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Onorevoli Deputati! -- Il presente provvedimento
reitera, con alcuni correttivi chiarificatori e arricchito da
disposizioni dettate dalla necessità di introdurre nuovi
strumenti di sostegno all'occupazione in base alle ulteriori
esigenze nel frattempo manifestatesi, il precedente
decreto-legge 18 gennaio 1994, n. 40, non convertito nei
termini costituzionali a causa dello scioglimento anticipato
delle Camere.
Il presente provvedimento costituisce significativa
attuazione degli impegni assunti dal Governo nel protocollo
d'intesa sottoscritto dalle parti sociali nel luglio 1993: ed
invero, proprio allo scopo di conferire alla manovra il più
ampio raggio di azione, l'originario decreto-legge n. 40 del
1994 era stato adottato immediatamente dopo l'approvazione, da
parte del Parlamento, della legge finanziaria per l'anno in
corso, in quanto la disponibilità di cospicui stanziamenti a
sostegno delle politiche occupazionali ha costituito
presupposto indispensabile per la fattibilità dell'operazione,
considerata l'ampiezza degli interventi che comportano oneri
di notevole entità.
Il rilevante sforzo finanziario compiuto ha consentito la
preordinazione di una serie di interventi che, nel quadro
dell'opera di razionalizzazione delle politiche del lavoro,
arricchiscono le possibilità di accesso al sistema degli
ammortizzatori sociali, rendendo al tempo stesso più lineare
il congegno di utilizzo sia per il datore di lavoro che vi
ricorre sia ai fini di una proficua fruibilità degli strumenti
di sostegno al reddito in favore del lavoratore.
L'impianto normativo che si presenta all'approvazione del
Parlamento si propone, dunque, in ossequio agli obiettivi
enunciati, di assicurare, con innovazioni di carattere sia
sostanziale sia procedurale, duttilità e celerità ai
meccanismi che governano le modalità di attribuzione dei
benefìci, senza peraltro trascurare di conferire una più
efficace incisività ai momenti di verifica e controllo dello
stato di crisi. A ciò è connessa la ridefinizione delle
competenze degli organismi amministrativi preposti alla
programmazione e alla concessione degli interventi (in
conformità con le disposizioni contenute nei provvedimenti di
accompagnamento alla legge finanziaria).
Coerentemente con la volontà di garantire ad una platea
sempre più vasta di soggetti le misure sociali già previste
dall'ordinamento vigente, il decreto-legge estende i
trattamenti di cassa integrazione guadagni e di mobilità a
settori produttivi finora non interessati dai predetti
interventi e, nel contempo, opera in direzione di un
prolungamento dei benefìci nei confronti degli attuali
fruitori che, data la temporaneità delle misure all'uopo
predisposte, avrebbero visto pregiudicato il sostegno
economico da essi goduto in un momento in cui la grave crisi
occupazionale non consentirebbe una rapida ed agevole
ricollocazione.
Ne risulta un intervento normativo che soddisfa una duplice
esigenza: per un verso, infatti, esso fornisce risposte
immediate alle più pressanti esigenze di garanzie salariali e,
per altro verso, in una prospettiva evolutiva, il
provvedimento riconsidera taluni aspetti della normativa
previgente nell'intento di smussarne le rigidità, di superare
obiettive difficoltà applicative e, in una linea di
conseguenzialità, di allontanare il rischio di effetti
distorsivi che l'esperienza operativa ha evidenziato.
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L'articolo 1 del provvedimento reca disposizioni in materia
di cassa integrazione guadagni ed è diretto ad introdurre
correttivi alla disciplina preesistente sia con riferimento
alla fase concessoria del beneficio sia per ciò che attiene
alla stessa configurazione dell'istituto. Quanto al primo
aspetto (commi 1 e 2), in attesa dell'emanazione dei
regolamenti diretti al riordino dell'apparato amministrativo
di cui alla legge n. 537 del 1993 ("Interventi correttivi di
finanza pubblica"), vengono attribuite al Ministero del lavoro
e della previdenza sociale le competenze già spettanti al CIPI
in materia di trattamento straordinario di integrazione
salariale, a seguito della soppressione del citato organo
interministeriale ai sensi della medesima legge.
