| Onorevoli Deputati! -- La proposta di legge, che
presentiamo al Parlamento della Repubblica è
significativamente intitolata "L'asilo nido: un diritto delle
bambine e dei bambini". Con una formulazione poco consueta, il
Comitato promotore ha così voluto affermare l'obiettivo
fondamentale della proposta, sostenuto da un testo volutamente
breve e chiaro, sul quale tutti i cittadini firmatari hanno
potuto esprimere una volontà inequivocabile.
Sia consentito in questa sede ricordare al Parlamento della
Repubblica che forse Esso si trova di fronte per la prima
volta nella sua storia ad un esercizio del potere popolare
affermato dall'articolo 71 della Costituzione realizzato senza
il preventivo sostegno di grandi organizzazioni politiche e
sociali a dimensione nazionale. Infatti, il Comitato promotore
è sorto a Firenze dopo
due anni di impegno di genitori, educatori, esperti e
amministratori locali sul tema del valore sociale ed educativo
dell'asilo nido; si è giovato dell'apporto di gruppi,
associazioni, operatori del settore che si sono attivati nel
territorio nazionale condividendo il senso e il contenuto
dell'iniziativa, senza potersi giovare né dell'informazione
pubblica né del sostegno dei canali tradizionali della
politica. Ne è scaturita una iniziativa capillare, fondata sul
volontariato e la comunicazione interna, sull'apporto anche
individuale di centinaia di cittadini che hanno portato nelle
città e nei paesi il messaggio della proposta di legge dando
più forza alla riflessione collettiva sull'infanzia, che,
soprattutto negli ultimi anni, e laddove esistono servizi di
qualità per i bambini più piccoli, si è sviluppata con tratti
che denotano grande
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consapevolezza da parte delle famiglie, delle istituzioni,
dei cittadini.
Il risultato delle circa 150.000 firme che sostengono la
proposta ha dunque un valore straordinario: dimostra quanto
grande e concreta sia la domanda di soluzioni adeguate. Solo a
titolo esemplificativo, si riassumono di seguito alcuni dati
riferiti ad un gruppo di regioni: Abruzzo 5.999; Campania
4.826; Emilia Romagna 36.947; Friuli-Venezia Giulia 2.156;
Lombardia 11.149; Piemonte 15.028; Puglia 7.253; Sardegna
1.440; Toscana 37.139; Valle d'Aosta 2.285; Veneto 10.408.
La decisione di attivare la procedura di cui al secondo
comma dell'articolo 71 della Costituzione, pur giacendo in
Parlamento proposte di legge che vanno nella direzione
auspicata dal Comitato promotore e a cui il Comitato promotore
si è ispirato nella stesura del testo, ha inoltre il chiaro
intento di evidenziare un problema istituzionale di fondo. E'
possibile che il Parlamento continui ad esprimere tanta
indifferenza, disinteresse, quando non ostilità, verso un
servizio che Esso stesso ha voluto? E' possibile che gli asili
nido, definiti dalla legge nazionale 6 dicembre 1971, n. 1044
- che li ha istituiti sul territorio nazionale - servizi di
interesse pubblico, vedano quotidianamente compromessa la loro
esistenza per la mancanza di indirizzi, di sostegno economico,
addirittura di conoscenza di un'esperienza che ha segnato
positivamente negli ultimi venti anni la vita sociale ed
educativa di tanti bambini e di tante famiglie? E' possibile
che, invece di cogliere l'urgenza di qualificare ed estendere
tale esperienza, di fronte al rischio di vederla
progressivamente ridursi se non addirittura spegnersi, si
debba rimanere inattivi? La legge che qui si propone dà una
prima risposta a tutto ciò, e sollecita il Parlamento della
Repubblica e anzitutto la Camera dei deputati ad affrontare al
più presto il problema degli asili nido come servizio nel
quale si realizza una parte importante dei diritti
dell'infanzia. E' la stessa esperienza di questi anni a
spingere verso tale definitivo riconoscimento.
Gli asili nido sono una realtà da cui non si può
prescindere. Essi rappresentano un servizio indispensabile per
i bambini più piccoli, all'interno del quale dare risposta ai
loro diritti di formazione e di socializzazione; costituiscono
uno strumento altrettanto indispensabile per le donne che
lavorano o che intendono lavorare, e di sostegno alle
famiglie; hanno consentito lo svilupparsi di tanta parte della
ricerca pedagogica sui primi anni di vita e di nuove
professionalità prima inesistenti; hanno prodotto una cultura
sull'infanzia che nelle realtà più avanzate si è fortemente
radicata nella popolazione. E' certamente anche questa
consapevolezza che spiega la risposta così ampia alla proposta
di legge.
