| Informazioni:
da fornire ai cittadini ed ai lavoratori in attuazione del
decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988 e del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 marzo
1989 (che hanno recepito la "Direttiva Seveso", CEE
501/82):
tipo di processo produttivo secondo l'allegato I;
sostanze presenti e le loro quantità in ordine di
grandezza secondo gli allegati II, III e IV;
rischi possibili per i lavoratori, la popolazione e
l'ambiente;
conclusioni sul rapporto di sicurezza e le misure
integrative di cui all'articolo 19;
misure di sicurezza e le norme di comportamento da
seguire in caso di incidente.
... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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NOTE ESPLICATIVE ALLE SEZIONI DELLA PARTE A
Sezione 1A: Ente compilatore.
L'obbligo di informazione spetta ai sindaci; nulla
vieta che i sindaci, soprattutto dei piccoli centri, possano
chiedere l'ausilio tecnico di altri settori della pubblica
amministrazione (USL, Vigili del fuoco, assessorati regionali,
ecc.).
Il numero progressivo è utile al riconoscimento
dell'impianto; tale numero è costituito da:
due lettere = sigla della provincia;
cinque lettere = prime cinque lettere del comune (o
numero di cap);
quattro cifre = determinazione dell'azienda;
tre cifre = determinazione del singolo impianto
aziendale.
In questo modo, nuovi impianti in un'azienda non
modificano la prima parte del numero e consentono elaborazioni
statistiche.
Sezione 2A: L'impianto.
Sono riportate:
la classe di appartenenza dell'impianto, secondo il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 marzo
1989 (definita:
A = aziende sottoposte ad obbligo di notifica;
B1 = sottoposte ad obbligo di dichiarazione
"completa";
C = sottoposte ai controlli di legge, ma non
all'invio di documentazione);
la data di compilazione della scheda;
l'ubicazione dell'impianto e la ragione sociale
dell'azienda.
Sezione 3A: Evidenzia i riferimenti informativi della
PA.
Riporta:
l'Ente, che deve dare le ulteriori informazioni o
spiegazioni ai cittadini;
l'Ente deputato al primo intervento di controllo (in
generale le USL);
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l'Ente incaricato dell'intervento di emergenza (in
specifico le prefetture).
Le specifiche sono essenziali per indicare gli Enti
preposti, cui i cittadini possono rivolgersi per chiedere
informazioni o comunicare notizie.
Non vengono riportati i nominativi dei responsabili
aziendali, che comunque devono essere noti alle PA.
Sezione 4A: Tipo di depositi e sostanze presenti.
Riporta:
il tipo di attività dell'impianto definita, secondo
l'allegato I del decreto del Presidente della Repubblica n.
175 del 1988, con una sintetica descrizione del processo;
la classe di rischio A, B1, B2, C (come da sezione
2A);
i depositi separati e la quantità delle sostanze
presenti secondo l'allegato II del decreto del Presidente
della Repubblica n. 175 del 1988;
le sostanze presenti, con numero e quantità, secondo
l'allegato III del decreto del Presidente della Repubblica n.
175 del 1988 e/o il decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 31 marzo 1989;
il numero delle altre sostanze pericolose (di cui
all'allegato IV del decreto del Presidente della Repubblica n.
175 del 1988): il loro elenco, con relative quantità e
caratteristiche, viene (per comodità di lettura) rinviato alle
schede delle singole sostanze di cui alla parte B della
scheda.
Sezione 5A: Schematizza il tipo di rischio.
Sezione 6A: Evidenzia la tipologia del rischio e le
misure di prevenzione e sicurezza adottate.
Tipo di rischio:
ad esempio: liberazione di sostanze tossiche per
ingestione / inalazione / contatto; irraggiamento (sfera di
fuoco); onde d'urto (rottura vetri); ecc.;
riportare le misure di prevenzione e sicurezza adottate
(esempio: sistemi di allarme automatico e di arresto di
sicurezza; serbatoi di contenimento; barriere antincendio ecc.
(come da rif. par. 3 decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 31 marzo 1989);
specificare le conclusioni delle istruttorie della
Pubblica amministrazione e le eventuali misure di sicurezza
aggiuntive dettate.
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Sezione 7A:
Mezzi di segnalazione di incidente.
Sono i primi segnali di pericolo che devono essere
immediatamente attivati per avvisare i cittadini.
Comportamento da seguire.
Al primo avviso i cittadini devono sapere come
comportarsi (a volte comportamenti errati aumentano le
conseguenze).
In generale è opportuno: non lasciare l'abitazione,
fermare la ventilazione, chiudere le finestre, seguire le
indicazioni date dalle autorità competenti.
Tuttavia in casi specifici sono necessari ulteriori o
diverse modalità di comportamento che devono essere
segnalate.
Mezzi di comunicazione previsti.
Sono i mezzi che in loco risultano accessibili
immediatamente ed alla maggioranza della collettività per le
comunicazioni date dalle autorità pubbliche competenti
(esempio: radio locale, TV locale, altoparlanti, ecc.).
Presidi di pronto soccorso.
