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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


632
DDL0044-0002
Progetto di legge Camera n. 44 - testo presentato - (DDL12-44)
(suddiviso in 11 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C44. TESTIPDL
...C44.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC44 ZZ12 ZZRL ZZPR
  Onorevoli  Deputati! -- Il presente decreto-legge,
  recante misure urgenti in materia di parcheggi e di trasporti,
  reitera il decreto-legge 2 febbraio 1994, n. 81, decaduto per
  mancata conversione in legge nei termini costituzionali, con
  un nuovo testo che tiene anche conto dell'intervenuto
  trasferimento alle regioni delle competenze in materia di
  parcheggi e di realizzazione di itinerari pedonali e piste
  ciclabili, disposto
  dall'articolo 12 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
    Al riguardo, si ricorda che il Ministro per i problemi
  delle aree urbane, nell'ultima relazione sullo stato di
  attuazione della legge n. 122 del 1989, trasmessa al
  Parlamento in adempimento di quanto previsto dall'articolo 28
  della legge stessa (vedi Doc. CXIX, n. 1), aveva evidenziato
  le difficoltà applicative della normativa ed
  aveva suggerito alcune modifiche alla stessa.
 
                               Pag. 2
 
   A ciò deve aggiungersi che la legge di riforma delle
  autonomie locali, integrata sul punto dall'articolo 12 della
  legge 23 dicembre 1992, n. 498, ha previsto la possibilità per
  i comuni di affidare l'esercizio dei servizi pubblici e la
  realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento
  del servizio a società per azioni, anche a prevalente
  partecipazione privata.
    Le nuove previsioni legislative, prevedendo una formula
  organizzatoria che supera sia la realizzazione diretta da
  parte dei comuni sia la realizzazione mediante affidamento in
  concessione, hanno notevolmente modificato il quadro di
  riferimento delineato nella legge n. 122 del 1989, per cui
  appare assolutamente prioritario procedere ad un adeguamento
  della stessa.
    A tal fine il comma 1 dell'articolo 1 prevede che il
  Ministro dell'ambiente e per i problemi delle aree urbane,
  definisca con proprio decreto i requisiti che i soggetti
  interessati debbono possedere ai fini dell'ammissione ai
  contributi previsti dalla legge 24 marzo 1989, n. 122.
  L'adeguamento delle procedure per la determinazione dei costi
  standard  e delle modalità di accesso al credito da parte
  dei comuni e dei soggetti concessionari è ugualmente stabilito
  con decreto del Ministro dell'ambiente e per i problemi delle
  aree urbane, richiedendosi però il concerto dei Ministri del
  tesoro e del bilancio e della programmazione economica e il
  rispetto dei criteri direttivi indicati dalla Conferenza
  permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
