| Onorevoli Deputati! -- Si propone la reiterazione del
decreto-legge 14 gennaio 1994, n. 31, recante modifiche alla
disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli
insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
fognature.
In attesa di una riconsiderazione della disciplina dei
recapiti nelle pubbliche fognature, che assicuri una certa
uniformità nella regolamentazione da parte dei comuni
eventualmente anche attraverso la fissazione di criteri e
linee guida, con il presente provvedimento si propone la
modifica del secondo comma dell'articolo 14 della legge 10
maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, relativo alla
disciplina degli scarichi civili che non recapitano in
pubbliche fognature, ed agli scarichi delle pubbliche
fognature, siano esse servite o meno da impianti di
depurazione pubblica.
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Resta, invece, immutata la disciplina degli "scarichi in
pubbliche fognature di insediamenti civili, di qualsiasi
dimensione", prevista dal comma 1 del predetto articolo 14.
Correlativamente, per ragioni sistematiche, si propone di
modificare l'articolo 21, terzo comma, della legge n. 319 del
1976, prevedendo che il superamento dei limiti di
accettabilità stabiliti dalle regioni sia punito con la stessa
sanzione penale prevista per il superamento dei limiti
tabellari della stessa legge n. 319 del 1976 stabiliti per gli
scarichi degli insediamenti produttivi.
Una lettura piana del sistema normativo su cui si vuole
intervenire consente di affermare (ma tanto valeva fin dal 13
giugno 1976, data di entrata in vigore della legge) che la
disciplina amministrativa di questa tipologia di scarichi
(civili fognari) è attribuita - per alcuni aspetti sostanziali
- al legislatore regionale che vi doveva provvedere, con i
"piani di risanamento", nel rispetto di tre princìpi-cardine
della legge-quadro nazionale, rappresentati:
a) dall'obbligo dell'autorizzazione a carico dei
titolari di tutti gli scarichi nuovi, cioè attivati dopo la
data ricordata (e quindi anche civili, non in fognatura, e
fognari);
b) dal dovere di conformazione del "piano
regionale" alle direttive all'uopo già fissate dal Comitato
interministeriale ed, in sua vece, dal Ministro dell'ambiente
sin dal 1986;
c) dall'ulteriore vincolo, per il legislatore
locale, di tener conto, altresì, dei limiti di accettabilità
fissati dalle tabelle allegate alla cosiddetta legge "Merli" e
delle situazioni locali in funzione degli obiettivi degli
stessi piani di risanamento e di qualità del corpo idrico
ricettore.
L'intervento correttivo del sistema appena delineato si
rende oggi necessitato (oltre che urgente, come subito si
dirà) a causa dell'interpretazione, soprattutto
giurisprudenziale, che ne è stata data anche da parte della
Corte di cassazione.
La Corte, di recente, con due fondamentali pronunce,
adottate a sezioni unite, rispettivamente 31 maggio 1991, n.
2, e 23 febbraio 1993, n. 1 (cui si vanno sostanzialmente
adeguando molti giudici di merito), ha ritenuto che le regioni
sarebbero comunque vincolate al rispetto dei limiti tabellari
statali (tabelle C ed A) da considerare, dunque, unici per gli
scarichi produttivi, civili e fognari salvo la possibilità di
derogarvi, introducendo però limiti di accettabilità (solo)
più severi e mai meno restrittivi. Viene invece riconfermata
la potestà di fissare "le condizioni di tempo e le modalità di
adeguamento graduale e differenziato" a detti limiti statali.
Queste pronunce hanno determinato difficoltà nella gestione
delle reti fognarie ed una paralisi nel funzionamento degli
impianti di depurazione.
Le modifiche che si intendono apportare all'articolo 14,
secondo comma, della legge n. 319 del 1976, si fondano sulla
inadeguatezza logica della soluzione sopra indicata che non
distingue la diversa carica inquinante dei reflui, appiattendo
fenomeni, oggettivamente distinti, sotto un comune ed
indifferenziato regime, anche penale, che fra l'altro non
sembra tenere nel dovuto conto l'autonomia locale cui il
legislatore intendeva invece dare adeguato risalto.