Sono quelli attivati dalle prefetture e dalle autorità
circa il piano di emergenza, esempio: intervento Vigili del
fuoco, Protezione civile e forze dell'ordine; allerta di
ambulanze ed ospedali, blocco e incanalamento del traffico,
ecc.
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SCHEDA DI INFORMAZIONE
SUI RISCHI D'INCIDENTE RILEVANTE
(parte "B")
... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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SCHEDA DI INFORMAZIONE
SUI RISCHI D'INCIDENTE RILEVANTE
(parte "C")
... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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... (omissis) ...
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NOTE ALLE SEZIONI DELLA SCHEDA
DI INFORMAZIONE SUI RISCHI RILEVANTI
(parti "B" e "C": informazioni per i cittadini ed i
lavoratori)
PARTE B
Nota Sezione B1: Ente compilatore.
Riporta l'Ente Compilatore, come da Sezione A1;
riporta inoltre il numero progressivo per l'immediato
riconoscimento dell'impianto.
Nota Sezione B2: Sostanza.
Sostanza/Codice aziendale. - Nome e sigla con la quale la
sostanza è comunemente conosciuta.
Data di compilazione. - Serve come riferimento per
l'aggiornamento periodico delle schede. L'aggiornamento è
importante poiché l'evoluzione delle conoscenze in campo
tecnologico è molto veloce.
Utilizzazione. - Le condizioni di rischio sono spesso
differenti, e di molto, a seconda le modalità con le quali
viene utilizzata; sulla scheda dovranno essere riportati i
tipi di utilizzo e i rischi/precauzioni per ognuno di essi.
Esempio: intermedio: prodotto che si forma in una fase
del processo (ciclo produttivo) e che può essere trasformato
direttamente o indirettamente in prodotto finito;
solvente: è utilizzato per facilitare una reazione
chimica od il trasferimento di un prodotto (generalmente
solido) o per facilitare la purificazione di un prodotto dai
sottoprodotti che lo accompagnano.
N.B. - L'utilizzazione di una sostanza quale solvente
necessita di precauzioni poiché i solventi, in generale, sono
volatili e presentano seri rischi di infiammabilità.
Casella vuota: serve ad identificare un'utilizzazione
diversa dalle precedenti; esempio: additivi: componenti
che, aggiunte in modesta quantità, conferiscono miglioramenti
delle qualità richieste (colore, resistenza, ecc.).
Prodotti secondari/impurezze: presenti come sottoprodotto
di reazione.
N.B. - Importanti ai fini dei rischi/prevenzione poiché
possono essere sostanze di per sé pericolose in modeste
quantità ed inoltre possono aumentare di molto la propria
presenza in determinate condizioni (anche accidentali) di
reazione per esempio clouro di vinile monomero nel PVC oppure
la diossina che, nella lavorazione del triclorofenolo, può
diventare prodotto principale.
Nota Sezione B3: Identificazione.
Identificazione. - Comprende tutti i dati utili ad
identificare con assoluta precisione la sostanza, al di là del
nome diverso con il quale può essere chiamata.
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Nome chimico. - Nome attribuito in base alla formula
chimica, sulla base di un criterio stabilito a livello
internazionale nomenclatura (IUPAC).
Nomi commerciali e sinonimi. - La stessa sostanza può
essere conosciuta con nomi differenti o con sinonimi (esempio:
toluene/toluolo). In questa casella devono essere riportati
tutti i nomi ed in particolare la sigla con la quale viene
comunemente identificata in azienda.
Numenclatura Chemical Abstract. - Corrisponde al nome
chimico in inglese.
Numero di registro CAS. - Quasi tutte le sostanze
conosciute sono individuate dal Chemical Abstract (C.A.),
tramite un numero che ne facilita la consultazione.
N.B.: Il C.A. è una raccolta delle principali
pubblicazioni e brevetti di argomento scientifico nel campo
chimico; il numero ed il riferimento al C.A. consentono la
sicura identificazione delle sostanze a livello
internazionale.
Numero CEE. - E' il numero definito a livello CEE.
Numero 175. - Identifica il numero della sostanza secondo
il DPR 175/88.
Peso molecolare. - Somma dei pesi degli atomi che
costituiscono la sostanza.
Formula bruta. - Indica da quali e quanti atomi è
costituita la sostanza.
Formula di struttura. - Indica graficamente il modo in
cui sono legati gli atomi nella sostanza; consente
l'identificazione a differenza della formula bruta, che può
essere eguale per più sostanze, tra loro molto diverse.
Nota Sezione B4: Caratteristiche chimico-fisiche.
Stato fisico. - Liquido/solido liquido/gassoso alle
normali condizioni e nelle diverse fasi di lavorazione (la
pericolosità può variare di molto).
Colore. - Utile a volte per identificazioni visive.
Odore. - Caratteristica che può servire ad identificare
le sostanze. Non è mai consigliabile annusare sostanze ignote
o non perfettamente conosciute. A volte può essere importante
saper riconoscere le sostanze (il naso è ancora un buon mezzo
di difesa) per evidenziare
Pag. 51
sostanze nell'ambiente di lavoro (basti pensare al gas
di città nelle case). Occorre tener però conto di due
fattori:
1) l'odore non è schematicamente correlabile alla
tossicità (L'ossido di carbonio è inodore);
2) la percepibilità dell'odore di molte sostanze
avviene a livelli di concentrazione nell'aria superiori alle
soglie di tossicità (TLV), inoltre l'assuefazione all'odore fa
aumentare notevolmente la soglia olfattiva (cioè si sente solo
a concentrazioni più alte).
