| Onorevoli Colleghi! -- Il salto di qualità avvenuto a
livello di conoscenze in quest'ultimo decennio, e in
particolare nella nuova biologia, modifica le nostre
percezioni, cambia i punti di vista e allarga gli orizzonti. E
quel che si vede nella nuova prospettiva non può non creare
ansia.
Si stanno infatti ponendo le premesse per modificare
radicalmente non solo la nostra vita e l'ambiente, ma
addirittura il nostro stesso corpo e, da subito, la funzione
riproduttiva delle donne.
Negli animali allevati si pratica ormai da tempo la
fecondazione artificiale con sperma DOC di pochi maschi
iperselezionati; si è ad esempio arrivati a creare un ibrido
tra capra e pecora; si utilizzano uteri in affitto di giumente
per animali
rari come le zebre; si sono scisse le cellule da un embrione
di gorilla impiantandole poi in due uteri per dar vita a due
gemelli, si è già realizzata con successo la clonazione, è
stato brevettato il topolino a cui è stata indotta
artificialmente la predisposizione al cancro alla mammella.
E' chiaro che queste sperimentazioni sugli animali hanno
aperto la via ad altre analoghe sugli esseri umani.
I biologi che sostituiscono geni in modo da obbligare i
microorganismi manipolati a produrre ciò che si vuole, a
modificare il loro comportamento, quelli che in nome della
produttività stanno cercando il brevetto tecnologico sui nuovi
animali o quelli che hanno introdotto tecniche di allevamento
e di riproduzione che rendono artificiale tutto il ciclo di
vita animale, i medici
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che manipolano embrioni o tessuti di feti tenuti in vita
artificialmente come materiale biologico che permette
sperimentazioni più precise o che tengono in vita feti di
cinque mesi e di cinque etti o uteri in provetta in cui far
sviluppare embrioni nella ricerca sempre più pressante della
possibilità di realizzare la maternità extracorporea, tutti
questi ricercatori si rifanno a un paradigma
tecnico-scientifico che la cultura verde mette profondamente
in discussione.
Coscienza del limite ed etica della responsabilità, la
stessa sfida della complessità con cui si cimenta la scienza
oggi, tendono al superamento di un ordine di pensiero che ha
le sue radici nella filosofia cartesiana della conoscenza:
separazione tra corpo e mente, tra razionale e irrazionale,
tra soggetto ed oggetto, tra natura e cultura, separazione
basata sul ruolo esterno e obiettivo dell'osservatore. Il
processo della conoscenza si fa complesso e non è più facile
operare la tradizionale rimozione di tutto ciò che è
considerato non razionale e non scientifico. La scelta non
avviene più solo in base a fatti sperimentali e in base a
ragionamenti deduttivi, e la dimensione etica diventa
fondamentale (confronta L'Oeuf transparent di J.
Testart). Oggi più che mai, con gli esperimenti di genetica,
ci rendiamo conto che osservare significa già modificare e
alla domanda di R. G. Edwards che ha fatto nascere la prima
bimba in provetta: "Già che è lì, perché non guardare cosa c'è
dentro l'embrione?" forse si potrebbe rispondere che in questo
caso è molto chiaro che osservare è già modificare e che usare
sonde genetiche che leggono nelle cellule difetti e
predisposizioni ha in sé il rischio di un'eugenetica da
controllo di qualità che potrebbe portare a buttare l'embrione
non rispondente al modello desiderato.
La curiosità, anche quella scientifica, non può isolarsi
dalla concretezza del proprio corpo, dei propri desideri,
delle proprie paure. Non tutto quel che si può fare si deve
necessariamente fare.
Oggi occorre cogliere il livello più alto di complessità
che tenga conto delle diverse dimensioni bio-socio-culturali,
storiche e geografiche, collettive e individuali, e occorre
anche considerare l'esperienza soggettiva come elemento
indispensabile della conoscenza.