Esse si ispirano alle seguenti lineeguida:
a) riaffermare implicitamente la natura "propria"
della potestà legislativa delle regioni, "concorrente" con
quella dello Stato, e non meramente "attuativa" o
"integrativa-esecutiva" di quest'ultima (come sottolineano
invece i richiamati e indiscutibili indirizzi
giurisprudenziali). Si ripristinano, in tal modo, gli esatti
rapporti istituzionali configurati dall'articolo 117 della
Carta costituzionale, nella lettura offertane, da univoche e
prevalenti pronunce del giudice, delle leggi e della stessa
Cassazione penale, proprio in materia di inquinamento
idrico;
b) i "piani di risanamento", quale espressione di
"potestà concorrente", nel dettare la concreta disciplina
degli scarichi
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civili (non in fognatura) e degli scarichi fognari, "terranno
conto" certo dei limiti tabellari statali, ma senza esserne
vincolati in senso assoluto. Si prevede infatti, che detti
limiti potranno essere derogati anche con prescrizioni
restrittive, a condizione che le regioni per il futuro:
rispettino le direttive all'uopo fissate dal Ministro
dell'ambiente il quale, a decorrere dalla data di entrata in
vigore della presente disciplina, fisserà i casi e le
condizioni della deroga, sentita la Conferenza permanente per
i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai
sensi dell'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (che
supera la precedente previsione circa "l'intesa con la
Commissione interregionale di cui all'articolo 13 della legge
16 maggio 1970, n. 281");
adeguino la loro disciplina alle "situazioni locali",
finalizzandola al raggiungimento degli obiettivi degli stessi
piani di risanamento. Fino a quando il Ministro dell'ambiente
non adotterà nuove ed apposite direttive, le stesse regioni
conformeranno i loro piani di risanamento alle prescrizioni
assunte dal Comitato interministeriale di cui all'articolo 3
della legge n. 319 del 1976 (sempre che non l'abbiano già
fatto), che pertanto sono fatte salve e dunque da considerare
ancora vincolanti.
E' sembrato necessario, per la stretta pertinenza alla
materia e per la sua rilevanza, il richiamo testuale alla
delibera 30 dicembre 1980 contenente, come noto, "direttive
per la disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e
degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
fognature" (in Gazzetta Ufficiale n. 9 del 10 gennaio
1981).
La proposizione aggiuntiva e parentetica del primo comma
(fognature... "servite o meno di impianti di depurazione")
esprime, sul piano normativo, una ricostruzione sistematica
della legge "Merli" che poggia sulle seguenti considerazioni
di principio:
a) la disciplina regionale degli scarichi di
pubbliche fognature resta invariabilmente quella sopra
delineata, sia che il sistema fognante sia munito di impianto
pubblico di depurazione sia che ne sia sprovvisto.
Si ancora cioè la disciplina degli scarichi alla natura dei
reflui convogliati nella fognatura ovvero in ingresso
nell'impianto di trattamento, prescindendo dalla
qualificazione giuridica da attribuire all'impianto.
La presente proposta modificativa, in conclusione, esclude
la correttezza del ricorso alla categoria dell'"insediamento",
al fine di inviduare la disciplina applicabile allo scarico
fognario, sia perché tale prospettiva non trova alcun appiglio
testuale nella legge (se si fa eccezione per una previsione
sui "consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale"
di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel
Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, definiti "insediamenti
produttivi" per finalità del tutto particolari) sia,
soprattutto, perché è contraddetta dalla realtà secondo la
quale la rete fognante ed il relativo impianto non "producono"
ma convogliano e, se del caso, trattano effluenti altrui:
questi sì produttivi, civili o misti, come tali assimilabili
ai primi o ai secondi;
b) se ne deve, quindi, conclusivamente desumere che
la qualifica (e dunque la disciplina) dello scarico delle
pubbliche fognature non dipende dalle caratteristiche della
rete fognante e dal suo eventuale impianto di depurazione ma,
in conformità alle "norme di indirizzo" del 1980 del Comitato
interministeriale citato, dalla tipologia degli scarichi in
ingresso alla stessa rete, secondo i parametri dell'articolo
1- quater del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n.
690.
Devono essere pertanto superati gli orientamenti
giurisprudenziali che definiscono la disciplina degli scarichi
fognari muovendo dalla qualificazione delle fogne o degli
impianti depurativi come scarichi indiretti degli insediamenti
a monte.
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L'articolo 2 chiarisce, al fine di non creare problemi
applicativi, che la sanzione penale prevista dall'articolo 21,
terzo comma, della legge "Merli" si applica anche in caso di
superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla
regione. Tale impostazione si fonda sulla considerazione che
in entrambe le ipo-
tesi la sanzione si ricollega comunque ad un effetto lesivo
del bene protetto: infatti il diverso limite regionale non
implica una minore lesività dello scarico ma unicamente una
diversa valutazione del limite in relazione al superamento del
quale si verifica una lesione del bene protetto.
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