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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XII Legislatura

Documento


831
DDL0059-0002
Progetto di legge Camera n. 59 - testo presentato - (DDL12-59)
(suddiviso in 7 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C59. TESTIPDL
...C59.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC59 ZZ12 ZZRL ZZPR
    Onorevoli Colleghi! -- L'Italia, nel solo 1992, ha
  stanziato oltre 26.000 miliardi di lire per le spese del
  Ministero della difesa.
    Sebbene pressati da problemi quali l'enorme  deficit
  pubblico, il progressivo deterioramento di servizi pubblici
  essenziali nei campi della assistenza, della sanità e
  dell'istruzione, i governanti del nostro Paese perseguono con
  ostinazione l'obiettivo di un "nuovo modello di difesa", in
  cui si prevede di investire non solo gli "ordinari" 26.000
  miliardi, ma anche ben 40.000 miliardi "straordinari".
    Chi vuole questa allocazione delle risorse, tanto
  indispensabili al Paese, fa leva sulle peggiori paure dei
  cittadini: tramuta in pericolo militare gli emigranti che
  chiedono di poter sopravvivere sfuggendo alla miseria del sud
  del pianeta, trasforma
  forme di integralismo religioso in gravi problemi di
  sicurezza, intende rispondere con nuove portaerei o centinaia
  di carri armati non già ad un'ipotetica minaccia da parte
  dell'ormai disciolto Patto di Varsavia, ma ai profughi
  albanesi o a piccoli gruppi terroristici dotati di armi
  leggere ed esplosivi.
    A cosa serviranno armi come il nuovo caccia EFA, elicotteri
  come l'EH 101 o l'NH 90, il carro armato Ariete o i
  lanciarazzi Firos, quali minacce militari dovranno
  affrontare?
    Il nuovo modello di difesa lo scrive assai chiaramente
  quando, dopo aver ammesso la scomparsa della minaccia militare
  tradizionale, quella delle divisioni corazzate del Patto di
  Varsavia, delinea scenari in cui, vista l'impossibilità di
  configurare la minaccia in termini tradizionali, si
 