Al Comitato interministeriale per la programmazione
economica (CIPE) spettano le funzioni di programmazione
finanziaria degli interventi di sostegno all'occupazione e la
definizione, su proposta del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, dei criteri di concessione del trattamento
di cassa integrazione guadagni straordinaria. Il raccordo tra
le competenze dell'organo ministeriale e di quello deputato
alla programmazione è assicurato dalla disposizione che fa
carico al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di
riferire semestralmente al CIPE sull'utilizzo dei
finanziamenti approntati per gli ammortizzatori sociali. Ciò
anche sulla scorta degli elementi forniti dal comitato tecnico
di cui alla legge n. 41 del 1986, che opererà, d'ora in poi,
presso la predetta Amministrazione.
Il comma 3 attiene ai termini per la concessione del
trattamento di integrazione salariale (40 giorni dalla
richiesta) ed alle procedure per l'attivazione delle
consultazioni sindacali nei casi di contrazione e sospensione
dell'attività produttiva, mentre il comma 4 regola la facoltà
di proroga, attribuita ora al Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, per i programmi di ristrutturazione,
riorganizzazione o conversione aziendale. Viene peraltro
previsto, con disposizione di carattere fortemente innovativo,
che tale proroga, oltre che nei casi di particolare
complessità tecnica per l'azienda (come disposto
dall'originaria disposizione della legge n. 223 del 1991),
possa essere concessa allorché il programma comporti rilevanti
conseguenze occupazionali in rapporto alle dimensioni
dell'impresa ed alla sua articolazione sul territorio.
Disposizione particolarmente significativa in funzione di
assicurare una più adeguata tutela del reddito, è quella di
cui al comma 5, che stabilisce l'elevazione dell'attuale
importo massimo di integrazione salariale (fissato dalla legge
n. 427 del 1980) per le retribuzioni che superano i 2.700.000
mensili, da sottoporre ad aggiornamento ISTAT annuale.
Allo scopo di favorire la fuoriuscita volontaria dal
circuito lavorativo del personale dipendente da aziende in
crisi, il comma 6 esonera i lavoratori che fruiscono del
prepensionamento e dei trattamenti di cassa integrazione
straordinaria e di mobilità dal sistema delle cosiddette
"finestre" sancito dal decreto-legge n. 384 del 1992,
convertito dalla legge n. 438 del 1992, successivamente
modificato dalla citata legge n. 537 del 1993, in base al
quale, a decorrere dal 1994, è previsto, nell'ottica di
un'operazione di recupero finanziario in termini di cassa da
parte dell'INPS, uno scaglionamento delle pensioni di
anzianità nei mesi di luglio e gennaio di ogni anno.
Infine, il comma 7 estende l'ambito di protezione della
cassa integrazione guadagni straordinaria ai dipendenti delle
imprese di pulizia che svolgono la propria attività, in modo
prevalente e continuativo, presso aziende appaltanti che
versino in situazione di crisi; tale operazione trova un suo
precedente nella legge n. 155 del 1981, che consentiva alle
imprese appaltatrici dei servizi di ristorazione
l'utilizzazione dei "paracadute" sociali. Ai fini dell'accesso
al beneficio, si richiede che la sospensione dal lavoro o la
prestazione di attività lavorativa ad orario ridotto sia
direttamente connessa alla riduzione dell'attività appaltata,
a sua volta indotta dall'attuazione di programmi di crisi
aziendale, di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione
aziendale.
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Le disposizioni relative all'istituto della mobilità sono
contenute nell'articolo 2. Esse sono dirette a rimuovere gli
effetti distorsivi che la vigente disciplina sull'assunzione
di lavoratori in mobilità è suscettibile di generare, ad
aumentare, per i predetti lavoratori, l'interesse al proprio
reinserimento, a rendere più elastiche le norme relative alla
incompatibilità fra trattamenti pensionistici e trattamenti a
sostegno del reddito.
Nel dettaglio, i commi 1 e 2 mirano ad evitare ogni
possibilità di comportamenti collusivi quanto al reimpiego dei
lavoratori collocati in mobilità, escludendo dalle varie
misure agevolative previste per l'assunzione di lavoratori
collocati in mobilità (riduzioni sulle aliquote previdenziali
e versamenti di contributi) le imprese che facciano parte
dello stesso settore di attività dell'impresa che, nei sei
mesi precedenti, ha operato il collocamento in mobilità e che,
al momento del licenziamento, si presenti in collegamento
funzionale con l'impresa destinata ad assumere.
I commi 3 e 4 rendono più rigide le norme che disciplinano
la decadenza dall'iscrizione nelle liste di mobilità
(individuando un'ulteriore causa di decadenza nella
ingiustificata mancata risposta alla convocazione da parte dei
servizi competenti e fissando un termine di 15 giorni per la
dichiarazione di cancellazione dalle liste), in tal modo
delineando una disciplina omogenea a quella contenuta nel
decretolegge in fase di conversione concernente l'avvio dei
lavoratori in mobilità a lavori socialmente utili.
