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Onorevoli Colleghi! -- Il testo presentato tiene conto di
quattro diverse proposte di legge in materia di inquinamento
acustico.
Da molti anni, in tutte le sedi istituzionali e
scientifiche, si sottolinea la carenza della legislazione
statale italiana in materia di inquinamento acustico e
l'urgenza di una legge quadro di riferimento.
Nell'ultimo decennio sono entrate in vigore norme nazionali
e regionali in modo sporadico, frammentario e parziale,
soprattutto con una serie di decreti d'attuazione di direttive
comunitarie su specifici casi e sorgenti.
Nella scorsa legislatura il Senato aveva approvato un testo
intitolato "Tutela dell'ambiente dall'inquinamento acustico".
Il passaggio alla Camera è stato interrotto dallo scioglimento
anticipato ma l'iter è subito ripreso in questa XII
legislatura con la presentazione di vari e migliori
articolati; oggi siamo all'ultimo decisivo passaggio dopo
l'approvazione del testo unificato in sede referente da parte
delle Commissioni riunite ambiente e trasporti.
La normativa vigente in materia è costituita
sostanzialmente dall'articolo 844 del codice civile che
prevede il criterio della normale tollerabilità per quanto
concerne le immissioni da un fondo ad un altro, mentre dal
punto di vista penale la materia è regolata dall'articolo 659
del codice penale. Si tratta però di norme del tutto generiche
e inadeguate alla realtà socio-economica odierna.
In realtà l'unico strumento che ha una qualche efficacia è
quello previsto dall'articolo 2, comma 14, della legge n. 349
del 1986 che ha dato origine al decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri del 1^ marzo 1991, concernente "Limiti
massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e
nell'ambiente esterno".
Occorre però dire che esso non disciplina le sorgenti
mobili che sono la maggior
fonte di inquinamento delle attuali società e che è
stato annullato in alcuni aspetti fondamentali dalla sentenza
n. 517 del 30 dicembre 1991 della Corte costituzionale.
Inoltre, non prevedendo sanzioni, esso è rimasto in molti
casi inapplicato.
Il DPCM prevedeva specifici compiti e adempimenti a carico
delle regioni, quali l'obbligo di esaminare i piani di
risanamento delle imprese e di predisporre un piano annuale di
intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico. I
comuni erano a loro volta tenuti a predisporre piani di
risanamento. Tali disposizioni sono state tuttavia annullate
dalla Corte costituzionale, unitamente all'articolo 5 del
decreto che obbligava i presentatori delle domande di
concessione edilizia relative a impianti per attività
industriali o di autorizzazione all'esercizio delle attività
medesime, ad allegare alla domanda la documentazione relativa
alla previsione di impatto acustico.
Con la sentenza n. 517 del 30 dicembre 1991, prima citata,
la Corte, chiamata a decidere sul conflitto di attribuzioni
promosso dalla provincia autonoma di Trento, ha dichiarato che
costituisce legittimo esercizio di potere statale la
determinazione con DPCM di limiti massimi di esposizione al
rumore ai sensi degli articoli 1 e 2, ma non spetta allo Stato
l'imposizione, mediante DPCM, alle regioni e alle province
autonome, di obblighi specifici nell'esercizio delle funzioni
legislative ed amministrative ad esse riconosciute.
La pronuncia della Corte costituzionale ha reso più urgente
la definizione di una normativa quadro di rango legislativo a
carattere organico, che fissi i principi cui deve uniformarsi
l'esercizio della potestà legislativa delle regioni, sia a
statuto ordinario che speciale, e delle province autonome e
che riconduca nel contempo ad un quadro normativo unitario e
coerente il
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complesso delle disposizioni attualmente in vigore.
Si è sentita pertanto la necessità di una legge quadro che
disciplinasse la materia e che stabilisse i principi
fondamentali per la tutela degli ambienti interni ed esterni
dall'inquinamento acustico.
Nell'ultimo decennio una cospicua serie di norme di fonte
comunitaria ha determinato la sovrapposizione di disposizioni
eterogenee e di fonte diversa senza definire nel contempo una
disciplina di carattere organico, diretta a stabilire in modo
puntuale competenze, procedure e strumenti di intervento dei
vari soggetti pubblici in materia e a garantire livelli
omogenei di protezione dell'ambiente e della salute pubblica
nel territorio nazionale.
Sembra opportuno, a questo punto, sottolineare la sobrietà
e il "taglio" del testo che si inserisce in una complessiva
esigenza di riordino del sistema vigente di protezione
ambientale rispetto a un corpo normativo sovrabbondante,
scoordinato, lacunoso, ispirato all'emergenza, confuso nelle
competenze, inefficiente per attuazione e controllo.
Il testo si concentra sull'opera coordinata di prevenzione
e risanamento acustico più che sulla repressione emergenziale
dei singoli comportamenti.
E soprattutto non vuole strafare, delegando
conseguentemente al Governo, ai ministeri, alle regioni, ai
comuni, al personale competente per le misurazioni, per le
valutazioni d'impatto e per i controlli una serie di
competenze. Anche se la distribuzione delle competenze è
minuziosa, il testo elenca precisamente decreti (alcuni
pronti) e poteri anche sostitutivi in caso di inerzia, il
tutto da attuarsi in tempi brevi.