Solubilità in acqua/solventi organici. - Dati utili per
chi deve manipolare le sostanze (es. toglierla da un
reattore). Sono dati importanti di penetrazione corporea:
tanto più una sostanza è solubile nei grassi (liposolubile)
tanto più facilmente supera la barriera della pelle e le
barriere interne delle membrane cellulari.
Densità. - Evidenzia se la sostanza è più leggera o più
pesante dell'acqua (la cui densità è = 1). Se la sostanza non
è miscibile in acqua, affonda se ha densità superiore a 1 (es.
olio), galleggia se inferiore a 1 (es. tetracloruro di
carbonio).
Densità vapori. - Essendo aria = 1, questo dato evidenzia
se un'emanazione di vapori tende a salire verso l'alto o ad
addensarsi sul basso; importante per scegliere un corretto
sistema di captazione dei vapori.
Punto di fusione (p.f.). - E' la temperatura di passaggio
dallo stato solido a quello liquido; può essere utile per
prevedere eventuali criteri tecnico/impiantistici (es. blocco
delle tubazioni).
Punto di ebolizzione (p.e.). - E' la temperatura di
passaggio dallo stato liquido a quello gassoso.
Tensione di vapore. - Determina la facilità con la quale
una sostanza passa (ad una data temperatura) allo stato di
vapore; si esprime in mm/Hg con riferimento alla pressione
atmosferica = 760 mm/Hg. Ad esempio, se una sostanza ha una
t.v. 760 mm/Hg ad 80^C significa che essa passa allo stato di
vapore ad 80^C, cioè bolle, così come l'acqua bolle a
100^C.
N.B. - Questi due dati (t.e.-t.v.) sono importantissimi
poiché esprimono la volatilità di una sostanza ed il sistema
respiratorio è una via di passaggio fondamentale delle
sostanze tossiche dall'ambiente all'uomo.
Reazioni pericolose. - Devono essere indicate le
possibili reazioni con altre sostanze, che possono generare
pericolo (esplosioni, sviluppo forte calore, sviluppo vapori
tossici, ecc.). Inoltre vanno evidenziate le reazioni
pericolose che possono avvenire con i normali mezzi di
bonifica o di pulizia o estinguenti (acqua, CO2, CCP4).
Punto di infiammabilità. - E' la temperatura minima (alla
pressione di 760 mm di Hg) alla quale una sostanza emette
vapori in
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quantità sufficiente per formare con l'aria una miscela
infiammabile. Si determina, secondo norme precise, in vaso
"aperto" o "chiuso".
Il punto di infiammabilità è un modo sufficientemente
semplice per stabilire il grado di pericolosità dei liquidi
volatili infiammabili e permette di determinare la temperatura
approssimativa alla quale i combustibili liquidi possono
essere immagazzinati e manipolati senza che si formino miscele
esplosive nell'aria.
Limiti inferiore e superiore di infiammabilità in aria (%
in volume). - Sono detti anche limiti di esplodibilità. I gas
o i vapori combustibili, in miscela con l'aria, si possono
accendere soltanto entro determinati limiti di concentrazione;
nel campo compreso tra di essi l'esplosione si propaga, se
innescata da un'opportuna sorgente, indipendentemente
dall'ulteriore apporto di energia e di aria. Il limite
inferiore (o superiore) di esplodibilità è la concentrazione
in cui essi devono venirsi a trovare affinché la miscela
gas-aria o vapore-aria risulti esplodibile.
Per le polveri infiammabili, che in sospensione nell'aria
possono dar luogo a miscela esplosiva, è richiesto solo il
limite inferiore, in g/mh3.
Sia per i gas e vapori, che per le polveri, tanto più
basso è il limite inferiore di infiammabilità e tanto maggiore
è il rischio. Un valore basso infatti significa che basta una
piccola quantità di sostanza presente nell'aria per
raggiungere la condizione di presenza di pericolo.
Temperatura di autoaccensione. - E' la minima temperatura
della sorgente esterna di accensione sufficiente a provocare
l'accensione di una miscela gas-aria o vapore-aria nel
rapporto più facilmente infiammabile ed atta a consentire la
propagazione della fiamma senza ulteriore apporto di calore.
Per le polveri infiammabili generalmente i valori
significativi, che è bene conoscere, sono due:
a) la temperatura di ignizione della nube, per le
miscele di aria e polvere in sospensione;
b) la temperatura di lenta combustione (strato di
5 mm su superficie calda), per la polvere depositata.
Anche per le temperature di autoaccensione, ovviamente,
ai valori più bassi corrisponde il rischio maggiore.
Nota Sezione B5: Classificazione ed etichettatura.
La classificazione può essere:
a) di legge: il DM 21/5/81 e successive
modifiche* riporta un elenco di sostanze. In tale elenco sono
attribuiti per ogni sostanza:
1) simboli di pericolo;
2) numeri di identificazione relativi alla natura dei
rischi (R) ed ai consigli di prudenza (S);
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b) provvisoria: tutte le sostanze non elencate
nel suddetto DM 21/5/81 devono essere etichettate secondo
criteri generali stabiliti dalla legge.
