| Onorevoli Deputati! -- La necessità di una legge di
iniziativa popolare per riordinare il sistema sanitario nasce
sia dall'esaurirsi di un ciclo politico-legislativo sia
dall'emergere, in particolar modo dopo il voto del 18 aprile,
di un nuovo protagonismo dei cittadini quale espressione di
una forte domanda di cambiamento e di giustizia sociale, il
cui perno è garantire il diritto di ogni individuo
all'integrità fisica e alla salute. Si tratta di una nuova
proposta di politica sanitaria che la CGIL ha promosso per
offrirla quale possibile base di incontro per un ampio arco di
forze politiche e sociali, convinta che la soluzione ai
problemi della sanità non deve comportare la compromissione di
valori fondamentali e irrinunciabili quali la solidarietà,
l'universalismo, l'equità e il rispetto di diritti
insopprimibili come quello della salute.
La proposta di legge punta ad un riordino e ad un
ammodernamento del Servizio sanitario nazionale compatibili
con i fondamenti di uno Stato sociale pensato quale principale
sostegno per una civile convivenza. Un progetto di riordino
per superare le vecchie e asfittiche politiche sanitarie degli
anni 80, culminate con quel "grappolo" di norme, quasi tutte
scritte tra la X e l'XI legislatura: l'articolo 4 della legge
30 dicembre 1991, n. 412, che ha ridotto, di fatto, la spesa
sanitaria ad una variabile dipendente dalla disponibilità di
bilancio; l'articolo 6 del decreto-legge del 19 settembre
1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14
novembre 1992, n. 438, che ha esasperato il sistema dei
ticket fino a prefigurare un inaccettabile sistema di
tassazione della malattia, per non tacere del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che oltrepassa
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la soglia del riordino per avventurarsi in soluzioni
pericolose per la stessa natura pubblica e universalistica del
sistema sanitario, come l'assistenza differenziata, il ritorno
alle mutue sostitutive, ancorché rinviate nel tempo,
eccetera.
La presente proposta di legge di iniziativa popolare
concretamente rappresenta la riscrittura di tutte queste
norme, e quindi, rispetto ad esse, è un atto di superamento ed
abrogazione come chiaramente indicato dall'articolo 15. Una
riscrittura che tiene conto della riforma sanitaria, la legge
23 dicembre 1978, n. 833, considerata nei suoi princìpi un
quadro di riferimento a tutt'oggi valido, e insieme per
innovarla profondamente come dimostrano i numerosi articoli
abrogativi e correttivi richiamati sempre nell'articolo 15.
La legge di iniziativa popolare che presentiamo va
considerata quindi un'evoluzione critica della riforma
sanitaria, anche per superarne limiti ed errori, riproponendo
la centralità della prevenzione, il valore del territorio,
l'integrazione tra strutture, e una clinica decisamente
rinnovata.
Le scelte fondamentali della proposta di legge puntano in
primo luogo a ripensare il modello di Servizio sanitario
nazionale, che dovrebbe mutare da centralistico, cioè
interamente imperniato sul Ministero della sanità, a Servizio
sanitario nazionale organizzato su base regionale, superando
un'ambiguità di fondo della legge n. 833 del 1978. Da una
parte infatti la Costituzione attribuisce alle regioni
(articoli 117, 118 e 119) precisi poteri in ordine
all'"assistenza sanitaria ed ospedaliera" e dall'altra lo
Stato è organizzato con un forte accentramento nelle funzioni
ministeriali.
La proposta di legge ridefinisce i rapporti tra Stato e
regioni riducendo la funzione del primo, come previsto
dall'articolo 5, e riallocando i poteri a favore delle
seconde, così come indicato dall'articolo 6. In tale contesto
va ripensato e recuperato il ruolo del sindaco, quale
principale garante della comunità dei cittadini, in ordine
anche, ma non solo, ai grandi problemi di integrazione fra
problematiche assistenziali, sociali e sanitarie, e
all'organizzazione del territorio.
In secondo luogo la proposta di legge propone il
conferimento di un reale potere alla domanda di servizi e
attività da parte dei cittadini, superando quella che è stata
definita "l'autoreferenzialità dell'offerta", una
caratteristica in virtù della quale i servizi tendono a
strutturarsi più in funzione degli interessi che contengono
che non in rapporto ai caratteri della domanda che si
manifesta, finendo in questo modo per impedire gli inevitabili
processi di rinnovamento, di riorganizzazione o di
riconversione, o per indurre sulla domanda necessità che nulla
hanno a che vedere con essa.
Accrescere il potere dei cittadini significa certamente
ripensare gli strumenti e le modalità della loro
partecipazione, come previsto dall'articolo 12, ma anche
ripensare l'intero complesso di questioni relative
all'organizzazione dei servizi e del lavoro per far sì che
esse diventino sensibili nei confronti delle sollecitazioni
della domanda così come previsto negli articoli 7 (unità
sanitaria locale-azienda), 8 (distretto socio-sanitario di
base), 11 (competitività ed efficienza).