Una norma con carattere di specialità è quella recata dal
comma 5, che corregge la valenza generale del principio di
incompatibilità fra trattamenti pensionistici e trattamenti a
sostegno del reddito, sancito dall'articolo 6, commi 7 e 8,
del decretolegge n. 148 del 1993, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993: si prevede
infatti, per il lavoratore titolare di assegno o pensione di
invalidità che sia collocato in mobilità, la facoltà di optare
per tali trattamenti o per l'indennità di mobilità, in base
alle proprie considerazioni di convenienza economica.
Infine il comma 6 impedisce che il lavoratore in mobilità
possa trarre pregiudizio da una assunzione da parte di
un'impresa cui segua il licenziamento prima che siano decorsi
i 12 mesi di prestazione lavorativa utili ai fini del
collocamento nella predetta lista.
L'articolo 3 reca la disciplina che governa i trattamenti
di disoccupazione. In ossequio agli impegni assunti con la
firma del protocollo d'intesa del luglio scorso e in linea di
continuità con quanto già disposto dal decreto-legge n. 148
del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236
del 1993, l'attuale importo del trattamento ordinario di
disoccupazione è elevato dal 25 al 27 per cento e al 30 per
cento, rispettivamente, per il primo e per il secondo semestre
del 1994 e per esso trova applicazione la disciplina
sull'importo massimo del trattamento di integrazione salariale
straordinaria (commi 1 e 2).
Di notevole rilevanza sono poi le norme recate dai commi 3
e 4 del medesimo articolo, concernenti l'applicazione al
settore dell'edilizia di misure di garanzie salariali
(attribuzione dell'indennità di disoccupazione speciale in
particolari casi e accesso alla mobilità lunga) idonee a
fronteggiare il grave problema delle eccedenze che il settore
registra per effetto della nota crisi che lo ha investito.
Alcune disposizioni in materia di contratti di solidarietà
sono contenute nell'articolo 4. Di particolare valenza è il
comma 1, diretto a potenziare le possibilità di accesso al
beneficio, poiché amplia, da un punto di vista oggettivo, il
campo di applicazione dell'istituto, consentendo, con la
rimozione del divieto sancito dalla legge n. 223 del 1991,
l'utilizzabilità del medesimo in affiancamento alla cassa
integrazione guadagni nell'ambito della stessa unità
produttiva. Per un approccio operativo pratico e rispondente
alla nuova realtà, è affidato al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale il compito di disciplinare le condizioni e
le modalità della predetta possibilità.
Il comma 2 appone invece un correttivo alla disposizione
già inserita nel citato decreto-legge n. 148 del 1993 e
relativa all'accesso ai contratti di solidarietà
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per le imprese artigiane non rientranti nel campo di
applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria,
assegnando alle imprese un più autonomo spazio di intervento
quanto all'ammontare della prestazione, posta a carico dei
fondi bilaterali previsti dai contratti collettivi, che le
imprese medesime devono corrispondere ai lavoratori per poter
beneficiare dell'istituto.
L'articolo 5 prevede misure di carattere transitorio nella
gestione delle eccedenze occupazionali, di particolare
rilevanza nell'attuale momento di crisi.
La disposizione di cui al comma 1 è diretta a garantire
margini di più ampio respiro nella fruizione del trattamento
di integrazione salariale ordinaria, in quanto sottrae dal
computo dei periodi massimi di utilizzo dell'istituto le
riduzioni di orario che, rapportate ad un periodo di
riferimento settimanale, siano inferiori al 10 per cento del
normale orario settimanale relativo ai lavoratori occupati
nell'unità produttiva.
Con una norma di carattere temporaneo viene poi prevista,
fino al 31 dicembre 1995, la possibilità di accedere alla
cassa integrazione guadagni ordinaria, per le imprese che
occupano fino a 50 dipendenti, finora destinatarie
esclusivamente dell'intervento straordinario di integrazione
salariale. Si è inteso qui ampliare l'ambito di applicazione
della disposizione contenuta nel decreto-legge n. 148 del
1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del
1993 (articolo 7, comma 6), che concedeva, nelle aree depresse
individuate dalla Comunità europea, la cassa integrazione
guadagni ordinaria alle imprese che impiegano da 5 a 15
dipendenti (per un periodo non superiore a 24 mesi), fino a
quel momento prive di protezione sociale. La ragione
giustificativa del correttivo così delineato deve rinvenirsi
nella opportunità di rendere più agevole il ricorso al
beneficio di integrazione salariale per le imprese di media
dimensione che incontrano difficoltà operative
nell'elaborazione dei programmi connessi alla concessione
della cassa integrazione guadagni straordinaria.