Gli allegati III e IV del DM 21/5/81 e successive
modifiche* stabiliscono le scelte per le indicazioni della
natura dei rischi e i consigli di prudenza.
Non richiesta: tutte le sostanze che non rientrano nei
due casi precedenti.
* Legge 29/5/74, n. 256.
DPR 6/6/77, n. 1147.
DM 17/12/77.
DPR 24/11/81, n. 927.
DM 21/5/81.
DM 3/12/85.
DPR 25/7/87, n. 555.
DPR 20/2/88, n. 141.
DM 20/12/89 (GU 15/2/1990 suppl. al n. 38).
Simbolo di pericolo. - E' il simbolo che evidenzia
visivamente la pericolosità di una sostanza. Se ne possono, se
necessario, anche inserire due (All. A).
Frase di rischio*: sono le frasi che esemplificano i
rischi specifici della sostanza corrispondenti ad una
numerazione specifica del DM 21/5/81 all. III. La legge
prevede che l'etichettatura indichi le frasi con la lettera R
seguita dal/dai numeri corrispondenti ai rischi specifici;
nella scheda, oltre al n., va scritta la frase prevista.
Consigli di prudenza*: sono le frasi che esemplificano i
consigli di prudenza (all. IV del DM 21/5/81).
Nell'etichettatura sono evidenziate dalla lettera S seguita
dal/dai numeri corrispondenti a quanto previsto dall'all. IV.
Nella scheda va riportata per scritto l'intera frase.
Indicazione di pericolo: accompagna ogni simbolo di
pericolo (es. tossico: T; corrosivo: C).
* Le cifre che accompagnano R e S sono separate da un
trattino orizzontale o da una barra obliqua, che hanno il
seguente significato: trattino orizzontale=enunciazione
separata dei rischi R o dei consigli S; barra
obliqua=enunciazione combinata possibile in una sola frase di
R o S.
Nota Sezione B6: Informazioni tossicologiche.
La sezione inizia con la descrizione delle vie di
penetrazione. Infatti, la sostanza chimica che si trova
nell'ambiente di lavoro, può penetrare all'interno del corpo
umano precipuamente attraverso la pelle, l'intestino o il
polmone.
Conoscere le vie di penetrazione è molto importante,
perché è la prima condizione per evitare rischi di effettiva
penetrazione nel corpo umano. Per esempio: è abitudine molto
frequente negli ambienti di lavoro, pulirsi le mani unte
d'olio con solventi di varia natura.
La pratica va tassativamente evitata, perché molti di
questi solventi sono assorbiti dalla pelle (e perciò possano
attraverso la cute delle mani).
Pag. 54
Le informazioni tossicologiche proseguono con due voci:
tossicità acuta e tossicità cronica.
Tossicità acuta. - Viene solitamente misurata con la LD50
(dose letale), che corrisponde alla quantità di una sostanza,
che è in grado di uccidere in breve tempo la metà degli
animali a cui viene somministrata. Le sostanze possono essere
presenti negli ambienti di lavoro sotto forma di gas, liquidi
e polvere; possono essere assorbite per via respiratoria, per
ingestione, per contatto.
A) Via respiratoria. - Il modo più frequente (è più
pericoloso) di assorbire una sostanza è, negli ambienti di
lavoro, quello di respirarla. Se respirata, la sostanza entra
nei polmoni provocando danni locali (bronchiti, malattie da
polveri, ecc.), oppure può passare nel sangue provocando
un'intossicazione generale.
E' indispensabile, per giudicare la possibilità di
intossicazione attraverso questa via, conoscere la
concentrazione della sostanza tossica nell'aria: questa
concentrazione viene, di solito, espressa in mg/mh3 oppure in
p.p.p. (parti per milione).
E' evidente che adeguate precauzioni vanno adottate anche
nei cicli di lavoro di sostanze dotate di minor tossicità.
Comunque in tutti i casi possibili si deve ricerare la
sostituzione delle sostanze con altre, studiate e aventi
tossicità nulla o più bassa (cioè LD50 più alta).
B) Per ingestione: l'assorbimento per via intestinale
(quasi sempre presente) ci dà l'informazione che la sostanza
in oggetto non deve essere avvicinata alla bocca: ciò vuol
dire, ad esempio, evitare di bere, mangiare e fumare sul posto
di lavoro, lavarsi accuratamente prima dei pasti. E' anche
importante sapere che l'assorbimento intestinale non è
costante e varia in funzione di molti fattori: ad esempio il
latte aumenta l'assorbimento di alcuni metalli e quindi, in
questi casi, va evitata l'abitudine, generalmente ritenuta
valida, di bere latte come disintossicante.
La tossicità per ingestione è espressa in mg. per kg. di
animale.
Devono essere altresì riportate le specie animale e la
via di somministrazione (es. LD50 Ratto orale=3 mg/kg).
C) Per contatto cutaneo: abbiamo già ricordato che molte
sostanze penetrano nell'organismo attraverso la pelle (vedi
solubilità solventi organici).