  province autonome di Trento e di Bolzano, così come previsto
  dall'articolo 12 della legge n. 537 del 1993.
    Nei commi successivi si dettano, invece, misure volte a
  favorire la realizzazione di parcheggi privati sia per
  recuperare gli  standard  urbanistici previsti dalla legge
  17 agosto 1942, n. 1150, negli immobili già esistenti, sia per
  consentire la realizzazione di ulteriori strutture destinate
  ad uso di parcheggio, vincolate a tale uso per trenta anni.
    In particolare si prevede che possano essere destinatari
  della concessione del diritto di superficie di aree comunali
  per la realizzazione di parcheggi sia privati proprietari di
  civili abitazioni che residenti non proprietari secondo
  criteri di riparto che saranno determinati con decreto del
  Ministro per i problemi delle aree urbane.
    Con il comma 9 si consente alle Ferrovie dello Stato S.p.a.
  di utilizzare i contributi della cosiddetta "legge Tognoli"
  per la realizzazione di parcheggi su aree di loro proprietà
  già previsti negli strumenti urbanistici vigenti, a
  prescindere dal loro inserimento o meno nei programmi dei
  parcheggi di cui alla stessa legge.
    Ciò permetterebbe di ricorrere ai fondi ancora disponibili
  per la realizzazione di fondamentali infrastrutture di
  servizio alla collettività che, anche se non comprese nei
  suddetti programmi, si collocano comunque in un contesto di
  completo rispetto delle previsioni urbanistiche.
    L'articolo 2 è inteso a sbloccare cospicue risorse
  finanziarie il cui utilizzo è impedito dall'inerzia di alcuni
  comuni e delle regioni interessate.
    In particolare si prevede che le regioni possano procedere,
  nel termine di novanta giorni dalla conversione del presente
  decreto ad approvare gli appositi programmi urbani parcheggi.
  In caso di ulteriore inerzia i fondi non impegnati sono
  revocati con provvedimento del Presidente del Consiglio dei
  ministri, su proposta del Ministro per i problemi delle aree
  urbane, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
  Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
  Bolzano, e possono essere riassegnati ad altre regioni per il
  completamento dei programmi già definiti.  Per i criteri in
  base ai quali individuare gli ulteriori interventi a
  contributo si fa rinvio alle direttive della Conferenza
  permanente Stato-regioni.  La procedura è costruita come
  specificazione del generale potere del Presidente del
  Consiglio dei ministri di sospendere l'erogazione delle somme
  non utilizzate, in caso di mancato perseguimento degli
  obiettivi previsti dalle leggi la cui attuazione è trasferita
  alla competenza regionale (articolo 12, comma 3, della legge
  n. 537 del 1993).
    L'eventuale riassegnazione dei fondi è disposta con decreto
  del Ministro del bilancio
 