In terzo luogo, l'altra scelta fondamentale è la
valorizzazione della risorsa personale ricorrendo a nuove
soluzioni di responsabilizzazione degli operatori. Il
personale rappresenta, ad un tempo, la risorsa più preziosa
del sistema sanitario ed il costo più cospicuo. Proprio per
questo non è più possibile continuare a considerarlo, coma si
è fatto per tutti gli anni 80 e anche più recentemente,
semplicemente "un costo" da comprimere attraverso politiche di
svalutazione o manovre per un suo contenimento.
Quel che serve è, al contrario, la definizione di misure
efficaci di incentivazione che accrescano sia l'efficacia e
l'efficienza, come specificatamente previsto nell'articolo 11,
sia l'economicità del sistema.
La responsabilizzazione degli operatori è indispensabile
insieme a quella dell'utenza, sapendo che la gestione di
un'azienda USL non può ridursi, dati i suoi
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alti livelli di complessità, semplicemente ad una figura di
direttore generale.
L'ultima scelta fondamentale riguarda la necessità di dare
una risposta chiara ed inequivocabile ad una domanda di
giustizia e di equità da parte di cittadini.
L'attuale sistema dei ticket e l'attuale sistema di
finanziamento del Servizio sanitario nazionale sono ingiusti e
distorti.
Se valutiamo il volume di risorse coinvolte con l'articolo
6 del citato decretolegge n. 384, del 1992, assommato al
precedente sistema di ticket, emerge il principale
paradosso che con la presente proposta di legge di iniziativa
popolare si vuole eliminare: oggi incredibilmente il
contributo al risanamento finanziario viene chiesto
direttamente agli ammalati, con una rottura della solidarietà
sociale e economica.
Il gettito dei ticket infatti nel 1993 sfiorerà i
diecimila miliardi, con una crescita negli ultimi sei anni del
500 per cento, dai 2000 miliardi stimati nel 1987 ai 10.000
attuali. Nel 1987 il ticket medio pagato dagli italiani
era di 14.188 lire procapite; nel 1992 tale misura è
arrivata a circa 50.800 lire pro capite; mentre nel 1993
il ticket medio si colloca oltre le 60 mila lire, per un
complesso di partecipazione alla spesa sanitaria pari a
170.000 lire di costo pro capite. A fronte di questi
pochi ma indicativi dati e per ricondurre ad equità il sistema
la CGIL decide di proporre sia il superamento di ogni forma di
ticket collegato alle prestazioni di cittadinanza sia
l'attuale sistema contributivo che, ancorché ancorato in parte
al reddito, contiene forti ed inaccettabili sperequazioni tra
le categorie.
Noi riteniamo che innanzitutto la rapida perequazione
contributiva e successivamente la graduale fiscalizzazione
possano fare più giustizia in base al principio "a ciascuno
secondo le sue necessità ma da ciascuno secondo le sue
possibilità", possano coprire in altro modo ciò che mina la
solidarietà, cioè quella spesa finanziata direttamente dai
malati con varie forme di "compartecipazione-tassazione", che
è cosa diversa da una azione di moderazione dei consumi e di
contrasto verso quelli superflui.
Il solo effetto della crescita nominale dei redditi
costringerà il prossimo anno altri due milioni di cittadini a
pagare ticket e così in maniera crescente per gli anni
futuri.
Con l'articolo 1 si evidenzia che il riordino della sanità,
cioè gli obiettivi che abbinano riorganizzazione,
qualificazione ed efficienza, sono certamente importanti, ma
in quanto strumenti di un obiettivo più di fondo che è la
realizzazione del diritto alla salute. La condizione di
cittadinanza è cioè inseparabile dalla piena realizzazione di
questo diritto.
Con l'articolo 2 si definisce il paniere di prestazioni che
lo Stato deve garantire a tutti i cittadini nello stesso
identico modo. E' la definizione concreta dell'universalità e
nello stesso tempo la traduzione di una moderna idea di salute
in prestazioni, attività e servizi. In essa trovano attuazione
le grandi conquiste di emancipazione proprie delle leggi n.
194 del 1978 e n. 405 del 1975, sull'interruzione volontaria
della gravidanza e sui consultori e della legge n. 180 del
1978, sulla "deistituzionalizzazione" della malattia mentale,
ma anche proprie di un'idea di salute per la quale resta
irrinunciabile, perché strategicamente centrale, la cultura,
la scienza e la politica della prevenzione. L'universalità va
intesa come pacchetto di prestazioni oltre il quale vale il
ricorso alla mutualità integrativa volontaria, per il quale si
indicano nuovi campi di applicazione come la non
autosufficienza, il sostegno alle famiglie, la battaglia
contro l'istituzionalizzazione del cittadino, eccetera.