Il dato di concentrazione nell'aria di una determinata
sostanza non è sufficiente a giudicare il rischio, se questa è
assorbita dalla pelle.
Ad esempio, misurare PCB (un tossico pericolosissimo)
nell'aria/ambiente serve molto a poco, dal momento che si
tratta di un composto poco volatile (troviamo basse
concentrazioni nell'aria), che è assorbito invece dalla pelle:
è necessario perciò ricercarlo sugli indumenti di lavoro,
sugli stracci, sui piani di lavoro, sulle pareti, e cioè su
ogni oggetto e/o luogo che può venire a contatto con la
pelle.
Pag. 55
Descrizione effetti: sulla scheda, oltre alle dosi alle
quali si manifestano gli effetti tossici, deve essere
riportata la descrizione di tali effetti.
Criteri indicativi.
(allegato IV - DPR n. 175/88)
a) Sostanze molto tossiche
Le sostanze corrispondenti alla prima riga della tabella
riportata;
le sostanze corrispondenti alla seconda riga della
tabella, le quali, date le loro proprietà fisiche e chimiche,
possono comportare rischi di incidenti rilevanti analoghi a
quelli provocati dalle sostanze della prima riga.
... (omissis) ...
b) Altre sostanze tossiche
Le sostanze che presentano i seguenti valori di elevata
tossicità e che hanno proprietà tali da poter comportare
rischi di incidenti rilevanti:
... (omissis) ...
Tossicità cronica (TC).
La tossicità cronica riguarda gli effetti a medio e lungo
periodo di una sostanza: ad esempio il piombo provoca una
grave malattia
Pag. 56
(saturnismo), ma solamente per un'esposizione prolungata nel
tempo; una sostanza cancerogena provoca il tumore generalmente
solo dopo parecchi anni di esposizione.
Solitamente la tc non viene riportata, o se viene
riportata è molto imprecisa ed approssimativa. La ragione è
semplice: mentre la LD50 è facile da misurare, gli effetti
cronici per essere ben conosciuti richiederebbero esperimenti
molto lunghi ed indagini sugli animali, con grandi ritardi
nell'eventuale commercializzazione di un composto.
Perciò spesso gli effetti cronici riportati sono quelli
che si sono evidenziati a posteri sull'uomo, a causa
dell'esposizione lavorativa.
Anche la relazione tra dose (concentrazione) e effetto
non è così precisa come per la tossicità acuta. In linea
generale si possono ritenere punto di riferimento (anche se
non valido in assoluto) le tabelle dei TLV che però
contemplano la minoranza delle sostanze chimiche presenti
negli ambienti di lavoro.
Sotto la voce "tossicità cronica" vanno riportati gli
effetti dannosi a seguito di esposizioni ripetute o prolungate
compresi quelli a carico degli apparati riproduttivi e della
fertilità; sotto la voce "cancerogenesi, mutagenesi,
teratogenesi" vanno riportate le valutazioni di organismi
internazionali e/o nazionali di indiscussa competenza.
Corrosività/potere irritante.
La corrosività/potere irritante è in rapporto al potere
caustico (o irritativo) della sostanza in esame. Ovviamente
questa capacità riguarda soprattutto gli organi più esposti
(occhi, pelle), ma può interessare anche i polmoni; ad esempio
se respiriamo del cloro gassoso, dato l'alto potere caustico
ed irritante di questo composto, si va incontro a violente
polmoniti chimiche. Occorre tenere presente questi effetti,
soprattutto a riguardo degli occhi, evitare quindi il pericolo
di versamenti e schizzi, ed avere nelle immediate vicinanze
mezzi per diluire il corrosivo (fantanelle oculari).
Potere sensibilizzante.
E' noto che alcune sostanze, in genere innocue per gli
altri, diventano pericolose per chi è "allergico" ad esse.
Il potere sensibilizzante riguarda la capacità di una
sostanza di rendere l'organismo ipersensibile alla sua
presenza, scatenendo reazioni anche violente che riguardano,
solitamente, la pelle ed i polmoni. Può avvenire in alcuni
lavoratori e non in tutti.
Sulla pelle l'effetto può presentarsi come eczema o forme
di dermatite allergica, sul polmone come attacchi di asma
(Toluen di isocianato = TDI).
Cancerogenesi - mutagenesi - tetragenesi.
La pericolosità dei cancerogeni è dovuta al fatto che non
sono note le quantità minime che producono l'insorgere dei
tumori e che
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il loro evidenziarsi avviene generalmente molto tempo dopo.
Ad esempio le ammine aromatiche (A.A.) provocano il tumore
alla vescica da 5 a 27 anni dopo il contatto. Le prove di
cancerogenesi vengono di solito effettuate su animali di
laboratorio, ma purtroppo raramente sono adeguate allo
scopo.
Infatti per avere validità medico-scientifica dovrebbero
durare parecchi mesi (anche qualche anno) ed essere effettuate
su un numero significativo di animali, e su specie animali
diverse.
Per questi motivi poche sono le sostanze chimiche il cui
potenziale effetto cancerogeno è stato verificato a fondo.