Il comma 3 estende, fino al 31 dicembre 1995, il
trattamento di mobilità alle aziende commerciali, alle agenzie
di viaggio e turismo e alle imprese di spedizione e trasporto,
a condizione che occupino più di 50 dipendenti, nonché alle
imprese di vigilanza, settori, questi, che già fruivano della
cassa integrazione guadagni straordinaria ai sensi del citato
decreto-legge n. 148 del 1993.
I commi da 4 a 7 disciplinano la cosiddetta "mobilità
lunga" (accompagnamento del lavoratore in mobilità alla
pensione). Oltre alla proroga dei termini originariamente
previsti dalla legge n. 223 del 1991, ora fissati al 31
dicembre 1994, si è provveduto ad estendere il beneficio, con
la medesima scadenza, all'industria tessile,
dell'abbigliamento e delle calzature, settori che, negli
ultimi tempi, hanno risentito più pesantemente della negativa
congiuntura economica. L'incentivazione dell'attività
imprenditoriale autonoma e il ricorso alla mobilità lunga
operano, con effetto di trascinamento, anche in favore di
lavoratori occupati in unità produttive non protette dagli
strumenti di sostegno al reddito ma che appartengono a
raggruppamenti industriali con più di 500 dipendenti dei quali
almeno un terzo presti la propria attività lavorativa in aree
geografiche beneficiarie delle misure approntate dalla legge
n. 223 del 1991.
Infine, per rendere più immediata la tutela del lavoratore
prossimo alla pensione e collocato in mobilità, si dispone, a
tali fini, il rinvio alla normativa relativa alla pensione di
vecchiaia vigente al 31 dicembre 1992, ovvero anteriore alla
riforma in materia di trattamenti pensionistici.
Viene poi concesso (comma 8) un prolungamento del programma
per crisi aziendale, da 12 a 24 mesi, per le unità produttive
situate nelle aree di crisi individuate dalla Comunità europea
e coinvolte in accordi di programma di reindustrializzazione
gestiti da un unico soggetto. La novità sostanziale della
disposizione si configura, peraltro, nel congegno in base al
quale l'eventuale licenziamento del lavoratore in cassa
integrazione guadagni straordinaria prima del termine di
scadenza del programma comporta il proporzionale
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prolungamento del trattamento di mobilità per un
periodo pari a quello che intercorre tra la risoluzione del
rapporto di lavoro ed il termine prefissato dal programma; ciò
in funzione di una più efficace tutela del lavoratore, in
ragione della quale sono previste misure di disincentivazione
alla fuoriuscita del lavoratore prima dell'esaurimento delle
forme di protezione.
I commi 10, 11 e 12 intervengono sul sistema delle proroghe
di trattamenti di integrazione salariale già oggetto di
disposizioni di legge, chiarendone e razionalizzandone i
contenuti, per un verso riaffermando il principio della
incompatibilità tra il trattamento di mobilità lunga e gli
interventi di proroga di cassa integrazione guadagni
straordinaria previsti dal decreto-legge n. 478 del 1993,
convertito dalla legge n. 56 del 1994, e, per altro verso,
concedendo speciali deroghe ai limiti temporali di godimento
dell'intervento di cassa integrazione straordinaria. Il comma
14 introduce una disposizione che consente di assicurare un
periodo di sei mesi di fruizione dell'indennità di mobilità
per i lavoratori GEPI, INSAR e INDESIT, altrimenti privi di
trattamenti di sostegno al reddito per effetto di disposizioni
che in passato hanno prolungato il trattamento di integrazione
salariale con pari riduzione del periodo di godimento
dell'indennità di mobilità.
I successivi commi 15, 16 e 17 contemplano ulteriori misure
in favore della GEPI e dei lavoratori da essa dipendenti
nonché per i soggetti fruitori del trattamento di
disoccupazione speciale; in particolare per questi ultimi è
prevista una proroga di quattro mesi del trattamento. Infine,
il comma 18 interviene nei casi di prossima scadenza della
cosiddetta mobilità ordinaria per sovvenire in favore dei
soggetti appartenenti ad aree colpite da gravi crisi
occupazionali, quali quelle del Mezzogiorno, dando luogo ad
una proroga di quattro mesi del trattamento.