                               Pag. 3
 
  e della programmazione economica, in quanto i relativi
  stanziamenti sono confluiti nel fondo per il finanziamento dei
  programmi regionali di sviluppo di cui all'articolo 9 della
  legge 16 maggio 1970, n. 281.
    La legge 26 febbraio 1992, n. 211, concernente interventi
  nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa, si
  prefigge di favorire lo sviluppo del trasporto pubblico urbano
  attraverso la realizzazione di sistemi di trasporto rapido di
  massa a guida vincolata in sede propria e di tramvie veloci a
  contenuto tecnologico innovativo.
    In relazione alle suddette finalità, la legge prevede due
  distinte modalità di intervento dello Stato.
    Una prima, ai sensi dell'articolo 9, per la quale è
  prevista la possibilità di corrispondere contributi annui, in
  misura non superiore al 10 per cento dell'investimento e per
  la durata massima di trenta anni, alle città metropolitane ed
  ai comuni individuati, su proposta delle regioni interessate,
  dal Ministro per i problemi delle aree urbane, di concerto con
  il Ministro dei trasporti.
    Una seconda, ai sensi dell'articolo 10, che prevede che gli
  enti indicati dall'articolo 8 della legge 15 dicembre 1990, n.
  385 (Ente ferrovie dello Stato e ferrovie in concessione ed in
  gestione commissariale governativa), nonché gli altri enti
  interessati, siano autorizzati ad accendere mutui decennali
  garantiti dallo Stato per l'ammodernamento e la realizzazione
  di collegamenti ferroviari con aree aeroportuali, espositive
  ed universitarie, di sistemi ferroviari passanti, di sistemi
  di trasporto rapido di massa e di programmi urbani integrati
  dal Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro per i
  problemi delle aree urbane.
    Va altresì ricordato che la Commissione richiamata dal
  comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge, opera da oltre tre
  anni ed assicura una corretta vigilanza sull'attuazione del
  programma di ammodernamento delle ferrovie in concessione ed
  in gestione governativa.
    L'obiettivo quindi di rendere coordinati e funzionali gli
  interventi di cui alle leggi sopracitate - tenuto altresì
  conto della effettiva integrazione degli interventi stessi
  nelle complesse aree urbane e metropolitane - può essere più
  agevolmente perseguito assicurando unitarietà alle azioni
  istituzionali di controllo.  Le predette attività di controllo,
  che vanno esplicate sotto l'aspetto tecnico,
  giuridico-amministrativo ed economico-finanziario, trovano
  nella Commissione costituita per gli interventi di cui alla
  legge n. 910 del 1986, piena e completa rispondenza, avuto
  riguardo alla qualificata presenza nella stessa di
  rappresentanti degli organi di controllo dello Stato
  (Consiglio di Stato, Corte dei conti, e Avvocatura generale
  dello Stato) e di esperti dei Dicasteri competenti (Ministero
  del tesoro, Ministero dei trasporti, Ministero dei lavori
  pubblici).
    L'articolo 4 è destinato a sovvenire a necessità
  d'investimento urgenti nel settore dei trasporti.
    La legge 10 aprile 1981, n. 151, è la legge quadro per il
  trasporto pubblico locale che assicura il finanziamento dello
  Stato all'esercizio e agli investimenti, ripartito annualmente
  dal Ministero dei trasporti fra le regioni.
    Negli anni di applicazione l'entità dei fondi per
  investimenti ha avuto un andamento assai irregolare ed è stata
  drasticamente ridotta nel 1989.  Va ricordato che gli effetti
  della predetta legge n. 151 del 1981 sono stati in passato
  certamente positivi, assicurando un parziale rinnovo del parco
  rotabile e contemporaneamente lavoro all'industria
  costruttrice di mezzi di trasporto.
    Nel medio periodo si sono però sempre più evidenziati
  aspetti negativi della stessa legge, che possono così
  sintetizzarsi:
      l'acquisto di autobus è stato drasticamente effettuato
  esclusivamente in relazione all'entità e ai tempi di
  finanziamento statale, e non sulle necessità di rinnovo e
  ammodernamento del parco;
      l'età media dei mezzi, che nel 1988 era di sette/otto
  anni, attualmente è di circa dieci anni.  Oltre il 20 per cento
  del parco (e cioè circa 10.000 veicoli) ha più di quindici
  anni di vita, con punte fino a
 