Esaminare le problematiche relative alle sostanze
cancerogene e mutagene, tenendo conto sia delle risultanze dei
lavori delle commissioni di studio ufficialmente costituite e
degli istituti previsti dalla legge di riforma sanitaria, sia
delle valutazioni di Enti di ricerca scientifica di indiscussa
competenza (IARC, Comitato Scientifico Centrale per l'esame
della tossicità ed ecotossicità dei composti della CEE,
Commissione cancerogenesi e mutagenesi, National Center
Institute, EPA, NIOSH, OSHA).
La mutagenesi può provocare conseguenze ereditarie e
comunque provoca mutamenti genetici, attraverso l'alterazione
dei cromosomi.
Per i nostri scopi e cioè per la prevenzione dei danni da
contatto, è utile considerare le sostanze mutagene pericolose
come le cancerogene; le norme di sicurezza devono essere
simili, cioè la totale eliminazione dei rischi.
L'effetto teratogeno è la capacità di alcune sostanze di
superare il filtro costituito dalla placenta, e quindi di
raggiungere il feto delle donne in gravidanza.
Una sostanza chimica terotogena agisce sul feto,
interferendo nella fase delicatissma di accrescimento e
formazione degli organi, e provoca gravi malformazioni sul
neonato. Esse vanno dal "labbro leporino" alle focomelie
(malformazione degli arti).
In alcuni casi si ha la morte del feto con il conseguente
aborto.
Perciò le donne gravide non devono essere assolutamente
adibite a mansioni che comportino anche la sola possibilità
del contatto con sostanze teratogene.
Nota Sezione B7: Informazioni ecotossicologiche.
Riportare le notizie di ecotossicologia per
aria-acqua-suolo.
Per ognuna di esse vanno specificate:
biodegradabilità;
diffusione;
persistenza;
bioaccumulo-bioconcentrazione.
PARTE C
Premessa.
Questa parte "C" della scheda è relativa alle
informazioni che devono essere fornite ai soli lavoratori
circa i rischi specifici, cui possono essere soggetti in caso
di incidente rilevante.
Pag. 58
Tali informazioni devono essere fornite dai sindaci in
base all'articolo 11, comma 3, terzo interlinea del decreto
del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988; esse sono,
comunque, dovute a lavoratori anche da parte del datore di
lavoro in base ad altra vigente legislazione (decreto del
Presidente della Repubblica n. 303 del 1956 e decreto del
Presidente della Repubblica n. 547 del 1955); i lavoratori
chimici ne hanno diritto anche in base all'articolo 42 del
loro CCLN.
Le sezioni C1 e C2 (relative ai controlli sanitari ed ai
limiti di esposizione) sono, in effetti, più rispondenti ai
controlli sull'igiene del lavoro che a quelli su rischi di
incidente rilevante; si sono, comunque, riportate per
completezza di esposizione delle schede.
E' opportuno che i lavoratori e le loro organizzazioni
sindacali utilizzino le informazioni di questa parte "C" in
termini ampi, sia controllando le norme di sicurezza
effettivamente predisposte in azienda, sia aprendo un
confronto con le popolazioni.
Nota Sezione C1 - Controlli sanitari di legge (decreto del
Presidente della Repubblica n. 303 del 1956).
Il decreto del Presidente della Repubblica obbliga il
datore di lavoro a sottoporre a visita medica periodica (ogni
tre mesi, sei mesi, un anno) i propri dipendenti che svolgono
mansioni considerate pericolose o che vengono a contatto di
alcune sostanze tossiche. L'elenco completo delle lavorazioni
in questione è allegato al decreto del Presidente della
Repubblica n. 303. La periodicità delle visite varia con il
tipo di rischio. Purtroppo la legge non prevede alcuni
espliciti esami specialistici mirati al rischio (ad es.
piombemia per gli esposti al piombo).
Il datore di lavoro ha comunque l'obbligo (articolo 2087
codice civile) di garantire la sicurezza dei lavoratori
adottando tutte le misure che, secondo la particolarità del
lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie. Per cui
anche esami non previsti esplicitamente dal decreto del
Presidente della Repubblica n. 303, devono essere riportati
nella scheda e comunque eseguiti periodicamente.
E' da considerare l'introduzione delle circolari 46 e 61
del Ministero del lavoro sulle ammine aromatiche, che
specificano viste ed esami molto dettagliati.
Occorre, quindi, sapere sostanza per sostanza quale
periodicità deve avere la visita e quali esami mirati devono
essere specificamente richiesti. Possono essere utili le
consulenze delle USSL e, in Lombardia, Unità operative di
tutela della salute nei luoghi di lavoro, che hanno assunto in
base alla legge regionale n. 64 il compito di coordinare gli
accertamenti sanitari e che li possono anche imporre, in
qualità dei compiti di Polizia giudiziaria derivanti alle USSL
dalla legge n. 833 (Riforma sanitaria).
Nota Sezione C2 - Limiti di esposizione.
Per un certo numero di sostanze (molto limitato rispetto
al numero complessivo delle sostanze chimiche utilizzate
nell'industria),
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sono stati studiati gli effetti sull'uomo, e si è stabilito
il limite di concentrazione al di sotto del quale non dovrebbe
esistere alcun effetto tossico sulla grande maggioranza degli
esposti.
