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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


457
DDL0028-0002
Progetto di legge Camera n. 28 - testo presentato - (DDL12-28)
(suddiviso in 14 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C28. TESTIPDL
...C28.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC28 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Deputati! -- Il decretolegge 17 gennaio
  1994, n. 33, recante disciplina della proroga degli organi
  amministrativi, non è stato convertito in legge entro il
  termine costituzionale ed è pertanto decaduto, così come i
  precedenti analoghi provvedimenti (decreti-legge 18 settembre
  1992, n.381, 19 novembre 1992, n. 439, 18 gennaio 1993, n. 7,
  19 marzo 1993, n. 69, 20 maggio 1993, n. 150, 19 luglio 1993,
  n. 239, 17 settembre 1993, n. 363, e 19 novembre 1993, n.
  463).
    I motivi di assoluta urgenza che condussero all'adozione di
  tali iniziative legislative permangono immutati ed il Governo
  ha pertanto ritenuto doveroso riproporre al Parlamento i
  contenuti del decreto-legge decaduto.
    Com'è noto, già nell'agosto 1992 il Consiglio dei ministri
  approvò un disegno di legge sulla materia (atto Senato n.576),
  successivamente riprodotto nel citato decreto-legge n.381 del
  1992.
    Nella relazione al disegno di legge si rammentava che la
  Corte costituzionale, con la sentenza n. 208 del 1992, ha
  avvertito il legislatore della necessità di cambiare rotta su
  un tema, quello della proroga degli organi amministrativi, che
  ha valenza non soltanto tecnico-giuridica.
    La Corte costituzionale era stata investita di una
  questione di legittimità costituzionale relativa a una norma
  di legge della regione Sardegna che dispone la "decadenza" dei
  comitati regionali di controllo non rinnovati entro sessanta
  giorni
 
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  dalla loro scadenza, coincidente con l'insediamento del
  consiglio regionale, termine entro il quale il consiglio
  regionale stesso "deve obbligatoriamente provvedere alla loro
  ricostituzione".
    Secondo il giudice rimettente, la norma escludeva la
  prorogatio,  o proroga di fatto - che sarebbe "principio
  di carattere generale" e tale quindi da vincolare anche il
  legislatore regionale - fino alla rinnovazione dei nuovi
  organi di controllo; in tal modo, impediva, durante la
  vacanza, l'esercizio della funzione di controllo, con
  violazione - si diceva nell'ordinanza - dell'articolo 46 dello
  Statuto di autonomia della Sardegna, che prevede e disciplina
  il controllo sugli atti degli enti locali.
    La sentenza n.208 del 1992 dichiara non fondata la
  questione, riconoscendo così la piena legittimità
  costituzionale della norma di legge regionale.
    Ma, ed è questo che qui interessa, perviene a tale
  conclusione dopo un'analisi puntuale e compiuta del tema di
  fondo che con la specifica questione era stato sollevato:
  l'esistenza o meno nel nostro ordinamento di un "principio
  generale" cosiddetto della  prorogatio  (intesa come
  proroga di fatto, perché non disciplinata normativamente)
  degli organi temporanei scaduti, ma dei quali non siano stati
  nominati i successori, sino appunto a tale nomina (cioè "a
  tempo indefinito").
    L'argomento è ben noto in quanto sono purtroppo molte le
  situazioni in cui il presunto principio generale è stato e
  continua ad essere fatto valere, con il sostegno, beninteso,
  di buona parte della giurisprudenza amministrativa e della
  dottrina, che ne afferma l'esistenza e la generalità sulla
  fondamentale esigenza della continuità dell'azione
  amministrativa, non assoggettabile a soluzioni conseguenti a
  carenze di discipline normative specifiche.
    La Corte costituzionale rovescia questo indirizzo
  prevalente e, con argomenti inconfutabili, nega l'esistenza di
  un simile principio generale, precisando altresì che "la
  regola della  prorogatio  a tempo indefinito, ove ritenuta
  vigente, apparirebbe contrastare" con i princìpi espressi
  nell'articolo 97 della Costituzione.
    Chiarisce, innanzi tutto, che non è possibile desumere la
  regola dalle normative esplicite che oggi la prevedono.  Non
  dalle leggi sull'ordinamento degli enti locali (nella specie
  quelle elettorali per i consigli comunali e provinciali sino
  al parzialmente innovativo articolo 31 della legge 8 giugno
  1990, n.142), sia perché in realtà la scadenza, la proroga,
  gli atti consentiti ai consigli prorogati, sono espressamente
  disciplinati e il termine di decadenza è individuato nella
  "elezione dei nuovi" consigli, di tal che non si può parlare
  in questo caso di  prorogatio  a tempo indefinito; sia
  perché la peculiarità del carattere di questi enti politici
  esponenziali di comunità, sottoposti sia al controllo politico
  della comunità stessa che a quello dello Stato, impedisce di
  derivare regole generali, valide cioè per tutti gli altri
  organi amministrativi, dalle discipline ad essi specificamente
  destinate.
    Non dall'articolo 16 del regolamento per l'esecuzione della
  legge sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza,
  approvato con regio decreto 5 febbraio 1891, n.99 (ove è detto
  che coloro che sono nominati a tempo a coprire uffici
  rimangono in carica, ancorché scaduti, fino alla nomina dei
  successori), perché si tratta appunto di norma regolamentare,
  il cui contenuto si collega peraltro alla natura particolare,
  mista di connotati pubblicistici e privatistici, di tali
  istituzioni.
    Non infine dalle norme che sostanzialmente allo stesso modo
  disciplinano la proroga e la sostituzione degli organi
  costituzionali (articolo 61 della Costituzione per il
  Parlamento e articolo 85 per il Presidente della Repubblica) e
  di quelli di rilevanza costituzionale (articolo 30 della legge
  24 maggio 1958, n.195, sul Consiglio superiore della
  magistratura); queste sono regole particolari che non possono
  valere per gli organi amministrativi, la cui organizzazione è
  "regolata non con riferimento alla disciplina degli organi
  costituzionali, bensì sulla base dei princìpi dettati
  dall'articolo 97 della Costituzione".
    Ed è a questo punto che la Corte - dopo aver negata
  l'esistenza del cosiddetto "principio generale" - spiega
  perché, ove
 
