| Onorevoli Deputati! -- La improvvisa accelerazione
delle vicende parlamentari e l'evoluzione della complessiva
situazione che ne è derivata non hanno consentito un compiuto
percorso parlamentare del decreto-legge 31 gennaio 1994, n.
75, recante norme per l'accelerazione delle procedure
di dismissione di partecipazioni del Ministero del tesoro in
società per azioni.
D'altra parte, per effetto dell'articolo 15, comma 3, del
decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, al Ministero
del tesoro è stata attribuita la titolarità
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delle azioni degli enti pubblici trasformati in società
per azioni in virtù della stessa previsione normativa.
L'attribuzione al Ministero del tesoro della titolarità
delle predette azioni, e dunque della qualità di socio
azionista, si inquadra nel più ampio procedimento di
dismissione delle partecipazioni pubbliche, rispetto al quale
assume carattere propedeutico la privatizzazione dei soggetti
partecipati.
Peraltro, il già citato decreto-legge n. 333 del 1992 nulla
ha disposto in ordine alle procedure da seguire nella cessione
delle partecipazioni. Rientrando l'esercizio della titolarità
delle azioni in mano pubblica nell'ambito della gestione dei
beni mobili facenti parte del patrimonio disponibile dello
Stato, i procedimenti di alienazione delle stesse azioni sono
da ricondurre a quelli previsti e disciplinati dalla normativa
sulla contabilità generale dello Stato (regio decreto n. 2440
del 1923 e regio decreto n. 827 del 1924).
Sembra difficile negare che le rigidità procedimentali
della normativa contabile mal si adattano alle complesse
operazioni di dismissione previste dal decreto-legge n. 333
del 1992 e che la sfera di interessi pubblici da prendere in
considerazione in tale ambito sia più ampia di quella tutelata
dalla normativa di contabilità pubblica. Valga per tutti
l'obiettivo della diffusione tra il pubblico delle azioni
delle società da privatizzare.
Un più approfondito e dialettico dialogo, per il vero già
avviato con le parti politiche in sede di esame parlamentare
presso ambedue le Camere ed attraverso un complessivo
confronto, avrebbe certamente consentito un reciproco
approfondimento dei temi oggetto della disciplina approntata
dal Governo per la prima ed improrogabile fase delle
cosiddette "privatizzazioni", considerato che l'iniziativa
governativa si era intenzionalmente ed istituzionalmente
limitata ad un compendio essenziale e, certamente, non
esaustivo dei molteplici temi in discussione, tenuto conto
anche dello strumento legislativo d'urgenza che si era dovuto
adottare.
Non di meno, è stato attentamente preso in considerazione
l'approfondimento dedicato alla questione dalla sola VI
Commissione della Camera dei deputati, pur valutando che tale
sede non avrebbe certamente potuto esaurire la disponibilità
ad arricchire e completare la disciplina, quale risulta dal
completamento di tutte le fasi previste dalle procedure
parlamentari.
Tenuto conto che le proposte di modifica e di integrazione,
ancorché penetranti, si presentavano per più versi ed in
relazione alla molteplicità delle soluzioni prospettabili, non
ancora sufficientemente decantate alla luce del possibile,
ulteriore dibatitto, il Governo ha assunto la responsabilità
d'introdurre alcune modifiche sin dall'atto della presente
iniziativa di reiterazione dei precedenti, decaduti
decretolegge. Ha invece ritenuto per alcune questioni di
doversi limitare ad un parziale recepimento, avendo in più
considerato come obiettivo indeclinabile l'esigenza di non
modificare le conclusioni con riferimento ad operazioni di
dismissione in corso per evidenti necessità di ordine
giuridico e finanziario, mentre ha ugualmente dovuto contenere
nel minimo le riforme incidenti, per gli inevitabili riflessi,
sulla disciplina generale delle società azionarie e del
mercato.
Ciò vale, in particolare, per la revisione della
regolamentazione dell'offerta pubblica di vendita e di
acquisto, tenuto conto anche che, senza disconoscere la già
avvertita opportunità di una più compiuta normativa al
riguardo, come già segnalato a suo tempo anche in sede
parlamentare, appare miglior partito provvedervi organicamente
e con una riforma sistematica.