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  afferma una insicurezza diffusa, tanto da passare dalla
  domanda "da chi difendersi" a quelle di "cosa" difendere e
  "come" farlo.
    Le risposte che vengono date sono preoccupanti: si indica
  l'esigenza della difesa degli interessi nazionali dovunque
  essi siano, e quindi si richiede la predisposizione di
  strumenti militari con capacità di proiezione offensiva,
  utilizzati da reparti (per la precisione cinque brigate) a
  componente  all volunteers.
    Scelte di questo genere, se verranno confermate e si
  tramuteranno in dispositivi legislativi, sia a livello di
  leggi speciali di finanziamento che di rimpinguamento del
  bilancio ordinario della difesa, non possono non destare forti
  preoccupazioni.
    Per quel che riguarda la allocazione delle risorse
  finanziarie destinate alla difesa, difesa che, come ha anche
  sottolineato la Corte costituzionale nelle sue sentenze, non è
  comprimibile nella sola difesa armata demandata
  istituzionalmente alle Forze armate, ormai da molti anni nel
  nostro Paese si è avviato un dibattito con l'indicazione di
  strade alternative a quelle tradizionali.
    La più conosciuta è certamente quella dell'obiezione di
  coscienza al servizio militare, che nel solo 1991 ha
  interessato oltre 20.000 giovani, e che grazie ad una legge
  approvata nel 1972 ha permesso di rispondere all'obbligo di
  difesa della nazione con un servizio civile alternativo a
  quello militare.
    Da varie legislature si tenta di riformare la legge che
  regola l'obiezione di coscienza, in modo da rendere a tutti
  gli effetti tale scelta un diritto soggettivo del cittadino,
  oltre che rendere il servizio civile più efficiente e meglio
  controllato da parte di un apposito dipartimento del servizio
  civile.
    Conosciamo tutti gli ostruzionismi a cui è stata soggetta
  la riforma della legge sull'obiezione di coscienza, tanto da
  essere bloccata.
    A fianco dell'obiezione di coscienza al servizio militare,
  riconosciuta da una legge, per quanto imperfetta, dello Stato,
  vi è un'altra forma di obiezione alla difesa armata e
  violenta.
    Si tratta dell'obiezione di coscienza alle spese militari,
  che consiste nel detrarre, in sede di dichiarazione dei
  redditi, dall'imposta dovuta allo Stato (debitamente calcolata
  dall'obiettore) l'equivalente della percentuale che, nel
  bilancio complessivo dello Stato, viene destinata al bilancio
  del Ministero della difesa per il finanziamento alle spese per
  armamenti, devolvendo una somma di pari importo a scopi di
  pace.
    Questa forma di protesta, che affonda le sue radici nel
  secolo scorso, e che è divenuta anche oggetto di campagne
  nazionali di resistenza alla politica di governo (la più
  celebre è quella promossa da Gandhi all'inizio degli anni
  trenta), ha iniziato a diffondersi in Europa in maniera
  consistente per opera dei movimenti pacifisti, come reazione
  al dispiegamento degli euromissili da parte delle due
  superpotenze.
    Nel 1991, con la guerra del Golfo, ha avuto un'ulteriore
  espansione, tanto che solo in quell'anno sono stati oltre
  10.000 i cittadini che hanno praticato questa forma di
  disobbedienza civile.
    Con la presente proposta di legge si vuole istituire il
  meccanismo dell'opzione fiscale, richiesto dagli obiettori
  alle spese militari, consentendo cioè di effettuare una scelta
  sulla destinazione della quota dovuta ai fini IRPEF, pari
  all'incidenza percentuale delle spese militari sul totale
  degli stanziamenti di competenza del bilancio di previsione
  dello Stato.  Il contribuente può dunque scegliere se
  indirizzare la propria quota alle spese per armamenti, oppure
  alla difesa civile non violenta, cioè un modello di difesa
  basato sull'apporto di tutti i cittadini ad una difesa
  realizzata con metodi non violenti, anche nel caso di
  aggressioni armate.
    Non si deve inoltre dimenticare che il termine "difesa
  civile non violenta" era contenuto nella legge di riforma
  dell'obiezione di coscienza al servizio militare, approvata
  dal Parlamento ma non promulgata dal Capo dello Stato.
 
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    Onorevoli colleghi, dobbiamo dare strumenti efficaci al
  nostro Paese perché si possa costruire una reale politica di
  disarmo, di pace e di cooperazione.
    Con questa proposta di legge vogliamo contribuire a tale
  fine, ripresentando un analogo progetto, già presentato nella
  X legislatura dall'onorevole Guerzoni e che aveva raccolto i
  consensi di numerosi deputati.
    L'articolo 1 descrive i criteri per l'esercizio
  dell'opzione fiscale da parte del contribuente.
    All'articolo 2 si delega il Ministro delle finanze a
  stabilire con proprio decreto le modalità per la
  predisposizione di moduli per la dichiarazione dei redditi
  idonei all'esercizio dell'opzione.
    All'articolo 3 viene disposta l'istituzione, presso la
  Presidenza del Consiglio dei ministri, di un apposito
  Dipartimento per la difesa civile non violenta, con
  funzioni di ricerca, organizzazione e coordinamento.  Al
  Dipartimento ciascuna regione presenta piani per
  l'organizzazione della difesa civile non violenta a livello
  territoriale dotati di idonee mappe territoriali.
    All'articolo 4 il Governo viene delegato a emanare un
  decreto legislativo al fine di fissare le modalità di
  svolgimento dell'attività del Dipartimento, i criteri di
  presentazione dei piani regionali e della relativa
  approvazione.
    L'articolo 5 stabilisce i criteri di finanziamento
  dell'attività svolta dal Dipartimento per la difesa civile non
  violenta, nonché la ripartizione degli stanziamenti, iscritti
  in un apposito capitolo della Presidenza del Consiglio dei
  ministri, tra il Dipartimento (per lo svolgimento delle
  funzioni assegnategli dalla presente proposta di legge) e le
  regioni (per il finanziamento dei rispettivi piani
  territoriali).
 
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