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  in ipotesi tale principio vigesse, sarebbe costituzionalmente
  illegittimo: "qualora la predetta regola risultasse di
  generale applicazione, senza le cautele idonee a impedirne
  l'abuso - analoghe a quelle che sono insite nei sistemi di
  rinnovazione degli organi elettivi degli enti territoriali - è
  rispetto ad essa che verrebbe a profilarsi un contrasto con la
  Costituzione.  Un'organizzazione caratterizzata da un abituale
  ricorso alla  prorogatio  sarebbe difatti ben lontana dal
  modello costituzionale.  Se è previsto per legge che gli organi
  amministrativi abbiano una certa durata e che quindi la loro
  competenza sia temporalmente circoscritta, un'eventuale
  prorogatio  di fatto  sine die  - demandando
  all'arbitrio di chi debba provvedere alla sostituzione di
  determinarne la durata pur prevista a termine dal legislatore
  ordinario - violerebbe il principio della riserva di legge in
  materia di organizzazione amministrativa, nonché quelli
  dell'imparzialità e del buon andamento".
    L'integrale ripetizione delle parole usate dalla Corte è
  suggerita dalla convinzione che in esse si esprima quell'ormai
  ineludibile avvertimento cui si è fatto già cenno.  Ciò che
  nella sentenza è definito eufemisticamente "eventuale" è
  purtroppo diventato un costume che, per quanto concerne gli
  organi amministrativi temporanei, ha non solo deviato dal
  limpido disegno costituzionale, ma ha finito realmente per
  condizionare l'organizzazione amministrativa nel suo complesso
  ad arbitrii e per ridurne gravemente l'efficienza (la
  precarietà indefinita di un organo scaduto non giova certo
  all'ideazione ed attuazione di programmi a largo respiro).
    Preso atto di questo altissimo avvertimento, il Governo non
  può che provvedere in conformità e con lo strumento del
  decreto-legge, al fine di eliminare gli effetti deleteri che
  la lunga stagione delle proroghe di fatto indefinite ha
  determinato e determina a danno della limpidezza e
  dell'efficienza dell'organizzazione amministrativa (si pensi,
  ad esempio, ad alcuni casi verificatisi nel settore
  bancario).
    Non è più allora sufficiente lo strumento legislativo
  ordinario, in quanto la situazione complessiva del Paese e
  l'esigenza vitale conseguente alle difficoltà diverse in cui
  esso oggi si trova - non ultime quelle appunto derivanti da
  carenze e arbitrii in cui opera l'amministrazione pubblica -
  impongono decisioni e soluzioni immediate.
    Il nodo delle proroghe di fatto non è certo il solo in cui
  la nostra organizzazione amministrativa si è andata
  inceppando, ma è uno dei più seri e, soprattutto, uno dei nodi
  in cui, con più velenosa incidenza, hanno agito fattori del
  tutto estranei al disegno costituzionale sul buon andamento e
  sulla imparzialità della pubblica amministrazione.
    Siamo dunque di fronte a un non contestabile "straordinario
  caso di necessità e d'urgenza", cui va data una risposta
  tempestiva - la disciplina della materia per "tutte" le
  situazioni finora non disciplinate - con cui deve "da subito"
  porsi la parola "fine" a una carenza di normativa che ha
  finora inciso profondamente e non certo in senso positivo
  sull'efficienza del settore pubblico e, purtroppo, anche sul
  costume.
    La sistematica dei pochi articoli che compongono il
  decreto-legge è anch'essa disegnata sui suggerimenti che si
  desumono dalla sentenza della Corte costituzionale, cioè
  "precise scansioni temporali" - scadenza, proroga, decadenza -
  e previsione delle "inevitabili sanzioni connesse alla
  violazione di un comportamento definito obbligatorio".
    L'articolo 1 individua l'ambito di applicazione del
  decreto.
    La sentenza n.208 del 1992, come si è visto, precisa che
  "l'organizzazione amministrativa è regolata non con
  riferimento alla disciplina degli organi costituzionali, bensì
  sulla base dei princìpi dettati dall'articolo 97 della
  Costituzione".  Seguendo questa indicazione, il decreto si
  rivolge allora solo all'organizzazione amministrativa in senso
  proprio, come investita, secondo l'insegnamento della Corte,
  dai princìpi di legalità, imparzialità e buon andamento
  espressi appunto nell'articolo 97 della Costituzione.
 
