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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


440
DDL0026-0002
Progetto di legge Camera n. 26 - testo presentato - (DDL12-26)
(suddiviso in 7 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C26. TESTIPDL
...C26.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC26 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Deputati! -- Si propone la reiterazione del
  decreto-legge 14 gennaio 1994, n. 31, recante modifiche alla
  disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli
  insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
  fognature.
    In attesa di una riconsiderazione della disciplina dei
  recapiti nelle pubbliche fognature, che assicuri una certa
  uniformità nella regolamentazione da parte dei comuni
  eventualmente anche attraverso la fissazione di criteri e
  linee guida, con il presente provvedimento si propone la
  modifica del secondo comma dell'articolo 14 della legge 10
  maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, relativo alla
  disciplina degli scarichi civili che non recapitano in
  pubbliche fognature, ed agli scarichi delle pubbliche
  fognature, siano esse servite o meno da impianti di
  depurazione pubblica.
 
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    Resta, invece, immutata la disciplina degli "scarichi in
  pubbliche fognature di insediamenti civili, di qualsiasi
  dimensione", prevista dal comma 1 del predetto articolo 14.
    Correlativamente, per ragioni sistematiche, si propone di
  modificare l'articolo 21, terzo comma, della legge n. 319 del
  1976, prevedendo che il superamento dei limiti di
  accettabilità stabiliti dalle regioni sia punito con la stessa
  sanzione penale prevista per il superamento dei limiti
  tabellari della stessa legge n. 319 del 1976 stabiliti per gli
  scarichi degli insediamenti produttivi.
    Una lettura piana del sistema normativo su cui si vuole
  intervenire consente di affermare (ma tanto valeva fin dal 13
  giugno 1976, data di entrata in vigore della legge) che la
  disciplina amministrativa di questa tipologia di scarichi
  (civili fognari) è attribuita - per alcuni aspetti sostanziali
  - al legislatore regionale che vi doveva provvedere, con i
  "piani di risanamento", nel rispetto di tre princìpi-cardine
  della legge-quadro nazionale, rappresentati:
        a)  dall'obbligo dell'autorizzazione a carico dei
  titolari di tutti gli scarichi nuovi, cioè attivati dopo la
  data ricordata (e quindi anche civili, non in fognatura, e
  fognari);
        b)  dal dovere di conformazione del "piano
  regionale" alle direttive all'uopo già fissate dal Comitato
  interministeriale ed, in sua vece, dal Ministro dell'ambiente
  sin dal 1986;
        c)  dall'ulteriore vincolo, per il legislatore
  locale, di tener conto, altresì, dei limiti di accettabilità
  fissati dalle tabelle allegate alla cosiddetta legge "Merli" e
  delle situazioni locali in funzione degli obiettivi degli
  stessi piani di risanamento e di qualità del corpo idrico
  ricettore.
    L'intervento correttivo del sistema appena delineato si
  rende oggi necessitato (oltre che urgente, come subito si
  dirà) a causa dell'interpretazione, soprattutto
  giurisprudenziale, che ne è stata data anche da parte della
  Corte di cassazione.
    La Corte, di recente, con due fondamentali pronunce,
  adottate a sezioni unite, rispettivamente 31 maggio 1991, n.
  2, e 23 febbraio 1993, n. 1 (cui si vanno sostanzialmente
  adeguando molti giudici di merito), ha ritenuto che le regioni
  sarebbero comunque vincolate al rispetto dei limiti tabellari
  statali (tabelle C ed A) da considerare, dunque, unici per gli
  scarichi produttivi, civili e fognari salvo la possibilità di
  derogarvi, introducendo però limiti di accettabilità (solo)
  più severi e mai meno restrittivi.  Viene invece riconfermata
  la potestà di fissare "le condizioni di tempo e le modalità di
  adeguamento graduale e differenziato" a detti limiti statali.
  Queste pronunce hanno determinato difficoltà nella gestione
  delle reti fognarie ed una paralisi nel funzionamento degli
  impianti di depurazione.
    Le modifiche che si intendono apportare all'articolo 14,
  secondo comma, della legge n. 319 del 1976, si fondano sulla
  inadeguatezza logica della soluzione sopra indicata che non
  distingue la diversa carica inquinante dei reflui, appiattendo
  fenomeni, oggettivamente distinti, sotto un comune ed
  indifferenziato regime, anche penale, che fra l'altro non
  sembra tenere nel dovuto conto l'autonomia locale cui il
  legislatore intendeva invece dare adeguato risalto.
    Esse si ispirano alle seguenti lineeguida:
        a)  riaffermare implicitamente la natura "propria"
  della potestà legislativa delle regioni, "concorrente" con
  quella dello Stato, e non meramente "attuativa" o
  "integrativa-esecutiva" di quest'ultima (come sottolineano
  invece i richiamati e indiscutibili indirizzi
  giurisprudenziali).  Si ripristinano, in tal modo, gli esatti
  rapporti istituzionali configurati dall'articolo 117 della
  Carta costituzionale, nella lettura offertane, da univoche e
  prevalenti pronunce del giudice, delle leggi e della stessa
  Cassazione penale, proprio in materia di inquinamento
  idrico;
        b)  i "piani di risanamento", quale espressione di
  "potestà concorrente", nel dettare la concreta disciplina
  degli scarichi
 