Ugualmente, il Governo deve esplicitamente richiamare che
l'importante questione del regime del controllo delle
minoranze nell'ambito delle società destinate alle dismissioni
non sembra suscettibile di essere affrontato con
decreto-legge, senza un previo e ponderato approfondimento
parlamentare, tenuto conto anche che la dimensione di tali
società prospetta l'ulteriore problema se sia consentito
apportare modifiche organiche al diritto societario valide per
esse soltanto, ovvero se non si
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debba provvedere con analoghe soluzioni anche per la
generalità delle imprese societarie, incluse quelle
industriali, ed indipendentemente dagli interventi di autorità
o di poteri pubblici di vigilanza, che pure rifluiscono sulla
tutela delle minoranze partecipative.
Pur in tale quadro di oggettiva opinabilità, il Governo ha
ritenuto di recepire varie e consistenti innovazioni rispetto
alla precedente iniziativa, emerse dal contributo fornito
dalla competente Commissione della Camera, secondo quanto più
avanti si preciserà.
Con il presente decreto si è inteso confermare la deroga
generale alle vigenti norme di legge e di regolamento sulla
contabilità generale dello Stato per quanto attiene alle
alienazioni delle azioni di proprietà del Ministero del
tesoro, per altro verso disponendo che l'alienazione delle
predette azioni venga effettuata di norma mediante offerta
pubblica di vendita disciplinata dalla legge 18 febbraio 1992,
n. 149. E' prevista anche la possibilità del ricorso a
trattative dirette con i potenziali acquirenti nell'osservanza
di procedure di selezione competitiva.
Di rilevante importanza è l'estensione, emersa in sede di
esame parlamentare, della presente normativa agli enti
pubblici diversi dallo Stato, considerando i benefìci effetti
che l'apporto di capitali privati può produrre sul tessuto
delle società azionarie partecipate dai predetti enti,
agevolandone il riordinamento, l'efficienza, nonché la
congruenza operativa e la profittabilità con le esigenze del
mercato e, infine, confrontandole con la concorrenza al di là
del localismo territoriale.
In tale quadro, si segnala il recepimento di talune
indicazioni della Commissione in ordine alle opzioni di
garanzia sia per le ipotesi di costituzione di nuclei stabili
sia in relazione alla continuità dell'attività e
dell'appartenenza delle proprietà azionarie.
Quanto alle operazioni propedeutiche all'esecuzione delle
alienazioni, si è ritenuto opportuno consentire al Ministero
del tesoro di ricorrere alla consulenza di società
specializzate nel settore, le uniche in grado di fornire
l'assistenza tecnica necessaria per l'ottimizzazione delle
stesse operazioni.
Un altro blocco di previsioni riguarda il conferimento al
Governo di una serie di "poteri speciali" introducibili nello
statuto delle società di proprietà del Tesoro e loro
controllate che operino nei settori della difesa e dei
pubblici servizi attinenti ai trasporti, alle
telecomunicazioni e alle fonti di energia. Tali poteri, in
capo all'azionista Tesoro, si estrinsecano nella introduzione
negli statuti delle predette società di clausole che attengono
al gradimento all'assunzione di partecipazioni rilevanti, al
divieto di scioglimento o liquidazione dell'azienda,
trasferimento dell'azienda, trasferimento della sede sociale
all'estero, eccetera.
La limitazione ai settori della difesa e dei servizi
pubblici e la temporaneità (tre anni) della efficacia di tale
previsione, si giustificano con la scelta di ridurre al minimo
gli effetti dissuasivi sul mercato che sarebbero prodotti
dalla attribuzione in via generale allo Stato di "poteri
speciali".
Per i richiamati profili è stata recepita l'indicazione di
quadro proveniente dalla Commissione, anche in relazione alla
più precisa individuazione dell'oggetto della disciplina e dei
divieti, peraltro con limitazione delle clausole ai settori
della difesa e dei servizi pubblici, per contenere gli effetti
negativi sul mercato quali potrebbero derivare da una
generalizzata attribuzione allo Stato di poteri così
incisivi.
Inoltre è stata prevista espressamente la limitazione del
numero massimo di amministratori e di componenti del collegio
sindacale, riservati allo Stato ed agli enti pubblici, cui la
stessa normativa dovrà applicarsi.