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    Ne restano fuori perciò, secondo quanto previsto nel comma
  2, gli organi che, pur svolgendo anche attività di
  amministrazione, hanno coperture costituzionali diverse: gli
  organi rappresentativi degli enti territoriali, ivi comprese
  le comunità montane, quelli di rilevanza costituzionale,
  nonché gli organi per i quali la nomina dei componenti è di
  competenza parlamentare.
    Il comma 1 individua i soggetti cui il decreto si applica:
  tutti gli organi "a tempo" dell'amministrazione pubblica
  cosiddetta allargata, sia quelli di amministrazione attiva,
  sia quelli consultivi e di controllo.  La disciplina riguarda
  non solo gli organi dello Stato, ma anche quelli degli enti
  pubblici e delle persone giuridiche a prevalente
  partecipazione pubblica, quando alla nomina di essi concorra
  la mano pubblica in senso proprio, cioè lo Stato e gli enti
  pubblici.
    L'articolo 2 ripete, con ovvietà necessaria, il principio
  generale della scadenza degli organi al termine fissato per
  ciascuno di essi e l'obbligatorietà della tempestiva
  ricostituzione al fine di evitare il regime della proroga,
  che, come è spiegato nell'articolo successivo, comporta un
  drastico ridimensionamento delle capacità di azione degli
  organi.
    L'articolo 3 fissa il termine massimo di durata della
  proroga - non più di quarantacinque giorni - stabilendo il
  limite oggettivo (atti urgenti e indifferibili) entro il quale
  l'organo prorogato può continuare a svolgere le sue funzioni.
  Il superamento di questo limite implica che l'atto posto
  egualmente in essere sia "illegittimo".  Il comma 3, in cui è
  espressa questa specifica norma "sanzionatoria", poteva anche
  non essere formulato, atteso che si tratta di una conseguenza
  inevitabile del limite oggettivo di cui al comma 2.  Ma se ne è
  ritenuta opportuna la formulazione per rimarcare la diversità
  di conseguenze dell'assunzione di un atto adottato da un
  organo, non assolutamente carente di potere perché prorogato,
  fuori dai limiti "di esercizio" impartiti dalla legge,
  rispetto alle conseguenze dell'adozione di un atto
  qualsivoglia dopo la scadenza (articolo 6, comma 2): nel primo
  caso l'atto sarà appunto "illegittimo", nel secondo
  radicalmente "nullo".
    Sono, queste, precise indicazioni agli operatori delle
  sanzioni cui l'atto emanato comunque  contra legem  sarà
  sottoposto, in sede di controllo o in sede giurisdizionale.  Si
  precisa poi che l'uso, nel comma 3 dell'articolo 3, del
  termine "illegittimi", non consueto nei testi normativi, è
  legato alla necessità di offrire un termine onnicomprensivo
  cui i suddetti operatori, del controllo e della giurisdizione,
  possano collegare la sanzione conseguente per l'atto.
    Nell'articolo 4 è, innanzitutto, prevista la obbligatorietà
  "assoluta" di ricostituzione dell'organo entro il periodo di
  proroga.
    Una particolare disciplina è poi individuata, nel comma 2,
  per i casi in cui i titolari della competenza alla
  ricostituzione siano organi collegiali.  La composizione
  plurima può in effetti paralizzare l'accordo necessario e così
  impedire la ricostituzione; per questa evenienza si è ritenuto
  opportuno limitare ulteriormente il termine (di soli tre
  giorni) per l'organo collegiale e trasferire poi, nei residui
  tre giorni, i pieni poteri di ricostituzione al solo
  presidente dell'organo.
    L'articolo 5 regola le conseguenze dei controlli sugli atti
  di ricostituzione, al fine di evitare soluzioni nella
  continuità dell'azione amministrativa.
    L'articolo 6 prevede la decadenza degli organi non
  tempestivamente ricostituiti e una duplice sanzione per la
  omessa ricostituzione: la nullità di tutti gli atti che
  eventualmente l'organo decaduto adotti; la responsabilità in
  tutte le sedi per le conseguenze dannose - verso terzi o
  verso, ad esempio, l'erario - della condotta omissiva.
  Condotta omissiva che ovviamente può in sé comportare anche
  responsabilità penali.
    L'articolo 7 attribuisce agli uffici titolari del potere di
  nomina dei componenti degli organi di amministrazione il
  compito di raccogliere, conservare ed aggiornare il complesso
  dei dati relativi ai termini di scadenza, proroga e decadenza
  dei predetti organi, mentre alla Presidenza del Consiglio dei
  ministri è attribuito il potere di verificare il rispetto
  dell'obbligo da parte degli uffici.
 