Gli articoli 6 e 7 delineano misure sperimentali
rispettivamente in materia di promozione dell'occupazione e di
flessibilità della durata del lavoro, intese a promuovere
interventi innovativi di cui verificare l'efficacia al fine di
poter progettare incisive organiche metodologie nella medesima
materia. Con l'articolo 6 la valorizzazione dello strumento
consensuale per la risoluzione delle problematiche
occupazionali aziendali è attuata attraverso il riconoscimento
di agevolazioni contributive il cui accesso è condizionato ad
accordi che contemplino la difesa e, auspicabilmente,
l'incremento dei livelli occupazionali. In attesa di un
intervento articolato ed organico in materia di orario di
lavoro con particolare riguardo alle possibilità occupazionali
che la ridefinizione della stessa possa comportare, l'articolo
7 prevede poi particolari misure agevolative per le imprese e
per i medesimi lavoratori interessati al fine di incentivare
il ricorso a contratti di lavoro a tempo parziale come
strumento sia di creazione di nuova occupazione, sia di
gestione delle eccedenze di personale attraverso la
trasformazione in tale tipo di contratto di quelli a tempo
pieno. Sempre in tale ottica promozionale dell'occupazione, il
medesimo articolo contempla altresì benefici in caso di
contratti di solidarietà cosiddetta "esterna" che contemplino
una durata dell'orario settimanale come media di un periodo
plurisettimanale non inferiore a 4 mesi. Il carattere
sperimentale delle misure così previste dagli articoli 6 e 7 e
le limitate risorse finanziarie disponibili hanno tuttavia
indotto a prevedere la concedibilità dei benefìci nei limiti
di appositi stanziamenti.
Con gli articoli 8 e 9 sono affrontati i gravi problemi
occupazionali che hanno investito il settore siderurgico e del
trasporto aereo per effetto, rispettivamente, di processi di
contenimento della produzione nell'ambito del quadro di
compatibilità delineato a livello comunitario e di pesante
ridimensionamento delle prospettive di sviluppo del traffico
aereo. Per consentire una gestione non traumatica dei
conseguenti esuberi occupazionali si è dunque previsto un
piano di prepensionamenti nei limiti di 15.500 unità per il
settore siderurgico, pubblico e privato, e di 800 unità per il
gruppo Alitalia. Per quest'ultimo è altresì
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prevista l'applicazione, con decorrenza dal 1^ gennaio
1994, delle misure di fiscalizzazione degli oneri sociali già
in essere per il settore armatoriale.
Analogamente, l'articolo 10 introduce un piano di
prepensionamento in cui sono coinvolte 8.500 unità dipendenti
da imprese di grandi dimensioni i cui risvolti occupazionali
incidono sull'assetto economico e sociale del Paese. I
requisiti di accesso sono allineati a quelli utili per la
fruizione della mobilità lunga e l'accredito figurativo è
strutturato sul margine dei cinque anni.
L'articolo 11 costituisce anch'esso significativo momento
di attuazione dell'accordo del luglio 1993 sul costo del
lavoro, che ha dato giusto rilievo alla importante funzione
che ricerca e innovazione tecnologica svolgono e ancor più
possono svolgere per assicurare capacità competitiva dinamica
all'industria italiana con evidenti benefici effetti
occupazionali. A tal fine, l'articolo delinea iniziative
intese a formare ricercatori e tecnici specializzati e al
recupero di competitività di strutture di ricerca industriale
finanziate con risorse aggiuntive di almeno 50 miliardi
annui.
L'articolo 12 dispone le norme transitorie e finali
necessarie, in particolare, a consentire l'operatività degli
interventi di integrazione salariale in attesa che si
definisca il nuovo assetto amministrativo procedimentale
(commi 1 e 2). L'articolo contempla altresì disposizioni in
materia di finanziamento (comma 4) ovvero di rifinanziamento
(comma 5), di interventi previsti da normative vigenti, norme
di contabilità relative alla rateizzazione dei contributi a
carico del fondo per l'occupazione di cui al citato
decreto-legge n. 148 del 1993 (comma 5), abbattimento dei
limiti soggettivi di intervento imposti alla RIBS dalla
medesima legge per il finanziamento di iniziative a sostegno
dell'occupazione nel settore agricolo, infine slittamento dei
termini di iscrizione all'albo nazionale (istituito dalla
legge n. 59 del 1992) per le società cooperative edilizie di
abitazione e dei loro consorzi.
Il comma 8 prevede infine l'elevazione dell'importo
dell'assegno per il nucleo familiare, in ragione di ventimila
lire per ogni figlio, ad esclusione del primo, per i nuclei
familiari composti da due o più figli.
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