Limiti di esposizione sono stati stabiliti anche per
alcuni agenti fisici, come il calore, le radiazioni
ionizzanti, le microonde e il rumore.
Questi limiti di esposizione hanno il grosso difetto di
non essere sicuri al 100 per cento; differenti gli uni dagli
altri (quelli russi sono diversi da quelli americani), a
seconda dei criteri adottati per giudicare la nocività.
In effetti l'unica sicurezza assoluta consisterebbe
nell'assenza di qualsiasi sostanza pericolosa dagli ambienti
di lavoro. E' comunque utile conoscere, quando esiste, il
limite di esposizione tenendo presente che tale limite va
preso come utile riferimento, ma che non va affatto
considerato come il limite di sicurezza assoluta.
Ciò vale ancora di più per le sostanze cancerogene o
presunte tali, per le quali parlare di limite di
concentrazione non ha alcun senso.
Va infine sempre ricordato che per la maggioranza di
composti tali limiti non sono stati stabiliti, e ciò non vuol
dire che queste sostanze non siano pericolose.
Attualmente, servendoci della lista ACGIH, il limite
viene riferito in TLV. Tale lista viene periodicamente
corretta ed aggiornata (solitamente i limiti vengono
abbassati), per cui è bene riferirsi ai TLV dell'ultimo anno,
come previsto dal CCNL.
I TVL (= Valori limiti di soglia) si riferiscono alle
concentrazioni delle sostanze nell'atmosfera.
I TVL rappresentano condizioni alle quali si presume che
quasi tutti i lavoratori possano essere ripetutamente esposti,
un giorno dopo l'altro, senza riportarne effetti dannosi.
Tuttavia, data la grande variabilità di suscettibilità
individuale, una più piccola percentuale di lavoratori può
lamentare disagio per la presenza di alcune sostanze
nell'atmosfera in quantità pari o inferiore al limite di
soglia; in una più piccola percentuale di individui si può
osservare la comparsa di un effetto patogeno più marcato per
l'aggravarsi di condizioni patologiche persistenti o per
l'insorgere di una malattia professionale.
I TLV sono forniti in 4 modi:
1) TLV-TWA - TWA significa media ponderazione nel
tempo, è un limite che può essere superato trattandosi della
concentrazione media ponderata nelle otto ore lavorative:
l'importante che nella media delle misure effettuate rientri
nel limite suddetto;
2) TLV-STEL - STEL significa fine di esposizione per
brevi periodi è un limite che può essere raggiunto, mai
superato, solo per brevi periodi: al massimo per 15 minuti e
per non più di 4 volte al giorno, e tra un valore STEL e
l'altro devono passare almeno 60 minuti, gli altri valori
devono rientrare nei limiti TLV-TWA;
3) TLV-S (cute) - S sta per PELLE, vuol dire che il
composto in questione è assorbito anche attraverso la pelle, e
che quindi
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l'assorbimento complessivo nel corpo umano sarà dato dalla
somma dell'assorbimento polmonare, dall'assorbimento cutaneo,
per cui vanno previste adeguate e specifiche misure di
sicurezza;
4) TLV-C - C sta per Ceiling (= soglia): concentrazione
che non deve essere mai superata, neppure per pochi secondi.
Sono opportuni sistemi di allarme automatico.
1^ N.B. - Inoltre a volte sono riportati con sigla VLP:
equivalgono ai TLV e sono limiti consigliati dall'Associazione
italiana medicina del lavoro.
2^ N.B. - In assenza di TLV-STEEL il superamento massimo
consentito è pari a tre volte il TLV-TWA per un tempo massimo
di superamento di trenta minuti.
Bisogna poi tenere presente 3 fattori:
1) per la maggioranza delle sostanze non esistono TLV:
ciò non significa che esse sono sicure ma, generalmente, che
non sono state studiate;
2) quando si è in presenza di più sostanze pericolose,
il rischio va sommato (cioè la concentrazione delle singole
sostanze va abbassata in modo che la somma totale sia al di
sotto del limite massimo);
3) si possono verificare effetti di sinergismo, ovvero
le sostanze prese singolarmente producono certi effetti, ma se
assieme, moltiplicano il grado della loro pericolosità,
anziché sommarlo.
Nota Sezione C3 - Criteri di immagazzinamento.
I criteri di immagazzinamento dei vari prodotti occupano
una casistica molto ampia, dipendendo da qualità
chimico/fisiche dei prodotti, quantità in gioco, condizione
rispetto al ciclo produttivo (se materia prima, intermedio o
prodotto finale), ecc.
I dati che dovrebbero essere sempre forniti con la scheda
sono:
a) tipo di immagazzinamento (sfuso od in
contenitori);
b) se in contenitori, precisare le
caratteristiche (materiali, tipo, dimensione dei contenitori,
eventuale imballaggio, modalità di impilamento, ecc.);
c) luogo di immagazzinamento (aperto, chiuso,
tettoia, ecc.) precisando, ove necessario, condizioni
ambientali limite ammissibili (temperatura, umidità relativa)
e condizioni che si devono evitare (esposizione ai raggi del
sole, radiazioni, vicinanza a fonti di calore o a materiali
incompatibili, ecc.);
d) precauzioni eventualmente necessarie quando si
tratta di immagazzinamento di sostanze tossiche o con rischio
di incendio o di esplosione; necessità di presenza in luogo di
mezzi di protezione e/o di pronto intervento;
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e) modalità di movimentazione interna.
