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Onorevoli Deputati! -- Il Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite, preso atto che dopo più di venti mesi il
Governo libico non si era ancora conformato alle risoluzioni
731/92 e 748/92, ha adottato in data 11 novembre 1993 la
risoluzione n. 883 che rafforza il sistema di sanzioni
previsto dalle precedenti risoluzioni.
La nuova risoluzione, oltre a contenere divieti minori
quali quello di intrattenere rapporti con la compagnia aerea
di bandiera libica e di addestrare piloti libici, è
fondamentalmente intesa a introdurre due ordini di misure
restrittive.
Il primo ha natura commerciale.
L'embargo già esistente per l'esportazione di aerei e di
parti di aereo viene esteso a talune attrezzature e macchine
collegate all'industria petrolifera.
Come già in occasione della risoluzione n. 748,
l'applicazione di questo embargo non richiede l'emanazione di
norme italiane. Le misure ONU vengono infatti recepite dal
regolamento n. 3274 dell'Unione europea del 29 novembre 1993
immediatamente obbligatorio per gli Stati membri e per i
rispettivi cittadini.
Il secondo tipo di vincoli ha natura finanziaria e
necessita invece di una normativa nazionale di recepimento,
non essendo ancora la Comunità europea competente a legiferare
in materia.
I vincoli consistono da un lato, nel congelamento dei fondi
e delle altre risorse finanziarie direttamente o
indirettamente riconducibili al Governo della Libia e,
dall'altro, nel divieto di porre a disposizione degli stessi
soggetti i cui fondi sono bloccati qualsiasi altra somma o
risorsa.
Il blocco non si applica però ai fondi originati dalle
vendite di petrolio e prodotti petroliferi, gas e prodotti
derivati, beni e prodotti agricoli.
Il blocco riguarda cioè il passato, mentre per il futuro la
Libia potrà continuare a provvedere alle proprie necessità e,
conseguentemente al pagamento delle importazioni, utilizzando
il ricavato della vendita di tutte quelle merci che in pratica
si identificano con le esportazioni.
Tecnicamente vengono a crearsi due tipi di conti di
pertinenza libica: da un lato i conti bloccati, che è
possibile accreditare in dipendenza di obbligazioni assunte
prima del blocco, ma che non è possibile addebitare per far
fronte a spese libiche e, dall'altro i conti liberi che
possono essere accreditati soltanto con somme rivenienti dalle
esportazioni libiche consentite ed effettuate successivamente
alla data del blocco, ma che in compenso possono essere
addebitati per qualsiasi causale.
Il decreto-legge, diretto ad introdurre nel nostro
ordinamento le disposizioni ONU sopra menzionate, riprende,
all'articolo 1, il testo di dette disposizioni.
In particolare, il comma 1 e il comma 2 stabiliscono,
rispettivamente, il blocco dei fondi ed il divieto dei
trasferimenti; il comma 3 dà la definizione di impresa libica
soggetta alle misure restrittive ed il comma 4 dispone la
deroga prevista dall'ONU per la vendita di prodotti
petroliferi e agricoli. I commi 5 e 7 contengono deroghe ai
divieti previsti dal decreto rispettivamente per i conti
bancari dell'ambasciata e dei consolati libici (nei limiti dei
fabbisogni istituzionali) e nell'ipotesi di rimborsi di debiti
nei confronti di residenti, mentre il comma 6 impone alle
banche di fornire informazioni al Tesoro sui movimenti dei
conti dei soggetti indicati al comma 1.
L'articolo 2, ricalcando gli analoghi articoli inseriti in
altri decreti-legge (provvedimenti relativi a Kuwait, Iraq,
Serbia e
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Montenegro, Haiti e Angola), prevede la nullità degli atti
compiuti in violazione dei divieti e stabilisce una sanzione
amministrativa da irrogare attraverso l'utilizzazione dei
meccanismi procedurali ed istituzionali previsti per
l'accertamento delle violazioni delle norme valutarie.
I divieti che vengono ad essere sanzionati sono quelli
contenuti nel presente decreto, nei due regolamenti con cui
l'Unione europea ha dato applicazione alla risoluzione ONU n.
883 e in un altro regolamento, relativo all'Iraq, del 7
dicembre 1992.
Va, infatti, precisato che per l'embargo alla Libia
l'Unione europea ha emanato non soltanto il citato regolamento
concernente la parte commerciale, ma anche un secondo
regolamento (n. 3275/93) inteso ad impedire di dar corso a
richieste libiche motivate dai danni causati alla Libia da
inadempienze contrattuali a loro volta determinate dalla
necessità, per i suoi partner occidentali, di rispettare
l'embargo, riproducendo le disposizioni contenute in un altro
regolamento, quello appunto relativo all'Iraq, emanato il 7
dicembre 1992.
Poiché l'Italia non ha finora provveduto a stabilire le
sanzioni per le infrazioni a tale atto, si coglie l'occasione
per colmare la lacuna esistente, trattandosi dello stesso tipo
di fattispecie - sia pure riferita ad un Paese diverso dalla
Libia - la cui regolamentazione trae origine da identiche
disposizioni delle Nazioni Unite e da due analoghi regolamenti
comunitari.
Si stabilisce, inoltre, che le garanzie bancarie per
impegni a suo tempo assunti dagli operatori italiani e
successivamente caducati a causa dell'embargo e le collegate
controgaranzie ad esse prestate dagli
operatori garantiti sono definitivamente estinte.
L'articolo 3 prevede la possibilità di deroghe da
rilasciare in via amministrativa ai divieti stabiliti dal
decreto, fissando precise condizioni per la concessione della
deroga stessa.
L'articolo 4 stabilisce l'automatica cessazione
dell'efficacia delle disposizioni del decreto, nel caso in cui
le Nazioni Unite decidessero la sospensione o la definitiva
abrogazione delle misure da esse disposte.
Con l'articolo 5 si provvede a modificare opportunamente
l'articolo 7 del decreto-legge 15 maggio 1993, n. 144,
convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 1993, n.
230, sull'embargo ai Paesi della ex-Jugoslavia.
Ciò si rende necessario per ovviare a un grave
inconveniente che si sta verificando nell'applicazione di
detto embargo. Infatti il controllo delle navi colte
nell'Adriatico con il sospetto di trasportare carichi vietati
nei porti di quei Paesi richiede l'effettuazione di una serie
di operazioni (attracco nei porti, custodia, ispezioni del
carico, eccetera) comportanti spese immediate, che non possono
essere fronteggiate se non mediante anticipazione da parte
dell'amministrazione.
A ciò si provvede autorizzando le prefetture competenti ad
anticipare le somme necessarie, salva rivalsa nei confronti
dei soggetti responsabili ai sensi del comma 1 dello stesso
articolo, ed assicurando la copertura finanziaria dell'onere
relativo (lire 1 miliardo per l'anno 1994) mediante
utilizzazione dell'accantonamento in Tabella A della legge
finanziaria per il 1994 riguardante il Ministero degli affari
esteri.
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