                               Pag. 4
 
  trenta anni.  Inevitabili le ripercussioni, deleterie in
  termini di costi di esercizio, di sicurezza e di inquinamento
  ambientale;
      visto l'andamento estremamente irregolare degli
  stanziamenti, le regioni non hanno utilizzato la facoltà
  attribuita loro dalla legge di integrare tali fondi con mezzi
  propri, in modo da garantire una programmazione equilibrata di
  rinnovo del parco;
      a partire dal 1989 la misura e la certezza degli
  stanziamenti statali sono diventate estremamente aleatorie,
  togliendo alle aziende nazionali produttrici di autobus ogni
  riferimento per una ragionevole programmazione produttiva.  Le
  stesse infatti hanno dovuto ridimensionare, anno per anno, la
  capacità produttiva, bloccando il  turn-over  e ricorrendo
  in misura crescente alla cassa integrazione; attualmente
  almeno il 60 per cento degli addetti risulta ammesso al
  trattamento straordinario di integrazione salariale;
      alcune aziende sono state costrette a chiudere e sono
  uscite dal mercato; tutti gli investimenti già fatti per il
  rinnovo dei prodotti e dei processi di produzione per
  adeguarli allo  standard  europeo risultano inutilizzati;
  l'irregolarità della domanda e la ridotta utilizzazione degli
  impianti hanno influito negativamente sulla competitività
  delle aziende, vanificando ogni tentativo di ricerca di
  sbocchi su altri mercati;
      non è esagerato ipotizzare a breve termine, in mancanza
  di adeguati provvedimenti a livello nazionale e regionale, la
  completa cessazione dell'attività produttiva da parte delle
  aziende del settore, con la definitiva chiusura e la perdita
  di circa 15.000 posti di lavoro diretti e nell'indotto;
      la mancata concessione di finanziamenti già decisi per
  investimenti nel settore autobus, d'altra parte, arreca
  modesti vantaggi finanziari per lo Stato in quanto, a fronte
  dei risparmi conseguenti al blocco dei finanziamenti, vi sono
  perdite di gettito fiscale per l'Erario, di IVA sulle mancate
  vendite di veicoli, di IRPEG e IRPEF sui mancati utili delle
  aziende e sugli stipendi dei dipendenti (a seguito della
  cessazione di attività), di costi aggiuntivi per il ricorso al
  trattamento di integrazione salariale che si fa ogni giorno
  più massiccio.
    Nell'ipotesi di mancata concessione del finanziamento si
  può stimare l'effettivo "risparmio" al massimo nel 50 per
  cento dello stanziamento originariamente previsto.
    Per far fronte alla predetta gravissima crisi che ha
  colpito l'industria costruttrice di autobus, si è ritenuto di
  utilizzare, per contributi alle regioni a statuto ordinario ai
  fini di cui all'articolo 11, quarto comma, della legge n. 151
  del 1981, le disponibilità non ancora impegnate, alla data di
  entrata in vigore del decreto-legge, del capitolo 7877 dello
  stato di previsione del Ministero del tesoro, concernente
  oneri per capitale ed interessi per l'ammortamento dei mutui
  contratti dalle regioni per gli investimenti nel settore del
  trasporto pubblico locale, prescrivendo norme di salvaguardia
  ecologica.
    Le assegnazioni effettuate sul predetto capitolo 7877,
  ammontanti a 100 miliardi di lire per il 1991, 175 miliardi
  per il 1992 e 175 miliardi per il 1993, non sono state
  utilizzate a causa del blocco della contrazione dei mutui
  disposto con il decretolegge 11 luglio 1992, n. 333,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n.
  359, e con la legge 23 dicembre 1992, n. 498.
    Al fine di rendere possibile l'utilizzazione dell'intero
  importo di 450 miliardi di lire, costituito dai residui
  relativi al triennio 1991-1993, si è resa necessaria la
  puntualizzazione nella norma in questione della espressa
  utilizzazione dei residui degli anni 1991 e 1992.
    In ordine all'esigenza di disporre delle assegnazioni
  suddette, va rilevato che a causa della progressiva riduzione
  e del successivo blocco, a partire dall'anno 1990, delle
  erogazioni per gli investimenti nel settore del trasporto
  pubblico locale, oltre il 20 per cento del parco veicoli in
  circolazione è costituito da automezzi in esercizio da più di
  15 anni, con evidenti ripercussioni in termini di costi di
  esercizio, di
 