Oggi, tuttavia, gli asili nido sono poco più di 2.000,
contro i 3.800 previsti dalla legge n. 1044 del 1971. Più di
1.000 asili nido costruiti da regioni e comuni non possono
essere aperti per mancanza di personale o perché incompleti
per mancanza di risorse. Intere zone del paese ne sono prive.
Le tariffe applicate agli asili nido funzionanti sono arrivate
in molte realtà a cifre ormai insostenibili per le famiglie
dei lavoratori, soprattutto per quelle monoreddito. Se si va
avanti così questa esperienza è destinata a morire, oppure a
rappresentare solo una forma di redistribuzione del reddito a
favore dei ceti più agiati.
In modo pervicace si è continuato a mantenere gli asili
nido tra i servizi a domanda individuale, disconoscendone la
funzione, mortificando l'esperienza prodotta, contraddicendo
la stessa legge nazionale n. 1044 del 1971, e ciò nonostante
le numerose iniziative assunte negli ultimi anni da migliaia
di operatori, genitori, cittadini, amministrazioni locali,
forze sindacali e alcuni rappresentanti istituzionali
all'interno dello stesso Parlamento per cotrastare queste
posizioni.
I vari decreti sulla finanza locale che hanno previsto
coperture dei costi di gestione da parte dell'utenza in un
primo tempo del 25 per cento, e poi del 27 per cento, del 32
per cento e quindi del 36 per cento hanno fatto lievitare le
tariffe verso
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cifre insostenibili soprattutto nei comuni medi e piccoli,
scoraggiando apertamente la domanda sociale, o costretto a
ridurre drasticamente la qualità dei servizi.
Le ultime norme che prevedono la medesima copertura della
spesa da parte degli utenti riferita alla metà del costo del
servizio sono un piccolo passo in avanti, ma non risolvono il
problema. Esse mantengono una visione centralistica,
impediscono ai comuni l'applicazione di tariffe basate su
autonome scelte politico-amministrative sui servizi,
continuano a sottolineare un approccio esclusivamente
economicistico verso un servizio che richiede ben altra
consapevolezza ed impegno sul piano dei contenuti e del
sostegno. In realtà, le posizioni assunte ripetutamente dal
Governo altro non esprimono che disinteresse e superficialità
pur volendo apparire motivate da senso di responsabilità
gestionale con l'obiettivo di riduzione della spesa
pubblica.
Come spiegare allora ai cittadini che l'accesso ad una
scuola materna statale è definito gratuito dalla legge
nazionale 18 marzo 1968, n. 444, e che le rette che si pagano
coprono solo i servizi di mensa e di trasporto? Come spiegare
ai genitori dei bambini utenti degli asili nido che le risorse
per le scuole materne statali trovano annualmente puntuale
collocazione nel bilancio dello stato, mentre dal 1978 nessun
sostegno finanziario è stato previsto per gli asili nido a
livello centrale? E' possibile che i diritti dei bambini di
uno o due anni, che frequentano un asilo nido comunale, siano
tanto diversi da quelli dei bambini più grandi, anche solo di
pochi mesi, che però frequentano una scuola materna statale?
La formazione dell'individuo non comincia dunque dalla nascita
e non rappresenta un diritto di tutte le bambine e di tutti i
bambini del nostro Paese?
Questo è lo spirito della proposta di legge che qui si
presenta. Con essa si intende valorizzare e sostenere un
patrimonio di servizi e di esperienze che esistono,
riconoscendo agli asili nido la funzione che è loro propria,
contrastando nel contempo apertamente le posizioni espresse da
molte forze di governo su questo terreno e affermando con
chiarezza e con tutta la forza dovuta che esiste una
opposizione reale estesa e matura ad ogni tentativo possibile
di riproporre visioni arcaiche e punitive dei servizi per i
bambini da 0 a 3 anni.
Gli interrogativi posti alle forze che siedono in
Parlamento da questa proposta di legge sono interrogativi di
fondo che richiedono risposte esplicite. E' giusto garantire
ai bambini più piccoli un luogo di educazione e di
socializzazione? E' giusto che questa funzione sia di qualità
elevata? E' giusto che il sistema pubblico si assuma questa
responsabilità? E' giusto che un servizio del genere abbia
carattere tendenzialmente universale? Se a queste domande si
risponde di si, non vi è altra scelta ragionevole e credibile
da perseguire se non quella dello sviluppo del servizio e i
costi che ne derivano per la società sono doverosi.