Altre norme del decreto prevedono la introduzione, per
tutte le società da privatizzare nei settori della difesa, dei
pubblici servizi, bancario ed assicurativo (incluse quelle
indirettamente partecipate dallo Stato) di clausole statutarie
che paiono confacenti alle public companies. Si tratta
di limiti al possesso azionario e di norme particolari per la
nomina delle cariche sociali (in modo da consentire
rappresentanze di minoranze qualificate).
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Per quanto riguarda le disposizioni concernenti le
modifiche statutarie, si è ritenuto di recepire in massima
parte il contributo della Commissione, con esclusione di alcun
profili di tutela delle minoranze, quale il voto di lista.
Tuttavia, si è ritenuto ugualmente di accogliere, per
quanto possibile, l'indicazione parlamentare, nel senso di
garantire l'immodificabilità per un periodo adeguato delle
clausole di tutela già vigenti.
Alcune delle modifiche statutarie sopra ipotizzate, secondo
una opinione prevalente anche in giurisprudenza, possono
essere introdotte solo all'unanimità. Per le società da
privatizzare con azionisti terzi (già quotate) ciò di fatto ne
impedirebbe la adozione. Si prevede allora la possibilità di
una loro introduzione a maggioranza con i quorum di
legge.
I quorum previsti per le assemblee straordinarie
dalla legislazione italiana sono assai elevati. Ciò può
comportare, in società ad azionariato diffuso, l'impossibilità
di deliberare. Il fenomeno è già riscontrato per le assemblee
speciali degli azionisti di risparmio e degli obbligazionisti.
Ad evitare tale rischio, che contraddice le esigenze della
public company, per l'assemblea straordinaria delle
società quotate in terza convocazione si stabilisce che
l'assemblea può deliberare in presenza di tanti soci che
rappresentino un ventesimo del capitale sociale.
In via generale e con la finalità di agevolare la
funzionale costituzione delle assemblee delle società ad
azionariato diffuso, si è prevista la validità della
deliberazione in terza convocazione, anche quando l'assemblea
sia chiamata a determinazioni particolarmente rilevanti.
Si è, inoltre, ritenuto di dover garantire una reale
possibilità di presenza dell'azionariato diffuso, attraverso
l'introduzione del voto per corrispondenza, la cui disciplina
di dettaglio, anche in relazione ai profili dell'informazione,
sarà devoluta ad un regolamento adottato d'intesa dalle
autorità di vigilanza (articolo 4).
La predetta normativa va valutata anche con riferimento
alla recente proroga della legge n. 218 del 1990 (cosiddetta
"legge Amato") nell'intento di agevolare la ristrutturazione e
l'ammodernamento delle società bancarie.
Ugualmente, sono state recepite numerose indicazioni della
Commissione in ordine al regime di pubblicità delle offerte
pubbliche, conferendo innovativo rilievo alla pubblicità dei
patti di sindacato ed agli accordi per gli acquisti
concertati, secondo quanto si verifica negli ordinamenti più
evoluti.
Si segnala, tra gli altri, l'articolo 7 del presente
decreto, con il quale sono state disciplinate talune
significative innovazioni alla legge 18 febbraio 1992, n. 149,
in materia di offerte pubbliche di acquisto, introducendo
l'obbligo di procedere entro il termine di due anni ad
ulteriori offerte pubbliche di acquisto, ogni qualvolta la
maggioranza o l'influenza determinante nell'assemblea
societaria siano state acquisite, a seguito di offerte
pubbliche, da soggetti operanti contestualmente o di concerto
e vincolati da patti parasociali.
Vengono, conseguentemente, stabiliti i criteri per la
determinazione dei prezzi minimi delle offerte pubbliche
successive, alle quali i partecipanti ai patti sono tenuti,
per un'entità pari a quelle conferite al sindacato di voto.
Sono state, inoltre, recepite (articolo 8) le indicazioni
parlamentari per il pagamento rateale da parte dei
sottoscrittori, mentre sono state confermate quelle
concernenti le operazioni societarie procedurali di
riorganizzazione e ristrutturazione, con integrazioni di fonte
parlamentare in meteria di scissioni, al fine di garantire la
continuità della linea pubblica di controllo (articolo 9).
Il testo è ulteriormente integrato con l'introduzione della
facoltà di conferimento a valore di libro non solo in sede di
costituzione ma anche in esecuzione di un aumento di capitale
deliberato successivamente.