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    L'articolo 8 contiene le norme finali e transitorie, le
  quali recepiscono l'impostazione precedente adeguandola alle
  indicazioni emerse in sede parlamentare: applicazione
  immediata della nuova normativa a tutti gli organi non scaduti
  alla data di entrata in vigore del decreto, applicazione in
  qualche modo "prorogata", per un brevissimo periodo di dieci
  giorni, per quelli già scaduti alla data di entrata in vigore
  del decreto-legge; disciplina specifica della ricostituzione
  degli organi per i quali sia necessario acquisire il parere
  parlamentare, ai sensi della legge 24 gennaio 1978, n.14.  Per
  tali casi, il termine previsto dal comma 3 si riferisce alla
  instaurazione del procedimento parlamentare.  Infine vengono
  ora confermati gli atti
  legittimamente adottati sulla base del meccanismo
  surrogatorio di cui al comma 2 dell'articolo 4.
    L'articolo 9 reca, infine, le disposizioni concernenti
  l'adeguamento della normativa regionale ai princìpi posti
  dalle disposizioni del decreto.  Le disposizioni in questione
  riproducono quelle introdotte nel decreto-legge 20 maggio
  1993, n. 150, dal Senato ed approvate anche dalla Commissione
  affari costituzionali della Camera dei deputati.
                           *  *  *
    L'accluso decreto viene quindi sottoposto all'esame del
  Parlamento, ai fini della sua conversione in legge.
 
DATA=940318 FASCID=DDL12-28 TIPOSTA=DDL LEGISL=12 NCOMM= SEDE=PR NSTA=0028 TOTPAG=0010 TOTDOC=0014 NDOC=0002 TIPDOC=L DOCTIT=0000 COMM= FRL PAGINIZ=0001 RIGINIZ=011 PAGFIN=0005 RIGFIN=025 UPAG=NO PAGEIN=1 PAGEFIN=5 SORTRES= SORTDDL=002800 00 FASCIDC=12DDL0028 SORTNAV=0002800 000 00000 ZZDDLC28 NDOC0002 TIPDOCL DOCTIT0002 NDOC0002



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