I princìpi recati dal testo si pongono come limiti per
l'esercizio, da parte delle regioni ordinarie, ai sensi
dell'articolo 117 della Costituzione, della potestà di
disciplinare con proprie leggi la materia, mentre per le
regioni a statuto speciale e per le province autonome il comma
2 dell'articolo 1 dispone che i princìpi generali del testo
medesimo costituiscano norme fondamentali di riforma
economico-sociale della Repubblica.
Già il termine "rumore" indica qualcosa di diverso dal
suono, qualcosa di indesiderato e fastidioso, per l'appunto un
inquinamento acustico, rispetto al quale pesano fattori
soggettivi (percezione, sensazione, contesto, eccetera), ma
anche misure oggettive dei suoni "eccessivi".
Le relazioni sullo stato dell'ambiente riportano dati
rilevati dall'OCSE nel 1991 con la conclusione di una forte
diffusa esposizione a livelli di rumorosità superiori alla
soglia di sicurezza (oltre 65 decibal) e danni al lavoro e al
sonno.
Il rumore determina effetti di danno (lesioni obiettive
all'udito), di disturbo (alterazioni definite come
tachicardia, gastriti, eccetera), di fastidio (generica
insofferenza, dinamiche psicologiche e psicosomatiche) e può
venire da sorgenti fisse (insediamenti industriali, attività
varie, cantieri, impianti, animali, eccetera) e mobili
(traffico vario veicolare, aereo, ferroviario, agricolo,
nautico, eccetera).
In Italia in realtà il rilevamento dell'inquinamento
acustico non è stato quasi mai effettuato con metodologie
standardizzate, comparabili, continue, aggiornate,
omogenee.
Comunque, sia la prima che la seconda relazione sullo stato
dell'ambiente confermano una situazione di generale
superamento, con punte notturne, dei limiti di accettabilità
del rumore previsti dal decreto del 1^ marzo 1991.
L'articolo 2 del testo licenziato dalle Commissioni riunite
fornisce le definizioni dei parametri e delle attività
inerenti la materia; a questo proposito riteniamo importante
l'introduzione di valori di attenzione e di qualità e la
definizione della figura del tecnico competente.
L'articolo 3 definisce le competenze dello Stato. Anche in
questo caso lo sforzo dei relatori è stato quello di
completare i testi all'esame e a questo proposito si evidenzia
l'introduzione dell'obbligo di disciplinare il rumore emesso
dalle imbarcazioni e la determinazione della disciplina
riguardante il rumore emesso dagli aeromobili civili.
Gli articoli 4, 5 e 6 definiscono rispettivamente le
competenze delle regioni, delle
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province e dei comuni: al riguardo si evidenzia che punto
fondamentale di questi articoli è la classificazione in zone
di tutti i comuni. Viene pertanto introdotto un nuovo
strumento urbanistico di grande importanza che condizionerà in
futuro tutta la programmazione nell'intero territorio
nazionale.
L'articolo 7 prevede l'adozione di piani di risanamento
acustico.
L'articolo 8 introduce l'obbligo di accompagnare i progetti
per le opere più critiche quali aeroporti, strade, discoteche
con una documentazione d'impatto acustico. Ciò vale anche per
tutte quelle attività che si presume possano incrementare il
livello di inquinamento.
L'articolo 9 prevede la possibilità di ricorrere a
particolari forme di contenimento delle emissioni sonore,
qualora ciò sia ritenuto necessario, mentre l'articolo 10
introduce sanzioni di carattere amministrativo per i
contravventori della presente legge.
L'articolo 11 detta i termini di carattere temporale per
l'emanazione dei regolamenti di esecuzione; l'articolo 12
disciplina la materia inerente i messaggi pubblicitari, mentre
ai sensi dell'articolo 13 le regioni vengono autorizzate a
erogare contributi per le spese affrontate dai comuni inerenti
l'inquinamento acustico.
Infine, l'articolo 14 detta disposizioni riguardanti il
potere di controllo degli enti preposti e l'articolo 15 detta
le norme relative al regime transitorio.
Desideriamo segnalare che lo sforzo dei relatori è stato
quello non solo di cercare di uniformare i testi presentati ma
anche di caratterizzare la legge su alcuni ben precisi
fondamenti.
Il primo è quello di far salve le filosofie e le azioni
poste in essere dal decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri del 1^ marzo 1991. Ciò perché quattro anni di
attività hanno comunque posto le basi per un riferimento
comune da parte degli operatori del settore.
Resta aperto il problema dei livelli differenziali che le
Commissioni hanno voluto mantenere.
Occorre dire che, per quanto riguarda i mezzi di trasporto
e gli impianti a ciclo continuo, esso si è dimostrato
inapplicabile.
Il secondo principio riguarda, come prima ricordato,
l'introduzione della disciplina del traffico aereo al fine di
comprendere tutte le attività che causano inquinamento
acustico.
Il terzo principio di carattere fondamentale introdotto è
stato quello di prevedere normative particolari, da emanarsi
con provvedimenti ministeriali, relative al traffico
ferroviario, aereo e veicolare, tenuto conto delle particolari
caratteristiche legate a questa attività.
Infine, sono state fatte salve le prerogative dello Stato
per quanto riguarda la gestione dei servizi pubblici
essenziali.
Si segnala da ultimo che le disposizioni previste al comma
5 dell'articolo 10 non lasciano soddisfatti i relatori che
ritengono necessaria una revisione del testo approvato dalle
Commissioni.
Valerio CALZOLAIO, relatore per la VIII
Commissione.
Roberto CASTELLI, relatore per la IX Commissione.
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