In secondo luogo viene previsto, allorché il conferimento
avvenga secondo il suddetto criterio della continuità dei
valori, che il perito nominato dal tribunale competente debba
limitarsi ad attestare la corrispondenza tra il valore di
apporto e
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quello di bilancio presso la conferente dei beni
apportati.
La modifica estende l'ammissibilità di conferimenti a
valore di libro anche nei confronti di società già esistenti.
Ciò al fine di consentire prima la costituzione della società,
e poi, creata la struttura organizzativa necessaria per la
gestione, l'esecuzione del conferimento, mentre viene
ridimensionato il ruolo della relazione giurata di stima
allorché i beni conferiti mantengano presso la conferitaria
gli stessi valori che avevano nel bilancio della
conferente.
Ugualmente di origine parlamentare è la norma di cui
all'articolo 10, che, in caso di conferimento, di fusione o di
scissione, previene le nullità dei contratti di appalto o di
concessione stipulati dalle società privatizzate con soggetti
pubblici, conservando le garanzie previste dalla vigente
normativa anticrimine nelle ipotesi di traslazione di tali
rapporti a soggetti diversi da quelli originari.
Alcune privatizzazioni richiedono preventive
ristrutturazioni (ENEL, STET, ENI, eccetera) che si articolano
in operazioni societarie "a catena" e tempi tecnici assai
lunghi (fusioni, scorpori, scissioni, eccetera).
Si introducono a tale fine snellimenti tecnici, tratti da
quelli già collaudati con successo a proposito del gruppo
creditizio, in tema di possibilità di costituire società per
azioni con atto unilaterale e di nomina dei periti.
Infine, all'articolo 11, le competenze della Direzione
generale del tesoro previste dalla legge 27 novembre 1991, n.
378, sono integrate, per tener conto delle attribuzioni
conferite al Ministero del tesoro, ai sensi degli articoli 15
e 16 del citato decretolegge 11 luglio 1992, n. 333, in
materia di privatizzazioni, del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri del 30 giugno 1992 (articolo 2, comma
2) e della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri
del 30 giugno 1993, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale
n. 155 del 5 luglio 1993.
L'articolo 12 contiene un'integrazione ed un aggiornamento
delle disposizioni di copertura finanziaria, prevedendo, tra
l'altro, funzionali semplificazioni delle procedure
d'accreditamento dei proventi delle società privatizzate.
Il decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, non ha
espressamente configurato la privatizzazione dei soggetti
partecipati dall'Istituto nazionale delle assicurazioni (INA),
pur avendo sancito la trasformazione dello stesso istituto in
società per azioni.
Al fine di consentire che, al di là della specialità del
peculiare ordinamento, l'Unione italiana di riassicurazione
possa essere inglobata nell'imminente collocamento azionario
presso il pubblico dell'INA, l'articolo 13 configura la natura
di società di capitale dell'ente partecipato, cui l'INA, sin
dal 1921, ha conferito la propria partecipazione, fungendo
l'Unione da ente riassicuratore del medesimo Istituto.
Conseguentemente, vengono abrogate le disposizioni
incompatibili con la natura privatistica dell'Unione, che
viene omologata alle altre società di capitali che esercitano
l'attività assicurativa.
L'articolo 14 dispone in ordine alla modifica dell'articolo
2 del decreto-legge 5 dicembre 1991, n. 386, convertito dalla
legge 29 gennaio 1992, n. 35, nel prevedere che l'alienazione
e la gestione dei beni immobili del patrimonio dello Stato
possano essere affidate a società con capitale misto,
costituite con le modalità e le finalità deliberate dal CIPE,
prevede altresì che "i soggetti affidatari ... provvedono ad
anticipare, su apposito capitolo, al bilancio dello Stato, in
acconto sui proventi derivanti dalle alienazioni e dalle
gestioni, un importo non inferiore al 50 per cento ..."; sugli
importi anticipati sugli acconti sono pagati gli interessi
secondo tassi determinati con decreto del Ministro del tesoro
"con riferimento a quelli del mercato".
La modificazione proposta elimina la vincolatività delle
anticipazioni.
Inoltre, per agevolare la vendita e la gestione, viene
previsto che le relative operazioni possano essere compiute in
deroga non soltanto alle norme sulla contabilità generale
dello Stato, come consentiva la norma originale, ma anche alle
norme che disciplinano la vendita dei beni dello Stato.
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