata espressamente prevista,
per le istruttorie, già completate, l'applicazione della
previgente disciplina.
L'articolo 21, comma 1, ha modificato il riferimento alle
tariffe per i servizi di acquedotto, di fognatura, di
depurazione e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, di cui
al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.
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