                               Pag. 5
 
  sicurezza, nonché di inquinamento dell'ambiente.
    L'articolo 5 tende a regolare l'attività di creazione di
  nuovi interporti.
    Come è noto la legge 4 agosto 1990, n. 240, prevede
  l'adozione di procedure differenziate tra gli interporti di
  primo e secondo livello.
    In relazione a ciò sono state da tempo attivate le
  procedure relative ai nove interporti di primo livello di cui
  all'articolo 9 della legge medesima e in data 16 aprile 1992
  si è pervenuti alla stipula delle convenzioni con i soggetti
  gestori degli interporti stessi.
    Attualmente è in corso di attuazione il programma di
  interventi ammesso a contributo, che ammonta globalmente a
  lire 482 miliardi.
    Per quanto riguarda gli interporti di secondo livello, le
  competenti Commissioni permanenti della Camera e del Senato si
  sono espresse sullo schema di piano quinquennale degli
  interporti; resta, pertanto, da emanare, per il completamento
  del relativo  iter  procedurale, un apposito decreto di
  approvazione.
    Tuttavia, notevoli al momento appaiono le difficoltà per
  quanto concerne la successiva fase attuativa della norma.
    Prima fra tutte, quella relativa al regime di concessione,
  la cui applicazione sembra creare particolari problemi circa
  la definizione della durata, dell'ampiezza e della cedibilità
  del rapporto concessorio.
    L'insieme delle problematiche sopra esposte rende
  impossibile il completamento dell'atto di
  convenzione-concessione, previsto dall'articolo 5 della citata
  legge n. 240 del 1990.
    Appare, inoltre, assai difficoltosa la predisposizione, da
  parte dei soggetti interessati, di un esatto piano
  economico-finanziario, derivandone perplessità ed incertezze
  circa l'attivazione di capitali privati nelle iniziative in
  argomento.
    In particolare, per quanto riguarda l'ampiezza della
  concessione, andrebbe definito se la stessa debba riferirsi a
  tutte le opere e strutture facenti parte dell'area
  interportuale ovvero solo a parte di esse.
    Nel caso, infatti, di finanziamento parziale
  dell'interporto, il soggetto gestore dovrebbe reperire mezzi
  propri sufficienti a rendere funzionale l'interporto, senza
  conoscere quale sarà la proporzione del finanziamento
  pubblico, ottenendo tuttavia dalla concessione vincoli
  giuridico-patrimoniali sulle parti in concessione, tali da
  scoraggiare fortemente l'iniziativa.
    Laddove si ipotizzi un finanziamento pubblico integrale,
  con le restanti risorse finanziarie disponibili sulla legge n.
  240 del 1990 potrà essere realizzato unicamente un numero di
  strutture estremamente limitato anche in relazione alle
  previsioni dello schema di piano quinquennale previsto.
    Andrebbero altresì definite le modalità di riscatto dello
  Stato alla scadenza del previsto periodo di concessione e
  andrebbe chiarito se tale riscatto debba avvenire con
  risarcimento da parte dello Stato o meno.
    Quanto sopra, anche in relazione alla circostanza che
  alcuni interporti di secondo livello risultano già
  parzialmente realizzati con capitali privati ancora prima
  dell'instaurarsi del rapporto concessorio.
    Sorgono infine giustificati interrogativi circa il senso di
  mantenere due regimi diversi per la rete interportuale: quella
  di primo livello in regime di convenzione e quella di secondo
  livello in regime di concessione.
    Va inoltre evidenziato che da un punto di vista procedurale
  ulteriori difficoltà interpretative ed applicative, anche se
  di portata inferiore, sono poste dall'articolo 3 della stessa
  legge n. 240 del 1990 relativamente ai requisiti delle società
  di nuova e vecchia costruzione, alla conseguente verifica
  degli stessi e dei termini di adeguamento alle modificazioni
  statutarie previste.
    Inoltre, le Commissioni permanenti delle Camere,
  nell'ambito dell'esame dello schema di piano quinquennale
  degli interporti, cui si è già accennato, hanno espresso, tra
  l'altro, in merito alle problematiche sopra esposte, pareri
  che confermano la validità dell'ipotesi prospettata.
    Un immediato avvio delle procedure potreb-be essere
  ipotizzato in tempi molto brevi, apportando alcune modifiche
  al testo.
 