Di conseguenza non si può accettare il macchinismo
biologico che riduce la vita alla contingenza; la riproduzione
è un processo complesso di interrelazioni tra l'embrione che
cresce e la madre che filtra materia, energia ed informazione
nel processo di comunicazione tra il sistema nuovo che si
organizza e il mondo.
La presente proposta di legge muove da una linea culturale
tendente a decodificare i desideri anziché reprimerli o a
confonderli con diritti, e quindi ad impedire che interessi
interni alle tecniche di procreazione artificiale (TPA)
inducano la trasformazione del desiderio di un figlio in un
diritto insostenibile di averlo ad ogni costo, programmato con
tempi e modello predeterminati.
Nel Convegno sulla maternità in laboratorio promosso
nell'ottobre 1987 dal Conseil du Statut de la Femme, ad
esempio, è emersa la preoccupazione per il fatto che la
richiesta di intervento a livello normativo possa legittimare
pratiche di procreazione artificiale che comportano rischi non
indifferenti. La nostra proposta è quella di fare i conti,
anche sul piano legislativo, con i rischi genetici e
biologici, sociali e psichici, a cui va incontro chi si
sottopone a queste tecniche, ma in particolare il bambino che
è concepito in modo "artificiale". Occorre quindi porre limiti
precisi alla ricerca e alla sperimentazione in questo
campo.
Gli interventi della società umana nei confronti della
natura hanno sempre avuto il significato ambivalente di
adattamento e di trasformazione dell'ambiente e necessitano di
una elaborazione culturale appropriata per far ritrovare a
ciascuno la sua strada e la sua identità personale e
sociale.
Le nuove tecnologie riproduttive trasformano in artificiale
il processo naturale del concepimento e della gravidanza,
separando l'evento riproduttivo dal congiungimento dei
genitori nell'atto sessuale. Creano le condizioni in cui
funzioni procreative sono artificialmente separate in modo
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che più persone possano concorrervi in tempi diversi. Si ha
così una deflagrazione delle figure parentali a cui non
corrisponde una elaborazione culturale che trasformi
profondamente la realtà sociale oggi modellata sul processo
naturale di riproduzione. E i dubbi etici che sia legittimo
arrivare a tanto sono più che consistenti.
Non essendo in grado di adeguare le relazioni umane e,
quindi, il diritto a questa destrutturazione dell'ordine
naturale della trasmissione della vita indotta dalle TPA, ma
volendo continuare a concepire sempre come progresso tutto ciò
che di nuovo la tecnologia induce, ecco che si ricorre al
principio dell'anonimato. Si produce una legislazione che si
basa sulla mistificazione del segreto della paternità o
maternità genetica come quella che tutti i progetti di legge
italiani finora depositati prevedono.
Anziché indurre con spensieratezza queste tecniche che non
curano la sterilità, né risalgono alle sue cause, che
producono in modo extracorporeo embrioni, sovente in
soprannumero, e che congelati, possono essere reimpiantati
dopo anni, potrebbero essere utilizzati per la ricerca o
donati in segreto, sarebbe più conveniente che l'intervento
legislativo indirizzasse la ricerca verso la scoperta della
causa della crescente sterilità maschile e femminile e le cure
atte a superarla.
Partendo da queste considerazioni la presente proposta di
legge intende in primo luogo affermare che occorre limitare il
ricorso alle tecniche di procreazione artificiale ai casi di
sterilità provata ed irreversibile, favorendo la ricerca
finalizzata alla rimozione delle cause di sterilità, di
infecondità e di infertilità, e considerando le TPA come
surrogato, ammesso in via transitoria, dell'atto naturale in
attesa del conseguimento degli obiettivi relativi alla
rimozione delle cause di cui sopra.
Non si tratta soltanto di cause di tipo fisiologico e
patologico ma, molto spesso, di tipo psicologico, ambientale e
sociale; è pertanto, evidente che almeno una parte consistente
della crescente diffusione del fenomeno di sterilità, di
infecondità o di infertilità può essere eliminata mettendo in
atto gli interventi di natura non medica necessari per
rimuoverle e, in determinati casi, addirittura per prevenirne
l'insorgenza.