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  civili (non in fognatura) e degli scarichi fognari, "terranno
  conto" certo dei limiti tabellari statali, ma senza esserne
  vincolati in senso assoluto.  Si prevede infatti, che detti
  limiti potranno essere derogati anche con prescrizioni
  restrittive, a condizione che le regioni per il futuro:
        rispettino le direttive all'uopo fissate dal Ministro
  dell'ambiente il quale, a decorrere dalla data di entrata in
  vigore della presente disciplina, fisserà i casi e le
  condizioni della deroga, sentita la Conferenza permanente per
  i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai
  sensi dell'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (che
  supera la precedente previsione circa "l'intesa con la
  Commissione interregionale di cui all'articolo 13 della legge
  16 maggio 1970, n. 281");
        adeguino la loro disciplina alle "situazioni locali",
  finalizzandola al raggiungimento degli obiettivi degli stessi
  piani di risanamento.  Fino a quando il Ministro dell'ambiente
  non adotterà nuove ed apposite direttive, le stesse regioni
  conformeranno i loro piani di risanamento alle prescrizioni
  assunte dal Comitato interministeriale di cui all'articolo 3
  della legge n. 319 del 1976 (sempre che non l'abbiano già
  fatto), che pertanto sono fatte salve e dunque da considerare
  ancora vincolanti.
    E' sembrato necessario, per la stretta pertinenza alla
  materia e per la sua rilevanza, il richiamo testuale alla
  delibera 30 dicembre 1980 contenente, come noto, "direttive
  per la disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e
  degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
  fognature" (in  Gazzetta Ufficiale  n. 9 del 10 gennaio
  1981).
    La proposizione aggiuntiva e parentetica del primo comma
  (fognature... "servite o meno di impianti di depurazione")
  esprime, sul piano normativo, una ricostruzione sistematica
  della legge "Merli" che poggia sulle seguenti considerazioni
  di principio:
        a)  la disciplina regionale degli scarichi di
  pubbliche fognature resta invariabilmente quella sopra
  delineata, sia che il sistema fognante sia munito di impianto
  pubblico di depurazione sia che ne sia sprovvisto.
    Si ancora cioè la disciplina degli scarichi alla natura dei
  reflui convogliati nella fognatura ovvero in ingresso
  nell'impianto di trattamento, prescindendo dalla
  qualificazione giuridica da attribuire all'impianto.
    La presente proposta modificativa, in conclusione, esclude
  la correttezza del ricorso alla categoria dell'"insediamento",
  al fine di inviduare la disciplina applicabile allo scarico
  fognario, sia perché tale prospettiva non trova alcun appiglio
  testuale nella legge (se si fa eccezione per una previsione
  sui "consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale"
  di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel
  Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della
  Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, definiti "insediamenti
  produttivi" per finalità del tutto particolari) sia,
  soprattutto, perché è contraddetta dalla realtà secondo la
  quale la rete fognante ed il relativo impianto non "producono"
  ma convogliano e, se del caso, trattano effluenti altrui:
  questi sì produttivi, civili o misti, come tali assimilabili
  ai primi o ai secondi;
        b)  se ne deve, quindi, conclusivamente desumere che
  la qualifica (e dunque la disciplina) dello scarico delle
  pubbliche fognature non dipende dalle caratteristiche della
  rete fognante e dal suo eventuale impianto di depurazione ma,
  in conformità alle "norme di indirizzo" del 1980 del Comitato
  interministeriale citato, dalla tipologia degli scarichi in
  ingresso alla stessa rete, secondo i parametri dell'articolo
  1- quater  del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n.
  690.
    Devono essere pertanto superati gli orientamenti
  giurisprudenziali che definiscono la disciplina degli scarichi
  fognari muovendo dalla qualificazione delle fogne o degli
  impianti depurativi come scarichi indiretti degli insediamenti
  a monte.
 
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    L'articolo 2 chiarisce, al fine di non creare problemi
  applicativi, che la sanzione penale prevista dall'articolo 21,
  terzo comma, della legge "Merli" si applica anche in caso di
  superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla
  regione.  Tale impostazione si fonda sulla considerazione che
  in entrambe le ipo-
  tesi la sanzione si ricollega comunque ad un effetto lesivo
  del bene protetto: infatti il diverso limite regionale non
  implica una minore lesività dello scarico ma unicamente una
  diversa valutazione del limite in relazione al superamento del
  quale si verifica una lesione del bene protetto.
 
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