I nostri tempi sono caratterizzati da profonde
contraddizioni. Da una parte si moltiplica una forte
attenzione, anche attraverso l'uso dei media, verso i
fenomeni di marginalità che connotano la vita infantile
riproponendo continuamente immagini di violenza, di abuso, sia
di carattere fisico che psicologico, elevando sempre di più i
toni della denuncia, senza tuttavia far seguire ad essa
interventi coerenti. Dall'altra parte questo consente di
disinteressarsi della "normalità", di non adottare politiche
che migliorino la qualità della vita infantile, connotata
sempre di più da fenomeni di solitudine che bambini ed adulti
che si occupano di loro si trovano ad affrontare
quotidianamente in città che spesso offrono solo, e neppure
ovunque, i servizi per l'infanzia che oggi si vorrebbero
ancora di più penalizzare.
Sui bambini c'è insomma un repertorio ripetitivo e stanco,
così come sul sostegno alle famiglie e sulle scelte di
procreazione delle donne; mancano però interventi concreti e
seri.
Una nuova occasione è ora di fronte al Governo e al
Parlamento: l'applicazione della raccomandazione n. 91/241/CEE
sull'infanzia, adottata all'interno del terzo programma
d'azione sulle pari opportunità per le donne e approvata dal
Consiglio dei
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Ministri in data 31 marzo 1992. Essa prevede tra le altre
cose lo sviluppo di servizi per l'infanzia, adeguati sul piano
quantitativo e qualitativo e a costi accessibili per gli
utenti.
Quali azioni intraprenderà il Parlamento italiano? Come si
attiverà il Governo che pure ha sottoscritto la
raccomandazione?
La proposta di legge di iniziativa popolare indica un
percorso sicuro: essa rimette al centro del servizio di asili
nido le bambine e i bambini e i loro diritti, riconosce
carattere educativo al servizio, supera la collocazione
dell'asilo nido tra i servizi a domanda individuale,
ridefinisce la competenza a livello nazionale, superando
quella del Ministero della sanità.
L'articolo 1 definisce gli obiettivi e le finalità del
servizio, in coerenza con quanto si è venuto finora
argomentando: servizio educativo e sociale, luogo di
formazione, di socializzazione e di stimolo delle potenzialità
cognitive, affettive e sociali dei bambini, nonché servizio di
supporto alla famiglia.
L'articolo 2 esclude espressamente l'asilo nido dai servizi
a domanda individuale.
L'articolo 3 estende l'utenza del servizio anche ai bambini
di nazionalità straniera, ai non residenti e agli apolidi.
L'articolo 4 afferma che la competenza statale è esercitata
dal Ministero della pubblica istruzione, per le
caratteristiche educative del servizio, e con ciò volendo
intendere che si ritiene opportuno spostare la competenza
circa la ripartizione delle
risorse dal Ministero della sanità a quello, appunto, della
pubblica istruzione. Infatti, la competenza statale
attualmente esistente della legge 6 dicembre 1971, n. 1044,
seppure non più "attiva", è proprio quella relativa alla
distribuzione delle risorse per la costruzione degli asili
nido: una volta affermati gli obiettivi e le finalità
(articolo 1), per conseguire questi sarà necessario
"riattivare" quella competenza incardinandola presso il
Ministero più idoneo. Per il resto, l'articolo 4 conferma la
realtà normativa attuale, che vede protagonisti le regioni e i
comuni rispettivamente nella disciplina legislativa e nella
gestione del servizio e del personale.
L'articolo 5 infine è norma di chiusura, che abroga i commi
primo e secondo dell'articolo 1 della legge 6 dicembre 1971,
n. 1044.
Come si è detto, la proposta di legge consapevolmente non
interviene su ulteriori importanti campi come la costruzione
di nuovi asilo nido, i finanziamenti, i criteri di
ripartizione dei fondi, lo sviluppo di servizi integrativi, il
personale, eccetera. Questi elementi sono perciò lasciati alla
responsabile determinazione del Parlamento. Chiara risulta
tuttavia la volontà dei sottoscrittori, i quali chiedono una
nuova legge coerente con quanto si è fin qui detto e quanto
espressamente contenuto nella proposta illustrata.
Resta il fatto che, anche così com'è, la proposta conserva
la sua autonomia ed è in grado, se approvata senza
integrazioni o modifiche, di dispiegare una parte essenziale
degli effetti desiderati.
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