Se è importante definire cosa garantire ai cittadini è
altrettanto importante, nella consapevolezza dei problemi
legati alle risorse, definire come finanziare l'intero arco
delle prestazioni di cittadinanza.
Gli articoli 3 e 4 propongono un nuovo modello di
finanziamento imperniato su un contributo percentuale per
qualunque livello di reddito da subito e, in prospettiva,
sulla conquista graduale della fiscalizzazione piena e
completa. Le indicazioni di merito per la fiscalizzazione,
come il ricorso all'imposta sul valore aggiunto
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d'impresa e all'IRPEF naturalmente necessitano di
un'esplicazione più cogente e di una organizzazione
maggiormente tecnica in sede di applicazione, ma la proposta
intende ottenere il risultato di una ricommisurazione del
fabbisogno correlata ad una modalità di finanziamento più equa
e ad un'idea di governo della spesa che, nello stabilire un
fabbisogno possibile e compatibile, ne rallenti la crescita,
stabilizzandone i valori in un arco ragionevole di tempo in
rapporto al PIL, attraverso l'organizzazione di interventi
profondi di riorganizzazione e ristrutturazione dell'intero
sistema della spesa corrente.
Gli articoli 5, 6 e 7 definiscono soluzioni per un governo
moderno dell'intero sistema sanitario. A partire da una
riallocazione chiara e decisa di funzioni e poteri tra Governo
centrale e regioni, si traggono coerentemente, con questa
scelta di fondo, tutte le conseguenze innovative per quanto
concerne il modello di programmazione, il prontuario
terapeutico, le titolarità legislative. In questo modo il
carattere nazionale del servizio sanitario è garantito,
evitando così il rischio di un servizio quale somma di servizi
sanitari regionali.
Nel quadro di nuovi assetti istituzionali e di un recupero
del ruolo del sindaco abbiamo voluto ridefinire rigorosamente
l'idea di azienda, riconfigurandola quale ente strumentale che
produce e eroga servizi, prestazioni, attività. Su tale sfondo
la ridefinizione del governo aziendale è certamente ancorata
alla responsabilizzazione di figure nuove come il direttore
generale, anche attraverso contratti a termine, per tutte le
figure apicali. Quindi si tratta di un'idea di governo
gestionale diffuso, cioè inclusivo di una nuova partecipazione
e responsabilizzazione degli operatori e degli utenti.
L'articolo 11 sulla competitività e l'efficienza garantisce
di fatto l'esercizio della libera scelta del cittadino che
così diventa parametro di riferimento per l'allocazione delle
risorse, ma anche l'esercizio da parte dell'operatore di una
serie di "opportunità" organizzative dalle quali far
discendere, con attenti meccanismi di verifica e controllo
sugli scopi raggiunti (articolo 12), le eventuali conseguenze
retributive.
Altre questioni di rilievo sono state disciplinate, come
l'organizzazione del distretto socio-sanitario di base
(articolo 8), i rapporti tra Servizio sanitario nazionale e
università (articolo 9) e il prontuario terapeutico (articolo
10).
Il primo è proposto come snodo tra le varie componenti
dello Stato sociale, in particolar modo tra l'assistenza
sociale e sanitaria, collegate fortemente all'autorità del
sindaco come primo rappresentante dei cittadini e alle varie
forme di partecipazione dell'utenza organizzata, ma anche come
l'ambito in cui si deve ridefinire il ruolo della medicina di
base e delle varie figure professionali in essa coinvolte.
Il secondo vuole essere il tentativo di riequilibrare i
rapporti tra università e Servizio sanitario nazionale in un
rapporto di scambio e di reciprocità tra pari nel rispetto
rigoroso delle specifiche funzioni.
Il terzo punta a concretizzare con provvedimento successivo
la definizione di un pacchetto di farmaci gratuiti,
selezionati e vagliati sulla base della loro funzione per fare
i prontuari terapeutici regionali.
Infine gli articoli 12 (sulla qualità dei servizi e sui
diritti dei cittadini) e 13 (sulla disciplina degli appalti di
fornitura): si tratta, nel primo caso, di andare oltre la
partecipazione formale dei cittadini e di proporre tutte le
misure, gli strumenti, le informazioni, capaci di favorire una
partecipazione efficace come premessa per l'autoorganizzazione
dell'utenza; nel secondo caso, di combattere il malaffare, gli
sprechi, le ruberie, che anche nella sanità pongono
decisamente con urgenza la questione morale, attraverso la
trasparenza, le procedure regolari e controllate, la ricerca
dell'economicità.
Con l'articolo 14 si demandano a provvedimenti successivi
quelle questioni che meritano per la loro importanza una
trattazione specifica e che comunque dipenderanno dalle
decisioni assunte con questa proposta di legge.
Con l'articolo 15 si abrogano tutte le norme incompatibili
con la presente proposta.
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