Quando i cicli produttivi di una fabbrica prevedono
condizioni diverse di immagazzinamento di uno stesso prodotto,
la scheda deve riportare tutti i dati relativi, non quelli di
un solo criterio.
Quando un prodotto è soggetto nel tempo a deteriorarsi,
deve essere indicato il periodo di validità e le modalità per
le relative verifiche.
Se il prodotto deteriorandosi può creare situazioni di
rischio, devono essere precisate le opportune informazioni
sulle precauzioni da prendere.
Nota Sezione C4 - Norme per il trasporto.
Sulla scheda devono essere indicati dati di riferimento
alle diverse norme citate, per ogni tipo di trasporto previsto
per le sostanze in questione.
Dette norme sono:
RID - Regolamento internazionale concernente il trasporto
di merci pericolose per ferrovia.
E' designato con la sigla RID, che è l'abbreviazione di
"Réglement international concernent le transport des
marchandises dangereuses par chemin de fer". E' edito anche in
lingua italiana, testo a cura del Ministero dei trasporti.
ADR - Regolamento internazionale concernente il trasporto
su strada di merci pericolose. E' designato con la sigla ADR,
che è l'abbrevazione di "Accord europeen relatif au transport
international des marchandises dangereuses par route".
Il testo ufficiale con traduzione in italiano, è
pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale.
CT/FS - La sigla si riferisce alle "Condizioni e Tariffe
per il trasporto delle cose sulle Ferrovie dello Stato", che
all'Allegato 7 precisa le norme per il trasporto di merci
pericolose sulla rete ferroviaria nazionale.
IMO - Regolamento internazionale concernente i trasporti
marittimi. La sigla è l'abbreviazione di "International
Maritime Organization".
DPR n. 1008/1968 - Anche questo decreto del Presidente
della Repubblica promulgato il 9 maggio 1968 con il titolo
"Regolamento per l'imbarco, trasporto per mare, sbarco e
trasbordo delle merci pericolose in colli" ed i numerosi
successivi emendamenti, che tengono conto delle
raccomandazioni degli organismi internazionali, è in
riferimento ai trasporti per mare.
ICAO/IATA - Regolamento internazionale concernente il
trasporto di merci pericolose per via aerea. E' da notare che
la IATA (International Air Transport Association) pubblica una
nuova edizione aggiornata delle "IATA-Dangerous Goods
Regolations" ogni 12 mesi circa.
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Nota Sezione C5 - Criteri per la manipolazione.
I criteri e le modalità di manipolazione dipendono dalle
caratteristiche tossicologiche e chimico-fisiche delle
sostanze: ad esempio devono essere utilizzati i mezzi di
protezione individuali (guanti, maschere con filtri idonei
alla sostanza, ecc.).
Aumentando la pericolosità delle sostanze aumentano le
precauzioni necessarie alla manipolazione, fino ad arrivare
alla lavorazione in CICLO CHIUSO (assenza di qualsiasi
contatto, anche indiretto, con l'operatore).
Le precauzioni da prendere devono riguardare tutte le
fasi dell'utilizzo: dal prelievo in magazzino fino alla
manutenzione dell'impianto che utilizza il prodotto.
Nel paragrafo "Criteri per la manipolazione" saranno
fornite indicazioni sulle misure ed i comportamenti da
adottare agli effetti, sia della prevenzione incendi, sia
della sicurezza ed igiene del lavoro; nello stesso paragrafo
dovranno essere indicati i mezzi personali di protezione da
utilizzare in relazione alle caratteristiche della
sostanza.
Nota Sezione C6 - Interventi in caso di emergenza
interna.
Devono essere riportati gli interventi da effettuare a
livello sanitario e tecnico, e deve essere evidenziato quanto
eventualmente da evitare, onde non avere ulteriori reazioni o
pericoli dovuti all'utilizzo di prodotti o mezzi inadatti.
- Nel paragrafo "Primo soccorso" indicare i
provvedimenti immediati che possono essere attuati da parte di
personale non medico.
- Tra le informazioni per i casi di "perdite o
spandimenti", oltre agli interventi raccomandati, ove occorra,
specificare anche quelli da evitare.
- Nel paragrafo "Interventi in caso di incendio", oltre
a quelli raccomandati, specificare, ove occorra, gli
interventi da evitare ed indicare gli eventuali prodotti che
possono formarsi in concentrazioni pericolose dalla
decomposizione termica, quali gas tossici, corrosivi o
irritanti.
Nota Sezione C7 - Informazioni sull'impianto.
Riportare:
- fasi più significative del processo produttivo;
- dispositivi finalizzati alla sicurezza
dell'impianto;
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- modalità operative per assicurare le condizioni di
sicurezza;
- mezzi di prevenzione e loro ubicazione;
- mezzi di protezione individuale e collettiva e loro
ubicazione;
- interventi sull'impianto in caso di emergenza.
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