                               Pag. 6
 
    Le modifiche riguardano, infatti, una ridefinizione dei
  concetti sostanziali quali appunto l'abolizione della
  differenziazione tra primo e secondo livello e del regime di
  concessione.
    Si prevede poi che l'ammissione ai contributi è disposta
  previa stipula di convenzione e si stabiliscono i criteri ai
  quali la relativa domanda deve corrispondere.
    I tempi e le modalità della domanda stessa saranno definiti
  con decreto ministeriale.
    Si segnala che le modifiche proposte consentirebbero di
  corrispondere alle aspettative manifestate in più occasioni
  dai soggetti interessati, permettendo la rapida attivazione
  delle procedure e, quindi, degli investimenti da parte dei
  soggetti gestori, consentendo, nel contempo, il superamento
  delle difficoltà sopra esposte.
    Il testo così modificato, eliminando le differenziazioni
  tra interporti di primo e secondo livello anche dal punto di
  vista procedurale, consentirebbe l'adozione di procedure
  uniformi e di un unico regime convenzionale ai fini della
  concessione di contributi da parte dello Stato.
    Va, infine, sottolineato che quanto sopra non comporta
  alcun ulteriore onere finanziario da parte dello Stato
  rispetto a quanto previsto dalla legge n. 240 del 1990.
    Alla luce dell'esperienza attuativa effettuata nell'ambito
  delle procedure per gli interporti di cui all'articolo 9 della
  legge n. 240 del 1990, è emersa la necessità, particolarmente
  sentita per quegli interporti che sono ancora completamente da
  realizzare, di utilizzare strumenti normativi più efficaci e
  snelli ai fini della localizzazione e della realizzazione
  delle opere.
    In relazione a ciò, si precisa che l'articolo 8 della legge
  n. 240 del 1990 già prevedeva l'applicabilità delle
  disposizioni di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente
  della Repubblica n. 616 del 1977.
    Tuttavia sembra necessario proporre di recuperare
  attraverso procedure cui dovranno attenersi vari soggetti sia
  essi pubblici che privati le sedi istituzionali ove verificare
  la coerenza della programmazione nazionale delle opere in
  argomento, con quella regionale, provinciale e comunale.
    Il comma 6 dell'articolo 5 tende ad armonizzare i nuovi
  istituti della cosiddetta "amministrazione concordata"
  (conferenza di servizi ed accordi di programma) con le norme
  tuttora vigenti nel nostro ordinamento che stabiliscono il
  raccordo tra la scelta localizzativa delle grandi opere
  pubbliche o di interesse pubblico e la pianificazione
  urbanistica.
    La conferenza di servizi si caratterizza quindi non come
  una forma di accelerazione procedimentale tendente alla
  verifica della conformità delle scelte localizzative con le
  anteriori previsioni di piano, ovvero all'armonizzazione di
  queste ultime alla scelta medesima.
    La norma in questione opera un raccordo con il procedimento
  di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della
  Repubblica n. 616 del 1977, prevedendo ai sensi dell'articolo
  27 della legge n. 142 del 1990, la verifica della conformità
  urbanistica, della scelta localizzativa o della sua
  approvazione in variante.
    Il senso complessivo della norma, quindi, va nella
  direzione di individuare nella conferenza dei servizi e
  nell'accordo di programma scelte procedimentali accelerate che
  coprano ambiti di discrezionalità, i cui confini non sono
  allargati.
    L'articolo 6 reca modifiche all'articolo 117 del decreto
  legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), così
  come modificato dal decreto legislativo 10 settembre 1993, n.
  360.
    La norma è motivata dall'elevato numero degli incidenti
  stradali ed è intesa a dettare limiti uniformi di velocità
  rispettivamente di 100 Km/h per le autostrade e di 90 Km/h per
  le strade extraurbane principali nei confronti dei
  neopatentati per i primi tre anni dal conseguimento della
  patente, in relazione alla potenza ed alla velocità degli
  autoveicoli come previsto dall'articolo 117 del codice della
  strada.
    Sono conseguentemente abrogate le norme dell'articolo 316
  del regolamento per la parte che prevedono l'indicazione sulla
  carta di circolazione degli autoveicoli
 
                               Pag. 7
 
  delle limitazioni già vigenti per i neopatentati ai
  sensi dell'articolo 117 del codice della strada.
    E' prevista l'emanazione di un decreto del Ministro dei
  trasporti per stabilire le modalità per l'apposizione sui
  veicoli condotti dai neopatentati di un apposito contrassegno
  identificativo.
    La copertura finanziaria è assicurata dai fondi ancora non
  utilizzati della
  legge n. 240 del 1990, pari a lire 218 miliardi.
    Il meccanismo proposto, che prevede contributi dello Stato
  fino alla misura massima del 60 per cento dell'investimento,
  non implica ulteriori oneri per lo Stato bensì la possibilità
  di avviare un volume di investimenti maggiore per la presenza
  di almeno il 40 per cento di capitale privato.
 
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