Occorre infatti ricordare che le TPA non sono tecniche di
cura della sterilità ma un surrogato che non tiene conto delle
cause e non fa nulla per curarla. Inoltre, le TPA insistono
sul corpo della donna anche quando la sterilità è maschile, e
comportano in molti casi pesanti manipolazioni su un corpo
continuamente indagato, monitorato e aggredito dalla medicina
nelle sue funzioni riproduttive, dalla contraccezione al
parto. All'opposto, sterilità e infertilità maschile sono
pochissimo indagate.
La presente proposta di legge emerge dal confronto
sviluppato all'interno del Convegno internazionale Madre
Provetta (Bologna, 1988), promosso dalle donne verdi con il
coinvolgimento di esperte di varie discipline, di parlamentari
di diverse appartenenze politiche, e si colloca in un filone
che si discosta dalle linee di tendenza prevalenti in materia,
e cioè quella sostenitrice del contributo della tecnologia in
materia di procreazione in un contesto di donazioni
rigidamente anonime e quella estremamente restrittiva, al
punto da diventare repressiva e di orientare la domanda verso
altri Paesi europei più permissivi.
Entrambe queste impostazioni non affrontano i nodi centrali
della questione e sono, in questo senso, da considerarsi
speculari. Riteniamo importante affermare, anche sul piano
legislativo, due diritti di cui ciascun individuo deve poter
godere: il diritto inalienabile alla conoscenza delle proprie
origini e il diritto inalienabile alla conoscenza dei nati dal
proprio materiale genetico nel corso del processo di
riproduzione della specie umana.
Non è pertanto consentito il trasferimento del patrimonio
genetico, di carattere personalissimo, di un soggetto
donatore, per consentire a coloro che assumeranno il ruolo
giuridico di genitori di attribuirsi come biologicamente
proprio il figlio ottenuto con il patrimonio genetico altrui
(articoli 2, 3 e 4).
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La donazione di materiale genetico e gli interventi di TPA
sono consentiti esclusivamente in centri pubblici
convenzionati autorizzati dal Ministero della sanità e
controllati dalle autorità sanitarie. La donazione di gameti
deve rispettare precise garanzie di non trasmissione di
anomalie genetiche, malattie o affezioni ereditarie (articolo
5).
I donatori possono comunicare alla banca dei gameti,
all'atto della donazione, la loro volontà di frequentazione
con il nato a seguito di fecondazione avvenuta, e la
conservazione del materiale donato deve avvenire in modo da
garantire l'identificazione dei donatori (articolo 6).
L'accesso alle TPA è possibile solo tra i trenta e i
quarant'anni di età a soggetti che possono dimostrare una
sterilità irreversibile.
La procedura si attiva su richiesta scritta della donna che
intende sottoporsi al trattamento, controfirmata da chi
intende assumere il ruolo di padre genetico. In caso di
donazione di gameti, richiedente
e donatore o donatrice devono registrare con atto notarile,
che preveda impegni precisi per entrambi, la loro volontà di
partecipazione a un intervento di fecondazione mediante TPA
(articolo 8).
L'articolo 9 regolamenta i rapporti dei genitori del figlio
nato con ricorso a donatore o donatrice, attraverso
l'intervento del tribunale dei minori, che deve garantire che
il figlio sia messo al corrente delle sue origini entro il
quattordicesimo anno d'età e decida se vuole o no conoscere il
genitore genetico al diciottesimo anno d'età.
La presente proposta di legge stabilisce anche precisi
divieti, fra cui rivestono particolare importanza quelli
finalizzati ad impedire manipolazioni del patrimonio genetico
dei gameti, clonazioni, ibridazioni, mescolanze di sperma di
più persone, manipolazioni degli embrioni e, ovviamente,
qualsiasi tipo di manipolazione o sperimentazione a fini
eugenetici (articolo 11).
Per i trasgressori sono previste sanzioni penali fino a
dieci anni di reclusione nei casi più gravi (articolo 14).
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